«Sanremo, gioia immensa»

Alla vigilia del Festival, Red Canzian dei Pooh racconta una grande esperienza

«Cominciò con una provocazione, poi la telefonata di Adriano Aragozzini. Avevamo la canzone giusta, “Uomini soli”, vincemmo e in albergo saltammo su un letto e sfondammo una rete». Un libro e un musical di successo. «“Centoparole”, firmacopie pugliese caloroso; “Casanova”, un musical che ha sbancato anche in Cina, l’invito in Russia e tanto altro ancora»

 

Ieri il “via” al Festival di Sanremo. C’è la Champion’s di calcio a contrasto con la corazzata di Raiuno che fagociterà presentatori, cantanti, direttori d’orchestra, musicisti, varie ed eventuali. Nulla si può contro una “macchina da guerra” progettata anni fa da Pippo Baudo e poi ripresa dalle varie produzioni messe in campo con presentatori-selezionatori. E, allora, per una volta, approfittando di un’amicizia collaudata proviamo a farci raccontare un importante dietro le quinte, quello del 1990 presentato da Johnny Dorelli e Milly Carlucci e vinto dai Pooh con la splendida “Uomini soli”. Per fare questo e capire che aria tiri al Festival, approfittiamo della presenza in Puglia di Red Canzian, storico bassista della formazione musicale più amata dagli italiani (https://www.youtube.com/watch?v=7KRqebRYMdE è il link dell’intervista sul canale di “Costruiamo”). Canzian in rappresentanza anche dei colleghi Roby Facchinetti, Dodi Battaglia, del compianto Stefano D’Orazio che a quell’edizione c’era.

«Finita la canzone – racconta Red – proprio Stefano mi rifilò una bacchettata, non per riprendermi, del resto avevo cantato bene, ma per scacciare un pipistrello che si era appoggiato a una mia spalla: eravamo al Palafiori e non al Teatro Ariston, e lì dove tenevano la fiera dei fiori, riuscivano ad entrare tutti i tipi di volatili che circolavano nel cielo della liguria, dai passerotti ai piccioni, fino, appunto ai pipistrelli: insomma, andò così quella prima esibizione, preludio a una vittoria meritata, credo…»

 

 

COMICIA DA QUI…

Comincia così il racconto della serie “C’era una volta Sanremo, il festival delle meraviglie…”. Quello con l’orchestra, le due versioni di ciascun brano, poi scavalcato dal playback e, infine, ripreso con una formula che nel tempo ha mantenuto i suoi principali cardini. I Pooh a Sanremo con uno dei gioielli inediti della loro collezione Grandi successi. Lo snodo è una conferenza stampa, protagonisti naturalmente Roby, Stefano, Dodi e Red. «Se al Festival tornerà l’orchestra e gli organizzatori porranno fine al playback, stavolta potremmo farci un pensiero e partecipare…».

Questa la risposta a una provocazione durante una conferenza stampa. C’è un prima e c’è un dopo. Tempo dopo, infatti, Adriano Aragozzini, patron di più di un’edizione della rassegna canora quest’anno a quota settantacinque, chiama i Pooh: «Ricordate quella promessa? “Se torna l’orchestra, noi partecipiamo al Festival!”». «Certo che lo ricordiamo, Adriano – la risposta dei quattro artisti – ma occorre un’altra condizione: dobbiamo avere la canzone giusta, altrimenti Sanremo diventa una passerella e sai quanti non vedono l’ora di darci addosso…».

 

 

CHI APRI’ LA STRADA

Era il 1990, si diceva. La canzone giusta, nel frattempo, i Pooh l’avevano trovata: “Uomini soli”. I Pooh vinsero quell’edizione, l’unica a cui parteciparono come concorrenti, per poi tornare all’Ariston come ospiti e annunciare la reunion che l’anno prossimo porterà il gruppo musicale italiano più longevo a celebrare i sessant’anni di attività.

Per la cronaca. C’è una pugliese in gara, la barese Serena Brancale. Partecipa all’edizione condotta da Carlo Conti e in programma da ieri, martedì 11, a sabato 15 febbraio. Sul palco dell’Ariston la Brancale ha invitato a duettare con lei la salentina Alessandra Amoroso.

Torniamo al passo indietro che sa di storia e Red Canzian, nei giorni scorsi in Puglia per presentare il suo libro di successo “Centoparole – Per raccontare una vita”. Non solo un libro, primo in classifica con le sole prenotazioni, ma anche “Casanova”, primo musical in assoluto ad essere presentato (e replicato) con successo in Cina appena nel gennaio scorso.

I Pooh al Festival di Sanremo, Canzian. «Partì da quella provocazione: in conferenza avevamo dichiarato che se il Festival fosse tornato quello di un tempo, con l’orchestra e il cantante straniero nella doppia versione, avremmo potuto farci un pensierino; in breve, Aragozzini, patron del Festival, alzò il telefono e ci chiamò: “Bene, farò Sanremo proprio come auspicavate, ora non potete tirarvi più indietro”; questo uno dei motivi che ci spinsero verso il Festival; l’altro motivo, direi fondamentale, era che avevamo “Uomini soli”, una canzone che ci avrebbe dato grande soddisfazione a livello artistico: certo, vincere è importante, ma se non fosse accaduto, con un pezzo come “Uomini soli” saremmo cascati in piedi».

 

 

UOMINI SOLI

Canzian e soci non avevano messo in preventivo la vittoria. «Vero – conferma il bassista – tanto che non avevamo nemmeno pensato a scrivere un pezzo per l’Eurofestival, a cui partecipava di diritto chi vinceva Sanremo; avevamo il tour in partenza e al nostro posto ci andò Toto Cutugno, classificatosi secondo a quell’edizione: i Pooh, negli anni hanno rinunciato a realizzare progetti all’estero per dedicarsi al pubblico italiano, una scelta ripagata, se stiamo pensando al tour dei sessant’anni…».

C’era tensione o leggerezza, è il caso di domandarsi. «Leggerezza non direi, quell’anno ne ho vista poca: una volta annunciata la nostra partecipazione al Festival in un programma di Pippo Baudo, i giornali si scatenarono, davano la nostra come una vittoria annunciata, tanto che i colleghi non ci vedevano di buon occhio; Sanremo, da principio lo avevamo considerato come un’occasione per far conoscere una canzone di rara bellezza musicale e di una poetica elevata».

Ripensando a quel Sanremo, ci sarà pure stata un’emozione più forte delle altre. «Sicuramente, fino alle lacrime: noi in quinta, emozionatissimi, nel sentire Dee Dee Bridgewater cantare il nostro pezzo in inglese; e poi, quando ci è stata comunicata la vittoria; eravamo in albergo nella stanza di Emanuele Ruffinengo, nostro arrangiatore: per la gioia saltammo sul suo letto fino a sfondarne la rete!».

