«Rispetto per Lampedusa!»

Il vicesindaco Attilio Lucia contesta un cartello leghista

«Cedere Lampedusa all’Africa, come furono cedute Dalmazia e Istria  all’ex Jugoslavia», la provocazione leghista applaudita a Pontida. Ma il “secondo cittadino” dell’isola, leghista anche lui, sollecita l’intervento sollecito di Salvini: «Un’uscita irrispettosa, che il ministro intervenga subito»

 

Quando pensi di averle viste o sentite tutte, ecco che sbuca dalla moltitudine il solito personaggio che sopravanza altre iniziative grottesche. Un cartello, che sia provocatorio o meno, che sia istigato da qualcuno all’interno del partito, nato come movimento a tutela del “Laborioso Nord”, riporta: «Cedere Lampedusa all’Africa». La cosa buffa, di questi tempi, e non solo di questi, basti pensare all’Uomo qualunque (un ometto sopraffatto da un torchio, simbolo della sopraffazione del genere umano da parte dei poteri forti), è che frasi di questo tipo fanno proseliti, mediante la diffusione sui molteplici social trovano persone disposte ad appoggiare tesi a dir poco sciagurate. Sciagura è dir poco: Umberto Eco, ultimo genio di casa nostra, che odiava i social perché legittimavano anche lo scemo del villaggio, si sarebbe fatto una risata e avrebbe esclamato: «Altre domande, possibilmente intelligenti?».

Senza voler mescolare le carte, la cosa parte qualche giorno fa, quando uno dei fondatori della Lega si dimette. Personaggio in vista, uomo di governo, non accetta più la politica di Salvini, che della Lega Nord, ne ha fatto un partito esteso su tutto il territorio. Insomma, la Lega doveva solo battagliare per se stessa, provare a staccarsi dal resto d’Italia, fino a farne una sorta di repubblica della Padania. Oggi, si ripresenta il focolaio e non ci spiazza nemmeno tanto se gli ultimi sondaggi sui partiti certificano che la Lega è in discesa. Vedremo, fino alla fine, cosa accadrà. Certo che se provassimo a chiudere i rubinetti, al Nord resterebbero senza pane, vino, frutta, ortaggi; senza vacanze, case al mare o masserie.

 

 

CARTELLO SFACCIATO

Nel commentare quel cartello sfacciato che invitava alla cessione di Lampedusa all’Africa, tralasciamo altri sentimenti, la ricostruzione dell’Italia fondata sul lavoro e sul sacrificio di centinaia di migliaia di italiani, dal Nord al Sud, dei saccheggi alle nostre banche e ai nostri “granai” per pagare i debiti del Nord (se qualcuno potesse, provasse a leggere uno dei tanti trattati di Pino Aprile sul Sud).

Veniamo, dunque alla cronaca, alle notizie puntuali riportate dall’agenzia Ansa. Cartello esposto a Pontida, Casa della Lega: «Cedere Lampedusa all’Africa». Risposta del vicesindaco dell’isola siciliana, Lucia, per giunta leghista: intervenga Salvini. «Lampedusa merita rispetto perché ancora oggi si sostituisce all’Europa». Tutto vero. E già che ci siamo, alla faccia di chi vuole separarsene, Lampedusa si sostituisce anche all’Italia. Intervenga Salvini, e lo faccia, subito, ovviamente in difesa dell’isola e di una popolazione che da trent’anni continua, con il suo grande cuore, a dare». Insiste, e bene fa, il vice sindaco delle isole Pelagie, Attilio Lucia, leghista, dopo che uno dei militanti del suo partito, un brianzolo, a Pontida si è presentato con un foglio sulle spalle con la scritta: «Blocco navale subito! Cedere Lampedusa all’Africa». Cos’hanno detto i compagni di partito? Pare abbiano riso e applaudito. Evidentemente perché, come sosteneva Ennio Flaiano, «La mamma dei cretini è sempre incinta».

 

 

INVECE DI RISOLVERE…

Un problema tira l’altro. «Cosa ha fatto l’Italia con la Dalmazia e l’Istria?», ha provato a spiegare il leghista con cartello, sottolineando che la sua non era una provocazione, ma una vera richiesta per risolvere il problema degli esponenziali flussi migratori.

Le parole sono ovviamente rimbalzate a Lampedusa, facendo salire la pressione agli isolani che si dibattono con l’annoso problema sull’accoglienza dei migranti.  Senza contare che i lampedusani stavano già protestando nel tentativo di evitare il montaggio di una tendopoli nell’ex base Loran. Perché, come sappiamo, in Italia non c’è nulla di più definitivo del “provvisorio”. Il timore, insomma, è che una volta montata la tendopoli, il problema non sia risolto, ma solo spostato.

«Dopo tutto quello che abbiamo e stiamo ancora passando – ha insistito il vicesindaco Lucia – portando a Lampedusa anche il premier Giorgia Meloni e il presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, l’auspicio è quello di trovare una soluzione per bypassare Lampedusa; invece, quest’uscita, da parte di un militante del mio stesso partito, è veramente irrispettosa, pertanto chiedo al ministro Salvini di intervenire. E anche subito». Attendiamo risposta di Salvini, uomo di Governo, che accettando l’incarico di ministro si è impegnato a svolgere il suo mandato a vantaggio dell’Italia tutta. E non per compiacere un soggetto politico o una sola parte del nostro Paese.

«Tolleranza zero!»

Nuovo codice della strada

Multe salate, ritiro della patente. Dimenticate il cellulare mentre siete alla guida. Niente messaggi, né video: il rischio è serio. Lo chiedono i familiari delle oltre duecento vittime della strada registrate dall’inizio dell’anno. Si inaspriscono le multe nei confronti di quanti usano monopattini, circolano sui marciapiedi, occupano scivoli o posti previsti per portatori di handicap

 

Multe salate, fino a duemilaseicento euro, se tutto va bene; patente sospesa fino a tre mesi, per chi scambia il vano-auto per il salotto di casa, telefona, invia messaggi, fa video. Per non parlare di altre ristrettezze per quanti circolano con scooter, piste ciclabili e monopattini. Finisce la pacchia per chi se ne infischiava delle più elementari regole del codice della strada, come per esempio occupare gli scivoli o i posti riservati per i portatori di handicap. Gli italiani sono fatti così, se non metti mani nelle tasche restano insensibili a qualsiasi tipo di richiamo al senso civico. Vedremo se e quanto funzionerà. Questione di giorni, poi, dopo che la proposta sarà discussa, perfezionata, si passerà dalla teoria alla pratica.

