Dal Salento con talento

Lorenzo e Pio Fiorito negli Under 30 di Forbes Italia

Respinti in un primo momento dalla Cattolica di Milano, cominciano a lavorare. L’ateneo li accoglie e dopo una triennale i due si trasferiscono a Lisbona. Tornano a casa, aprono una società, danno.lavoro e fatturano tre milioni

 

Dal Salento con talento. La Puglia continua a sfoderare grandi figure professionali. Due studenti-prodigio imparano fra i nostri banchi di scuola, poi i docenti che ne testano le potenzialità li indirizzano prima a Milano, destinazione la Cattolica, fino a coronare un primo sogno professionale: finire nella classifica Under 30 di Forbes per la categoria “Marketing & Advertising”.

Da Ruffano (Lecce) a Milano. Proprio così. È la storia dei gemelli Lorenzo e Pio Fiorito, inseriti oggi nell’autorevole lista dei trenta Under 30 redatta da Forbes nella categoria Marketing & Advertising. 

Originari del Salento, appunto, i due giovani imprenditori, esperti di digital marketing, avevano studiato Economia e Marketing all’università Cattolica di Milano. Eppure la loro avventura milanese non era iniziata nel migliore dei modi. Dopo un primo rifiuto da parte dello stesso ateneo, infatti, Lorenzo e Pio avevano cominciato a lavorare per conto proprio per essere testati da Meta, che li avrebbe candidati a profili ideali per la società che operano nel campo dell’economia. 

 

 

LORENZO E PIO, CHE STORIA!

Una storia di carattere, quella dei due ragazzi pugliesi, che dimostra come un rifiuto possa trasformarsi in una inaspettata opportunità. 

Lorenzo e Pio, dunque, alla fine della fiera, dimostrano grande talento e determinazione raggiungendo il successo nel mondo del marketing. Questo riconoscimento da parte di Forbes rappresenta un ulteriore traguardo per i due ragazzi che oggi, a ragione, sono considerati tra i giovani più promettenti nel settore.

Dopo il primo tentativo di ingresso alla Cattolica, i due gemelli avevano optato per un’esperienza lavorativa. Attraverso Meta, si diceva, i due vengono segnalati a diverse aziende e, contattati, si trasferiscono a Lisbona. È il 2017. In Portogallo i due enfant-prodige ci restano due anni, acquisendo grande esperienza nel settore del marketing e dei social media. 

 

 

PRIMA L’ESTERO, POI IL RITORNO

Rientrati, dunque, nel 2019 in Italia, i Fiorito fondano Dataz, una vera e propria azienda che conta già ben venti dipendenti che forniscono: consulenza specializzata a startup e scaleup per dare impulso al loro investimento anno dopo anno sulle piattaforme digitali, offrendo servizi di data management e data strategy, digital strategy e performance analysis per accompagnare i partner verso una scalabilità data driven.

Nel 2023, altra buona notizia a certificare il lavoro dei due fratelli salentini: il fatturato di Dataz, infatti, è di 1 milione e 620 mila euro, mentre nel 2024 supera i 3 milioni. Un traguardo di grande prestigio per i due giovani di Ruffano che ormai hanno indirizzato quella che era la loro grande passione in un’attività che oggi dà lavoro a decine di ragazzi entusiasti quanto loro. Una intuizione talmente apprezzata, si diceva, che ha permesso a Lorenzo e Pio di entrare nella classifica dei trenta Under 30 del prestigioso Forbes Italia. Forza ragazzi, avanti così.

«Apro un bistrot…»

Giorgia ha deciso di investire in un locale salentino

A breve, a Galatina, nel centro storico, l’inaugurazione. Intanto è iniziata la ricerca dello chef. La cantante è alla ricerca di un professionista «deve avere talento e passione». E soprattutto esperienza per unirsi all’elegante struttura nella quale la faranno da padrona cucina, vini del territorio e ottima musica

 

Dici Giorgia, pensi a uno dei più grandi successi di Ray Charles, va bene, ma a noi vengono in mente canzoni interpretate da una delle più belle voci della canzone italiana: Come saprei, E poi, Di sole e d’azzurro, Girasole, Strano il mio destino, Gocce di memoria, e tante altre ancora. Fra Ray Charles e il nome Giorgia, c’è in qualche modo una certa attinenza, ma questa è un’altra storia. E se ci sarà spazio, ne scriveremo.

Dunque, perché Giorgia. Perché la stella del pop italiano, come altri artisti, produttori, personaggi dell’alta finanza, ha deciso di investire in una attività in Puglia. Infatti, dopo aver registrato il suo personale successo come brillante presentatrice dell’ultima edizione di X Factor e aver annunciato la partecipazione al prossimo Festival di Sanremo, ha deciso di investire nella ristorazione aprendo a breve un bistrot a galatina, nel cuore del in Salento.

 

Foto Profilo Facebook

 

GIORGIA, COLPO DI TACCO

Che fosse innamorata del Tacco d’Italia era cosa risaputa, visto che sono anni che insieme con la sua famiglia fa lunghe vacanze da queste parti. Stavolta, però, ha deciso di compiere un passo ancora più importante e spendersi per una terra che, ormai, considera a ragione la sua seconda casa: un attrattore per quanti amano la cucina pugliese con particolare attenzione rivolta alle “tentazioni” salentine.

In questi giorni sono apparsi articoli su Repubblica (edizione di Bari), Nuovo Quotidiano di Puglia, Gambero Rosso e altri siti che hanno ripreso la notizia. Non è ancora nota, come scrive Repubblica, la data di inaugurazione non è ancora nota, ma la macchina organizzativa è bene avviata. Giorgia ha scelto i locali, già in ristrutturazione. Già postati, come accade in questi casi, gli annunci per la ricerca di chef e personale. Per la figura centrale del bistrot, Giorgia non fa giri di parole. Vuole un professionista che abbia «talento e passione», esperienza per unirsi all’elegante struttura di prossima apertura nel suggestivo centro storico di Galatina.

Stando alle prime notizie che trapelano in questi giorni, il locale, la cui collocazione è nel centro della cittadina salentina, sorgerà accanto a Palazzo Baldi, manufatto storico che risale al 1500 e oggi diventato un albergo stellato.

Secondo il Nuovo Quotidiano di Puglia, il locale di Giorgia non dovrebbe essere il classico bistro, bensì «un locale moderno dove la cucina salentina e i vini pugliesi la faranno da padrone e si uniranno all’esperienza musicale». Un’occasione che potrebbe convogliare in questo accogliente angolo di Puglia, colleghi e comunque artisti interessati alla tavola pugliese.