 

 

CAPITA A VOLTE…

Canzian, non solo musica, anche un titolo in libreria: “Centoparole”: un firmacopie affollato, quello pugliese. «Lettori in perfetta sintonia – conferma Canzian – sono in molti ad essersi avvicinati a questo mio libro dimenticandosi per qualche istante cosa avessi fatto con i Pooh o da solista, accettando il confronto, spesso ritrovandosi nel significato che ho attribuito a ognuna di queste cento parole; bello sentirsi dire: “mi hai aiutato a riflettere, a stare meglio, a risollevarmi”: un libro lo scrivi per la gente, non certamente per te».

Abbracci infiniti e selfie. «Un affetto così grande credo sia la cosa più bella che possa capitare a uno che scrive un libro, piuttosto che un’opera teatrale, una canzone: quando il lettore si riconosce in quello che hai fatto – e questo mi è capitato di constatare – vuol dire che hai trovato la strada più breve per arrivare al cuore della gente».

Non solo canzoni e un libro, c’è anche un musical, “Casanova”, scritto da Canzian. “Tutto esaurito” nei teatri italiani, stessa sorte nelle scorse settimane in Cina. «Pienone e applausi. Credo siano i frutti della passione, dell’impegno, per giunta non solo mio, ma di tutta la mia famiglia – mia moglie Bea, i miei ragazzi Chiara e Phil – che con compiti diversi ha lavorato alla realizzazione di un’opera straordinaria: pensa, avevamo la richiesta di sette rappresentazioni a Mosca e tre a San Pietroburgo, un invito che abbiamo rimandato a causa della guerra; si è, però, realizzato un sogno: soltanto tre anni fa ero disteso in un letto di ospedale e la mia famiglia, portava avanti la realizzazione di questo musical che stava per partire».

Sogni, bello averne realizzati. «Quando fai il mestiere che hai sempre desiderato fare – conclude Canzian – fai una buona vita, soprattutto hai l’affetto dei tuoi cari e l’abbraccio di tanta gente, ogni giorno, capisci che hai fatto bene. Credo che questo sia il più grande sogno mai realizzato…».

Chi di dazio ferisce…

Trump alza le tasse, la Cina risponde

Prima che sia troppo tardi, l’economia mondiale invita le due potenze a venire a miti consigli. Potrebbe esserci una telefonata fra Trump e Xi’, come primo rimedio. Quella delle tasse più elevate sulle merci importate, potrebbe provocare un effetto a cascata anche sulla Puglia

 

La reazione della Cina non si è fatta attendere. Pechino compie una immediata reazione contro l’aumento dei dazi voluto da Donald Trump. Tutto questo accade nelle ultime ore, in attesa di una telefonata chiarificatrice tra i leader dei due Paesi, USA e Cina, che momentaneamente potrebbe calmare le acque e fare ragionare le due potenze economiche mondiali.

Insomma, Donald Trump e una decisione che sembrava più uno slogan politico, che un programma per porre al centro dell’universo gli Stati Uniti. Una decisione che rischia di compiere un effetto-domino. Stando alle ultime ore, un risultato che non sarebbe assoluto appannaggio di quell’America forte e risoluta voluta dal tycoon. Fra il dire e il fare, per farla breve, ci sarebbe il mare. Quello della Cina. Enorme e minaccioso.

Infatti riguardo i dazi, nota dolente di tutto il programma per rendere più solida l’economia USA, ecco arrivare le prime reazioni che metterebbero il neopresidente con le spalle al muro. Aumentare le tasse sui prodotti importati fra il 10% e il 25%? Bene, ora c’è la Cina, che risponde e rilancia ponendo più o meno le stesse condizioni “svantaggiose” in senso opposto. E, allora, vedremo quando dagli Stati Uniti le esportazioni dovranno prendere la strada della Cina, per esempio. O saranno indirizzate in Europa.

 

 

PUGLIA, OCCHIO…

Finiamo di compiere un primo giro “intercontinentale”, per poi provare a capire anche cosa potrebbe, di sponda, capitare alla nostra Puglia.

Ma andiamo per gradi: Pechino risponde ai dazi del 10% a tutte le importazioni “made in China” volute da Trump, approva una serie di misure che prendono di mira il carbone e il gas naturale liquefatto (Gnl) con aliquote del 15%, più un’ulteriore tariffa del 10% su petrolio, attrezzature agricole e alcune automobili. Come riporta l’agenzia giornalistica italiana Ansa, questo pacchetto di iniziative confermate dal Ministero delle Finanze cinese, sono state evidentemente imposte per contrastare i piani annunciati nei giorni scorsi dal presidente USA. Ed entreranno in vigore, non fra un mese, due mesi: nient’affatto, il tutto partirà, senza se e senza ma, da lunedì 10 febbraio.

Naturalmente, secondo un plausibile effetto-domino, la decisione assunta da Trump, cioè di imporre dazi del 25%, fra gli altri, a Canada e Messico, e – si diceva – del 10% contro la Cina, con l’annuncio che a breve toccherà anche all’Europa, non può che mettere in allerta gli imprenditori pugliesi. I dazi porrebbero un freno agli scambi commerciali con gli Stati Uniti, con effetto a cascata sulla nostra economia che non se la passa bene. È quanto emerge dal nuovo studio condotto dal data analyst Davide Stasi, responsabile dell’Osservatorio economico Aforisma e cultore della materia in Economia politica all’Unisalento, e riportato dal quotidiano pugliese l’Edicola nelle sue due edizioni, quella pugliese e quella nazionale.

 

 

E STASI, L’ANALISTA, SPIEGA

«I dazi – spiega l’analista – di norma sono pagati da chi importa le merci; spesso costituiscono un freno al commercio, perché alzano i prezzi e rendono alcuni prodotti meno convenienti: vengono introdotti oppure incrementati anche per tutelare il mercato interno di un Paese, ricorrendo alla giustificazione di voler contrastare frodi o traffici illeciti o per ridurre la libera concorrenza».

Un esempio. «L’Unione europea – spiega Stasi – aveva stabilito di alzare i dazi sulle importazioni di auto elettriche cinesi, con l’accusa di aver causato un danno economico ai produttori europei». Si tratta di imposte indirette sui consumi, che colpiscono così la libera circolazione dei beni da uno Stato all’altro. Vengono pagati normalmente alla dogana dall’importatore o dall’esportatore, tramite una dichiarazione doganale. Solo una volta compiuto il pagamento, la merce può circolare in un determinato mercato. Il principale effetto è quello di elevare i prezzi al fine di ridurre l’acquisto di una determinata merce all’interno del proprio Paese. È un intervento, dunque, di politica protezionistica, che punta a proteggere la produzione nazionale da fattori esterni.

