Taranto, Bitetti nuovo sindaco

Amministrative, vince il centrosinistra

Ricompattata, la coalizione di centrodestra resta distante del 10%. Il nuovo “primo cittadino” ha incassato l’appoggio esterno dei Cinquestelle, che restano all’opposizione, la scorsa settimana. E’ dal ’93 che la Città dei Due mari ha ragione sulla parte avversa.«Ora lavoriamo per il bene comune, la prossima Amministrazione cittadina partirà da una nuova grammatica, privilegiando il “noi”, anziché l’“io”», ha dichiarato ieri il nuovo inquilino di Palazzo di Città

 

Taranto ha un nuovo sindaco: è Piero Bitetti, espressione della coalizione di centrosinistra. Ha battuto con circa il 10% di distacco, Francesco Tacente, candidato del centrodestra, che dopo il ballottaggio aveva incassato pieno sostegno da parte dell’altro candidato del centrodestra, Luca Lazzàro, terzo nella prima convocazione alle urne per eleggere l’Amministrazione cittadina. Meno convinto, tanto che resterà all’opposizione, l’appoggio del Movimento Cinquestelle che per voce di Anna Grazia Angolano, candidata-sindaca, solo metà settimana scorsa si è avvicinato al neosindaco della Città dei Due mari.

Da voci che circolavano, sembrava che il ballottaggio potesse essere più combattuto, invece Bitetti, in termini di percentuale, ha mantenuto la stessa distanza da Tacente, il suo antagonista. Non che la matematica, in politica, faccia giurisprudenza, ma patto con lo schieramento di Lazzàro al quale va riconosciuto un importante lavoro alla vigilia della prima consultazione, con una risalita non indifferente rispetto ai primi sondaggi.

 

 

INSIEME PER IL BENE COMUNE

«Ora lavoriamo per il bene comune, la prossima Amministrazione cittadina partirà da una nuova grammatica, privilegiando il “noi”, anziché l’“io”», così martedì, tardo pomeriggio, Piero Bitetti neosindaco di Taranto, rilasciando le prime dichiarazioni dal suo comitato elettorale di via Di Palma, angolo con via Duca degli Abruzzi. Lì, un’ora prima, in ordine sparso, erano arrivati per complimentarsi con lui, il presidente della Regione, Michele Emiliano; l’europarlamentare, ex sindaco di Bari, Antonio Decaro; il neopresidente della Provincia, Gianfranco Palmisano.

E’ stata una campagna elettorale senza esclusione di colpi, ma sempre giocata nella massima lealtà, tanto che il nuovo sindaco si è detto convinto che con l’opposizione si possa dialogare per il bene della città.  

 

 

DAL ’93, SEMPRE CENTROSINISTRA

Taranto, in buona sostanza, ha privilegiato la continuità, confermando per la nona volta, dal 1993 a oggi, un’Amministrazione di centrosinistra. Bitetti, esponente di “Con”, ex assessore, ex presidente del Consiglio comunale, ha ottenuto oltre il 54% delle preferenze (37,39% al primo turno) ed è riuscito a costruire attorno alla sua candidatura un’area di consenso ampia, sostenuta da otto liste (Pd, Azione, Avs, Demos, Unire Taranto e civiche).

Importante, privo di formalizzazione, si diceva, è stato l’appoggio esterno del Movimento 5 Stelle, che nella prima sessione di voto, domenica 25 e lunedì 26 maggio, aveva raccolto circa l’11% con la candidata Annagrazia Angolano («Bitetti, per fermare l’avanzata della destra»).

 

 

OPPOSIZIONE COSTRUTTIVA

«Il nostro impegno sarà per tutti: governare Taranto non sarà facile, ma sarà il nostro onore e la nostra missione, un appello, questo, che rivolgo ai competitor», ha ribadito Bitetti, salendo sulla stessa sedia dalla quale aveva dato il via alla sua campagna elettorale. «I cittadini ci hanno dato un ruolo – ha dichiarato alle agenzie, ai cronisti di stampa, radio e tv – la campagna elettorale ce la lasciamo alle spalle: adesso dobbiamo lavorare tutti insieme nell’interesse e per il bene comune». Questo, invece, il commento di Tacente dal suo comitato elettorale di via Giovinazzi: «Non abbiamo raggiunto il risultato sperato, ma oggi non è solo la fine di una campagna elettorale, ma l’inizio di un progetto che porteremo avanti con determinazione e con responsabilità: la nostra sarà un’opposizione responsabile e costruttiva».

Amministrative Taranto, ballottaggio

Spareggio alle urne, domenica 8 e lunedì 9 giugno

Piero Bitetti, centrosinistra (37,39%), dovrà vedersela con Francesco Tacente, centrodestra (26,14%), che potrebbe allearsi con lo schieramento di Lazzàro (19,4%). Il vincitore della prima tornata elettorale potrebbe invece trovare punti di contatto con il Movimento 5 Stelle (10,91%). Percentuali basse per Di Bello e Cito (675 voti di lista, 264 preferenze)  

 

Fine-inizio settimana fari puntati sulle Elezioni amministrative in diversi comuni pugliesi. Massima attenzione, in particolare, quella rivolta a Taranto, dove si è registrato un risultato tutto sommato atteso, anche nel punteggio. Prima del voto, soprattutto nelle due coalizioni di centrodestra, sembrava che qualcosa stesse cambiando. Gli stessi risultati all’inizio dello spoglio indicavano Piero Bitetti, candidato del centrosinistra come vincitore della prima tornata elettorale (e così è stato), ma alle sue spalle prendeva corpo un “testa a testa” fra Tacente e Lazzàro. Dopo qualche ora, con l’allargarsi del numero di sezioni scrutinate, si allargava anche la forbice fra i due candidati del centrodestra: come da previsioni, a sfidare Bitetti nel ballottaggio in uno sprint all’ultimo voto sarà Francesco Tacente. Le proiezioni avevano già suggerito un primo responso: Piero Bitetti, candidato del centrosinistra, in vantaggio e verso il secondo turno, il ballottaggio fra due settimane.