 

 

GAMBERO ROSSO, SUGGERISCE

In coda, infine, gli autorevoli suggerimenti del Gambero Rosso. Il bistrot di Giorgia, va ad arricchire già il parterre di locali presenti a Galatina. Ma, attenzione, scrive il sito, «se dopo un bicchiere di buon vino e un aperitivo al bistrot ci si vuole dedicare a una pizza, allora la tappa è da “Tipozero”, la pizzeria di Samuel Facecchia, sempre, nel centro storico della città. Se, invece, ci si vuole concedere un dolce si può fare un salto da “Eros Bar”, sempre nel centro di Galatina accanto alla chiesa di San Pietro, dove assaggiare il tipico pasticciotto salentino, anche nella versione “tipicciotto”, con grano autoctono».

Prima di chiudere, la curiosità a cui alludevamo all’inizio: Ray Charles-Giorgia. Figlia di Elsa Giordano e del cantante e musicista Giulio Todrani, fondatore del duo canoro Juli & Julie e del gruppo soul e rhythm and blues “Vorrei la pelle nera”, papà Giulio decise di chiamare la sua piccola proprio Giorgia, in onore a “Georgia on my mind”, uno dei cavalli di battaglia dell’immenso Ray Charles.

Orecchiette sì, ma solo a scopo dimostrativo

Bari, arriva la norma per regolamentare le pastaie di Bari Vecchia

Stretta del Comune, ci sono norme che vanno rispettate. Le pastaie rispondono per le rime. Fanno la Scia, si mettono in regola, ma in attesa del benestare chi paga acqua e farina, tempo, luce, mano d’opera? Fare promozione, ma a spese di chi? A breve le risposte del sindaco Leccese e dell’assessore Petruzzelli

 

Ci spiace cara Nunzia, ma a Bari vecchia dovrete inventarvi qualcos’altro. Ricorrere, per esempio, a una iscrizione alla Camera di commercio del Comune di Bari, farti una partita IVA, consultarti con un commercialista per trovare la strada più indolore per far fronte alla norma voluta dal sindaco. Certo, il primo cittadino, Vito Leccese, ci ha messo di suo. Forse vedeva nelle pastaie di bari vecchia un aspetto folkloristico, promozionale, se vogliamo, ma così proprio non andava. I ristoranti e le rivendite vicine hanno dovuto attendere un servizio televisivo, più di un articolo a livello nazionale, perfino un articolo in prima pagina del New York Times, per capire che le pastaie baresi non potevano proseguire con il loro tavolino a cielo aperto a continuare a fare gli “affari loro”. Intanto le norme igieniche, a cui ha fatto riferimento il popolare quotidiano americano; i controlli dei Nas, il Nucleo Antisofisticazioni e Sanità, l’organo di controllo dei carabinieri che dipende dal Ministero della Salute e conduce la lotta contro le sofisticazioni alimentari, sono arrivati puntuali; così il sindaco, nonostante avesse chiuso un occhio, considerando che i problemi a Bari sono altri, ha dovuto prenderne atto.

 

 

NON FINISCE COSI’

Non è finita su due piedi. Ne abbiamo scritto la scorsa settimana: Nunzia, la pastaia barese più famosa al mondo, e le sue colleghe avevano perfino minacciato uno sciopero, subito rientrato. La scusa con cui erano scese in piazza le “produttrici” di uno dei piatti più appetitosi della Puglia, non reggeva. A chi aveva asserito che le norme igieniche erano rispettate, aveva risposto più di qualche ristoratore elencando il numero dei controlli ai quali, lui e i suoi colleghi, venivano sottoposti. Non solo, Nunzia, rilasciando interviste a manetta, aveva perfino respisto una delle ultime accuse, di sicuro la più grave: la vendita di orecchiette già essiccate. Cartoni di un Centro di produzione commerciale pugliese erano stati rinvenuti nei pressi di Via delle Orecchiette: secondo le accuse di una tv e di più di un blog, qualche “collega” di Nunzia, aveva fatto ricorso all’aiutino per vendere un prodotto confezionato su larga scala. Qualcuno, ci dicono, avrebbe suggerito ai soliti personaggi che proprio di lavorare “pulito” non vogliono saperne, “Fatevi furbi!”. E’ la solita ricetta meridionale. Le richieste sono tante, le orecchiette vanno via come il pane, bene, allora dove “mangiano” in cinque, possono mangiare in dieci, in venti, perché no?

E’ così che va. Dunque, niente più pasta fresca lavorata in strada se non a scopo dimostrativo. Le pastaie di Bari Vecchia potranno produrre le orecchiette solo in casa. Da oggi esistono linee-guida volute dal Comune di Bari e dalla Asl insieme con le associazioni di categoria per regolamentare l’attività delle pastaie di Bari vecchia.

 

 

ANSA E LE AGENZIE…

Secondo quanto riportato dall’Ansa, gli aggiornamenti su questa attività sono state illustrate dopo la cosiddetta “mappatura” di chi in casa fa pasta fresca per la vendita diretta e le proteste delle scorse settimane, dopo l’accusa rivolte alle pastaie ree di vendere ai turisti orecchiette industriali e non artigianali.

Alla luce di quanto deciso a Palazzo, pertanto, le pastaie saranno considerate operatori del settore alimentare, tanto che a tutti gli effetti dovranno rispettare le norme appena rese ufficiali. Dal punto di vista amministrativo, l’attività di ciascuna delle pastaie è “impresa domestica” con tanto di Scia, la Segnalazione certificata di inizio attività da presentare al Comune. Stando così le cose, le Nunzia e le compagne non potranno impastare, produrre orecchiette con la pasta fresca in strada se non a scopo dimostrativo.

«Le pastaie di Bari vecchia rappresentano una straordinaria risorsa della nostra comunità e come amministrazione comunale, faremo tutto il possibile per continuare a valorizzare le tipicità enogastronomiche del nostro territorio e salvaguardare le nostre tradizioni culturali e culinarie garantendo, allo stesso tempo, la tutela degli aspetti igienico-sanitari», ha dichiarato Pietro Petruzzelli, assessore allo Sviluppo locale del Comune di Bari.

 

 

COMUNE, LE LINEE-GUIDA

Nelle linee guida del Comune di Bari è stato inserito un sistema di autocontrollo semplificato, con indicazioni specifiche per la pasta fresca, ma anche le condizioni d’igiene dei locali e delle attrezzature utilizzate. Gli operatori del settore alimentare dovranno, inoltre, conservare i documenti fiscali relativi all’acquisto della materia prima e quelli che riguardano clienti, tipologia, lotto di appartenenza ed eventualmente quantitativo di prodotto fornito. Non è la madre di tutte le soluzioni, ma almeno è una stretta in un sistema da Far West, nel quale bastava alzarsi la mattina, mettere una tavola all’aperto, impastare, fare orecchiette e venderle tanto al chilo, senza norme sanitarie e senza scontrino fiscale, con tutto quanto dovrebbe esserci a monte (dalla Scia in poi…).