«Verso gli Stati Uniti d’America – prosegue l’esperto – esportiamo prodotti più di quanti ne importiamo». Negli ultimi anni, per via dell’inflazione, sono aumentati i prezzi determinando un importante e crescente surplus commerciale per il Meridione. Questo si verifica quando un Paese esporta beni per un valore maggiore di quello che importa; viceversa, gli Stati Uniti d’America hanno un deficit commerciale o una bilancia negativa.

 

 

BILANCIA COMMERCIALE POSITIVA

Nel 2021, scrive ancora l’Edicola, riportando un’analisi dettagliata, sono stati esportati beni, dalla Puglia verso gli Stati Uniti, per un valore complessivo di 734,9 milioni di euro, a fronte di importazioni che si sono fermate a un miliardo 457,7 milioni di euro, per un saldo attivo di 277,2 milioni di euro. L’anno dopo sono stati esportati beni per un valore complessivo di 892,2 milioni di euro, a fronte di importazioni che si sono fermate a un miliardo 643,1 milioni di euro, per un saldo attivo di 249 milioni di euro. L’anno scorso sono stati esportati beni per un valore complessivo di 992,1 milioni di euro, a fronte di importazioni che si sono fermate a un miliardo 710,2 milioni di euro, per un saldo attivo di 281,9 milioni di euro. Da gennaio a settembre 2024, sono stati esportati beni per un valore complessivo di 726,4 milioni di euro, a fronte di importazioni che si sono fermate a un miliardo 553,5 milioni di euro, per un saldo attivo di 172,9 milioni di euro. Ad oggi, la bilancia commerciale per il Mezzogiorno è positiva.

Dall’altare alla polvere

Accusa grave e arresto per Radja Nainggolan, già calciatore di Cagliari, Roma e Inter, ma rilasciato in queste ore

Fulmine a ciel sereno ad inizio settimana. La Procura belga spicca un mandato di arresto. L’accusa è di quelle gravi: traffico internazionale di droga. «Anche se il giocatore figura tra gli arrestati, nel rispetto della presunzione di innocenza, alla stampa non verranno fornite ulteriori informazioni», ha dichiarato il procuratore. Nelle ultime ore modificato il capo d’accusa  

 

Radja Nainggolan, ex giocatore di Cagliari, Roma e Inter, nonché della Nazionale belga, è stato arrestato: l’accusa, pesante, è di traffico internazionale di droga. Secondo quanto riferito dalla procura di Bruxelles, l’indagine riguarderebbe il traffico di cocaina in arrivo dal Sud America, che farebbe scalo al porto di Anversa per essere “spacchettata” in tutto Belgio.

Questa la notizia, nuda e cruda, come si dice. Spiazzati in molti. Quanti amano il calcio e quanti erano affascinati dalla filosofia fuori dal coro di un calciatore che più volte aveva manifestato di non gradire certe regole rigide applicate al calcio e, naturalmente, la vita da atleta. Per farla breve, il messaggio che faceva passare Radja, giocatore dalla tecnica sopraffina, era che “la vita è una sola e, allora, vale la pena viversela fino in fondo”. Non si può dire con buona pace dei tecnici che hanno spesso sbattuto contro il carattere del giocatore belga che, non ne faceva mistero, amava gli eccessi e un po’ meno gli allenamenti che qualche volta aveva disertato perché, per dirla tutta, “impresentabile”.

 

 

ACCUSA, NON CONDANNA

Ma stavolta l’accusa è di quelle toste. Insomma, non si tratta di aver fatto le ore piccole spendendo in una notte il guadagno di un anno di attività, oppure aver alzato il gomito, essere stato fermato da una pattuglia della polizia a tarda ora o per essersi presentato ad un allenamento troppo su di giri. Radja non ha mai fatto mistero. Anzi, a carriera più o meno finita, provava quasi piacere a raccontare le sue avventure fuori dal campo, qualche braccio di ferro con un tecnico, il biasimo nei confronti di colleghi che, invece, sputavano sudore durante le sedute di allenamento. E poi, poi succede. Succede che Radja, sul quale pendono accuse pesanti, non una condanna – è bene essere garantisti fino alla fine – finisce nell’occhio del ciclone. Qualcuno si toglie un sassolino da una scarpa e fa un titolo feroce (e questo non sta bene…), qualche altro scrive di un finale annunciato (quando ancora devono essere completati i capi d’accusa, non la condanna…). Insomma, tutti contro Radja, come è consuetudine in un Paese nel quale, soleva ripetere il grande Ennio Flaiano, «Gli italiani vanno sempre in soccorso al vincitore». Dunque, se c’è – a prima vista – un perdente, «Dagli al perdente!», dagli a Nainggolan, perdente pronosticato.

 

 

PRESUNZIONE D’INNOCENZA

Detto che le accuse sono una cosa e la condanna definitiva tutta un’altra cosa, proviamo ad attenerci ai fatti e raccontare questo fulmine a ciel sereno abbattutosi sul calcio, ma anche sulla cronaca, considerando che Radja era più volte apparso nelle cronache rosa.

Lunedì mattina vengono effettuate una trentina di perquisizioni domiciliari a Bruxelles e nella periferia della capitale. Tra queste perquisizioni, anche una delle case del calciatore belga. «Radja Nainggolan ha risposto a tutte le domande e sta collaborando alle indagini della polizia, il calciatore nega ogni coinvolgimento in questo dossier», ha dichiarato ieri, a caldo, il suo legale.

Sempre ieri, fonti belghe riportavano che durante l’operazione erano state subito arrestate sedici persone, compreso Radja, sequestrati centinaia di migliaia di euro in contanti, oltre a orologi di lusso, gioielli, un centinaio di monete d’oro, diverse armi, giubbotti antiproiettile, tre chili circa di cocaina e quattordici veicoli. «L’inchiesta si basa su presunti fatti di importazione di cocaina dall’America del Sud all’Europa via il porto d’Anversa, e la distribuzione in Belgio», ha dichiarato il procuratore Julien Moinil, «il calciatore figura tra gli arrestati e, nel rispetto della presunzione di innocenza, alla stampa non verranno fornite ulteriori informazioni». Naturalmente è bene augurarsi il meglio per un atleta che per lunghi tratti della sua attività ha rappresentato un modello da seguire. Di storie e vicende su questo sito ne abbiamo raccontate. Di solito abbiamo tessuto le lodi di un percorso al contrario davanti al quale l’ex Cagliari, Roma e Inter, oggi – secondo le accuse – si troverebbe, cioè passare dall’altare alla polvere e non viceversa.

 

ULTIM’ORA

Ma ecco una ultim’ora, che in qualche modo riformula il capo d’accusa. L’ex giocatore di Cagliari, Roma e Inter, Radja Nainggolan in queste ore è stato rilasciato dalle autorità belghe. Attualmente, in libertà vigilata, non può lasciare il Belgio. Questa la decisione del gip dopo il doppio interrogatorio al centrocampista, arrestato nell’ambito di un’indagine sul traffico internazionale di droga.