Ecco, dunque, il tanto invocato nuovo codice della strada che prevede una serie di sanzioni, in alcuni casi mai viste prima. Il ministro Matteo Salvini assume provvedimenti restrittivi con lo scopo di fermare le stragi del sabato sera. Dopo le oltre duecento vittime registrate sulle strade dall’inizio dell’anno.

Una discreta notizia per gli automobilisti: c’è la stretta sugli autovelox-selvaggi. Ma anche durezza per quanti non rispettano le regole. Crescono pesantemente le sanzioni per chi telefona o invia messaggi dal cellulare mentre è al volante. Multe fino a duemilaseicento euro, si diceva, per i recidivi, con patente sospesa e dieci punti in meno. Raddoppiano le multe per chi sosta nei posti riservati ai disabili o ai bus. Per non parlare dell’intransigenza per quanti si pongono al volante dopo aver bevuto o hanno assunto stupefacenti. E, ancora, altre novità per quanti circolano su monopattini, impegnano piste ciclabili e hanno appena preso la patente.

 

 

«MASSIMO RIGORE»

«Condivisibile la stretta su alcol e uso del cellulare alla guida, anche se senza un aumento dei controlli e una vera politica di prevenzione le norme rischiano di rimanere delle grida manzoniane, e norme che faranno la fine della patente a punti e altre riforme», dice l’avvocato Domenico Musicco, presidente dell’associazione vittime incidenti stradali e sul lavoro (Avisl onlus), a commento delle nuove norme del codice stradale.

Partiamo dall’uso dei cellulari per chi è alla guida di un mezzo. Chi telefona o manda messaggi mentre è al volante pagherà una multa più salata. La sanzione passa dalla fascia 165/660 euro a 422/1697 euro, con sospensione della patente di guida da quindici giorni a due mesi fin dalla prima violazione. In caso di recidiva nel biennio, oltre alla sanzione accessoria della sospensione della patente da uno a tre mesi, già prevista dal codice in vigore, si prevede il pagamento di una somma da 644 a 2588 euro, oltre ad una decurtazione dei punti dalla patente. Otto nell’ipotesi di prima violazione, dieci per la seconda violazione.

Multe in aumento e sospensione della patente di guida da 15 a 30 giorni per la violazione dei limiti di velocità all’interno del centro abitato per almeno due volte nell’arco di un anno. Patente sospesa anche per chi guidare contromano o ignora il rosso. Per chi viene trovato in stato di ebbrezza alla guida o “dopo l’assunzione di sostanze stupefacenti”, rischia la sospensione della patente fino a 3 anni. La positività comporterà la revoca della patente con la sospensione della stessa fino a tre anni. 

 

 

PATENTE, REVOCA A VITA

Nel nuovo codice è prevista anche la revoca a vita della patente nel caso vengano commessi reati gravissimi al volante, come la fuga dopo aver provocato un incidente stradale. Inflessibili, contravvenzioni più salate anche per chi si ferma o parcheggia negli stalli dedicati ai disabili, così anche per chi parcheggia nelle corsie riservate agli autobus e a tutti i mezzi del trasporto pubblico locale.

Casco obbligatorio anche per i maggiorenni sia per quelli privati che per quelli in sharing, targhe e assicurazione per tutti i monopattini. Chi circola senza contrassegno o assicurazione dovrà pagare una multa tra 100 e 400 euro. Divieto di circolazione contromano e sui marciapiedi, a meno che i veicoli non siano condotti a mano. Divieto di sosta selvaggia e sui marciapiedi e divieto di circolazione nelle aree extraurbane.

A proposito delle piste ciclabili. La Conferenza unificata ha proposto di intervenire con regolamento per ampliare il novero delle strade adatte alla realizzazione di piste ciclabili. Per gli automobilisti scatta l’obbligo di mantenere un metro e mezzo di distanza dalle biciclette durante i sorpassi. Ultima annotazione a proposito degli autovelox. Si va verso una definizione stringente sulle specifiche tecniche degli apparecchi e sul loro posizionamento.

Ricordiamo, infine, che il pacchetto ha avuto un nuovo via libera dal Consiglio dei ministri che lo aveva già licenziato a giugno. Le misure erano già passate al vaglio della Conferenza unificata che aveva nel frattempo proposto alcune modifiche. Ultimo passaggio obbligato, quello del Parlamento dove il decreto approderà in aula a ottobre.

Libia e Marocco, che sciagure!

Più di diecimila le vittime nei due Paesi colpiti da un alluvione e da un terremoto

Solo a Derna si contano migliaia di morti e migliaia di persone scomparse. Travolte da fiumi in piena. Partiti subito gli aiuti, dalla Croce Rossa all’Onu. Anche l’Italia farà la sua parte. Intanto le scosse non accennano a diminuire, sono più di duemila e i morti e i dispersi fra Marrakesh e dintorni

 

Due sciagure, morti che superano le diecimila unità. E più si va avanti e più aumentano. Sembra un bollettino di guerra. C’è grande confusione, anche nei pur bravi cronisti italiani che non sanno da che parte cominciare il racconto di due gravi sciagure che hanno messo in ginocchio due Paesi. Scrivere o parlare prima del Marocco, dando precedenza ai primi sfortunati protagonisti di una roulette russa che conta decine e decine di morti ad ogni passo, sepolti dalle macerie, seminati per strada; oppure alla Libia, dove le vittime hanno subito la stessa sorte e, in molti casi, sono state trascinate da fiumi esondati che hanno travolto di tutto e di più.

Marocco, dove si sono superate le duemila vittime; oppure Libia, quando solo a Derna si rischiano 10 mila morti. In tv si parla di qualcosa come diecimila morti causati dalle inondazioni nell’est del Paese.

I morti, dicono, potrebbero superare i diecimila. Il bilancio delle vittime della tempesta in Libia è epocale, fa sapere la Croce Rossa internazionale attraverso le agenzie internazionali e l’italiana Ansa. “Da nostre fonti – dicono – il numero delle persone scomparse ha raggiunto le diecimila persone”. Lo ha segnalato ai giornalisti, la Federazione internazionale delle società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa. Pare che il bilancio delle vittime possa aumentare drammaticamente. Sarebbero migliaia, infatti, le persone scomparse. “Il bilancio delle vittime – prosegue l’organizzazione internazionale – è enorme e potrebbe raggiungere le migliaia”.

 

 

AIUTI DALL’ITALIA

Intanto, la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha appreso con dolore dei danni causati dall’uragano Daniel che ha causato morte, feriti e distruzione. L’Italia esprime vicinanza e solidarietà ai familiari delle vittime e al popolo libico, anche in concreto, attivando la Protezione civile per poter assistere nel migliore dei modi la Libia colpita da questa emergenza.