A proposito delle strette riguardo la produzione di orecchiette, prevista anche la formazione obbligatoria. «Con questa decisione – ha detto ancora Petruzzelli – intendiamo sostenere la crescita economica della nostra città, contribuendo allo stesso tempo anche alla tutela della sua identità: come si dice in questi casi, il percorso che ha preso il via oggi richiede una grande determinazione da parte di tutte e tutti, e, alla luce dell’incontro di posso assicurare che l’impegno da parte di tutti sarà massimo». Le pastaie sono avvisate. Idem i turisti, che in caso di controlli dovranno fare attenzione a giustificare per i primi giorni (in attesa dei documenti appositi) cosa ci sia in quella busta di plastica e quale titolo portano via le orecchiette.

Per contro, Nunzia e le sue colleghe. «Possiamo fare orecchiette solo a scopo dimostrativo? Insomma, produrre decine di chili di orecchiette “al gratis” per fare bello il Comune di Bari, gli stessi baresi, orgogliosi delle nostre orecchiette, per giunta a spese nostre?». Infatti. E gli ingredienti, acqua e farina, il tempo, la luce, la mano d’opera, chi paga? Anche questa è una bella domanda.

Bergamo, è qui la festa!

Sole 24 Ore, il capoluogo lombardo è la città dove si vive meglio

Trento e Bolzano, seconda e terza. Il Sud, purtroppo, registra un’altra sconfitta. Taranto risale di poche posizioni, ma abbandona il “fanalino”. Bene Monza, Cremona, Udine, Verona, Vicenza, Bologna e Ascoli Piceno. In coda, fra le big: Foggia, Palermo, Caserta, Cosenza, Napoli e Reggio Calabria

 

Secondo l’attesa e puntuale indagine svolta dal Sole 24 Ore, la provincia più vivibile è risultata quella di Bergamo, seguita da Trento e Bolzano. Non fatelo sapere a un famoso musicista bergamasco, che alla polizia ha raccontato di aver vissuto ore di terrore perché sequestrato in casa propria, con la propria famiglia, da malviventi dal chiaro accento straniero. Per la cronaca, le indagini hanno condotto al “nulla di fatto”: i rapinatori-sequestratori, al momento l’avrebbero fatta franca.

Intanto, Bergamo è lì, secondo il “Sole”, saldamente al primo posto. Proprio come nel massimo campionato di calcio italiano: l’Atalanta dei Percassi, una delle famiglie più ricche del Paese, e di Gasperini, comanda la serie A. Insomma, se tanto ci dà tanto, questo l’anno d’oro di Bergamo.

 

 

PASSI AVANTI E INDIETRO

Breve passo indietro, per farne a breve, uno decisamente più avanti. Una settimana fa abbiamo dato un’occhiata alle Città in cui si vive peggio. Città, attenzione, in cui si vive peggio secondo gli stessi abitanti del luogo. Quei cittadini che hanno un senso critico innato, non la perdonerebbero agli estranei (i turisti se volete), figurarsi ai propri concittadini. Per farla breve, non parliamo di cittadini che prenderebbero a badilate gli automobilisti che non rallentano e, poi, non si fermano davanti alle strisce pedonali facendo attraversare i pedoni. Non solo come è giusto che sia, oppure come impone la buona educazione, ma perché è il codice della strada ad imporlo: strisce pedonali, auto, stop, avanti i pedoni.

Quella della gentilezza mancata è solo un aspetto, perché nella classifica della scorsa settimana si invoca alla scarsa socializzazione dei concittadini, che non sorridono, non salutano, e hanno – ma non sarà un controsenso? – la testa ai social, il mondo del virtuale. Non costerebbe nulla essere “social” al bar, al supermercato, per strada, regalando un sorriso. E, invece, no, meglio internet.

 

 

TARANTO, FANALINO

E va bene, senza altri giri di parole, la città peggiore in fatto di gentilezze, è stata eletta Taranto, qualcosa che ci è familiare. Per fortuna, questa, è stata bocciata dagli stessi tarantini che passano per caustici.

E, allora, Bergamo. La città lombarda che vive su due piani, Bergamo Alta e Bergamo Bassa, per la prima volta vince la trentacinquesima edizione dell’indagine del Sole 24 Ore che fotografa il benessere nei territori. Nella top 10, ma non avevamo dubbi, trionfa il Nord-Est mentre le grandi città, fatta eccezione per Bologna (nona), scendono di diverse posizioni: Milano, infatti, è dodicesima, Firenze trentaseiesima, e Roma cinquantanovesima.

Secondo la classifica, dunque, la provincia in cui si vive meglio è Bergamo. Sul podio, buone seconda e terza, Trento e Bolzano. Tiene il Centro-nord, mentre drammaticamente il Sud conferma il suo trend: la gran parte dei territori in cui la qualità della vita è più bassa continua a essere il Meridione.

 

 

RICCHEZZA, CONSUMI, AFFARI, LAVORO…

Per avere un’idea dell’indagine, sveliamo i parametri cui si è giustamente ispirato il Sole 24 Ore, che nel suo studio ha utilizzato qualcosa come novanta indicatori, divisi in sei grandi categorie: “ricchezza e consumi”, “affari e lavoro”, “ambiente e servizi”, “demografia, salute e società”, “giustizia e sicurezza” e “cultura e tempo libero”.

Bergamo è al primo posto come città i cui abitanti vanno meno spesso a curarsi altrove. Terzo posto nella categoria “ambiente e servizi”, settimo in “demografia e società”. Bergamo è prima anche per l’indice di “sportività”: per il numero di atleti tesserati e società sportive. Ma anche la più bella di tutte, ha qualche controindicazione fisiologica:  per “ricchezza e consumi”, Bergamo è ventitreesima, mentre – novantottesima per crescita del PIL procapite.

Trento e Bolzano, rispettivamente seconda e terza in classifica, sono storicamente tra quelle in cui si vive meglio in Italia. A partire dal primo sondaggio del “Sole”, nel 1990, Trento è stata prima per due volte, e tra le prime tre complessivamente quattordici volte. Quest’anno, la città di Trento, è risultata prima per qualità della vita di bambini, giovani e anziani. Da quando esiste l’indagine Bolzano è stata cinque volte prima, e tra le prime tre ben diciotto volte. Nell’indagine di quest’anno, è stata la prima città per tasso di occupazione (quasi l’80% contro una media nazionale di 64%), ultima, però, per aumento del costo della vita.