«Radja spera di potersi lasciare rapidamente tutto alle spalle e tornare a giocare a calcio», ha spiegato agli organi di informaziine belgi l’avvocato del giocatore, Omar Souidi. «Non è stato accusato di traffico di droga o riciclaggio di denaro, ma come membro di un’organizzazione criminale. Tuttavia confidiamo che ulteriori indagini dimostreranno che non ha colpe. Radja Nainggolan non è un criminale della droga», ha aggiunto il suo legale.

Ve la do io l’America”

Donald Trump, quarantasettesimo presidente degli USA

Ribadisce le sue posizioni intransigenti del suo programma elettorale. Pone alla firma un centinaio di ordini esecutivi. Comincia dalla “deportazione di milioni e milioni di clandestini”. Proclama l’emergenza al confine col Messico, promette di piantare la bandiera a stelle e strisce su Marte, intende riprendersi il Canale di Panama. E, ancora, cambiare il nome al Golfo del Messico (“Golfo d’America”), riconoscere due soli generi (maschile e femminile)

 

Se devi dire una bugia, dilla grossa. Così, più o meno, recitava il titolo di una commedia, nemmeno a dirlo, americana. Dove i film sanno farli, considerando le risorse economiche e hanno un bacino d’utenza esagerato, considerando la lingua inglese che ormai parlano in mezzo mondo. Dunque, deve essersi sentito su un set cinematografico, ripreso da cineprese poste in mille angoli, Donald Trump, quarantasettesimo presidente della Repubblica degli Stati Uniti, per dire tutto quello che ha detto nel suo discorso d’insediamento alla Casa Bianca. Lo aveva promesso in campagna elettorale, tanto che i punti salienti della sua seconda ascesa al Campidoglio avevano del clamoroso, più che sembrare programmi politici. Invece, il presidente americano, non solo non fa un passo indietro, ma ne compie uno deciso in avanti, tanto da scatenare commenti non sempre condivisi o magnanimi nei suoi confronti.

Trump giura a mezzogiorno in punto, promette all’America che lo ha eletto una “nuova età dell’oro”. Fra gli altri passaggi, grazia i rivoltosi di Capitol Hill, pone uno stop agli accordi di Parigi e allo Ius soli, dunque contro gli emigranti. Spettacolarizza, strappa applausi dalla claque, qualche sorrisino stiracchiato dalla platea nella quale siedono ex presidenti, quando ricorda il fallito attentato ribadendo di essere “stato salvato da Dio per rendere l’America di nuovo grande”. Insomma, cose così.

 

 

DECRETI PRONTI…

Dunque, pone alla firma un centinaio di ordini esecutivi: la “deportazione di milioni e milioni di clandestini” – parole del neopresidente – con la proclamazione dell’emergenza al confine col Messico alla bandiera Usa da piantare su Marte, la ripresa del Canale di Panama, il cambio di nome del Golfo del Messico “in Golfo d’America”, dal riconoscimento di due soli generi (maschile e femminile) all’abolizione – come si diceva – dello Ius soli e, alla fine, della strumentalizzazione politica della giustizia.  

Secondo Donald Trump, “il declino del Paese è finito, da oggi comincia una nuova età dell’oro per invertire completamente tutti questi numerosi tradimenti e restituire al popolo la sua fede, la sua democrazia e la sua libertà; basta con l’élite estremista corrotta!”, proclama. Fra i suoi primi provvedimenti, subito una correzione in corso d’opera degli accordi siglati a Parigi da Biden: la revisione circa gli impegni assunti a Parigi sul clima; la dichiarazione di un’emergenza energetica per produrre più combustibile, l’abolizione del mandato per produrre più auto elettriche.

 

 

…DONALD FA SUL SERIO

Non è finita. Nelle dichiarazioni del tycoon, come riporta, puntuale, l’Agenzia Ansa, insiste la minaccia dei dazi, anche se forse non scatterebbero subito. “Deporterò milioni e milioni di migranti illegali”, insiste, annunciando la dichiarazione di emergenza al confine col Messico e l’invio dell’esercito. Fra i suoi programmi, non del tutto semplici, sia chiaro, l’avvio delle procedure per cambiare il nome al Golfo del Messico, trasformandolo in Golfo d’America. Sferra una bordata ai traffici illeciti, considera i cartelli della droga “vere organizzazioni terroristiche straniere” fino ad abolire lo Ius soli, uno dei massimi princìpi della democrazia americana. E, ancora, la ripresa della costruzione del muro con il Messico.

Questo è solo un assaggio del new deal americano, il nuovo risvolto di una politica che, secondo, il neopresidente porrà al centro del mondo gli Stati Uniti. Sarà un braccio di ferro non indifferente. Fra il dire e il fare, si dice, c’è di mezzo il mare. Pardon, il Golfo. Che poi sarebbero Paesi come la Danimarca e il Canada, che i loro dubbi non li hanno certamente mandati a dire.

Fosse la svolta buona

Striscia di Gaza, c’è la bozza sulla tregua

Israele e Hamas più vicini. Usa, Quatar ed Egitto a fare da garanti. Al centro della trattativa il rilascio degli ostaggi da ambo le parti. Poi si procederà con la firma. Nessuno sconto, da quel momento in poi per chi trasgredisce
 
Tregua a una svolta. Ma, attenzione, prima fuori gli ostaggi, poi il via al negoziato per porre solide basi e scrivere una volta per tutte la parola fine all’eterno conflitto sulla Striscia di Gaza. In campo, Usa, Qatar ed Egitto a mediare un negoziato sempre complicato, comunque articolato, per dirla in politichese.
Secondo quanto stabilito nella bozza degli accordi, la liberazione di tre donne civili e due bambini, di cui non si hanno più notizie da oltre un anno. Secondo Hamas, donneve bambini sarebbero morti in uno dei raid israeliani.
Settimana prossima toccherà alle cinque soldatesse e alle liste umanitarie delle quali fanno parte donne, anziani, feriti, trentatré ostaggi in tutto. Secondo fonti fonti israeliane gran parte degli ostaggi cui Hanas fa riferimrnto, sarebbe viva.
Insomma, in linea trorica ci sarebbe una buona base di partenza. 
 

