Tarantini, i più educati

Uno studio di Preply considera pazienti i cittadini ionici

Pronuncerebbero mediamente non più di cinque parolacce al giorno. Un primato rispetto al resto dei capoluoghi italiani radiografati (una ventina). Imprecare pare sia anche salutare, purché non diventi un’abitudine. Venezia la città in cui si lasciano andare in modo più “feroce”: diciannove volte al giorno

 

Una volta tanto il fanalino di coda ci garba. Essere la città nella quale, grossomodo, si dicono meno parolacce rispetto alle altre città italiane, può essere motivo d’orgoglio. Comunque, un modo come un altro per pensare ai tarantini con atteggiamento severo. Certo, quando scappa, scappa. Qualche studioso ha sdoganato la parolaccia: potrebbe essere salutare. Insomma, liberare un momento di rabbia, piuttosto che farlo circolare nella testa, aiuta a vivere meglio. Certo, come in tutte le cose deve esserci una via di mezzo. Non abusare. Dunque, come in tutte le cose: parolaccia liberatoria purché non diventi un’abitudine.

Preply è piattaforma di apprendimento delle lingue. Bene, questa piattaforma ha realizzato uno studio sulle città italiane nelle quali si impreca di più, si dicono – senza tanti giri di parole… – più parolacce. Come spesso accade nel consultare studi attenti e attendibili, anche da questa ricerca scaturiscono risultati curiosi. E non solo per quanto riguarda la frequenza delle parole sulle quali molti ci metterebbero un bel “bip”, ma anche per le occasioni e le circostanze nelle quali queste vengono maggiormente impiegate.

 

 

PREPLY, ANALISI PUNTUALE

Secondo Preply, nello studio condotto su un campione di diciannove città italiane, i tarantini dicono mediamente solo cinque parolacce al giorno. Il che significa che Taranto in questa speciale classifica è all’ultimo posto o giù di lì, considerando che molti altri capoluoghi sono risultati ex aequo. L’italiano, da decenni considerata una lingua musicale ed elegante dai turisti di tutto il mondo, ha una storia parallela, informale, con la volgarità: le parolacce, diffuse e utilizzate di frequente nel linguaggio colloquiale, secondo lo studio darebbero forza a espressioni gioiose, rabbiose o divertenti. Non solo, ma anche spessore a momenti di difficoltà e malcontento.

L’analisi di Preply, riportata in questi giorni da TarantoBuonasera, il quotidiano diretto da Enzo Ferrari, spiega che in Italia si impreca in media 8,91 volte al giorno e che sono gli uomini a farlo più spesso: ben 11,6 volte al giorno, contro il 6,3 delle donne. Sono soprattutto i giovani a fare un utilizzo più consistente di parolacce ed espressioni volgari. Nella fascia d’età che va dai 16 ai 24 anni se ne dicono in media 14 al giorno. La media diminuisce con l’innalzarsi delle fasce d’età: 8,5 volte tra i 25 e i 34 anni; 8,6 tra i 35 e i 44 anni (poco più degli under 34) e solo 3,9 tra gli over 55.

Qual è stato il metodo con il quale la piattaforma di apprendimento delle lingue ha realizzato lo studio. Nello scorso novembre, sono stati intervistati 1.558 residenti in Italia, in 19 grandi città del Paese. Questo il campione studiato: 49,3% maschi, 50,7% femmine. Per determinare quali città si lasciano andare più facilmente alla parolaccia, è stato chiesto agli intervistati di confessare il numero di volte che esercitano questa pratica così “colorita” in un solo giorno.

 

TARANTO LA MIGLIORE, VENEZIA…

Venezia è la città che ha il primato negativo: diciannove imprecazioni al giorno. Come si spiega questo risultato in una delle località più visitate e amate d’Italia: la particolare posizione geografica della città lagunare la renderebbe più soggetta a problemi logistici, che si riversano su residenti e turisti, scatenandone così i malumori. Sempre nella classifica di Preply le altre città nelle quali si impreca di più seguono Brescia, Padova e Genova, anche meglio piazzate rispetto a Milano e Roma (quinto e settimo posto). Città sicuramente più caotiche – spiega l’analisi – ma nelle quali gli abitanti potrebbero essere più abituati a gestire gli imprevisti e quindi le proprie reazioni. Del resto al nono posto a pari merito con una media di 6 imprecazioni al giorno, troviamo Catania, Bologna, Bari, Parma, Verona e Napoli. Gli abitanti del nostro capoluogo, invece, gestirebbero in modo più sobrio contrattempi e intoppi giornalieri: Taranto, infatti, è la città nella quale si impreca di meno in assoluto tanto che, con sole cinque parolacce al giorno, si classifica al decimo posto. Se non è una buona notizia questa!

«Tono nazista contro i richiedenti asilo!»

L’ex calciatore Gary Lineker critica il governo britannico

«Identico a quello usato nella Germania di Hitler». Senza giri di parole l’idolo delle folle disapprova i provvedimenti politici dei Conservatori. Massima solidarietà dai colleghi, trasmissioni della BBC (rete televisiva nazionale) stravolte: sciopero dei commentatori e programmi di antiquariato e giardinaggio

 

Grande Gary Lineker. Il campione di calcio inglese la scorsa settimana aveva pubblicato sul proprio account personale un tweet nel quale, senza tanti giri di parole, come gli capita nei commenti in studio: «…il linguaggio utilizzato dai ministri del governo britannico sui richiedenti asilo paragonabile a quello usato nella Germania degli Anni Trenta», aveva detto. Niente a che vedere la Germania di oggi, sia chiaro, anche se l’ex calciatore un po’ ce l’ha con la Nazionale teutonica che vincerebbe spesso i Mondiali forse grazie ai buoni uffici di suoi rappresentanti. Provocatorio Lineker. Ma fermiamoci all’aspetto più interessante, quello nel quale ci spendiamo volentieri nella nostra rubrica (Storie) nella quale segnaliamo gli eventi che accadono in questi giorni in Italia e nel mondo.

Parliamo dalla notizia principale: la BBC ne uscirebbe con le ossa rotte – parliamo di immagine – per aver sospeso l’ex nazionale inglese: l’ex calciatore, oggi il più famoso commentatore sportivo del Regno Unito aveva criticato il governo britannico a proposito dei richiedenti asilo: a Lineker non sarebbe andato giù il tono con il quale i politici si sarebbero rivolti a quanti, disperati, cercano asilo. Da quel momento, apriti cielo: BBC nei guai, i suoi colleghi – giornalisti ed ex calciatori – stanno boicottando le diverse trasmissioni di calcio.