La tempesta “Daniel” ha investito Derna, città della Cirenaica, e tutta la regione libica. E’ stato immediatamente offerto l’aiuto della Difesa per le zone alluvionate, come già fatto per il Marocco colpito dal sisma. Questo l’impegno del ministro della Difesa Guido Crosetto.

E veniamo ora proprio al terremoto in Marocco, dove il bilancio dei morti sarebbe salito a oltre duemiladuecento vittime. Ciò, secondo l’ultimo aggiornamento del Ministero dell’Interno.

Una ultim’ora, intanto, ci aggiorna sui nostri connazionali bloccati sul passo montano del Tizi n’ Test: la famiglia di turisti italiani in vacanza in Marocco, che si trovava in hotel, è rimasta isolata a causa del terremoto. “Le ruspe stanno lavorando intensamente – riporta l’Agenzia Ansa – ma a pochi chilometri da qui la frana è di enormi proporzioni: stanno facendo il possibile, ma il lavoro è lungo: dicono che ce la faranno a breve, speriamo sia così”.

 

 

GENTE PER STRADA, ALL’APERTO

Sky News racconta di come “le strade sulle montagne dell’Atlante, vicino all’epicentro del sisma che ha sconvolto il Marocco, sono intasate di traffico con i soccorritori che cercano di raggiungere le zone più colpite e le ambulanze che viaggiano nella direzione opposta trasportando i feriti”. Le famiglie sono riunite all’aperto, ai lati delle strade. Il villaggio di Moulay Brahim, destinazione popolare tra i turisti per la sua vicinanza a Marrakech, è un cumulo di macerie.

Intano veniamo a conoscenza di quante siano le persone che invocano aiuto. Nella sola  Marrakech sono decine e decine di migliaia le vittime ad avere bisogno di aiuto in seguito al potente terremoto che ha colpito il Marocco, conferma l’Ufficio delle Nazioni Unite, sottolineando che intanto si sta monitorando attentamente la situazione così da essere pronti a fornire il supporto necessario. In precedenza l’Onu si è detta pronta ad assistere il governo del Marocco nei suoi sforzi per aiutare la popolazione colpita.

Penso che un sogno così…

Raiuno venerdì 8 celebra il più grande artista pugliese

“Meraviglioso Modugno Show”, conduce il tarantino Alessandro Greco:«Tornare in Puglia è motivo di orgoglio, poi l’omaggio a Mister Volare…». Premio a Madame, fra gli ospiti: The Kolors”, Ermal Meta, Mario Incudine, gIANMARIA, Maninni e Lamacchia

 

«Che bella la mia Puglia, ormai nota in tutto il mondo per le sue bellezze; tornare qui, per me, è motivo di orgoglio; stesso sentimento per essere stato invitato a presentare una manifestazione dedicata a un artista senza tempo come Modugno».

Alessandro Greco, tarantino, conduttore di trasmissioni televisive e radiofoniche di successo, sarà il presentatore della serata-evento a Polignano a mare e in programma in seconda serata su Raiuno venerdì 8. “Meraviglioso Modugno Show”, questo il titolo dello spettacolo, sarà condotto da Greco insieme con Maria Cristina Zoppa.

Fra i partecipanti alla serata, Madame, a cui la Direzione artistica ha assegnato il “Premio Modugno”, attribuito per la prima volta a una donna. Nel 2019 il prestigioso riconoscimento era andato a Ermal Meta, nel 2020 a Diodato, nel 2021 a Brunori Sas, lo scorso anno a Giuliano Sangiorgi dei Negramaro.

Modugno, artista immenso. «Non solo cantante con straordinarie qualità vocali – riprende Greco – ma anche autore e interprete di pagine memorabili della canzone italiana e internazionale; se la nostra canzone è conosciuta in tutto il mondo è merito anche suo, basti pensare a “Nel blu dipinto di blu” (Volare) e “Piove” (Ciao ciao bambina): è lui che crea la figura del “cantattore”, inventa saltello e braccia larghe con cui mima il volo e l’abbraccio al pubblico; è stato pietra miliare della nostra musica e sono felice che la nostra terra puntualmente lo ricordi e lo celebri con manifestazioni così importanti».

 

 

THE KOLORS, ERMAL META E…

Menzione speciale alla canzone italiana per “The Kolors”, grazie alla loro “Italodisco”, che ha fatto sua la nostra estate. Anche loro, come altri ospiti, avranno l’occasione per misurarsi con l’opera di Modugno. Torna anche Ermal Meta (nel 2016 anche co-conduttore dell’evento), Mario Incudine, gIANMARIA (scritto così), vincitore del recente Sanremo Giovani, infine Maninni e Lamacchia.

«Quest’anno ricade il trentennale del ritorno di Modugno a Polignano a Mare – ha detto Vito Carrieri, sindaco di una delle perle della nostra regione – e per celebrare il nostro concittadino abbiamo voluto allestito una settimana di festeggiamenti conclusasi con “Meraviglioso Modugno Show 2023”; cast di altissimo livello e un programma tutto per uno dei più grandi artisti della nostra canzone».

 

 

…E UN SOGNO

Alessandro Greco, una delle stelle della tv, da “Furore” a “Colorado”, da “Carràmba” a “Il gran concerto”, fino a “Viva Rai 2” e due edizioni di “Dolce quiz”, ha nuovi progetti. «Amo la musica, lo testimonia la passione e l’entusiasmo con cui ho accettato di condurre una serata sul mito Modugno; ho iniziato con “Furore”, ho amato il format che mi sottoposero la Carrà e Japino, “Il gran concerto”, lo stesso dicasi per il mio ultimo programma: ci si affeziona alle trasmissioni, al personale, ai registi, allo studio, ma poi ti viene voglia di provare a sondare altre occasioni». L’ideale. «Ho il ritmo nel sangue – conclude Greco – Rtl in questo senso è stato di grande aiuto: “Chi c’è, c’è…”, “No problem” e “Shaker”, programmi che hanno registrato indici d’ascolto straordinari; confesso che mi piacerebbe condurre un programma nel quale la musica è centrale, anche un orario di nicchia, seconda serata: vediamo che succede…». Non tutti sanno che Greco per una intera stagione è stato un caso discografico. Non solo raffinato presentatore, ha fatto parte del cast di “Stasera mi butto” in qualità di imitatore. Con lo pseudonimo di Idem, realizzò un brano accattivante, “Uè guagliò”, rifacendo in modo impressionante le voci di Pino Daniele, Eros Ramazzotti e Jovanotti. Non è stato un caso che quel singolo e quell’album diventarono disco d’oro. Se qualcuno avesse ancora qualche dubbio sulle sue qualità, si rivolgesse pure a youtube. 