 

SCIOLTI ULTIMI NODI

Sciolti i principali nodi della trattativa, si passerà a stilare l’intero accordo nei minimi particolari.
Come, per esempio, il fatto che durante la prima parte della tregua a Gaza resteranno prigionieri altri ventidue ostaggi.
Secondo quanto riportato dall’Agenzia giornalistica Ansa, “nessun terrorista coinvolto nel massacro dello scorso 7 ottobre sarà rilasciato, come da veto imposto da Israele, così come il corpo di Yahya Sinwar non farà ritorno a Gaza”. 
Fra le tante notizie che si sono rincorse nella giornara di ieri, quella che Hamas avrebbe dato il suo benestare al Piano previsto dalla tregua.
Benyamin Netanyahu, intanto, nella serata di ieri ha convocato una riunione d’urgenza con i vertici della sicurezza, senza rilasciare dichiarazioni riguardo la trattativa. Le parole del premier israeliano, sempre secondo l’Ansa, sarebbero state riferite indirettamente dai familiari degli ostaggi incontrati in due diversi momenti:
“Sono pronto per un cessate il fuoco prolungato – quanto raccolto da fonti vicine a Netanyahu – a condizione che tutti i rapiti vengano rilasciati; è questione di giorni o ore: attendiamo la risposta di Hamas e poi lo stop al fuoco può pure iniziare”.
 

 

NON CI SARANNO VIOLAZIONI

“Inoltre – è stato aggiunto – quando Donald Trump entrerà alla Casa Bianca, le regole del gioco cambieranno sostanzialmente: :ogni violazione del cessate il fuoco riceverà una risposta dura e potente, e una forma di combattimento che non abbiamo ancora visto”.
Nella serata di ieri, i Paesi mediatori, Usa, Qatar ed Egitto, hanno riferito ad Israele un ritardo nella risposta ufficiale di Hamas, su cui stanno esercitando pressioni. In risposta a questa considerazione, da parte palestinese immediata la risposta mediante l’agenzia tedesca Reuters: “A Gaza – hanno fatto sapere – siamo in attesa della mappa del ritiro dell’Idf dalla Striscia”. Controrisposta: i funzionari di Gerusalemme hanno alleggerito la tensione dichiarando alla tv pubblica Kan che “la risposta potrebbe arrivare in qualsiasi momento: siamo agli sgoccioli”.

Puglia, un freddo abbraccio

Pioggia e neve, anche nelle località basse

Schiarite nella zona sottostante la regione, a partire da oggi, ma nel fine-settimana, tornano le temperature basse. Da ieri (martedì) si sta registrando un aumento dell’instabilità. Nella giornata di oggi (mercoledì) le temperature potrebbero subire una nuova flessione. Fine-settimana. Se la perturbazione sabato prossimo porterà piogge diffuse e neve sulle montagne, per domenica si prevedono ampie schiarite

 

Il tempo instabile è arrivato anche in Puglia. E non senza preavviso. Qualche annuncio nei giorni scorsi c’era già stato. Quello che “colonnelli” o meteorologi che si improvvisano tali, ci avevano riempito le orecchie di “anticiclone”. Che detto così può sembrare tutto, può sembrare niente. Insomma, per dirla in soldoni: senza anticiclone, evidentemente elemento di contrasto, ecco che è arrivato il gelo in Italia.

Perturbazioni di origine polare, stanno per abbattersi sull’Italia, e non solo, abbassando in modo drastico temperature. In Puglia, da ieri, si sta registrando un aumento dell’instabilità. Nella giornata di oggi, mercoledì, le temperature potrebbero subire una nuova flessione. Possibile neve anche a bassa quota.

 

 

OGGI, COSI’ COSI’…

Nella mattinata di oggi, tiriamo un piccolo sospiro di sollievo: sole, con massime tra 13 e 18°C, nel resto d’Italia; lo stesso nella nostra Puglia. Su Daunia, murge, Tavoliere, litorale adriatico settentrionale e litorale ionico cieli in prevalenza sereni o poco nuvolosi per l’intera giornata; sul litorale adriatico meridionale giornata in prevalenza poco nuvolosa, salvo presenza di nubi sparse al mattino. «Sul Salento – riporta il Nuovo Quotidiano di Puglia – cieli in prevalenza poco nuvolosi o parzialmente nuvolosi, salvo maggiore variabilità nelle ore centrali della giornata. Venti deboli dai quadranti sud-orientali in attenuazione e in rotazione ai quadranti sud occidentali; Zero termico nell’intorno di 2600 metri. Basso Adriatico mosso; Canale d’Otranto da molto mosso a mosso».

Fra giovedì e venerdì, in Puglia l’alta pressione va indebolendosi, motivo che favorirebbe l’arrivo di aria più umida responsabile di un lento aumento della nuvolosità dal pomeriggio, sino a cieli nuvolosi dalla sera. «Nello specifico – riporta sempre il Nuovo Quotidiano – sulla Daunia nubi sparse alternate a schiarite per l’intera giornata; su murge e litorale adriatico meridionale cieli in prevalenza poco nuvolosi o parzialmente nuvolosi, salvo maggiore variabilità nelle ore centrali della giornata». Nel nord della Puglia, sul Tavoliere, tanto per intendersi, nubi in progressivo aumento con deboli piogge dal pomeriggio; sul litorale adriatico settentrionale cieli inizialmente poco o parzialmente nuvolosi ma con nuvolosità in aumento a partire dal pomeriggio, responsabile di deboli piogge serali; su litorale ionico e Salento cieli inizialmente poco o parzialmente nuvolosi ma con nuvolosità in aumento a partire dal pomeriggio. Venti moderati meridionali in rotazione ai quadranti sud occidentali; Zero termico nell’intorno di 3050 metri. Basso Adriatico da poco mosso a mosso; Canale d’Otranto mosso».

 

 

…FINE SETTIMANA, BRIVIDI

E veniamo al fine-settimana. Se la perturbazione di sabato porterà piogge diffuse e neve sulle montagne a quote più basse, per domenica si prevedono ampie schiarite al Centro-Nord. Va appena un po’ meglio al Sud. Ma appena, perché è previsto cielo grigio con pioggia debole. Sull’adriatico, cielo coperto con pioggia debole sul litorale, nubi sparse con ampie schiarite sul litorale ionico e sulla dorsale lucana. Infine nuvoloso con locali aperture sulle Murge.

Per chi si mettesse in viaggio per il ritorno dopo un lungo ponte festivo, sappia che sulla strada del ritorno troverà cielo coperto con pioggia debole sui litorali e sulle pianure. Coperto con pioggia debole sul litorale adriatico, nubi sparse con ampie schiarite sul litorale ionico, nuvoloso con locali aperture sulle Murge. Chiusura con lo stesso tipo di apertura. Il meteo non è, per come dire, “allegro”. Pare che anche in coda alla domenica per le località pugliesi non sarà una passeggiata. Cielo coperto con neve debole o moderata, interessa la Puglia, come dire, di rimbalzo, considerando che la neve si potrebbe posare sulla dorsale molisana e su quella lucana.