 

 

INDIETRO DI CENTO ANNI

Da giorni in Inghilterra, come nel resto del Regno Unito e nel resto del mondo, si sta parlando della sospensione di Gary Lineker, famosissimo conduttore di Match of the Day, di sicuro il principale programma sul calcio prodotto dalla BBC (una somma fra Domenica sportiva in Rai e Salotto di Sky). Lineker è stato sospeso per aver criticato la nuova proposta di legge del governo britannico sull’immigrazione, e non solo: soprattutto per i toni con cui il governo ne ha parlato tanto da riportare indietro con la memoria a quei film in bianco e nero che raccontavano un regime dittatoriale e contro ogni razza che non fosse quella ariana, la classe eletta.

La sospensione di Lineker non è passata in cavalleria, tutt’altro: ha provocato un numero imprecisato di gesti di solidarietà da parte di molti altri conduttori e presentatori dell’emittente, autosospesi dai propri ruoli per mostrare massimo sostegno al loro collega, costringendo di fatto la BBC a ripiegare su una programmazione che poco aveva a che fare con il calcio e lo sport più in generale.

Lineker, fra i più forti calciatori inglesi di tutti i tempi, è noto nel suo Paese per diversi motivi, fra questi: aver segnato 48 gol con la Nazionale inglese, ma anche perché nei sedici anni di attività professionale (Barcellona e Tottenham), non ha mai rimediato cartellino gialli o rossi. Lineker è, inoltre, una star di Twitter tanto da contare nove milioni di follower.

 

GOVERNO AL CONTRATTACCO

«Il governo britannico nel parlare dei richiedenti asilo ha utilizzato un linguaggio simile a quello usato dalla Germania negli Anni Trenta». Ai tempi di Hitler, tanto per capirci. Una similitudine ritenuta «offensiva» dalla ministra dell’Interno, Suella Braverman, e criticato da rappresentanti del partito conservatore. Venerdì scorso la BBC aveva annunciato la sospensione di Gary Lineker «per aver violato le linee guida di imparzialità dell’emittente».

Alla notizia, la protesta si è allargata tanto che molti conduttori di altri programmi sportivi della BBC hanno manifestato dissenso nei confronti del provvedimento e che non avrebbero lavorato nello stesso fine-settimana condividendo quanto riportato da Lineker e, naturalmente, contro la sua sospensione. La BBC, così, disorientata, ha dovuto riorganizzare il proprio palinsesto programmando due rubriche che poco avevano a che fare con il calcio: una trasmissione sull’antiquariato e un’altra sul giardinaggio.

E Lineker, dopo la bordata? Nessun commento pubblico sulla sua sospensione. Del resto un calciatore mai “cartellinato” sa come comportarsi: sa quando parlare e quando tacere. La risposta della BBC non ha tardato ad arrivare: «Gary Lineker sarà sospeso dalla conduzione del programma fino a quando non avremo una posizione concordata e chiara sul suo utilizzo dei social media». Anche la puntata successiva di “Match of the Day” è andata in onda senza conduttori e commentatori in studio. Solo i riflessi filmati con i gol. Ecco servito il Ciclone Lineker.

Tom Cruise, bello e “impossible”

Maria Campanelli di Aeroporti di Puglia, ha accolto a Bari la star hollywoodiana

«Ha detto che tornerà in Puglia, non per lavoro ma per una vacanza», ha dichiarato. «L’ho salutato, lui ha ricambiato: mi è apparso tranquillo, gentile: non mi ha fatto sentire per nulla a disagio, ho realizzato solo dopo di essere stata con la star di Mission Impossible…».

Tom Cruise in Puglia. Toccata e fuga in quello che per qualche giorno diventa il quartier generale per la supervisione del suo ultimo episodio di “Mission Impossible”. Bari, per Cruise e il suo staff, solo punto logistico dove atterrare e soggiornare tra una ripresa e l’altra, con scene che l’attore ha realizzato sulla “Bush”, portaerei americana ormeggiata a largo dell’Adriatico, tra Puglia e Croazia. L’attore era arrivato con il suo jet privato sulla pista del Wojtyla alle prime luci dell’alba del 26 febbraio per ripartire venerdì 3 marzo.

«Cruise? Ha detto che tornerà in Puglia, presto e non per lavoro ma per una vacanza». Parole di Maria Campanelli, responsabile dell’Ufficio coordinamento Voli dell’Aeroporto di Bari, fra le poche persone ad aver incontrato e parlato con l’attore. E, perché no, ad aver fatto una foto-ricordo, mentre a nome di AdP consegnava alla star di decine di film di successo, un cadeau riservato evidentemente a personaggi famosi. Colpo di marketing, anche per far circolare il senso di accoglienza che abbiamo in Puglia (non solo per le star del cinema e della canzone, fa capire il presidente Michele Emiliano in un suo intervento a proposito dei saluti a Cruise)

 

«TORNERO’ IN VACANZA»

Così il buon Tom, l’atletico Tom, ci consegna una frase di circostanza nella quale ci auguriamo ci sia anche qualcosa di vero: «Tornerò in Puglia, non per lavoro ma per una vacanza». Ci piace credergli, del resto così è se ci pare. Anzi, alla signora Maria Campanelli, va tutta la nostra riconoscenza – come a chi si occupa della Comunicazione di Aeroporti Puglia – per averci dato materiale, dichiarazioni di prima mano, sulle quali lavorare per raccontare ai lettori pugliesi (e riverberare il tutto in campo internazionale) che la nostra regione è terra nella quale le star del cinema e della canzone si trovano come a casa loro. Vero Helen Mirren, vero Madonna?

Fonte Facebook Aeroporti di Puglia

REPUBBLICA E CORRIERE DELLA SERA

Più di altri organi di informazione, i quotidiani Repubblica e Corriere della sera, nelle versioni regionali (Bari e Corriere del Mezzogiorno) si sono fiondati sull’evento-Cruise. Nei giorni di permanenza di Cruise si era detto e scritto di tutto. Che sarebbe rimasto in Puglia due settimane, che per tenersi nella sua strepitosa forma avrebbe fatto footing all’alba sul lungomare di Bari. Perfino che avrebbe soggiornato in un notissimo resort di lusso nel Fasanese, oppure che sarebbe stato a Matera per scoprire nuove location per i suoi film. Niente di tutto questo.

Maria Campanelli, si diceva, responsabile dell’ufficio coordinamento voli di Aeroporti di Puglia, ha coordinato il passaggio di Tom Cruise da Bari. «Certamente l’arrivo di una personalità come Tom Cruise – ha dichiarato al Corriere del Mezzogiorno – ci ha richiesto un impegno maggiore; abbiamo dovuto incastrare le esigenze ordinarie della vita aereoportuale con la presenza di un attore di fama mondiale». «In queste circostanze – ha aggiunto la responsabile di AdP – bisogna preoccuparsi di diversi aspetti organizzativi: dal volo privato su cui viaggiava fino agli elicotteri arrivati. Coordinare il tutto, senza dimenticare l’entourage».