 

DOPO IL PODIO, LE ALTRE

A seguire, nelle prime dieci posizioni: Monza Brianza, Cremona, Udine, Verona, Vicenza, Bologna e Ascoli Piceno. Per concludere, come anticipato, Milano ha perso quattro posizioni soprattutto a causa del costo della vita, Firenze ne ha perse trenta a causa della criminalità e Roma, ventiquattro, per l’aumento delle disuguaglianze.

Per concludere, si diceva di Taranto città-fanalino di coda. Se nella classifica dell’educazione, secondo i suoi stessi cittadini, la Città dei Due mari ha ancora da lavorare, in quella del Sole 24 Ore, Taranto, zitta zitta guadagna, qualche posizione. La stessa classifica del Sole, dice che il capoluogo ionico non è poi così “ultimo”.

Alle sue spalle, per la cronaca, dopo aver compiuto il ragionamento sulle “Miss”, le più belle per intendersi, Taranto si è posizionata davanti a: Isernia, Agrigento, Enna, Caltanissetta, Foggia, Palermo, Caserta, Cosenza, Vibo Valentia, Siracusa, Crotone, Napoli e Reggio Calabria. Trattasi, comunque, di guerra fra poveri: tutte città meridionali, non si sfugge.      

«Siamo i più ineducati!»

Tarantini autocritici all’eccesso, la classifica stilata da Preply

La Città dei Due mari giudicata severamente dai propri concittadini: automobilisti indisciplinati, uso esagerato dei cellulari, poca disponibilità al saluto. Non stanno meglio gli altri comuni visti dall’“esterno”: Venezia, Catania e Parma. I lagunari i più nervosi, i catanesi i più distratti, gli emiliani i più tirchi. E le più educate? Padova, Firenze, Modena e Verona

 

Taranto è l’unica città nella quale i pedoni ringraziano gli automobilisti. Come “Per cosa?”, ma semplice: perché gli è stato appena concesso l’attraversamento delle “zebre”. Da queste parti, l’automobilista si sente imperatore, il posto di guida il suo trono. Spaparanzato nella sua vettura, al contrario dei Cesari dell’antica Roma, fortunatamente, il conducente non sentenzia il diritto di “Vita o di morte” mostrando il pollice: verso l’alto, in segno di clemenza; verso il basso, per sentenziarne la condanna. Introdotto così, questo argomento può sembrare un tantino esagerato. Non è proprio così. Sono gli stessi tarantini a confermare una certa ineducazione dei propri cittadini a quattro ruote. Ma, attenzione, non solo quelli.

Una recente indagine condotta da Preply ha, infatti, stilato una classifica delle città più ineducate d’Italia. Un elenco che ha rivelato risultati inattesi e, ovviamente, polemiche per quanti si sono trovati in cima a questa classifica.  

L’analisi di Preply si è avvalsa del contributo di oltre millecinquecento persone che si sono prestate ad esprimere il proprio giudizio di una ventina di città italiane.  Al centro delle considerazioni degli interpellati, alcuni degli standard, delle azioni ripetitive nelle quali incorrono i propri concittadini. E devono essere stati giudici intransigenti se, quanti sono stati dotati di schede, hanno giudicato gli abitanti della loro stessa città. Dunque, ai tarantini: i tarantini non devono proprio piacere.

 

 

CELLULARI, PEDONI NON RISPETTATI…

Gli atteggiamenti più criticati: l’uso eccessivo del cellulare, la mancanza di attenzione verso i pedoni, l’assenza di saluti nei confronti degli sconosciuti e il poco rispetto delle norme di buona educazione, come, per esempio, lasciare una mancia adeguata.

Ma veniamo pure a questa classifica che non dice bene a Taranto e ai tarantini: in cima testa alla classifica fra i cittadini più “ineducati”, c’è proprio la Città dei Due mari. Secondo i suoi abitanti, Taranto sarebbe la città “più maleducata d’Italia”. Alle sue spalle, Torino e Trieste, due città che, come il capoluogo ionico, nonostante una ricca storia culturale, mostrano lacune alla voce “educazione quotidiana”.

Per un momento cancellate l’esempio d’apertura. Un collega appena giunto da Milano, è in auto con me. Io al volante, lui accanto a me. Si sbalordisce: ogni volta che rallento in prossimità delle strisce. Guarda i pedoni, di qualsiasi età, che con gesto eloquente ringraziano: inchino, ampio gesto di una mano, sorriso. Come fosse un minuetto. «Accipicchia quanto siete educati voi tarantini! Devo farvi i complimenti, io quasi mi vergogno: noi milanesi quando attraversiamo le strisce lo facciamo con aria tronfia, come se fosse un diritto, che poi in realtà è un diritto…».

 

«COMPLIMENTI, SIETE CIVILI!»

Il collega è un fiume in piena, insiste. «Noi milanesi, sempre incazzati, l’automobilista in prossimità di un incrocio rallenta e il pedone? Nemmeno un sorriso: ma va a caghér! E bravi, invece, i tarantini, così si fa! L’automobilista rallenta, il pedone ringrazia e attraversa: questo è un grande senso di civiltà!». Non ribatto, attendo paziente.

Parcheggiata l’auto, io e l’amico milanese usciamo dal mezzo e diventiamo automaticamente pedoni. Nemmeno il tempo di spiegare perché l’appiedato sorrida, ringrazi l’automobilista e quasi festeggi tanta magnanimità, che arriva la prima risposta. Mentre chiudo l’auto, il collega mi anticipa di qualche istante, si avventura quasi. Accenna appena il desiderio di andare sull’altro marciapiedi, passando dalle strisce pedonali, naturalmente. Ecco l’imprevisto, invece già previsto. Un’auto sbuca dal nulla e in prossimità delle “zebre”, in quel momento già impegnate dal collega, accelera. Un’andatura sostenuta, talmente sostenuta che poco ci manca che lucidi la fiancata della sua auto con un paio di pantaloni milanesi.  Sfiorato. Quel tanto che basta.

«Un pazzo!», il suo commento appena ripresosi dallo spavento. «Se non avessi alzato il passo, mi avrebbe preso in pieno!», con tono giustamente risentito. E chi scrive, facile: «Hai compreso, adesso, perché il pedone, all’incrocio, ringrazia? Gli è stata appena risparmiata una corsa in ospedale a bordo di un mezzo di soccorso!».