Capodanno, non solo Cenone

I fatti del 2024, italiani a tavola, il tempo

Abbiamo fatto un breve passo indietro. La cronaca che ha scandito l’anno appena archiviato. Dall’attacco di Istraele al ferimento di Tump durante la campagna elettorale. La notizia più letta, secondo l’agenzia giornalistica Ansa, l’alluvione di Valencia. Rispetto allo scorso San Silvestro, clima migliore, niente pioggia, temperature sopportabili. Un primato: la scorsa estate è stata la più calda in assoluto

 

Capodanno, uguale Cenone. Potremmo fare un elenco di menù e cifre, e magari lo faremo anche, ma solo per dare un tocco leggero a una riflessione sull’anno appena finito fra un brindisi, tanti, e un botto, pochi rispetto alla recente media.

L’ideale, in questi casi, è una ricognizione fra le notizie che hanno scandito nel bene e nel male un anno finito in archivio, senza lodi e senza infamia per molti. Senza un guizzo, atteso ma non troppo, da una minoranza. Non la buttiamo, insomma, in caciara – come direbbeo nella capitale – anche perché Destra e Sinistra, mai come in questo periodo, non sembrano poi così distanti anni-luce come un tempo. Farsi un’idea rispetto a quanto detto dai politici, da chi governa a chi sta all’opposizione, mai come in questo periodo è operazione complicata, se non impossibile. Così, prima di addentrarci in una disamina, facciamo questa “benedetta” (perché ci dà modo di svicolare eventuali considerazioni) cernita di notizie che, in qualche modo, hanno scandito il 2024.

Dunque, inutile girarci attorno, ce lo ricorda l’agenzia giornalistica italiana più autorevole, l’Ansa, è stato l’alluvione di Valencia ad essere l’argomento più seguito, con quella scia di danni e sangue. Una città letteralmente invasa dall’acqua. C’è poi l’attentato a Donald Trump, nel corso di una campagna elettorale molto chiacchierata, a seguire  l’attacco dell’Iran a Israele, la storia dell’ingegnere congolese che ha chiamato il suo quarto figlio come il primario dell’equipe di medici italiani che gli ha salvato la vita.

 

 

I FATTI, UNO DOPO L’ALTRO

Martedì 12 marzo – Storia a lieto fine con Bufole Mugisho, operato per un tumore al cervello. Operazione perfettamente riuscita, il caso dovrà essere ottenuto sotto osservazione, intanto il paziente chiama il suo quarto figlio come il chirurgo che lo aveva operato.

Sabato 13 aprile – Attacco a Israele da parte dell’Iran. La reazione sarebbe stata la ritorsione al bombardamento del Consolato iraniano a Damasco.

Giovedì 11 luglio – Giacomo Bozzoli, latitante, dopo la condanna definitiva all’ergastolo per l’omicidio dello zio, viene tratto in arresto. Non era fuggito all’estero come si pensava in un primo momento, ma a casa sua. I carabinieri durante la perquisizione della villa nel Bresciano trovano l’uomo nel cassettone del letto matrimoniale.

Sabato 13 luglio – L’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, candidato per il Partito repubblicano resta ferito ad un orecchio durante un comizio elettorale, soccorso, scortato e accompagnato nel più vicino ospedale: le sue condizioni non risultano critiche.

Giovedì 1 agosto – Olimpiadi di Parigi. Angela Carini si rifiuta di affrontare il match contro la pugile “iper-androgina” algerina Imane Khelif. L’atleta napoletana si inginocchia al centro del ring e piange. Fioccano critiche polemiche, l’incontro finito sul nascere diventa anche un caso politico.

Martedì 29 ottobre – Un violento alluvione si abbatte su diverse città della Spagna, la più colpita è Valencia, che conta decine di morti. Aveva tenuto incollati ai notiziari milioni di persone quanto era stato riportato in un primo momento da alcune agenzie: il parcheggio di un centro commerciale che avrebbe bloccato centinaia di persone: allarme infondato.

 

 

ITALIANI, A TAVOLA!

E veniamo alla spesa e al Cenone. Gli italiani, secondo la stima del Centro Studi Confcooperative, avrebbero speso 2,3 miliardi per sedersi a tavola, ieri, giorno di San Silvestro. Pare siano stati spesi cento  milioni in più rispetto allo scorso anno e ben 350 milioni in più prima del Covid. Secondo lo studio, l’aumento della spesa sarebbe stato “condizionato” più che da una maggiore propensione agli acquisti, dal caro vita.

Per molti italiani è stata una festa votata alla spending review, vale a dire un processo teso a migliorare l’efficienza e l’efficacia della spesa pubblica. Un italiano su due avrebbe atteso la mezzanotte in casa, propria o di amici o parenti; tre su dieci, stando sempre allo studio compiuto da Confcooperative, hanno brindato all’ingresso del 2025 in viaggio, mentre e due su dieci hanno trascorso la serata in cenoni organizzati da ristoranti e hotel.

 

BEL TEMPO SI SPERA

Infine, un po’ di meteo. Un anno fa San Silvestro si era presentato con piogge sparse, al Centro-Nord e in Campania. Ieri, in buona parte dell’Italia, la vigilia sarebbe stata asciutta e serena. Nei prossimi giorni, alta pressione, ma anche stabilità, ristagno di inquinanti e nebbie in pianura. Dopo giornate con buona visibilità, si prevede peggioramento in val Padana e nelle valli del Centro con presenza di nebbie notturne a tratti anche fitte.

Il brindisi di mezzanotte a Torino ha fatto registrare 1°C. Milano, Bologna e Venezia, invece, nottata in compagnia della nebbia e 2-3°C; Firenze 4°C, Roma 7°C, Napoli foschia e 9°C; per concludere, Cagliari cielo grigio e 12°C. Nel resto d’Italia, 3 gradi a L’Aquila, 7°C Bari, 11°C a Reggio Calabria, Catania e Palermo. Il 2024 si è chiuso, però, con un primato: è stato l’anno più caldo della storia.

Natale, va un po’ meglio…

Regali e auguri, dal 24 dicembre al 6 gennaio

Gli italiani impegnano di più i loro risparmi. Aumentano quanti si mettono in viaggio, ma anche la spesa per comprarsi o comprare prodotti a parenti, amici, conoscenti. Rispetto a due anni fa si è registrata una discreta impennata nei consumi. Lo spiegano i sondaggi di Confcommercio, Confesercenti e Codacons. C’è, però, chi resta a casa, non ha ferie, preferisce “investire” in abbigliamento o beni di consumo, privilegiando la tavola…

 

Cominciamo intanto con l’augurare un Buon Natale a tutti. A quanti fanno parte di questa squadra, quella di “Costruiamo”, e a quanti ci seguono, leggono, commentano, in questa serie di articoli e riflessioni. Speriamo sia stato un Natale fatto di soddisfazione, piuttosto che di malinconia. Le feste sono belle, in particolare quella del Natale, ma ogni momento di grande emozione nasconde sempre quell’accento di malinconia. Inutile farne mistero, ci sono ragazzi accolti da “Costruiamo” che vengono da molto lontano. Vengono in Italia, qualcuno prosegue il viaggio per l’estero, alla ricerca di un lavoro, di una vita migliore rispetto a quella che faceva nella sua città di origine, talvolta anche villaggio. Di storie ne abbiamo raccontate, continueremo a raccontarne. Molte di queste, lo dicono gli italiani per primi, che in quanto a romanticismo non li batte nessuno, sono permeate di una certa malinconia, perché costruirsi una vita lontano dalla propria casa, dalle proprie abitudini porta grandi sacrifici: lasciare la propria terra, i propri cari, innanzitutto. E poi, la fame, la sete, le violenze.