 

MA ANCHE DANIEL CRAIG…

Cosa ha pensato quando si è resa conto di essere faccia a faccia con uno degli uomini ritenuti tra i più belli di Hollywood. «All’inizio non ci ho neanche pensato – una delle sue frasi riportate da Repubblica – l’ho salutato, anche lui mi ha salutata: mi è apparso tranquillo, gentile, non mi ha fatto sentire per nulla a disagio; ho realizzato solo dopo di essere stata con Tom Cruise…». Con un lavoro così importante, e con una Puglia che diventa sempre più set cinematografico, ha incontrato altri divi. «Sì, un paio di anni fa, Daniel Craig, venuto in Puglia e a Matera per girare scene di “No time to die”: anche l’attore inglese è stato molto gentile. Chi mi ha affascinata di più dei due? Eh, bella lotta». Giusto così, dieci per disponibilità e senso dell’accoglienza. Dieci, anche questo meritato, in diplomazia.

Mancato soccorso, uno scandalo!

Salgono a sessantatré le vittime del naufragio sulle coste del Crotonese

Contestate le parole del ministro dell’Interno Piantedosi («La disperazione non giustifica i viaggi a rischio»). Rispondono le opposizioni. «C’è da inorridire alle sue parole», dichiara il Riccardo Magi; «Parole indegne», secondo Carlo Calenda; «Scandalose, un misto di cinismo e assenza di rispetto», dice Angelo Bonelli. Infine, la neosegretaria del Pd, Elly Schlein: «Quella di Crotone è un’altra strage che pesa sulle coscienze di chi impedisce i salvataggi in mare»

«La disperazione non giustifica i viaggi a rischio». Questa frase pronunciata da Matteo Piantedosi, napoletano, ministro dell’interno nel governo Meloni dall’ottobre dello scorso anno, lascia di stucco. Come a dire, con le debite proporzioni, rivolgendosi alle vittime delle Torri gemelle: «Ingiustificato lanciarsi nel vuoto per salvarsi la vita». La disperazione giustifica, invece, qualsiasi tentativo – anche il meno razionale – nel cercare altrove una vita che sia vita. Insomma, non è un bel segnale, tantomeno politicamente corretto lasciarsi andare ad una dichiarazione simile. Intanto, non avere rispetto delle vittime (sessantatré accertate nel momento in cui ci accingiamo a scrivere), non solo non è politicamente corretto, ma è inumano. Sarebbe, infatti, il caso di soffermarsi a pensare ai neonati, ai piccoli di due, tre anni, morti annegati: questi bambini non hanno avuto il tempo di rendersi conto di farsi un’idea sul valore della vita, figurarsi della disperazione.

Non sappiamo quali siano i risvolti delle indagini sulla vicenda, ma ci fermiamo intanto ai fatti e ad una delle considerazioni fatte a caldo da un rappresentante le istituzioni. Era di cinquantanove morti e ottanta superstiti in un primo momento il bilancio del naufragio di un caicco strapieno di migranti avvenuto all’alba a “Steccato” di Cutro (coste del Crotonese). Tra le vittime, molti bambini e donne.

 

PAKISTANI, AFGANI, TURCHI…

A bordo, come riportato dalle prime note dell’agenzia Ansa, pare ci fossero fra i centocinquanta e centottanta migranti (pakistani, afgani, turchi, somali). Il caicco, una imbarcazione di modeste dimensioni e di una tenuta inaffidabile specie per avventurarsi in mare aperto, si è spezzato in due a causa del mare agitatissimo.

«I migranti sono caduti in acqua a poco più di un centinaio di metri dalla riva, quando verosimilmente l’imbarcazione è finita contro uno scoglio a pelo d’acqua», secondo le prime testimonianze dei sopravvissuti.

«Quando siamo arrivati sul punto del naufragio – ha raccontato all’agenzia giornalistica italiana Laura De Paoli, medico che opera per la Fondazione Cisom Cavalieri di Malta – abbiamo visto cadaveri che galleggiavano ovunque così abbiamo soccorso due uomini che tenevano in alto un bimbo di sette anni, purtroppo già morto». Intanto, un uomo di origine turca, sospettato di essere uno scafista è stato fermato. Proseguono nel frattempo, ancora con quel briciolo di speranza a cui è lecito aggrapparsi, le ricerche dei dispersi, mentre il numero delle vittime, si diceva, è salito a sessantatré.
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LA DISPERAZIONE

Del ministro Piantedosi abbiamo già detto. «La disperazione – in sintesi la sua dichiarazione – non può mai giustificare condizioni di viaggio che mettono in pericolo la vita dei propri figli; per evitare tragedie bisogna fermare le partenze lavorando con i Paesi di provenienza e chi entra in Italia lo deve fare attraverso i canali legali, non su barconi insicuri».

Non si è fatta attendere la risposta di opposizioni e ong: «Dal ministro uno schiaffo alle vittime». E chiedono che riferisca alle Camere sui soccorsi. «Serve un’Europa che, oltre a dichiarare la sua disponibilità, agisca e in fretta», scrive al Consiglio ed alla Commissione europea il premier Giorgia Meloni, mentre proprio da   Bruxelles arriva una prima doccia fredda: al momento sul tavolo non vi è alcuna proposta di una missione navale europea per il salvataggio dei migranti.

 

OPPOSIZIONI VS PIANTEDOSI

Piantedosi, reduce dalla visita a Crotone, ha dichiarato che «Tutto quello che si poteva fare per evitare il naufragio è stato fatto; le motovedette di Guardia costiera e Guardia di finanza si sono attivate ma le condizioni del mare non hanno consentito l’intervento di salvataggio»; mentre dall’opposizione si alza un fuoco di sbarramento contro quello che viene visto come un tentativo di colpevolizzare le vittime.

«C’è da inorridire alle parole di Piantedosi che non sa dire altro, di fronte a una tragedia come quella di Crotone, che bisogna bloccare gli sbarchi», dichiara il Riccardo Magi, segretario e deputato di Più Europa; «Parole indegne dette con una prosopopea insopportabile», secondo il leader di Azione, Carlo Calenda. Non troppo distante da queste posizioni, il segretario nazionale di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni: «Si travalica il confine della decenza». Durissimo Angelo Bonelli, portavoce di Europa Verde e deputato di Verdi e Sinistra: «Scandalose, un misto di cinismo e assenza di rispetto. Provo vergogna io per lui che le ha pronunciate». Gaetano Amato (M5S): «lCome ha potuto esprimersi così davanti a 60 morti tra cui 14 bambini?». Infine, la neosegretaria del Pd, Elly Schlein: «Quella di Crotone è un’altra strage che pesa sulle coscienze di chi pochi giorni fa ha approvato un decreto che impedisce i salvataggi in mare».