 

 

COM’E’ “INCAVOLATA” VENEZIA!

Abbiamo detto dei tarantini critici sui propri concittadini. Se, invece, l’analisi viene estesa a una prospettiva più ampia, che si avvale, stavolta, delle opinioni dei “non residenti”, la classifica subisce una sterzata non indifferente. Così, in questa “speciale” chart, risulta essere Venezia la città più maleducata. E qui Taranto non c’entra: seguono, infatti, a ruota la città lagunare Catania e Parma. Indicazioni particolarmente interessanti, da Venezia, una delle città più visitate al mondo. I residenti vivono in una città dove il numero di visitatori supera notevolmente quello degli abitanti, motivo che provoca stress e frustrazione. La convivenza tra turisti e cittadini non è sempre armoniosa. Turisti che non rispettano le norme locali, residenti che si sentono sopraffatti e frustrati dalla massa di visitatori: un mix che può generare tensioni e malintesi.

I comportamenti maleducati riscontrati a Venezia e in altre città: l’uso eccessivo del cellulare in pubblico, uno dei più criticati; a ruota: non salutare gli sconosciuti e il non lasciare passare i pedoni. Trieste, ad esempio, ha ricevuto critiche per l’uso del cellulare; Catania per la sua chiassosità in pubblico.

 

 

BRACCINO CORTO…

Parma, invece, è stata segnalata per la scarsa propensione a lasciare la mancia. Insomma, parmensi col braccino corto, poi dicono ai genovesi. A proposito di Genova, pare che i cittadini della Città della Lanterna, guardino video in pubblico, disinteressandosi di quanto li circonda. Ma sono tutti così ineducati gli italiani? No, perché Preply, ha stilato, per contro, anche una classifica delle città più educate del nostro Paese: Padova prima, alle sue spalle poco distanti, seguono Firenze, Modena e Verona.

Queste città, con una qualità della vita generalmente elevata, sembrano avere un clima sociale più sereno e rispettoso. Insomma, si può attraversare più serenamente, non si corre il rischio di essere investititi sulle strisce pedonali e le mance lasciate nei ristoranti, a un fattorino, a un rider, sono quantomeno ragionevoli.

«Al bando sigarette e alcol!»

Silvio Garattini, novantasei anni, oncologo, invita a una vita sana

«Cominciamo a depennare dalle nostre abitudini il fumo e il bere, sarebbe un bell’inizio», dice il professore, bergamasco di nascita («Assegnerei il pallone d’oro a Gasperini, tecnico dell’Atalanta»), salentino di adozione (cittadino onorario, prossimamente anche di Lecce). La sua dieta. «Salto il pranzo, la sera antipasto, primo e dolce; cammino ogni giorno per cinque chilometri, ma sono importanti anche la mente e i rapporti sociali»

 

Esiste una ricetta per vivere a lungo? Chi può dirlo. Di sicuro esiste un sistema di vita che ci dice come vivere meglio. Insomma, ci sarebbe anche un mix fra le due cose. Se ne fa garante un uomo dalla statura intellettuale acclarata. Se poi, è un grande studioso, ha compiuto novantasei anni, ma ne dimostra tanti in meno, non facciamo certo fatica a stare ad ascoltarlo (o leggerlo) con la massima attenzione, se ci è cara la pelle.

Lo studioso in questione, altri non è che un volto noto a quanti vedono la tv, sfogliano i giornali, i siti internet: Silvio Garattini. Oncologo di fama mondiale, bergamasco di nascita, ma salentino d’adozione, è un noto farmacologo e ricercatore italiano. Presidente e fondatore dell’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri”, appena il mese scorso ha compiuto 96 anni. Quale migliore occasione per “svelare” la ricetta della longevità. Lo scienziato, cittadino onorario di Matino, a breve cittadino onorario anche del comune di Lecce, ha incontrato di recente gli studenti del liceo scientifico Banzi (lectio “Il futuro della nostra salute: prevenzione è rivoluzione”). Quell’incontro è stata l’occasione per ufficializzare il riconoscimento da parte di Palazzo Carafa. Un momento nel quale ha ricordato, inoltre, le sue origini salentine avendo avuto una nonna nata proprio a Matino, cittadina a una trentina di chilometri da Lecce.

 

 

«NON ESISTE UNA RICETTA…»

Garattini a chiunque gli chieda la ricetta della longevità, risponde senza problemi: «Non c’è una ricetta». Intervistato dal Corriere della Sera, infatti, proprio nei giorni scorsi ha raccontato un po’ delle sue abitudini, che possono tornarci utili, considerando che un fisico (e un corpo) non è come un altro. Questo, beninteso, per sgombrare il campo dagli equivoci.  Da buon bergamasco, nell’intervista al Corsera parla del suo grande affetto per il tecnico Gian Piero Gasperini. «Se non lo danno a lui, mi spiegate a chi devono assegnare il Pallone d’Oro?». Non si sottrae al tema-pandemia mai tramontato, tanto che senza giri di parole dice a chiare lettere: «La vaccinazione è stata considerata con grande ritardo»; per non parlare della ricerca, «In Italia considerata una spesa, piuttosto che un investimento».

In una intervista riportata dal Nuovo Quotidiano di Puglia, Garattini parte dalla prevenzione. «Fondamentale – spiega lo studioso – basti pensare che il 40% dei tumori è evitabile, eliminando i fattori di rischio più comuni, ma in Italia muoiono ogni anno circa 180mila persone: lo stile di vita ha un effetto molto importante; molto dipende da noi: il fumo è un fattore di rischio per tumori, oltre che per altre ventisette malattie, ma nonostante questo abbiamo ancora dodici milioni di fumatori; l’alcool è cancerogeno ma è come se non lo fosse, tutti bevono regolarmente bevande alcoliche: e se è cancerogeno non esiste una soglia, anche berne poco, pur con una probabilità più bassa, espone al rischio; poi ce ne sono altri come il sovrappeso, l’obesità, ma anche l’uso esagerato di carne rossa per quanto riguarda il cancro al colon».

 

 

«LUNGHE CAMMINATE, NIENTE PRANZO»

Senza tanti giri di parole, novantasei anni, qual è la dieta a cui si sottopone lo stesso Garattini. «Salto il pranzo; la sera prendo antipasto, poi primo e dolce ma cerco di alzarmi con un po’ di appetito; ho osservato buone abitudini di vita, cammino ogni giorno per cinque chilometri, ma, attenzione, non è solo una questione fisica: anche la mente è importante, come è importante mantenere i rapporti sociali».