Film “tarantino” a Venezia

Mostra internazionale del Cinema al via oggi con “Comandante”

Girato in città, protagonista Pierfrancesco Favino. L’attore romano è Salvatore Todaro, che affondò un’unità nemica belga, ma salvò i ventisei militari a bordo dell’imbarcazione nemica

 

La Mostra internazionale del cinema di Venezia sarà aperta, oggi, giovedì 30 agosto, dal film “Comandante”, girato a Taranto (e Roma) con protagonista Pierfrancesco Favino. Il popolare attore romano, interpreta Salvatore Todaro, ufficiale della Regia Marina, che in un’operazione di guerra nell’Atlantico, al comando della nave “Cappellini”, affondò un’unità nemica, belga, ponendo in salvo, però, i ventisei militari belgi che erano a bordo dell’imbarcazione distrutta. Una figura eroica, quella del comandante messinese, descritta nel film diretto da Edoardo De Angelis. Per la cronaca, nei mesi scorsi, all’inizio delle riprese tarantine del film, alla presenza della stampa fu mostrato il “Cappellini”, uno scafo ricostruito fedelmente e lungo settantatré metri.

Il 2023 è stato un anno particolarmente importante per la Fondazione Apulia Film Commission quanto per la Regione Puglia. L’alternarsi di prestigiosi artisti, registi e produttori – nazionali e internazionali – su tutto il territorio regionale, peraltro accolti con la consueta professionalità da parte di AFC e con l’entusiasmo caloroso delle comunità locali coinvolte nelle riprese, non fanno che sottolineare l’importanza che la Puglia ricopre nel mondo dell’audiovisivo nazionale. Inevitabile, quindi, diventa anche la partecipazione all’80ma Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia (in programma da oggi, 30 agosto, al 9 settembre), con la proiezione in anteprima di film realizzati in Puglia, accanto a incontri industry che vedranno coinvolti istituzioni e operatori del settore audiovisivo.

 

 

NON SOLO “COMANDANTE”

«Il film che aprirà il concorso ufficiale e un altro, di un talento emergente, ad inaugurare le Notti Veneziane delle prestigiose “Giornate degli Autori” – commenta Annamaria Tosto, Presidente di Apulia Film Commission – E ancora, un panel dedicato agli investimenti sul cine-turismo e un panel industry destinato a illustrare i fondi, i servizi e le collaborazioni dell’AFC con importanti enti e istituzioni. Infine, la conferenza di presentazione dell’accordo tra uno dei festival finanziati dall’AFC, Mònde, e le “Giornate degli Autori”. L’importante presenza pugliese all’interno della kermesse lagunare sintetizza, in parte, il grande lavoro di Regione Puglia e Apulia Film Commission sui diversi segmenti dell’industria audiovisiva. Un lavoro destinato a rinnovarsi attraverso i nuovi fondi e le nuove azioni che saranno messe in campo già nelle prossime settimane per continuare a contribuire alla crescita culturale ed economica della Puglia».

Ad aprire l’80ma edizione del Festival di Venezia, si diceva, mercoledì 30 agosto, nella Sala Grande del Palazzo del Cinema, sarà infatti il film in concorso “Comandante”, film girato l’anno scorso quasi esclusivamente all’interno della Marina Militare di Taranto. Il film è prodotto da Indigo Film e O’Groove con Rai Cinema, Tramp LTD, V-Groove, Wise Pictures, in associazione con Beside Productions (distribuzione 01 Distribution), con il sostegno di Apulia Film Commission e Regione Puglia.

I film “pugliesi” a Venezia non finiscono qui. Venerdì 1 settembre sarà proiettato in anteprima assoluta “L’invenzione della neve” di Vittorio Moroni, film che aprirà la storica sezione delle “Giornate degli Autori”. “L’invenzione della neve”, girato tra Lecce, Carmiano, Otranto e Castro Marina, racconta la vicenda di Carmen che proviene da un passato difficile: sottratta alla madre nell’adolescenza è cresciuta in casa-famiglia.

Interpretato da Elena Gigliotti, Alessandro Averone, Anna Ferruzzo, Anna Bellato, Eleonora De Luca e Carola Stagnaro, la pellicola è prodotta da 50Notturno (produzione esecutiva Fluid Produzioni, distribuzione I Wonder) con il contributo di Apulia Film Fund di Apulia Film Commission e Regione Puglia a valere su risorse del POR Puglia FESR-FSE 2014/2020.

 

 

PUGLIA IN VETRINA

Intensi sono anche gli incontri industry previsti durante la kermesse veneziana, a iniziare da “Il cinema come promozione turistica”, tema che sarà affrontato, venerdì 1 settembre all’Italian Pavilion, da Michele Emiliano, Presidente della Regione Puglia; Gianfranco Lopane, Assessore al Turismo della Regione Puglia; Francesco Bruni, sindaco di Otranto; Annamaria Tosto, presidente di Apulia Film Commission e Luca Scandale, Direttore Generale di Pugliapromozione. Nell’occasione saranno presenti, inoltre, l’attrice Stefania Rocca e l’attore Michele Riondino. A moderare l’incontro il Direttore Generale di AFC, Antonio Parente.

Altro importante incontro, domenica 3 settembre alle 11 nella sala Ente dello Spettacolo, è dedicato al tema “Puglia: fondi di sostegno del settore audiovisivo e servizi”. All’incontro parteciperanno: Annamaria Tosto, Presidente di Apulia Film Commission, Antonio Parente, Direttore Generale di Apulia Film Commission, Cristina Piscitelli, RUP dell’Avviso Apulia Film Fund, Massimo Modugno, Ufficio produzioni. È prevista, inoltre la partecipazione di Adrian Wootton, Direttore Film London.

Infine, lunedì 4 settembre alle 17 degli spazi della Casa degli Autori sul Lido di Venezia, in riferimento all’accordo stretto tra MAD srls (società che organizza a Monte Sant’Angelo il Festival Mònde) e le “Giornate degli Autori”, si terrà la conferenza stampa il cui sarà annunciata ufficialmente la partnership. All’incontro sarà presente Annamaria Tosto, presidente di Apulia Film Commission.

«…ma la carne è carne!»

Stupro a Palermo, le frasi che sconvolgono anche gli inquirenti

Sette maggiorenni (un solo minorenne) contro una diciannovenne. Prima la fanno ubriacare, poi si appartano. La violentano e, spavaldi, riprendono le scene disgustose. Non finisce qui: la minacciano, deve tacere sull’intera vicenda. La ragazza reagisce e li denuncia: tutti arrestati

 

«Eravamo troppi, mi sono schifato ma la carne è carne…». Questo sì che è parlare da maschio. Fortuna che in Sicilia non la pensano nemmeno lontanamente con questi quattro gaglioffi che hanno appena sfiorata la maggiore età, uno è minorenne. Ma questa è una delle frasi intercettate dopo lo stupro di gruppo, sette ragazzacci contro una ragazzetta, cui hanno fatto bere alcol per farla ubriacare e, più tardi, avere ragione di lei. Non una ma sette volte.