«Ma i bambini dove sono?»

Italia, crollo delle nascite, per il nostro Paese è un problema

Un’azienda importante come la Plasmon appare preoccupata. Sull’argomento, ne scrive Il Foglio, lo scorso anno Il Sole 24 Ore ha realizzato un lungo podcast. A Genova per tre settimane non è nato un solo bambino, in compenso si sono triplicati i funerali. Va bene aprire agli extracomunitari, ma anche a questi ragazzi occorre prospettare un futuro sereno. E come è triste il Sud

nascite_neonato«Professore, i bambini italiani stanno diminuendo e, se l’attuale trend dovesse continuare, diminuiranno sempre più rapidamente. Capirà bene che per noi si tratterebbe di una catastrofe. Lei crede sia possibile una qualche inversione di rotta?». La risposta del demografo fu un secco «No!». Quarant’anni fa un dirigente della Plasmon, fabbrica di biscotti per neonati, ma anche interessata al consumo di pannolini attraverso altre società. Domanda legittima, risposta molto “italiana”. Il dialogo in due battute lo riposta il quotidiano Il Foglio in un articolo del bravo Giulio Meotti. Sulla riflessione del giornalista e altri documenti pubblicati a tale proposito, torneremo a breve.

Intanto, prendiamo per i capelli la notizia, allarmante: crollo demografico dell’Italia. Chiamalo “problema”. Anzi, brutta gatta da pelare, come dicono i saggi che vogliono semplificare la comunicazione. Avete mai preso in braccio un gatto per fargli fare una cosa contronatura? Missione impossibile, fidatevi. Dunque, battuta a parte, la crescita zero nel nostro Paese ha contorni preoccupanti, drammatici. Secondo qualcuno è un bene ospitare gli extracomunitari, che possono diventare la forza-lavoro del nostro Paese. Visto che gli italiani non fanno più figli, allora prendiamo ragazzoni già fatti, tutto muscoli e che abbiano voglia di lavorare e dare un vero contributo alla crescita di un’Italia che oggi segna il passo.

Detta così, va bene. Ma ai ragazzi che ospitiamo, facciamo entrare in Italia, vogliamo anche dare gli strumenti di lavoro, di crescita? In cooperativa sono stati creati posti di lavoro, realizzati importanti corsi di formazione. Ora occorre dare ai “nostri” ragazzi, ormai “ragazzi di tutti”, uno sbocco professionale, fare in modo che trovino collocazione e che quanti assumono ragazzi – non solo extracomunitari, intendiamoci – abbiano agevolazioni fiscali. Altrimenti non se ne esce più.

TORNIAMO SUL “CROLLO NASCITE”

Del crollo demografico ne abbiamo già scritto qualche anno fa. Abbiamo sorvolato su alcuni report registrati nei mesi scorsi, ma ora è giunto il momento di tirare le somme. Torniamo dunque, al 1983 e all’articolo di Meotti. Quando cioè il demografo italiano ottimista fu contattato dai vertici della Plasmon. L’azienda era interessata alle analisi sulla popolazione. I manager della Plasmon si dissero preoccupati su una tendenza del nostro Paese, principale mercato di sbocco per i loro prodotti alimentari per l’infanzia. Così: «Professore, i bambini italiani stanno diminuendo e, se l’attuale trend dovesse continuare, diminuiranno sempre più rapidamente. Capirà bene che per noi si tratterebbe di una catastrofe. Lei crede sia possibile una qualche inversione di rotta?». «No!», la risposta secca del demografo.

I dirigenti della Plasmon, racconta Meotti, allora controbatterono: «Sarebbe corretto diversificare rispetto al mercato dell’infanzia dedicandosi a una linea di prodotti “Misura” per adulti?». Questa volta il demografo, più realista del re, rispose: «Sì!». A quarant’anni di distanza, per la Plasmon ci sono solo due soluzioni: diversificare o chiudere. Non è un caso che l’azienda più famosa dei prodotti per bambini abbia realizzato un documentario: “Adamo”. Adamo, inteso non solo come il primo uomo in assoluto, ma anche l’ultimo bambino che nascerà in Italia, raccontato in un cortometraggio con cui Plasmon ci proietta in un futuro neanche tanto lontano, il 2050, una generazione a partire da ora, dove il numero di nascite è diminuito sempre di più fino ad arrivare appunto a una unità. L’ultimo nato in Italia: Adamo.

GENOVA PER NOI…

A Genova per tre settimane non è nato un solo bambino, in compenso si sono triplicati i funerali. Tempo fa dello stesso argomento se n’era occupata Michela Finizio del Sole 24 Ore nell’inchiesta in podcast “L’inverno demografico”. «L’inverno demografico – scriveva la giornalista lo scorso anno – attraversa i numeri dell’indagine della Qualità della vita fin dalla sua prima pubblicazione, nel 1990. Allora il tasso di natalità registrava il suo record a Caserta, dove si rilevavano 14,95 bambini nuovi nati ogni mille abitanti nell’arco dell’ultimo anno: all’ultimo posto Ferrara, con 5,81 nati ogni mille abitanti. Oggi, ben più di trent’anni, il tasso di natalità a Caserta è sceso a 7,9 nuovi nati ogni mille abitanti, la metà rispetto al 1990. Questo a fronte di una media nazionale che sfiora appena i 6,5 nati ogni mille abitanti».

Un declino iniziato nel 2009 e proseguito anno dopo anno. Meno figli anche lo scorso anno, con un calo medio del 3% delle nascite da Nord a Sud. A ritardare l’evento sono sempre più le giovani coppie, frenate anche dalle varie difficoltà nel mettere su famiglia con una instabilità economica che ormai non è più un segreto. Negli ultimi dieci anni è crollato anche l’indice di nuzialità: nel 2021 in Italia sono stati celebrati tre matrimoni ogni mille abitanti, nel 2006 erano stati 4,2.

nascitaCOM’E’ TRISTE IL SUD

A completare i trend demografici arrivano i dati sui trasferimenti di residenza che riflettono l’attrattività, in crescita o in calo, dei territori. Le cancellazioni anagrafiche del primo semestre del 2022 – riporta Il Sole – hanno registrato un incremento record a Crotone (+22% rispetto allo stesso periodo del 2021), Caltanissetta (+18%), Ferrara, Foggia e Lecce (+17%). Le migrazioni interne sono tornate a galoppare e così le nuove iscrizioni, in crescita quasi ovunque ad eccezione di Trieste (-17%) e Pescara (-3%).