In questi spazi più o meno giornalieri ci raccontiamo e ci conosciamo un po’ meglio. Un po’ meglio di ieri, un po’ meno di domani. Ecco, il Natale, come lo trascorriamo in Italia, non solo fra italiani, ma anche con i fratelli che vengono dal Continente di fronte al nostro. Quando parliamo o scriviamo, come in questo caso, di italiani, parliamo anche di quanti da poco o da molto abitano il nostro Paese. Dunque, quando raccontiamo l’Italia, raccontiamo del Paese di tutti.

 

 

PONTE FESTIVO

E, allora, come avete trascorso o pensate di trascorrere le festività cominciate con il Santo Natale? Qui lo chiamiamo “ponte festivo”, perché il periodo festivo è di due settimane. Tutto riprende a ritmo sostenuto a partire dal 7 gennaio, o male che vada il 2 gennaio. L’Italia i questi giorni è ferma? No, c’è chi lavora; chi, intanto, ha la fortuna di averlo un lavoro e, pur di avere un reddito, mettere su famiglia, ha rispetto delle festività, ma non ne fa una malattia se un giorno, invece di brindare, mangiare una fetta di panettone o brindare, lavora e guadagna.

Secondo il focus di Confcommercio, la Confederazione dei commercianti italiani, fra Natale, Capodanno ed Epifania prossima, dunque 2025, le vacanze saranno più segmentate, spezzettate. Più partenze, con una tendenza a spostarsi al di fuori dei periodi consueti con lassi di tempo evidentemente più brevi. In questa ricerca di Confcommercio ripresa dall’agenzia Ansa, il 25% degli italiani ha dichiarato dichiara che si muoverà sia fra Italia ed estero, compiendo pertanto più viaggi. Una parte più contenuta, calcolabile in un 12%, partirà per l’estero, specie a Capodanno e in vista dell’Epifania (una percentuale sensibilmente migliorata rispetto a due anni fa). Quanti non saranno impegnati o avranno investito i propri risparmi nelle vacanze, il 20% attribuisce a questa “scelta obbligata” a motivi economici, mentre il restante 13% alla mancanza di ferie disponibili. Spesa complessiva prevista: oltre otto miliardi di euro, con un impegno economico maggiore indirizzato al Capodanno, che conferma di essere il momento di maggiore spesa per gli italiani: spesa media per persona, 390 euro; numero complessivo di viaggiatori, 9 milioni.

 

 

MEGLIO DEI PRECEDENTI

Il Natale che stiamo vivendo, pare non sia più quello dello scorso anno, giocato sul risparmio. Pare, infatti, che le famiglie italiane fino alla fine del Natale, avranno speso nove miliardi di euro, fra gli acquisti anticipati (Black friday) e il rush finale agli acquisti nel fine-settimana. Sotto l’albero troveremo, dunque, più regali sotto l’albero, con le festività che potrebbero arrivare ad un costo di 25 miliardi di euro, fra viaggi, spostamenti e spesa alimentare, dove i rincari hanno registrato picchi mai registrati in una simile percentuale: il 20%.

Secondo Codacons e Confesercenti-Ipsos, il recupero dei redditi reali, per quanto faticoso, e la frenata dell’inflazione incoraggeranno agli acquisti: 9,5 miliardi di euro (Codacons), a 8,1 miliardi (Confesercenti) con una spesa media di regali pari a 225 euro a persona. Secondo Confesercenti, il clima di incertezza pesa su famiglie e imprese, ma gli italiani non rinunciano al Natale. Quest’anno, sempre secondo Confesercenti, le vendite per le festività hanno scontato una partenza lenta, e la speranza che ci sia un rialzo a fine corsa, sul filo di lana.

Fra gli investimenti in regali: capi di abbigliamento, moda, con particolare riferimento alle borse, sono in cima alle preferenze degli italiani. Fra i cinque doni più scelti, anche libri (33%) e tecnologia (32%). Per un 30%, dono gastronomico, mentre il 23% su un prodotto da enoteca. Sugli acquisti dell’ultima ora, pare che i negozi una volta tanto avranno la rivincita sulle vendite online. Il 61% degli acquisti nell’ultima settimana prima di Natale, pare sia avvenuta nel punto-vendita fisico: il 46%: in un negozio, di vicinato o in un centro commerciale; il 10% in un negozio monomarca di una grande catena e il 4% in un mercato o mercatino.

Malaria dal Congo, un morto a Treviso

Cinquantacinque anni, l’uomo era appena tornato da un viaggio in Nord Africa

In corso accertamenti diagnostici in collaborazione con lo “Spallanzani” di Roma, fa sapere la Regione Veneto. Secondo l’Ansa, alcuni campioni sarebbero arrivati al laboratorio dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) a Kinshasa. Intanto, a ore, arriveranno altri kit sanitari per casi moderati e critici

 

Un uomo di cinquantacinque anni, residente in provincia di Treviso, appena rientrato da un viaggio in Congo, è deceduto. Era tornato a casa da un viaggio nell’Africa centrale, dove, ricordiamo, è in atto una vera e propria epidemia.

Proprio in riferimento all’epidemia di cui si parla in questi giorni, si sospetta una febbre che avrebbe scatenato la fatale emorragia. Come accade in casi simili, in queste ore – e in costante contatto con l’Istituto comprensivo “Lazzaro Spallanzani” di Roma – sono in corso accertamenti per comprendere quale sia l’origine della malattia che ha provocato la morte del cinquantacinquenne. La Regione Veneto, intanto, porta a conoscenza la popolazione che, sempre secondo prassi, è stato disposto l’isolamento fiduciario domiciliare per l’unico contatto noto.

