Raiuno dedica uno sceneggiato alla poetessa che nell’84 sposò Michele Pierri
La Città dei Due mari nella vita della grande autrice milanese. La scopre il poeta e critico letterario Giacinto Spagnoletti, tarantino anche lui. Presenterà artista e medico-poeta. Lunghe telefonate, fino a quando non sboccia l’amore. Il debutto da ragazza-prodigio, i due matrimoni, quattro figlie avute dal primo marito, i ricoveri, l’oblio e la risalita
Giovedì sera, in prima serata su Raiuno, è andato in onda in prima serata “Folle d’amore – Alda Merini”, un docufilm, come chiamano ora gli sceneggiati, le biografie dei grandi della storia e dell’arte. “Folle d’amore” è un racconto sulla vita della “poetessa dei navigli”. Protagonista Laura Morante. Con lei, Federico Cesari, Rosa Diletta Rossi, Giorgio Marchesi, Sofia D’Elia, Mariano Rigillo, per la regia di Roberto Faenza.
Grande poetessa, la sua vita nei primi Anni Ottanta, coincide con i quasi quattro anni trascorsi a Taranto, innamorata, com’era, di Michele Pierri, medico, ma anche lui poeta, che aveva qualcosa come una trentina d’anni più di lei. La Merini anni fa raccontò che aveva conosciuto Pierri grazie a Giacinto Spagnoletti, tarantino, poeta anche lui. Lunghe conversazioni telefoniche, bollette chilometriche, alla fine Alda si trasferisce in riva allo Ionio, sponda alla quale dedicherà oltre che a quasi quattro anni della sua vita, tormentata da ricoveri e dimissioni da ospedali psichiatrici, anche delle opere.
«Non vedrò mai Taranto bella – scriveva – non vedrò mai le betulle, né la foresta marina; l’onda è pietrificata, e le piovre mi pulsano negli occhi. Sei venuto tu, amore mio, in una insenatura di fiume, hai fermato il mio corso e non vedrò mai Taranto azzurra, e il Mare Ionio suonerà le mie esequie».

SPAGNOLETTI, LA SUA GUIDA
Spagnoletti è il suo vero scopritore, la sostiene, fino a spingerla a scrivere, tanto da pubblicare lui stesso un lavoro in una “Antologia della poesia italiana 1909-1949”. E’ il 1950, ma tre anni prima aveva in qualche modo incontrato «la prime ombre della mente». Viene ricoverata per un mese in un ospedale. Nel frattempo incassa stima e affetto, per fare dei nomi, tutti di livello altisonante, Eugenio Montale. L’editore Scheiwiller, su suggerimento del poeta-scrittore genovese, pubblica due poesie inedite di Alda Merini nella raccolta «Poetesse del Novecento». La poetessa nel frattempo salda una grande amicizia con un altro grande della letteratura del Novecento: Salvatore Quasimodo.
Sposerà Ettore Carniti, proprietario di alcune panetterie di Milano, da cui avrà quattro figlie: Emanuela, Simona, Barbara e Flavia. Nata a Milano nel ’31 del secolo scorso, è una sua ex insegnante a farla conoscere al Spagnoletti. Il critico resta folgorato dalla bellezza dei suoi scritti: il suo talento precoce e inspiegabile ne fa una ragazza-prodigio della letteratura italiana.

TENACE, RISALE CON FORZA
Precipitata nella psicosi dopo una grave crisi di nervi, il marito la ricovera. La Merini, tra un ricovero e l’altro, resterà in quelle antiche “case di cura”, nelle quali c’è davvero da diventare matti. L’aiuta Enzo Gabrici, lo psichiatra che l’ha in cura. Le regala una macchina da scrivere. Grazie alla scrittura sconfigge dolore e malattia. Intanto, Alda, rimasta vedova, comincia una relazione platonica, come può essere un affetto sbocciato al telefono, con il medico-poeta tarantino Michele Pierri.
Li ha messi in contatto, nemmeno a dirlo, Giacinto Spagnoletti. Conversazioni senza fine, bollette salatissime, tanto che lei parte per Taranto, dove raggiunge e sposa nel 1984 il “suo” Michele. «Eri come ti immaginavo, amore mio», gli confessa al primo incontro. Pierri, purtroppo, ha molti anni più di lei, e la felicità non dura a lungo. Il medico-poeta muore poco dopo. Alda Merini non si dà per vinta, prosegue nello scrivere, le poesie sono la sua passione e quella di milioni di lettori, così da farne nei decenni, una delle figure più importanti e più influenti della vita culturale italiana. Muore nel 2009, a settantotto anni, a Milano, città nella quale era nata.