Comunque si leggano queste cifre, si provi a mescolare i dati, la preoccupazione è tanta. Lo scrivevamo all’inizio. Deve essere lo Stato, un Governo con l’occhio lungo a pensare a come incoraggiare i nostri giovani, non solo quelli italiani, che nel nostro Paese c’è futuro. Un futuro migliore, fatto non solo di promesse, ma di fatti concreti. Non di aiuti “una tantum”, ma di leggi che aiutino i ragazzi, le nuove famiglie, la gente che viene dall’estero, gli immigrati che vogliono rendersi utili a un Paese che abbia davvero voglia di essere ospitale.

«NUTELLA AMARA…»

Nei pressi di Locorotondo rinvenuto un quintale di crema di nocciola

«Non mi darò pace fino a quando non assicureremo i colpevoli agli inquirenti. Tutta quella cioccolata avrebbe fatto felici decine e decine di bambini. L’azienda Ferrero, non appena venuta a conoscenza della vicenda mi ha contattato», racconta Michelangelo Schiavone a capo di un gruppo di volontari dell’Unità Interregionale di protezione ambientale Wardpark

Think_Puglia_LR_Locorotondo_1In questo spazio ci occupiamo di temi sociali, poniamo l’accento su episodi talvolta sconcertanti, altre volte spiazzanti. C’è gente che soffre, bambini che patiscono il freddo – pensiamo ai piccoli e agli anziani sotto le bombe in un conflitto al quale non sapremo mai dare risposte certe – e non possono mangiare un pasto caldo, nutriente, figurarsi una fetta di pane spalmata con una crema di nocciola. Se poi questa è la crema di nocciola più famosa e appetita al mondo, la Nutella, ad occupare le pagine dei giornali, gli spazi su internet, il disappunto è di proporzioni ciclopiche. Alcuni giorni fa in una zona boschiva nei pressi di Locorotondo è stato rinvenuto un quintale di Nutella, in barattoli, purtroppo scaduta nel 2021. Esistono codici a barre, non dovrebbe essere complicato risalire a chi (o comunque restringere il campo delle ipotesi) quella crema alla nocciola sarebbe stata inoltrata.

nutella-bari-ulivi-2-1121x768«NON SO DARMI PACE»

«Quel quintale di Nutella trovata nel bosco mi è andato proprio storto. Devo trovare il colpevole!», ha scritto nei giorni scorsi sul suo profilo social Michelangelo Schiavone, a capo di un gruppo di volontari dell’Unità Interregionale di protezione ambientale Wardpark che ha rinvenuto quei cento chili di cioccolata. «Mi hanno telefonato direttamente dalla Ferrero – rivela Schiavone – non credevo alle mie orecchie! Al telefono ho trovato persone sconcertate quanto me. Sono determinati a trovare il loro cliente incivile. E non solo, si sono messi a disposizione per lo smaltimento, gesto da azienda seria. Per arrivare a ciò sicuramente si è dato il giusto seguito alla notizia, grazie alla stampa locale e nazionale che ha a cuore le tematiche ambientali».

L’azienda Ferrero, infatti, attraverso propri rappresentanti ha raggiunto gli uffici delle guardie ambientali per andare a fondo su quanto accaduto. «Grazie per quello che fate e che avete fatto e grazie per aver preso a cuore questa vicenda quanto noi. La Ferrero è un’azienda seria e non transige assolutamente su cose simili», le parole di quanti si sono fatti interlocutori di una delle aziende italiane più importanti nel mondo.

nutella-abbandonata-foto-m-s-wardapark-1-1LA STORIA

La storia risale a pochi giorni fa. Ha contorni misteriosi. Sono molti ad interrogarsi su chi possa avere abbandonato quel quintale di barattoli di Nutella tra gli ulivi della Valle d’Itria. La domanda se la sono posti in molti da queste parti.

Tiscali Notizie, riprendendo sul suo sito l’intera vicenda, scrive della Nutella, uno degli alimenti più apprezzati e desiderati dai bambini e non solo. «È una crema di cioccolato e nocciole famosa in tutto il mondo – riporta il sito – eppure c’è chi, non se ne conosce il motivo, abbandona la Nutella nei campi».

«Quelle confezioni – ha dichiarato Schiavone ai microfoni di Telebari – sarebbero potute andare a persone che ne avevano necessità, a bambini che magari in quel momento, durante la pandemia, non potevano permetterselo». Legittimo il disappunto. Da un articolo a un post sui social, fatto sta che l’azienda Ferrero non appena venuta a conoscenza dell’episodio ha inviato i propri incaricati sul posto per ritirare la merce. Ovviamente ancora non è dato sapere su chi si sia reso responsabile di quanto accaduto e del perché una merce così preziosa e appetita dai piccoli, come dai grandi, sia stata abbandonata nei campi.

nocciole«INCHIESTA DELLA NOCCIOLA»

Una scoperta inattesa e del tutto insolita quella fatta qualche settimana fa tra i boschi di Locorotondo, in provincia di Bari.

I barattoli di Nutella, tutti sigillati e integri sono scaduti nel 2021. Fra le domande, la principale: chi avrà lasciato scadere quella crema alla nocciola per poi gettarla lì, in mezzo alla natura? A seguito del ritrovamento è scattata un’operazione denominata «Inchiesta della nocciola». Il caso, si diceva, è stato preso a cuore direttamente dalla Ferrero. L’azienda, dopo essere stata informata dell’abbandono, ha inviato il team “Security Ferrero” che ha esaminato il caso e ha ritirato il lotto rinvenuto per provvedere allo smaltimento dello stesso secondo quanto indicato dalla legge.

«CONSEGNE A DOMICILIO: UN VERO LAVORACCIO»

Trentasette anni, dalla pandemia in poi fa il rider

«Mi tocca la partita Iva, non posso concedermi il lusso di una febbre. Se non produco niente soldi. Posso sfamarmi d’aria, ma ai miei figli non deve mancare nulla. Colpa dell’algoritmo e di una concorrenza spregiudicata»

pexels-photo-7706574Trentasette anni, due figli e una voglia di spendersi, lavorare, spezzarsi la schiena – come lascia intendere lui stesso in una lunga intervista rilasciata al Gazzettino – pur di non far mancare nulla alla sua famiglia. Sardo, da anni gira il Friuli, si sposta a seconda delle sedi che gli assegnano per svolgere uno dei lavori più faticosi che questo inizio di Millennio potesse destinare a un essere umano: quello del rider. Vale a dire il ciclista che consegna a domicilio qualsiasi tipo di vivanda ordinata per telefono. Il cliente chiama, gli risponde un centralino e non sa, il più delle volte, da dove gli arriverà la consegna. Talvolta si tratta di chilometri, ma di questo l’ordinante è ignaro. Questo è il lavoro del rider: consegnare in tempi brevi, ovunque sia la destinazione, l’ordinazione che il cliente ha comunicato a un centralino.