 

 

REGIONE VENETO INFORMA

Con una nota, sempre la Regione Veneto informa che «sono in corso gli accertamenti diagnostici, che consentiranno di fare luce sull’eziologia della malattia, in collaborazione con lo “Spallanzani” di Roma». Notizie dalla doppia valenza arrivano dal Congo, dove il Ministero della Sanità, a proposito delle centinaia di morti sospette. «Il mistero sarebbe risolto, ne siamo venuti a capo: è una grave forma di malaria». Lo riferisce l’agenzia Reuters sul suo sito. Secondo quanto riportato dall’agenzia tedesca, le autorità locali hanno affermato che «la malattia aveva ucciso 143 persone nella provincia sudoccidentale di Kwango a novembre». Mistero risolto, si diceva, anche se, massima attenzione, si tratta di un caso di malaria grave. Questa si presenta sottoforma di malattia respiratoria, indebolita dalla malnutrizione.  

Tutto è comunque monitorato ora per ora. Fra gli interventi, quello di Usa Today, autorevole organo d’informazione statunitense, che ha raccolto e pubblicato sul suo sito una dichiarazione da parte dell’Organizzazione mondiale della Sanità che afferma quanto segue: «Non è ancora determinata in modo definitivo la causa della malattia che ha mietuto decine di vittime in una regione del Congo, anche perché i test di laboratorio sarebbero ancora in corso».

 

 

FARMACI ANTIMALARICI

Secondo l’agenzia italiana Ansa, alcuni campioni sarebbero arrivati al laboratorio dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) a Kinshasa, capitale del Congo, distante quarantotto ore di auto dalla zona sanitaria di Panzi. Sarebbe stato questo problema, a prima vista insignificante, invece significativo, il motivo per cui la malattia ha impiegato così tanto tempo per essere identificata.

Sempre secondo quanto reso dall’Oms all’agenzia giornalistica italiana, altri campioni sono in viaggio. Il ministro provinciale della Sanità, ha inoltre aggiunto che i farmaci antimalarici forniti dall’Oms vengono distribuiti nei principali ospedali e centri sanitari di Panzi. Un portavoce dell’Organizzazione mondiale della sanità, infine, ha annunciato che a ore arriveranno altri kit sanitari per casi moderati e critici.

Morire di lavoro…

Esplosione nella fabbrica Eni di Calenzano, cinque morti

Ventisei i feriti. Tre risultavano dispersi, poi il ritrovamento che fa salire il numero delle vittime. Nel centro in provincia di Firenze, lutto cittadino e un minuto di raccoglimento. Lo stesso in Parlamento, dove il Presidente ha espresso il cordoglio per le famiglie, gli operai che hanno perso la vita e quanti sono ancora sotto osservazione. «Non è possibile che ci siano persone che vanno al lavoro e non tornano più a casa», ha dichiarato Lorenzo Fontana

 

Esplosione in un deposito Eni a Calenzano, provincia di Firenze. Ieri, martedì 10 dicembre, è stato rinvenuto l’ultimo corpo dei cinque dipendenti che hanno perso la vita in un incidente nel quale, per competenza, ha aperto le indagini la Procura di Prato. E’ andata meno peggio, agli altri ventisei colleghi feriti, chi gravemente (due operai ricoverati in prognosi riservata nel Centro ustioni dell’ospedale di Pisa), chi in modo più lieve, tanto che questa ennesima, triste vicenda di morti sul lavoro, potrà quantomeno raccontarla. Di sicuro un giorno che i sopravvissuti non potranno mai dimenticare; una di quelle esperienze che segnano tanto le famiglie che in questa tragedia hanno perso i propri cari, quanto le altre vittime di quell’assordante esplosione che ha raso al suolo la centrale. Cinque morti e ventisei feriti.

È stata, dunque, identificato l’ultimo dei dispersi nell’esplosione di Calenzano. L’uomo è la quinta vittima della lista delle persone che mancavano all’appello iniziale (due morti e tre dispersi, questo il primo bollettino). Tutti operai alla guida di autocisterne.

 

 

LE VITTIME

Fra le vittime, un operaio originario di Catania (57 anni), un operaio di Napoli (62 anni), un operaio originario della provincia di Novara (49 anni), un operaio nato in Germania, ma italiano (45 anni), e un operaio di Matera (45 anni). Questa mattina (mercoledì 11), si svolgerà la commemorazione delle cinque vittime dell’esplosione. L’annuncio da parte del sindaco di Calenzano, Giuseppe Carovani, che sarà in compagnia del presidente del Consiglio regionale, Antonio Mazzeo.  Il primo cittadino ha già formato il primo doloroso protocollo che si adotta in circostanze così drammatiche, estendendo il lutto cittadino per due giorni (martedì e mercoledì). Fra le iniziative formulate dal sindaco, l’invito all’intera popolazione ad osservare mercoledì mattina alle 10.00, orario dell’esplosione, un minuto di silenzio.

Le salme delle vittime sono state trasferite a Firenze, per procedere, secondo prassi, all’autopsia e all’identificazione. La procura di Prato, come si diceva, che coordina le indagini, ha già assegnato agli esperti l’esame autoptico delle vittime. L’azienda Eni, intanto, sta attivamente collaborando con gli inquirenti per individuare le cause che hanno provocato l’esplosione delle quali è prematuro ipotizzarne la natura. La società, in un comunicato, esprime inoltre la propria vicinanza alle famiglie delle persone decedute e ferite, assicurando che ogni informazione sarà messa a disposizione delle autorità giudiziarie che stanno conducendo le indagini.

 

 

CORDOGLIO DI STATO

Il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, nel corso dell’incontro con la stampa parlamentare, ha fatto osservare un minuto di silenzio per le vittime dell’esplosione. «La Camera – ha dichiarato – sta cercando di lavorare su tutti i fronti, non solo dal punto di vista legislativo, abbiamo recentemente fatto gli Stati generali, c’è una commissione bipartisan che sta lavorando, è una tematica su cui c’è molta sensibilità; è un atto doveroso: non è possibile immaginare che ci siano persone che vanno al lavoro e non tornano più a casa; quella delle morti sul lavoro è una piaga che persiste: bisogna tentare in tutti i modi di farla finire. su questo c’è un impegno bipartisan».

Proprio l’incidente di Calenzano ricorda altri fatti avvenuti, sempre quest’anno in depositi industriali. E’ del 21 giugno l’esplosione all’Aluminium di Bolzano che provoca un morto e cinque feriti. Il 23 ottobre, altra esplosione, che fa crollare parte di un capannone della Toyota Material Handling di Bologna provocando due morti, un ferito grave e una decina di dipendenti.

L’anno si era aperto l’11 gennaio a Valfabbrica (Perugia), dove un operaio di 50 anni era morto dopo essere stato travolto dalla terra mentre si trovava all’interno di uno scavo per la riparazione di un tratto del sistema fognario nella zona. A seguire, il 15 febbraio, un operaio quarantenne aveva perso la vita dopo essere stato investito da un mezzo in movimento in un’azienda di Longhena (Brescia).