Cerchiamo di capire se esiste una dieta ideale. «In generale, bisogna mangiare poco per avere una vita più lunga, fare una dieta molto varia ed evitare i cibi “ultraprocessati”. Inoltre non affezionarsi a nessuna moda: c’è molta confusione in giro e si tende più a cercare nuove cose da vendere che a diminuirle; non abbiamo una scuola superiore di sanità: sarebbe molto importante per formare i dirigenti del servizio sanitario nazionale che spesso assumono ruoli di vertice senza la giusta formazione. La prevenzione per affermarsi in medicina ha bisogno di una grande rivoluzione culturale che passi attraverso una scuola di sanità e forme di educazione alla salute, oggi inesistenti, in buona sostanza basterebbe anche un’ora a settimana in ogni classe per cambiare completamente la mentalità». 

«Taranto, parliamone di più!»

Massimo Lopez sui social promuove a pieni voti la Città dei Due mari

«Bella la Puglia, ma del capoluogo ionico si parla sempre colpevolmente sempre poco, invece…». Bellezze esposte a vista: Lungomare, Castello aragonese, Colonne doriche, Ponte girevole, ipogei, i Delfini a portata d’imbarcazione, il Museo archeologico nazionale e gli Ori di Taranto. Lo spettacolo “Dove eravamo rimasti” con il collega Tullio Solenghi, il ricordo di Anna Marchesini

 

Adesso un po’ meno. Ma c’è stato un periodo, piuttosto lungo, in cui Massimo Lopez, uno degli artefici del successo di uno dei gruppi comici italiani più amati, Lopez-Solenghi-Marchesini, in estate eleggeva a “buen retiro” proprio la costa tarantina. Da Lido Silvana a San Pietro in Bevagna era un continuo avvistarlo, per giorni. Lui ci scherzava sopra, quando un giornalista di una tv piuttosto che della carta stampata, gli chiedeva di rilasciare un’intervista, anche una sola battuta. E Massimo, persona educata, gentile, provava a declinare. Concedeva le riprese, purché non insistite, poi riprendeva il relax in salsa tarantina. Non è pertanto una considerazione che ci spiazza quella che l’attore, nei giorni scorsi a Taranto, insieme a Tullio Solenghi, per una delle repliche del fortunatissimo “Dove eravamo rimasti”, rilascia ad uno dei tanti social in circolazione.  

Infatti, sul suo profilo Instagram l’artista di origine marchigiana, ma romano a tutti gli effetti, si dice entusiasta dell’accoglienza riservata a lui e a Tullio Solenghi a Bari, Foggia, Lecce e Taranto. Lopez rivolgendosi ai suoi follower pone l’accento proprio sul capoluogo ionico, dopo una breve premessa: «Devo dirvi una cosa: quest’ultimo giro teatrale della Puglia è stato fantastico: accoglienza meravigliosa ovunque, a Bari, Foggia, Lecce, a Taranto: città una più bella dell’altra, ma a Taranto abbiamo ricevuto un affetto davvero speciale dal pubblico; di questa città, e non lo dico per piaggeria, si parla sempre troppo poco». Parola di Massimo Lopez, che chiosa: «Quindi questa Puglia bisogna frequentarla un po’ di più».

 

Foto Taranto Capitale di Mare

 

TARANTO, LA PUGLIA…

Ovviamente, non solo i pugliesi, o i tarantini, beneficiati da tanto affetto inatteso, sottoscrivono, invadono il suo profilo condividendo le bellezze del luogo, di una città, Taranto, di cui per tanti anni, anche a sproposito, si è parlato solo di un’industria inquinata e inquinante. Quando le bellezze della Città dei due mari, sono esposte a vista: il Lungomare, il Castello aragonese, le Colonne doriche, il Ponte girevole, gli ipogei, i Delfini a portata d’imbarcazione, il Museo archeologico nazionale che custodisce gli Ori di Taranto, i tesori della Magna Grecia. Il MArTa (acronimo di Museo archeologico di Taranto) è uno dei musei più visitati e attivi con numerose iniziative a settimana mai registrate in altri siti custodi della storia del nostro Paese.

Ma torniamo per qualche istante e Lopez e Solenghi, i due attori che hanno ripreso un repertorio infinito, a suon di sketch, brani musicali e contributi video. Perfino una lectio magistralis, trovandosi in una città che sprizza cultura millenaria, con un Lopez “strappa-applausi” che per qualche minuto veste i panni del critico Vittorio Sgarbi, a seguire un omaggio all’avanspettacolo, un divertente confronto tra il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e Papa Bergoglio, e un momento musicale toccante, dedicato ad una indimenticabile e sfortunata Anna Marchesini.

 

Foto Profilo Facebook

 

…SPETTACOLO INFINITO

«Filo conduttore dello spettacolo – hanno spiegato i due comici –  è una chiacchierata tra amici, una sorta di famiglia allargata che collega i vari momenti di spettacolo». “Dove eravate rimasti”, domanda. «A casa, come tutti, per tanto di quel tempo a causa della pandemia: starcene lì, avevre una sensazione di impotenza ci ha fatto venire prima una voglia di reagire, poi una grande voglia di ricominciare: “Massimo Lopez e Tullio Solenghi Show”, il nostro spettacolo precedente, era andato così bene che volevamo tornare con uno show che avesse uno stile simile sotto certi aspetti, ma con contenuti nuovi, così ci siamo messi al lavoro».

Massimo Lopez e Tullio Solenghi, lo spettacolo in due battute. «Personaggi nuovi, il duetto Mattarella-Bergoglio, la lectio magistralis di Sgarbi, un omaggio all’avanspettacolo, la rivisitazione delle favole con il “politicamente corretto” o “scorretto” cui ci siamo abituati ma che riusciamo a ribaltare scatenando risate e complicità del pubblico, e poi un atto dovuto, fatto con cuore e grande emozione: un momento musicale dedicato alla nostra indimenticabile Anna Marchesini: divertimento ed emozione insieme, e questo il pubblico lo ha avvertito in pieno: ce ne siamo accorti e ce ne accorgiamo ogni sera, dalle risate, dagli applausi, ma anche dai silenzi che raccontano la grande emozione». 