Trieste, Pordenone, Udine, Gorizia, sono le città nelle quali il trentasettenne di origine sarda ha lavorato. Non si danna, il papà che è in lui. E si capisce, quando si racconta. Parte subito con una dichiarazione da padre responsabile: «Io posso anche mangiare pasta e aria, ma i miei figli no, non se ne parla nemmeno: una cosa simile non la permetterei mai».

riderSPERANZE NEL CASSETTO…

L’ex giovanotto di belle speranze che è in lui, lo ha lasciato una volta diventato papà una, due volte. Come altri suoi colleghi italiani, fa in qualche modo concorrenza a un vero esercito di fattorini stranieri e studenti. «Ma, attenzione, rispetto a quest’ultima categoria, lodevole, perché molti ragazzi si autofinanziano gli studi – puntualizza – non faccio il rider per arrotondare: questo lavoro lo faccio per sopravvivere. Senza lo stipendio di mia moglie riuscirei neppure a sbarcare il lunario».

Maledetta pandemia. E’ da lì che nasce tutto. Le attività, principalmente i ristoranti, chiudono. Il personale, in larga parte, deve reinventarsi. «Cercavo lavoro, non potevo stare a pensare troppo, serviva una decisione veloce: così ho preso la bicicletta e ho cominciato a portare il cibo a domicilio».

«La mia nuova attività, senza un vero contratto – perché lavoro con partita Iva – comincia da Trieste: di brand impegnati nel servizio a domicilio ne ho conosciuti tanti». Entra – scrive il Gazzettino – in una delle categorie più svantaggiate, quella legata solo al trillo dell’algoritmo: è questo che decide dove devi andare e in quanto tempo devi arrivare alla porta del cliente. Insomma, in buona sostanza: zero tutele, zero protezioni.

Rider, tra corse record e stipendi minimi. Chi sono i 600 fattorini del Fvg che consegnano cibo a domicilio. Centosessanta euro a settimana, confessa il rider. «Ecco perché senza mia moglie non ce la farei: il lavoro, a tratti, è tremendo. Sono sempre sulla strada, non ci sono soste: pioggia, bora, freddo non ti danno tregua. E’ la forza di volontà ad aiutarmi, diversamente getterei la spugna: ma devo farlo per i miei due figli. I clienti? Ci chiedono di essere sempre più veloci, di correre di più».

305.0.968192025-kPJC-U314013477695433DD-656x492@Corriere-Web-SezioniDANNO E BEFFA

Incidenti sul lavoro, anche quelli. Ne segnala uno in particolare. «Dicembre, pioggia incessante, il mio impermeabile non reggeva: per farla breve, sono finito contro una macchina, tanto che al proprietario ho dovuto anche pagare i graffi che avevo provocato al suo mezzo. Per non parlare dei danni a bicicletta e impermeabile».

C’è qualcosa che contraria più di altro il trentasettenne rider. «Il mio non è un lavoro autonomo – conclude – la verità è che siamo governati da un’applicazione che decide tutto: se sono stanco, devo lavorare; se ho la febbre, devo lavorare. Non ho “malattia”, né un giorno libero: se mi servisse un solo giorno di riposo o per svolgere una qualsiasi cosa personale, nessuno mi paga. Per non parlare competizione con gli altri rider: una follia, tutto per prendere l’ultima consegna».

E’ così che va. La concorrenza porta sempre più i brand ad abbassare l’asticella, non solo in termini di prodotti, ma anche di tempi di consegna. Il guadagno sulla qualità è passato in cavalleria, oggi a scandire l’attività di un’attività è la quantità. Il tempo è più che denaro. E poi, contro l’algoritmo, non puoi farci niente. E pensare che questo sistema doveva esserci d’aiuto per ottimizzare qualsiasi attività: evidentemente è l’indole dell’uomo, usare qualsiasi beneficio solo per un tornaconto personale.

GUIDO, MEGLIO DI UNA ROCKSTAR

Eccellenza italiana, tarantino, venti anni, studioso conteso in tutto il mondo

«Quando parliamo di risultati scolastici, mi corre l’obbligo di ringraziare anche Fondazione Rui, che mi ha assegnato una cospicua borsa di studio», dice il giovane studioso. Diplomatosi al liceo scientifico “Aristosseno” di Taranto, si è segnalato per i suoi studi sulla biologia sintetica. Oggi, a Milano, frequenta il Politecnico e il Collegio di Merito Torrescalla.

guidoContinua a far parlare di sé, Guido Putignano, tarantino, venti anni, “giovane eccellenza italiana” premiato per le ricerche nella biomedicina. Tornano a scriverne siti e quotidiani autorevoli come Fanpage.it e La Gazzetta del Mezzogiorno. A proposito del Premio. «Un riconoscimento quello per le ricerche nella biomedicina – si legge nella motivazione – che nasce dall’impegno del ventenne tarantino nel campo della biologia sintetica e della intelligenza artificiale».

Siamo, dunque, a livelli elevatissimi se anche la stampa nazionale e internazionale, le scuole più importanti del mondo, si occupano degli studi che Putignano svolge quotidianamente.

Il giovane studioso, appena ventenne, è già una “Eccellenza italiana”. Non è un caso che lo studente di ingegneria biomedica sia stato stato premiato a Roma per le sue ricerche in biologia sintetica. Questa la motivazione per il riconoscimento assegnato ogni anno ad alcune fra le personalità italiane nel mondo: «Un’eccellenza degli studi e della ricerca, uno straordinario punto luce per il Paese chiamato a fare costellazione, con l’obiettivo di premiare l’Italia del merito».

Guido-Putignano-InstagramA TARANTO IL DIPLOMA

Putignano diplomatosi al liceo scientifico internazionale “Aristosseno” di Taranto, nonostante la sua giovane età si segnala per i suoi studi sulla biologia sintetica e la medicina rigenerativa nel campo della longevità e dei nuovi farmaci.

Si trasferisce a Milano dove frequenta il Politecnico e il Collegio di Merito Torrescalla di Fondazione Rui. A diciannove anni Guido Putignano risulta il più giovane vincitore del “Premio Italia Giovane”, riconoscimento assegnato a chi si è distinto nel campo della ricerca e stimolare al tempo stesso chi intende seguirne le orme, condividendo esperienze e percorsi di talenti straordinari.

Gli studi di Guido hanno inizio a sedici anni con l’obiettivo di migliorare, se possibile, la vita a quanta più gente possibile. Dopo aver conseguito la maturità al Liceo scientifico internazionale “Aristosseno” di Taranto, oggi il giovane studioso frequenta Ingegneria biomedica al Politecnico di Milano risultando fra gli studenti con la media più alta dell’intero Ateneo.