«Ma la carne è carne!». Va’ a spiegarlo al bellimbusto, quando un giorno, dovesse arrivare quel giorno, diventerà padre e, malauguratamente, un branco violentasse la propria figliola. Anche qui scatterebbe la violenza, quella che lava il disonore. Stavolta questo “machetto” – diminuitivo di “macho” – era dalla parte di quelli che avevano il coltello dalla parte del manico: bello fare i prepotenti in sette, meglio se dall’altra parte non c’è un altro brano a metterla sullo stesso piano, ma una ragazza indifesa che ha compiuto un solo, grave errore: fidarsi di un amico.

Ecco cosa scrive il Corriere della Sera in una cronaca di Lara Sirignano. “L’hanno fatta ubriacare e fumare marijuana, poi l’hanno portata in un luogo appartato vicino al Lungomare del Foro Italico di Palermo e l’hanno stuprata a turno; le scene della violenza sono state riprese col cellulare da uno dei ragazzi del branco che conosceva da anni la vittima e che proprio grazie al loro rapporto, è riuscito a convincerla ad appartarsi con lui e il gruppo di amici”. E anche i genitori della vittima, evidentemente, ringraziano.

 

 

LE “CIMICI” RACCONTANO

Le cimici piazzate in caserma nei giorni della convocazione di due dei sette giovani sottoposti a provvedimenti raccontano il resto. «Le ho fatto male, lei non voleva, faceva “no, basta”… I pugni che le davano e pure gli schiaffi, non respirava»; «Lei non voleva, diceva no basta»; «e se finissimo nella stessa cella e nel telegiornale?»; «Meglio scappare in Messico o in Thailandia», dicono con atteggiamento spavaldo. Non finisce solo nella paura, prosegue anche con l’arroganza, qualcuno si rivolge a uno più “esperto” – buono anche questo… – che dopo i primi arresti minaccia la ragazza. «Devi stare zitta!». Invece la ragazza ha parlato. Fossimo nel “Padrino”, secondo Donvito Corleone questo sarebbe «un compito da assegnare a Luca Brasi…».

La ragazza denuncia, le indagini scattano dopo la denuncia della vittima, una diciannovenne. Tutti i responsabili dello stupro sono stati arrestati: tre subito dopo gli abusi, gli altri quattro la scorsa notte. Le scene della violenza sono state riprese col cellulare da uno dei ragazzi del branco che conosceva la ragazza. Lei gridava: «Basta, smettetela», loro, in barba a ogni supplica, infierivano. Se la logica è «la carne è carne», povera figliola.

Tutto era cominciato con sette Sambuca, «uno dopo l’altro e fumando uno spinello». Questa una delle frasi intercettate e finite nella documentazione che ha portato all’arresto, a Palermo, dei sette giovani che hanno stuprato la povera vittima incontrata qualche ora prima in un locale, scrive Il Messaggero. Lei prova a raccogliere quelle poche forze delle quali è ancora in possesso e domanda: «Dove stiamo andando?». «Lo sappiamo noi», risponde uno degli arrestati, mentre l’accompagna, sorreggendola, verso il luogo dello stupro di gruppo. Durante il tragitto, racconta la ragazza, «ho capito che Angelo (uno degli arrestati) aveva cattive intenzioni e gli ho detto: “Ma mi vuoi far stare sola con questi, ma sei pazzo?”».

 

 

IL RACCONTO PROSEGUE…

«Ero stonata, in piedi ma barcollavo, poi ho sentito dei forti dolori alla parte bassa del ventre: io mi lamentavo e loro mi deridevano. Ho chiesto ad Angelo di chiamare un’ambulanza, ma lui ha risposto che non lo avrebbe fatto perché non voleva fossero coinvolte le forze dell’ordine». Una finezza.

Esistono immagini riprese da alcuni dei presenti: un pugno nello stomaco. Frasi inequivocabili, tipiche del branco, dove l’unione fa la forza, classico della vigliaccheria allo stato puro: «Andiamo, forza che ti piace!». Le sciocchezze in quei momenti si moltiplicano. Gli stessi riprendono la ragazza e poi, fra loro, suggeriscono di cancellare le immagini. Se le cose stessero così: anche esibizionisti, poveracci.

«Adesso li elimino tutti – assicura a un amico – li sto mandando solo a chi dovevo mandare, li elimino perché non ne voglio sapere più niente di questa storia».

Non finisce qui. Il giorno dopo, in un messaggio scoperto dai carabinieri, Angelo continua il racconto: «Se ci penso mi viene lo schifo perché eravamo cento cani sopra una gatta, una cosa così l’avevo vista solo nei porno, eravamo troppi e sinceramente mi sono schifato un poco…». E il racconto continua. Il voltastomaco, pure.

E i giocatori del Burundi?

Dieci atleti della squadra di pallamano sarebbero scomparsi nel nulla

Partecipante ai Mondiali in programma in Croazia, più di metà squadra ha fatto perdere le sue tracce. Telefonini irraggiungibili, l’ipotesi è che i ragazzi vogliano chiedere asilo alla Francia. La Polizia croata sta svolgendo le sue indagini, la Federazione è scioccata, genitori e parenti lanciano appelli

 

Avremmo voluto scrivere di un argomento leggero, considerando il Ferragosto, festività di Ferragosto introdotte nell’antichità dall’imperatore romano Augusto per celebrare l’arrivo di agosto, e dare un periodo di riposo ai contadini dopo l’incessante lavoro svolto nei campi.

Avremmo potuto accennare al caro-prezzi estivo dilagato sulle spiagge pugliesi; a club e lidi che proibiscono l’introduzione di parmigiana e altri piatti da asporto per un break sotto l’ombrellone; oppure a una città, Taranto, a vocazione turistica che chiude, mediamente, dai sette agli otto esercizi su dieci, disorientando quanti hanno scelta la Città dei Due mari per visitare le sue bellezze. E non è detto che, prima o poi, non lo si faccia.

Ma per la rubrica “Storie”, ci è sembrato più appropriato scrivere di metà della squadra di pallamano del Burundi che ha disertato un incontro del Campionato mondiale under 19, dandosi di fatto alla macchia. Nessuno sa che fine abbiano fatto dieci giocatori, verosimilmente si pensa a una fuga verso l’asilo politico, destinazione la Francia.

 

 

MISTERO, DOVE SONO?