«Reinserimento sociale, ecco cos’è»

Attraverso il lavoro e l’Otto per mille destinato alla Chiesa cattolica

A Cerignola inaugurata la fabbica di caramelle “Frik”. Per ora l’obiettivo è addolcire la Puglia, domani si vedrà. Tommaso, pasticciere, indica la strada da seguire, mentre Michele, ex panificatore, responsabile del lavoratorio esegue con i suoi compagni d’avventura. «Chi lavora qui spesso ha vissuto storie di esclusione», dice don Pasquale, direttore della Caritas pugliese. Destinatari ragazzi segnalati dall’Ufficio servizi sociali minori di Bari

 

Buone notizie dalla Puglia. Da Cerignola, nel Foggiano, a voler essere precisi. Una cittadina, a torto, spesso finita nell’occhio del ciclone per fatti di cronaca. Quando, invece, questo Comune si mostra virtuoso bruciando chiunque abbia solo in mento un progetto simile, è giusto parlarne. Anzi, farne un titolo – si diceva un tempo nei quotidiani – “a tutta pagina”. Cosa è ufficialmente accaduto appena qualche giorno fa? Ben, a Cerignola è nata una fabbrica di caramelle, con un indirizzo ben preciso: una piccola azienda per ragazzi con disagio sociale. Una fabbrica, per farla breve, anche se il processo ha richiesto tempo, resa possibile grazie ai fondi dell’Otto per mille destinati alla Chiesa cattolica. QAnche il nome delle caramelle ha il suo perché: si chiamano “Frik”, come “freak”, un inglesismo utilizzato per definire quanti erano ai margini, per scelta o perché posti all’angolo da una società che non faceva “prigionieri”. Il progetto si rivolge a giovani segnalati dai servizi sociali di Bari, offrendo loro un’opportunità di reinserimento sociale attraverso il lavoro.

 

 

DAL “DIRE”, FINALMENTE IL “FARE”

La fabbrica, ha riportato nei giorni scorsi l’Agenzia Ansa, è un progetto che ha come destinatari ragazzi segnalati dall’Ufficio servizi sociali minori di Bari che intraprenderanno percorsi di reinserimento sociale attraverso il lavoro. Fra quanti sono impegnati quotidianamente in questo straordinario progetto, in quanto di respiro sociale, c’è anche Michele, – segnala l’agenzia giornalistica – oggi responsabile del laboratorio, trentasei anni, trascorsi da panificatore. In questa nuova incoraggiante avventura, ha seguito (e seguirà ancora) i consigli di Tommaso, mastro pasticciere. Facendo seguito alle indicazioni di quest’ultimo, sicuramente Michele diventerà un vero esperto nella produzione di caramelle.

«È stato emozionante – dice Michele – abbiamo avuto subito la sensazione che questa caramella rappresentasse una passione che spero diventi il mio futuro e quello di tutti i ragazzi che lavorano con me». «Formare dei ragazzi che qui riescono a riprodurre le mie idee e i miei desideri – dice a sua volta Tommaso – è bello perché vedo un mio sogno realizzato da loro». «Chi lavora qui spesso ha vissuto storie di esclusione sociale. Noi offriamo loro una prospettiva diversa, permettendo di riscattarsi attraverso il lavoro», aggiunge, invece, don Pasquale, direttore della Caritas Puglia.

 

 

TENTAZIONE ALLO ZUCCHERO

Le caramelle, preparate con oli essenziali e zucchero, includono gelatina nelle varianti a pastiglia. A partire dai prossimi giorni, i prodotti saranno disponibili in quattro punti vendita della stessa Cerignola, con l’obiettivo di espandersi presto in tutta la Puglia e, perché no, oltre i confini della regione. «Chi lavora qui – riprende don Pasquale – spesso ha vissuto storie di esclusione sociale: noi offriamo loro una prospettiva diversa, permettendo di riscattarsi attraverso il lavoro». «Il nostro compito – il punto di vista di don Marco, direttore di Caritas Italia – è seminare speranza, dimostrando concretamente che una vita diversa è possibile. Ridare dignità alle persone attraverso il lavoro è il primo passo».

Infine l’intervento del vescovo di Cerignola, monsignor Fabio Ciollaro: «Che questa esperienza possa aiutarli a crescere professionalmente e a credere in loro stessi». La fabbrica di caramelle Frik non è solo un’impresa: è un segnale concreto di rinascita, una dimostrazione di come il lavoro possa trasformare vite e offrire un futuro migliore.

«Alla faccia dell’algoritmo!»

Papa Francesco nella sua ultima enciclica cita i panzerotti di casa nostra

Una delle tante leccornie pugliesi finisce nell’enciclica Dilexit nos (Ci ha amati). «L’intelligenza artificiale non potrà mai ispirarsi a una forchetta che fa i bordi a una simile bontà»

 

Che Papa Francesco fosse ingolosito dalla cucina pugliese, non ci era affatto sfuggito. Nelle sue visite nella nostra regione aveva avuto modo di lasciarsi quasi “tentare” nel commettere peccati di gola. Lo stesso pontefice aveva giustificato questa sua tentazione come “debolezza umana”. «Anche il Papa ha le sue debolezze, in fatto di cucina: in Vaticano mi mettono a dieta, come fossi assistito da un famacista, ma quando posso eludere una sorveglianza e fare rientrare l’assaggio delle bontà della cucina pugliese nel protocollo, lo faccio un po’ anche apposta ed è proprio lì che ne approfitto: per tornare a fare dieta c’è sempre tempo».

E devono essergli rimasti talmente impressi quei panzerotti, tanto che alla prima occasione – ma ci piace pensare che in Vaticano avesse già chiesto di procurarsi una ricetta – ecco che quella pallina di pasta lievitata, prima lavorata, poi stesa e, infine, riempita di bontà, dalla mozzarella al pomodoro, viene citata. E non durante una normale chiacchierata sulla cucina in uso nel Tacco d’Italia, ma addirittura nell’Enciclica. Parole registrate e riportate in mezzo mondo, a partire dalle agenzie, a cominciare da quella italiana più autorevole, l’Ansa, proseguendo con Repubblica, fino ad interessare il più autorevole organo d’informazione del settore gastronomico come Il Gambero Rosso.

 

 

MICA MALE COME INTRODUZIONE…

Anche l’incipit è degno di una così alta celebrazione. Lo spunto, al nostro Pontefice, glielo dà la tanto “celebrata” Intelligenza artificiale a cui la Chiesa, evidentemente, è contraria. I panzerotti come metafora, dunque. «Ciò che nessun algoritmo potrà mai albergare sarà, ad esempio – dice Papa Francesco – quel momento dell’infanzia che si ricorda con tenerezza e che continua a succedere in ogni angolo del pianeta. Penso all’uso della forchetta per sigillare i bordi di quei panzerotti fatti in casa con le nostre mamme o nonne…».