«Quando parliamo dei risultati scolastici – dice Guido Putignano – mi corre l’obbligo di ringraziare anche il Collegio di Merito Torrescalla di Fondazione Rui, che mi ha assegnato una cospicua borsa di studio e mette a disposizione degli ospiti un metodo molto efficace di supporto allo studio e di formazione interdisciplinare. Altra grande ricchezza della vita in residenza risiede nell’opportunità continua di scambio con i compagni di studio e di straordinarie relazioni di amicizia: ciascuno di noi è spinto a dare il meglio di sé aiutando gli altri e contribuendo a costruire un ambiente stimolante e di crescita».

GUIDO_PUTIGANO_PREMIOECCELLENZA_ITALIANA_2022I-1666028435759.jpeg--taranto__il_20enne_guido_putignano_nominato__il_piu_influente_in_italia__in_scienze_biologiche_«IMPEGNO E SODDISFAZIONI»

A proposito del suo ultimo riconoscimento. «L’impegno è stato tanto – confessa il giovane studioso – ma in questo Premio un po’ ci speravo. Mi sono avvicinato all’intelligenza artificiale, all’ingegneria biomedica e alla tecnologia esponenziale perché già a sedici anni ho capito che volevo essere utile agli altri, migliorare la vita di più persone possibili attraverso nuovi farmaci. Così mi sono messo in contatto con enti no-profit e organizzazioni internazionali come il “World Economic Forum”, partecipando a meeting online con esperti del settore biomedicale che adesso sono i miei punti di riferimento».

«In questo modo – conclude Putignano – ho avuto sempre maggiori responsabilità nella ricerca. Il lockdown dovuto alla pandemia poteva rappresentare una battuta d’arresto, invece sono riuscito a sfruttarlo per ampliare ancora di più, attraverso il web, i miei contatti internazionali. In futuro vorrei lavorare nel campo della biologia sintetica e creare nuovi farmaci per la medicina di precisione». L’auspicio è che in un prossimo futuro le sue ricerche possano raggiungere risultati fino ad oggi inimmaginabili. Considerando, per giunta, l’attività nel campo della bioingegneria che può offrire contributi importanti al miglioramento della qualità della vita.

«Nutella, che tentazione…»

Francesco Basile, tarantino, Executive creative director di Ogilvy Italia

Lavora per una delle agenzie pubblicitarie più importanti d’Europa, studia e promuove brand italiani che fanno il giro del mondo. «Mi piacerebbe che dopo un anno di lavoro, la mia agenzia fosse soddisfatta del mio lavoro». E di quello della sua collega Lavinia Francia, che gli propone di condividere una prima campagna per Emergency. «Missione compiuta…»

Giuseppe-MastromatteoCome sfondare nel campo della pubblicità, conoscendo perfettamente tutti gli step che portano a una comunicazione della quale si diventa padroni non a caso. Francesco Basile, tarantino, giovane ma con alle spalle già una solida esperienza, più che scoprirsi è stato scoperto dalla Ogilvy Italia. Lui ha mostrato di conoscere la materia, tanto da aver preso parte, oggi in modo ancora più significativo, alle campagne di brand famosi in tutto il mondo, fra questi Nutella e Campari. Due dei tanti marchi curati dall’agenzia Ogilvy che forniscono un autorevole passaporto al “made in Italy”.

Oggi, Francesco, compie un passaggio deciso in avanti. Da poco è Direttore creativo-esecutivo di Ogilvy Italia presieduta da Giuseppe Mastromatteo, presidente e chief Creative Officer. Insieme con Francesco, a rivestire sempre il ruolo di Direttore creativo-esecutivo, una brillante Lavinia Francia. E’ lei che fa scoccare la scintilla collaborativa con il primo lavoro condiviso per conto di Ogilvy: Emergency. Detto, fatto, e, soprattutto, missione compiuta.

«Abbiamo iniziato un anno e mezzo fa – dice Francesco, interpretando anche il pensiero della collega – mettendo insieme stili e background per raggiungere i nostri obiettivi comuni così da dare soddisfazione a Ogilvy». La scelta è stata sicura: non necessariamente assumere una figura esterna, bensì premiare l’impegno di chi conosce l’azienda e ha voglia di crescere con essa. Il rapporto con “Mastro”, come viene affettuosamente chiamato il presidente, non cambia. Si fa più stretto, forse.

roberta-la-selva-600x400CON I VERTICI, TUTTO OK

«Rapporto con Mastromatteo – prosegue Basile – non cambia tanto, considerando che avevamo un rapporto costante; il nostro, “Mastro” compreso, in realtà era già un terzetto per capire i progetti che stavamo affrontando: siamo una estensione in termini di testa e braccia: ogni progetto, oggi, ha sei occhi; affrontare tempestivamente domande ed eventuali problemi è più semplice».

A domanda precisa. Su quale possa essere il primo bilancio di un anno di lavoro. «Ci piacerebbe sapere – la risposta di Francesco – che il mio impegno e quello di Lavinia abbia funzionato e che la nostra agenzia sia ampiamente soddisfatta del nostro lavoro». Già copywriter e art director in Ogilvy Italia, Lavinia Francia e Francesco Basile, si diceva, sono stati nominati a inizio settembre direttori creativi esecutivi dell’agenzia.

«Bello vedere crescere talenti all’interno dell’agenzia e con essi l’energia che anima Ogilvy tutti i giorni», dice Giuseppe Mastromatteo, presidente e chief creative officer di Ogilvy Italia. «Francesco e Lavinia incarnano la visione multidisciplinare che stiamo portando avanti e hanno già dimostrato quanto questa visione possa portarci lontano», aggiunge Roberta La Selva, chief executive officer di Ogilvy.

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«Francesco Basile e Lavinia Francia sono due professionisti dal background diverso e complementare, animati dalla stessa passione e voglia di superarsi, che contribuiranno ad arricchire la visione creativa dell’agenzia e che nel nuovo ruolo sapranno portare nuova ispirazione ai team e ai clienti», ha aggiunto Mastromatteo.

I due nuovi direttori creativi esecutivi oggi affiancano proprio il presidente dell’agenzia nella guida del reparto creativo. Si interfacceranno, tra gli altri, con Armando Viale, creative director di Ogilvy Italia. Riconoscenti per l’attestato di fiducia e di stima, Francesco e Lavinia si sono detti entusiasti. «In particolare per di avere la possibilità di confrontarsi con tanti clienti di respiro nazionale e internazionale, di guidare un team ricco di capacità e di ambizione, di collaborare con tantissimi professionisti provenienti da diversi ambiti della comunicazione, di contaminare con la creatività ogni suo aspetto e ogni opportunità di business».

LOLLO’, ADIEU!