Perché è proprio finito nel mistero la decima edizione del Campionato mondiale di pallamano maschile under 19, in programma in Croazia fino al 13 agosto. Da giovedì scorso nessuna notizia di dieci giocatori della Nazionale del Burundi, scomparsi nel nulla a Fiume. Il forte sospetto che sotto ci fosse qualcosa di serio, piuttosto che un attacco influenzale, una indigestione che avesse contagiato gli atleti è scattato quando i ragazzi non sono scesi in campo per giocare l’incontro valevole per i Mondiali di categoria contro il Bahrain.

Stando alle prime informazioni, sarebbero una decina i giovani allontanatisi già nella giornata di mercoledì 9, nelle prime ore del pomeriggio dal Centro studentesco di Fiume, dove erano ospiti. Al momento verso destinazione sconosciuta. Nessuno dei giovani giocatori risulta essere reperibile al telefono, segno che evidentemente hanno spento i cellulari personali per far perdere le loro tracce. Immediatamente dopo la scomparsa (presumibilmente volontaria) dei giovani, come riferito dal Dipartimento di polizia croato, sono partite le ricerche deigli atleti.

Questa la nota ufficiale delle autorità croate. «La polizia ha ricevuto un rapporto sulla scomparsa di cittadini del Burundi, partecipanti al Campionato mondiale di pallamano U19, che si sta tenendo a Rijeka (Fiume) e in altre città dal 2 al 13 agosto; secondo le informazioni raccolte finora, si tratta di dieci ragazzi, nati nel 2006, che il 9 agosto, intorno alle 15.30, si sono allontanati in direzione sconosciuta dalla zona del centro studentesco di Rijeka, dove si trovavano per tutta la durata del campionato, e non rispondono alle telefonate; sono state prese misure e azioni con l’obiettivo di trovare le persone scomparse, nonché di stabilire tutti i fatti e le circostanze rilevanti della loro scomparsa».

 

 

IPOTESI CONCRETE…

Prime ipotesi, non confermate ufficialmente dalle autorità: i dieci giovani potrebbero aver studiato la fuga, nel tentativo di raggiungere di nascosto Francia, la Germania o altri Paesi del Nord Europa, per chiedere asilo politico. Come sia stato possibile che accadesse una cosa simile: dall’uno gennaio di quest’anno, la Croazia è entrata a far parte dell’area Schengen, dunque non ci sono più controlli alle frontiere.

E poi c’è la competizione sportiva, poca cosa rispetto a quanto accaduto. La Federazione croata di pallamano, infatti, non ha potuto fare altro che prendere nota della sparizione dei giocatori. Non essendo rintracciabili, la Federazione ha squalificato il Burundi, assegnando la vittoria a tavolino agli avversari del Bahrein.

Intanto, il capo del Servizio di migrazione illegale, sostiene che la vicenda è seria. «Tutte le ipotesi – ha spiegato – sono possibili quando si tratta di casi come questo». Dal Burundi, intanto, parenti lanciano appelli alle autorità croate, nella speranza di ritrovare i dieci ragazzi. C’è una dichiarazione del presidente della Federazione di pallamano del Burundi: «Siamo completamente scioccati; siamo in costante contatto con le autorità croate: chiediamo aiuto a quanti hanno la possibilità di darci una mano per ritrovare i nostri ragazzi».

Malinconico, non troppo…

Intervista a Diego De Silva, scrittore di successo

«Il mio “avvocato” ha il senso dell’ironia, ma anche del ritmo, lo ritengo quasi uno strumento musicale, tanto che se fosse una canzone avrebbe come titolo…»

 

Altro pienone per “L’angolo della conversazione”, la rassegna “non solo libraria” in programma allo Yachting Club di San Vito – Taranto. Fra gli ospiti più attesi, lo scrittore Diego De Silva, autore di una trentina di titoli, fra i quali spiccano quelli dedicati a una collana diventata fiction televisiva dagli alti indici d’ascolto: “Vincenzo Malinconico, avvocato d’insuccesso”. L’occasione è la presentazione del libro “Sono felice, dove ho sbagliato?”, anche questo dedicato al “legale” napoletano.

“Malinconico”, virgolettato d’obbligo, considerando che parliamo di un personaggio di fantasia.

«Mica tanto: di avvocati come lui ce ne sono tanti in circolazione, qualcuno con un passo diverso, ma che hanno qualcosa in comune con l’ironia del mio “eroe per caso”».

Fra libro, sceneggiatura e primo ciak, la telefonata di Massimiliano Gallo, protagonista della fortunatissima serie Rai.

«Francamente, prima che Massimiliano firmasse il contratto per la serie televisiva, non avevo idea di come fosse fisicamente il mio “Vincenzo Malinconico”: fondamentalmente mi ritengo uno scrittore che non descrive, insomma non condiziona il lettore; lascio a chi legge la libertà di immaginarsi volti e scenari: un po’ come se io mettessi il testo di una canzone, chi legge, invece, le musiche».

 

Foto Carmine La Fratta

Ma c’è una svolta.

«Certamente, da quando Gallo è diventato “Malinconico”, il protagonista di sei miei titoli è inequivocabilmente lui: l’“avvocato” ha la sua faccia, i suoi sorrisi, la sua ironia, le sue indecisioni, la sua fronte corrucciata. E, in un certo senso, tutto questo oggi mi facilita l’operazione di scrittura».

Ma, in corso d’opera, un successo così importante, può cambiare la scrittura di un autore?

«Penso di no, se non proprio certi risvolti squisitamente tecnici; ciò detto, il rapporto con la creatività, con l’invenzione, rimane puro, difficilmente contaminabile. Almeno nel mio caso e in quello di altri colleghi, gli altri magari si lasceranno guidare dal pubblico…».

Ragioniamo per assurdo. Un appunto che lei, De Silva, farebbe a “Malinconico”?

«Gli direi di non abbattersi così facilmente».

E, per contro, considerando il suo “Malinconico” un personaggio apparentemente pavido, cosa risponderebbe a De Silva?

«Nessun dubbio, mi direbbe “Senti chi parla!”».

 

Foto Carmine La Fratta

Ogni volta che si appresta a scrivere “Malinconico”, che approccio ha con il suo personaggio?

«Come se mi apprestassi a suonare uno strumento musicale con il quale mi trovo particolarmente bene. Un personaggio che ha caratteristiche sue, una vita, una voce. E ad ogni romanzo è un po’ come riprendere a suonare uno spartito sì diverso, ma, beninteso, con lo stesso stile».

A proposito di musica. De Silva suona, ha fondato non a caso il Trio Malinconico, insieme con Stefano Giuliano e Aldo Vigorito. Quanto l’aiuta il senso del ritmo nella scrittura?

«In maniera fondamentale, credo che il respiro di uno scrittore sia legato a uno stile, come per la musica. Personalmente, in nome dell’andamento musicale della frase sarei disposto a rinunciare anche a un intero periodo di scrittura».