È questo passaggio della nuova enciclica di Papa Francesco, “Dilexit nos” (“Ci ha amati”, l’essenza dell’amore di Dio), in cui è citata una delle più note specialità gastronomiche pugliesi. Il Pontefice fa riferimento ai panzerotti nella parte, si diceva, dedicata alla intelligenza artificiale. Sigillare il panzerotto con la forchetta è per Bergoglio «quel momento di apprendistato culinario, a metà strada tra il gioco e l’età adulta, in cui si assume la responsabilità del lavoro per aiutare l’altro; una gestualità che non potrà mai stare tra gli algoritmi, perché questa – in buona sostanza – si appoggia sulla tenerezza che si conserva nei ricordi del cuore».

 

 

…E NEMMENO LA CHIUSURA

«L’immagine di Papa Francesco con un piumino bianco alla moda – scrive Il Gambero Rosso – ha fatto il giro del mondo. Era l’ennesimo falso ad opera dell’Intelligenza artificiale, che torna protagonista nel documento indirizzato dal Papa ai vescovi di tutto il mondo: «Sull’amore umano e divino del cuore di Gesù Cristo», dove sottolinea la necessità, «in questo mondo liquido, di parlare nuovamente del cuore».

Papa Francesco evidenzia i limiti dell’IA. «Nell’era dell’intelligenza artificiale – dice Papa Francesco e il portale Gambero Rosso lo riporta – non possiamo dimenticare che per salvare l’umano sono necessari la poesia e l’amore; ciò che nessun algoritmo potrà mai albergare sarà, ad esempio, quel momento dell’infanzia che si ricorda con tenerezza e che, malgrado il passare degli anni, continua a succedere in ogni angolo del pianeta. Penso all’uso della forchetta per sigillare i bordi di quei panzerotti fatti in casa con le nostre mamme o nonne. È quel momento di apprendistato culinario, a metà strada tra il gioco e l’età adulta, in cui si assume la responsabilità del lavoro per aiutare l’altro». Panzerotti pugliesi fritti, pomodoro e mozzarella e così sia. Senza voler allegramente mescolare sacro con profano, beninteso.

Un cervo nelle nostre campagne

Un esemplare, forse due, in questi giorni circolava nella provincia salentina

Avvistato da automobilisti, immortalato in pochi scatti. Postato, come consuetudine, sui social, è diventato oggetto di ragionamenti, tesi, ipotesi. Stuzzicata la fantasia dei residenti: che questi animali stiano tornando nella nostra terra? Secondo qualcuno non sarebbero scappati da parchi o da agriturismo. Vedremo…

 

Un cervo, bellissimo, pieno di fascino, come può essere un animale di classe, evocato in mille racconti e decine di film, è stato avvistato nelle campagne salentine. Pare non sia fuggito da una di quelle pigioni d’oro, tipo agriturismo, dove a volte “deportano” animali per farne bella mostra con la clientela. Perché questo, talvolta, è il voler interessare gli ospiti.

Quando vediamo una foto, uno di quei documenti che circolano sui social, ci vengono in mente altre immagini che sollecitano la nostra fantasia. Così andiamo a pescare un passaggio non molto romantico, visto dalla parte del cervo, del film “Il cacciatore”, quando Robert Deniro insegna al suo compagno di caccia, come colpire un bellissimo esemplare di cervo che è in cima a una montagna. Il cacciatore gioca, in qualche modo, con la sua vittima: in questa lotteria che vale la vita di quella fascinosa creatura, un solo proiettile; se centri il bersaglio, bene, lo porti a casa; se va male, cioè non colpisci il cervo, quel sinuoso animale è di fatto scampato al più grave pericolo, il tiro al bersaglio, al quale una creatura indifesa possa essere sottoposta.

Altra immagine. Risale al periodo del Covid. Parliamo di quattro, anche cinque anni fa. La gente rintanata in casa, dunque resa temporaneamente innocua con spazi grandi, esagerati, a disposizione degli animali che per una volta circolavano nelle strade, quasi interrogandosi su che fine avessero fatto gli uomini.

 

 

IMMAGINI E VIDEO

Di immagine, fra le tante, ce ne sarebbe una terza, ma sorvoliamo. Solo un accenno: l’uccisione di un cerbiatto-mascotte di un villaggio ucciso da due passi da un ragazzetto che aveva deciso di catturare e mostrare al papà il frutto della sua prima battuta di caccia imbracciando il fucile. Vi risparmiamo anche la difesa del genitore del piccolo, sciocco cacciatore: un cerbiatto che circolava fra i tavoli dei bar in cerca di carezze, pare che rappresentasse una minaccia. Mai sentita un cosa del genere.

E, allora, torniamo a quell’immagine “distopica”, come ha scritto fra gli altri, Repubblica nel suo inserto regionale confezionato a Bari – uscita da quello che può sembrare un film in cui gli uomini sono ormai in minoranza e gli animali stanno riconquistando la Terra. Questo sembrano rappresentare alcune fotografie – scrive l’inserto a cura della redazione barese – scattate con un cellulare nella notte: uno splendido esemplare di cervo che indugia nei pressi di un distributore di carburante e a pochi metri dal centro abitato, probabilmente una zona artigianale, di Cutrofiano.

Negli ultimi giorni sui social si moltiplicano foto e video di uno o più cervi. Testimoniano la presenza di questi affascinanti animali che si aggirano nelle campagne salentine, quasi descrivere un panorama inconsueto per chi è abituato ai paesaggi di ulivi e muretti a secco. Più di uno scatto ha documentato uno di questi esemplari a bordo strada, come accaduto l’altra sera vicino a Cutrofiano, rappresentando – non volendo – un pericolo tanto per l’animale quanto per gli automobilisti.

 

 

NON UN SOLO ESEMPLARE…

Altro esemplare di cervo, magari potrebbe essere lo stesso, che intanto circola per ritrovare la strada di casa, è stato avvistato e fotografato nelle campagne di Scorrano (pagina Facebook del Gruppo Speleologico Tricase), che entusiasticamente ha condiviso le immagini suscitando molta curiosità tra i residenti e gli appassionati della natura.

Non si tratterebbe di cervi provenienti da agriturismo o parco, ma di veri e propri esemplari selvatici, la cui presenza resta ancora un mistero. Nelle scorse settimane, un altro cervo era stato visto e fotografato nelle zone tra Ruffano e Taurisano. Il sospetto, naturalmente, è che si tratti dello stesso o degli stessi, considerando le non tanto sconfinate campagne salentine.

Dopo essere stato riconquistato prima dal cinghiale e poi dal lupo, il Salento – anche se noi ci andremmo piano, molto piano – potrebbe addirittura vedere il ritorno del cervo. Esagerato dirà qualcuno, tanto che i motivi della presenza di cervi nel Salento sono tutti da verificare e sottoporre all’attenzione di esperti.