Gina Lollobrigida e quel giorno a Taranto

L’attrice scomparsa nei giorni scorsi tagliò il nastro della Nuova Sem, locale storico della città. Affascinata dal lungomare e dall’accoglienza. Cronaca di un giorno speciale, fra politici e aneddoti

Gina Lollobrigida-11Addio a Gina Lollobrigida, scomparsa lo scorso 16 gennaio, legata per un breve tratto della sua e della nostra storia, a Taranto. Un legame, all’apparenza formale, che diventa affetto sincero non appena la grande attrice, anche fotografa di alta classe, mette piede in città.

Addio a una grande star del cinema. Per tutta l’Italia “la barsagliera” di “Pane amore e fantasia”, per i francesi “Lollò”, per via di un affascinante decolleté che a Hollywood farà ammattire più di qualche star del cinema.

Sabato 30 aprile del 1988. Alla grande attrice che, fra gli altri film interpretò non a caso “La donna più bella del mondo”, viene proposta l’inaugurazione de “La Nuova Sem”. I locali, appena due anni prima, sono stati acquistati dal dott. Amerigo Senatore, titolare della clinica San Camillo. E’ il sindaco di allora, Mario Guadagnolo, a convincere il medico all’acquisto dell’immobile che aveva chiuso i battenti il 29 ottobre del 1984. Solo un paio di formalità da espletare: fare di via D’Aquino una zona pedonale e convincere gli eredi Semeraro e Messinese a cedere “a titolo gratuito” il nome di uno dei ritrovi storici della città (l’altro era stato il Caffè Greco). Missione compiuta: il primo cittadino a un “centro off limits” ci aveva già pensato un paio di anni prima; nessun problema per il blasone. Avanti tutta.

gina lollobrigida avvocato 1TAGLIO DEL NASTRO

Taglio del nastro della Nuova Sem. Al mattino c’è anche il sottosegretario Gaetano Gorgoni. L’invito all’evento è stato esteso anche a presidente della Regione, a parlamentari, ai sindaci delle principali città pugliesi. E’ presente il pittore Remo Brindisi, autore insieme con Walter Scotti dei quadri che abbelliscono le sale dei nuovi locali. Oltre al bar, servizio ai tavoli, una sala da thè, un “free flow” (ristorazione libera), ristorante, piano bar, sale ricevimento, convegni e incontri di lavoro.

Periodo concitato quello sul finire degli Anni Ottanta. La città non vuole perdere il suo simbolo. Senatore compie un’altra richiesta alla Sodexho (nel tempo, la società francese che ha raggiunto un accordo sulla gestione dei locali rinuncerà all’“h”). Anzi, giacché c’è, il medico di richieste ne avanza due: ad inaugurarla deve essere una star del cinema, possibilmente Gina Lollobrigida, dalla quale è letteralmente affascinato e, per una “serata fra amici”, gradirebbe la presenza di Bruno Martino, grande autore e cantante confidenziale. Il popolare crooner è stato l’interprete della prima canzone che Senatore aveva dedicato alla futura moglie: “Odio l’estate”. Trattative non semplici, anzi piuttosto laboriose.

Ma va tutto va bene. Interviene l’attrice Maria Sorrento che conosce personalmente Gina Lollobrigida e il suo agente. Qualcuno è scettico, la Sorrento, dimostra carattere: è disposta a giocarsi qualsiasi cifra sulla presenza della “bersagliera” a Taranto. Tira fuori il blocchetto degli assegni a dimostrazione di un primo accordo che avrebbe raggiunto con la madrina della Nuova Sem. Non c’è bisogno di formalizzare. Va tutto come pronosticato dalla stessa attrice, qualcuno le porge le scuse. Maria Sorrento accompagna personalmente la Gina nazionale nella doppia inaugurazione, la prima alle 11.00, riservata a politici e istituzioni, la successiva, alle 15.00, per la città. E’ quest’ultimo – non se ne abbiano a male le autorità del tempo – il momento più bello. E’ un’intera città che applaude una stella del firmamento cinematografico.

GN4_DAT_35332258.jpg--gina_lollobrigida_e_la_puglia__nascita_di_una_diva«BELLA CITTA’, DAVVERO…»

«Proprio una bella città – sussurra la Lollobrigida – quel lungomare, poi, ce ne fosse uno così a Roma, la gente diventerebbe matta…». Basterebbe questo per sentirsi gratificati. La Lollò ha un fascino intatto. Indossa un un tailleur beige, una camicetta rossa, un fiocco che fa pendant e raccoglie sulla nuca capelli rossi. Degni della Fata Turchina interpretata nel “Pinocchio” televisivo di Luigi Comencini con Nino Manfredi.

Non finisce qui. «Mi sembra di passeggiare sulla Croisette…», aggiunge. E’ il boulevard che costeggia il litorale di Cannes, dove l’attrice è stata più volte ospite in più di un’occasione. «Questi tappeti che fanno da guida fino all’ingresso dei nuovi locali, poi, emozionano: li avranno studiati per La Nuova Sem, non per me…». E, invece, come spesso accade, la verità sta nel mezzo. Ai tarantini sta a cuore il locale storico della città che rischiava la chiusura (purtroppo avverrà qualche anno dopo), ma anche la stessa Gina Lollobrigida. L’attrice, poi, ha un’immagine di statura internazionale, così se un giorno dovesse trovarsi a parlare con colleghi e altre personalità di una città bella, che l’ha stupita e accolta come si conviene a una star, non avrà problemi ad indicare fra le sue preferenze anche Taranto. E parlarne bene, lungomare e centro cittadino pedonale compresi.

gina-lollobrigida-woman-of-straw-supplied-by-photos-inc-still-publicationxinxgerxsuixautxonl«CONNERY, FASCINO E RISPETTO»

Mi tocca scrivere un pezzo di colore per il Corriere del giorno, approfitto del momento. Come dicono a Milano, la butto lì. Approfitto mentre visita i locali, la seguo con una targa che le consegnerà Guadagnolo. “E’ una grande attrice – provo a blandirla – ma anche la bellezza ha avuto il suo ruolo…”. «Quella, la bellezza, la bruci nei cento metri, poi svanisce: la carriera è una maratona, oltre alla presenza devi saper fare il tuo mestiere». Il sindaco stringe un po’ di mani, si intrattiene a distanza.

La Lollobrigida ha lavorato con Sinatra, Lancaster, Curtis, Bogart, Connery. “Signora Lollobrigida, continuano a farle la corte, ma fra gli attori di Hollywood chi ammira?”. Lei, elegante, col sorriso. «Mi sta facendo un’intervista?». “Confesso, sono un giornalista, coordino l’evento, ma sono un appassionato di cinema: era una mia curiosità”, giustifico. «Sean Connery, ma non solo per la bellezza, come attore e come persona, grande rispetto sul set…». Fine delle trasmissioni. Per un giornalista è un po’ come per un investigatore avere indizi importanti. C’è tutto per fare un grande servizio.

A cura della redazione