Abbiamo parlato di musica, ma se il suo “Malinconico” fosse una canzone, che titolo sarebbe?

«Anche qui nessun dubbio: Via dei Matti numero 0».

Povero Mahmoud, brutta fine

Diciannove anni, egiziano, ammazzato e fatto a pezzi

Due suoi connazionali, uno titolare di una barberia, l’altro suo dipendente, hanno impedito che il ragazzo lasciasse il suo posto di lavoro per andare a prestare attività dalla concorrenza. Prima le minacce al ragazzo, poi al negozio concorrente, infine l’agguato, un punteruolo che trafigge il cuore, infine il cadavere fatto a pezzi

Mahmoud Abdalla ucciso con un punteruolo, più volte, dritto al cuore. Motivo: voleva andarsene dalla barberia dove lavorava, le ossa spezzate perché il suo cadavere stesse dentro una valigia, il suo corpo mutilato forse per scongiurarne il riconoscimento. Devono averne visti film o documentari nei quali raccontano di sciagurati assassini che ne commettono di “ogni” e, alla fine, scaltri come uno dei tanti serial-killer visti alla tv, la fanno pure franca.

Ma i due presunti assassini in questione – hanno confessato ogni addebito, ma hai visto mai potrebbe balenargli il guizzo della ritrattazione, dunque meglio proseguire la riflessione sulla “presunzione d’innocenza” – non l’hanno fatta franca. Gli inquirenti hanno inchiodato i due autori dell’efferato omicidio con mutilazioni, che nemmeno il peggior sceneggiatore di genere splatter ogore che dir si voglia, avrebbe mai pensato.  

Mahmoud, diciannove anni, egiziano, infatti, non solo è stato letteralmente massacrato dal suo datore di lavoro e dal suo socio con i quali saltuariamente divideva la casa e il suo tempo, ma è stato mutilato di testa e mani. I due, anche loro di origine egiziana come la vittima, dopo un lungo interrogatorio ora sono “indagati per omicidio aggravato in concorso e distruzione di cadavere”.

 

 

FERMO E ACCUSE

Nelle motivazioni circa il fermo, l’importante e sofisticata attività di indagine coordinata dal pm ed eseguita dai carabinieri del Nucleo Investigativo e dalla Compagnia di Chiavari, c’è il racconto dei fatti dai quale scaturisce quella crudeltà incredibile cui accennavamo. Mahmoud lavorava nella barberia gestita dai due uomini, uno di ventisei, l’altro di ventisette anni. Un giorno, però, non pensando che la sua decisione scatenasse una ira cieca, la vittima ha confessato che voleva andare a lavorare altrove. Non solo l’ha detto, ma lo ha anche fatto, in quanto i pochi giorni di prova cui il ragazzo ammazzato in quel modo barbaro erano stati ripresi e postati sui social.

I due “soci”, evidentemente, non volevano perdere il ragazzo e la clientela che il giovane barbiere già esperto ed educato si era creato. Non solo, uno dei due si era spinto anche oltre, prima di commettere l’omicidio: aveva infatti minacciato il titolare della barberia dove il povero Mahmoud voleva andare a lavorare. Sempre il primo reo confesso, avrebbe raccontato come l’altro avesse ucciso Mahmoud, minacciandolo di non farne parola con nessuno se avesse voluto rivedere la sua famiglia ancora in Egitto. La lite, pare si sia accesa e sviluppata in una casa di Sestri Ponente.

 

 

ALLA FINE LA CONFESSIONE

Il ragazzo è stato ammazzato a colpi di punteruolo, una dei quali, più forte, deve avergli trafitto il cuore. Stando a quanto risulta dalle indagini, i due hanno posto il cadavere in una valigia e dopo averlo trasportato da Genova a Chiavari in taxi, l’hanno ridotto a pezzi in spiaggia, tagliando al povero Mahmoud prima la testa e poi le mani.

Alla ricostruzione degli inquirenti si è arrivati grazie ai tabulati telefonici della vittima e alle telecamere di videosorveglianza che avrebbero ripreso i due indagati in vari punti con valigie e borsoni. I due arrestati, di fronte al giudice, hanno ammesso la lite con la vittima ma si sarebbero accusati a vicenda del delitto. Il pm a fine interrogatorio ha contestato ai due l’omicidio volontario aggravato dai futili motivi.

Mahmoud era andato via dal suo Paese, l’Egitto, a causa della scarsa richiesta di artigiani. Lui sentiva di avere fra le mani un mestiere che lo avrebbe aiutato a farsi strada nel mondo del lavoro, non certamente dell’imprenditoria, posto che il poveretto aveva quale unica ambizione lavorare migliorandosi nella sua attività di parrucchiere. Purtroppo, il ragazzo non aveva previsto che non uno, bensì due connazionali, lo avrebbero prima minacciato, poi ammazzato e fatto a pezzi. Brutta storia, povero Mahmoud.

«Compovtamento vipvovevole»

Alain Elkann e il breve racconto estivo pubblicato su Repubblica

Viaggio Roma-Foggia. Il giornalista-scrittore si imbatte in moderni “lanzichenecchi”, ragazzi con smartphone e tatuaggi. Il Comitato di Redazione si dissocia, i quotidiani da QN a Il Fatto, proseguendo con il cliccatissimo Open, criticano l’articolo classista. Poi gli interventi, ironici, di giornalisti e scrittori. Insomma, caro papà di John e Lapo, la sua non si può dire sia stata una buona idea

 

Compovtamento vipvovevole. Come a dire: comportamente riprovevole, ma pronunciato in modo chic. Alain Elkann, giornalista, papà di John e Lapo, sposato per qualche anno con Margherita Agnelli, figlia di Gianni, l’Avvocato, ha combinato un pasticcio. Ha scritto un pezzo, folle, su alcuni «ragazzacci» incontrati in prima classe su un treno Roma-Foggia e da lui definiti «lanzichenecchi» (boriosi mercenari senza arte e né parte menzionati pure nei Promessi sposi di Manzoni) chiedendo che il suo scritto fosse pubblicato su Repubblica (quotidiano che fa parte di uno dei gruppi controllati dal figlio John): detto-fatto. Intanto per ribadire il concetto «lei non sa chi sono io», della serie: «come ti demolisco, se voglio, in due minuti». Figlio di banchieri, sposato con una delle eredi della famiglia italiana più potente, stavolta è voluto uscire dal seminato. Nel senso che fino all’altro giorno, ci pare intervenisse spesso su politica internazionale, ebraismo (papà banchiere e rabbino) e grandi sistemi (non a caso aveva con sé una copia del Financial Times), ma non ci pare avesse scritto articoli di cronaca bianca, come, invece, gli è capitato l’altro giorno. Quando qualcuno sa di detenere il potere, non c’è niente da fare, non riesce a trattenerla: deve farla, foss’anche fuori dal vaso. Sennò a cosa serve essere nato in una famiglia ricca, essersi imparentato con Agnelli, avere un figlio potente e uno più “sportivo”.

 

 

APRITI CIELO

Così, il Quotidiano Nazionale sintetizza, per stralci, l’intervento di Elkann su Repubblica.  Domandandosi, intanto, dove egli abbia vissuto fino ad oggi. Il giornalista e scrittore, si stava recando a Vieste, ospite della kermesse letteraria “Il Libro Possibile”: su Repubblica fornisce una «grottesca rappresentazione dei passeggeri che erano con lui sul treno “Italo” da Roma a Foggia». Il giornalista definisce, si diceva, «giovani lanzichenecchi senza nome» alcuni ragazzi che si stavano recando nel capoluogo dauno: «t-shirt, cappellino da baseball, scarpe Nike – scrive su Repubblica e QN, fra gli altri, lo riporta sulle sue colonne – «tutti con un iPhone in mano», guarda che novità. «Nessuno portava l’orologio; avevano tutti braccia, gambe o collo con tatuaggi». A Roma, senza tanti giri di parole, avrebbero tagliato corto con un sonoro «…e ‘sti c***i?».

Lui invece, indossava «un vestito di lino blu e camicia leggera e aveva una cartella marrone di cuoio con dentro il Financial Times, il New York Times e Robinson, il supplemento di Repubblica». Stava anche finendo di leggere un libro di Proust. Il tutto mentre i ragazzi, altra grande novità, parlavano ad alta voce. «Come fossero i padroni del vagone, non curanti di chi stava attorno». Capita nel mondo dei più giovani.

Sfiora quasi il ridicolo, QN, quando Elkann afferma di aver temuto di aver sbagliato treno: «Non sapevo che per andare da Roma a Foggia si dovesse passare da Caserta e poi da Benevento». In effetti, sotto Roma, che Italia è?

 

 

RAGAZZI TATUATI

Quasi scandalizzato, poi, sente «i giovani parlare di ragazze e di come abbordarle in spiaggia. Sicuramente con toni e termini evitabili, ma nulla di clamoroso. «Loro erano totalmente indifferenti a me, alla mia persona, come se fossi un’entità trasparente, un altro mondo». Evidentemente questi ragazzi non sanno che per affascinare una ragazza è sufficiente telefonare a un fioraio di Interflora e inviare due, tre dozzine di rose. Diamine, chi, oggi, non ha in tasca una card o un biglietto da 500 euro?

Invece delle rose a dozzine, questi ragazzi «parlavano forte, dicevano parolacce, si muovevano in continuazione, ma nessuno degli altri passeggeri diceva nulla». Infine, Elkann: «Arrivando a Foggia, mi sono alzato, ho preso la mia cartella. Nessuno mi ha salutato, forse perché non mi vedevano e io non li ho salutati perché mi avevano dato fastidio quei giovani ‘lanzichenecchi’ senza nome».

Nessuno lo ha salutato, accidenti, ci pensate, come si fa a non riconoscere Alain Elkann? E a non salutarlo, chiedendogli – se non si fosse arrecato troppo disturbo – di portargli la borsa fino a destinazione.

Questo, a sprazzi, l’articolo che ha scatenato numerose reazioni sui social, tutte molto critiche nei confronti della ricostruzione tracciata da Elkann. Fra queste, anche quello del Comitato di redazione di Repubblica, praticamente un autogol.

 

E IL CDR DI REPUBBLICA?

«Questa mattina – scriveva ieri il CdR – la redazione ha letto con grande perplessità un racconto pubblicato sulle pagine della Cultura del nostro giornale, a firma del padre dell’editore. Considerata la missione storica che si è data Repubblica sin dal primo editoriale di Eugenio Scalfari, missione confermata anche ultimamente nel nuovo piano editoriale dove si parla di un giornale ‘identitario’ vicino ai diritti dei più deboli, e forti anche delle reazioni raccolte e ricevute dalle colleghe e dai colleghi, ci dissociamo dai contenuti classisti contenuti nello scritto. Per i quali peraltro – concludono nella nota – siamo oggetto di una valanga di commenti critici sui social che dequalificano il lavoro di tutte e tutti noi, imperniato su passione, impegno e uno sforzo di umiltà».

Scrive Franco Bechis su Open: «Il papà dell’editore di Repubblica, John Elkann, è stato disturbato in treno da un gruppo di adolescenti maschi e chiassosi che ad alta voce discutevano di calcio, di musica e di come rimorchiare le ragazze con linguaggio tutt’altro che forbito ed evidente noncuranza per altri viaggiatori più avanti negli anni e nelle letture che avrebbero voluto passare in ben altro modo quel tempo assai lungo che separa le stazioni ferroviarie di Roma Capitale e di Foggia.

Dal viaggio disturbato è nata una lettera piccata del viaggiatore suo malgrado non solitario, Alain Elkann. Ed essendo il papà dell’editore John scrittore di un certo successo Repubblica ha pensato di accogliere il manoscritto non confinandolo nella scontata rubrica delle epistole, ma nobilitandolo nelle pagine di cultura dell’edizione cartacea di lunedì 24 luglio, fingendo la pubblicazione di un “breve racconto di estate”».

 

 

IL FATTO E’ CERTO

Riprende a sua volta, Il Fatto Quotidiano. «Siamo nel 2023 e ancora facciamo viaggiare Alain Elkann sui treni con i poveri ma che ca**o di paese siamo?”, “La pvima classe pullula di popolani”: le reazioni social all’articolo dello scrittore. Davide Turrini sul Fatto, aggiunge: «L’intemerata classista di Alain Elkann contro i “lanzichenecchi” è diventata presto virale. L’articolessa finita su Repubblica, in cui il papà del padrone del quotidiano medesimo descrive con fastidio un gruppo di adolescenti seduti in prima classe di fianco a lui sul treno Italo, che lo ha portato da Roma a Foggia, ha suscitato su Twitter reazioni di dilagante ilarità come di riflessioni argute e costruttive».

Infine, lo scrittore Paolo Nori, approfitta un po’ come si faceva nella redazione di Cuore con i libri di Eugenio Scalfari: «delle circostanze per pesare Vita di Moravia, di Alain Elkann: pesa 810 grammi». “La durezza del vivere”, account del giornalista Sergio Giraldo, ha accostato i nobili fastidi del casato piemontese grazie ad un semplice ma evocativo cambio di consonanti: «Alain Elkann mentve si appvesta a salive sul tveno pev Foggia, nonostante la pvima classe pulluli di popolani».