 

 

MAGGIORANZA RELATIVA

Nessun candidato, dunque, ha ottenuto la maggioranza assoluta, pertanto si procederà a un ballottaggio domenica 8 e lunedì 9 giugno tra i primi due candidati: Piero Bitetti (centrosinistra) e Francesco Tacente (centrodestra). Bitetti, sostenuto da Partito Democratico, Con Bitetti, Unire Taranto, Per Bitetti Sindaco, Demos Democrazia Solidale, Alleanza Verdi E Sinistra, Dc Democrazia Cristiana, Partito Liberal Democratico-Azione, ha totalizzato il 37,39% dei voti. Tacente, con il quale andrà al ballottaggio, con il supporto di Prima Taranto, Patto Popolare, Unione Di Centro-Evviva Taranto, Riformisti Per Taranto – Socialisti, Fortemente Liberi, Taranto Popolare, Noi Taranto, ha invece registrato il 26,14% dei voti. Terzo posto per Luca Lazzàro, sostenuto da Fratelli d’Italia, Forza Italia – Ppe, Noi Moderati, Partito Liberale Italiano, avendo totalizzato il 19,4% dei voti. Annagrazia Angolano, con il Movimento 5 Stelle e la lista Angolano Sindaca, ha ottenuto il 10,91% dei voti.

Fiasco per il resto dei candidati-sindaco e liste in appoggio alle loro candidature: Mirko Di Bello con la coalizione “Adesso” e Mario Cito, figlio dell’ex sindaco-telepredicatore Giancarlo, sostenuto da At6 – Lega d’Azione Meridionale.

Ventotto sono state le liste con un numero di poco inferiore al migliaio per quanto aspiravano a una poltrona da consigliere comunale per trentadue seggi complessivi, fra vincitori e opposizione, tema rimandato a domenica 8 e lunedì 9 giugno (stessi giorni si voterà per il referendum). Il ritorno al voto, è bene ricordarlo, si è verificato a causa della fine anticipata dell’Amministrazione Melucci (dimissioni di diciassette consiglieri lo scorso febbraio). In questa tornata elettorale sono andati alle urne 91.055 elettori (161.855 gli aventi diritto), pari al 56,60% (52,21 nel 2022 quando si votò solo la domenica).

 

 

ALLE URNE!

Ora, al ballottaggio. Il campo largo centrosinistra-M5s, sfumato al primo turno, potrebbe concretizzarsi nelle prossime ore.  La coalizione rappresentata da Tacente potrebbe trovare sponda nel centrodestra tradizionale, dove potrebbero orientarsi anche i voti espressi dalla coalizione della “civica” Di Bello (Adesso), nipote dell’ex sindaca di Forza Italia Rossana Di Bello.

«Ottimi i risultati di Taranto – ha dichiarato a caldo Elly Schlein, segretaria del PD – dove andremo al ballottaggio nettamente in vantaggio; ormai è chiaro, il centrodestra esulta per i sondaggi, noi vinciamo le elezioni».

Nel Tarantino si è votato anche a Massafra dove l’affluenza è stata sensibilmente superiore rispetto alla scorsa tornata elettorale: il 70,18% contro il 70,02%. A Triggiano, nel Barese, affluenza in calo: ha votato il 57,18% contro il 60,91%. In Puglia si è votato anche a San Ferdinando di Puglia (Bat), Orta Nova, Carapelle, Castelluccio Dei Sauri e Lesina (Foggia), Corsano e Taviano (Lecce).

Aiuti a Gaza a rischio 14.000 bambini

Prossime quarantotto ore decisive, serve accelerare le trattative

«Autorizzare l’ingresso di soli dieci camion con viveri è come una goccia nel mare», dicono i mediatori. «Serve con urgenza un flusso massiccio di aiuti umanitari», aggiungono con profonda amarezza. «Il negoziato tra Israele e Hamas in corso a Doha prosegue», dunque esisterebbe la possibilità di raggiungere un accordo all’ultimo momento

 

«Aiuti massicci a Gaza, dice l’Onu, l’Organizzazione delle Nazioni unite, oppure altri quattordicimila bambini moriranno». Notizia agghiacciante, l’ennesima, ripresa dalle agenzie e trattata con attenzione e dovizia di particolari da quella italiana, l’Ansa, che al suo primo “lancio” aggiunge: «…tanto che serve con urgenza un flusso massiccio di aiuti umanitari».

Questa la notizia che ancora una volta lascia di stucco e provoca impotenza per quanti vorrebbero fare qualcosa, ma gli viene impedito. Cronaca che fa il paio con un’altra delle ultime gravi “news” sempre a proposito di Gaza: funzionari sanitari palestinesi affermano che sessanta persone sono state uccise nel corso di attacchi israeliani nella “Striscia” la notte scorsa, per lo più bambini e donne, oltre a decine di feriti, in seguito ai nuovi massacri commessi dall’occupazione. E’ quanto dichiarato alla Afp il portavoce della Difesa civile, Mahmoud Bassal.

 

 

LA SITUAZIONE PRECIPITA

La situazione precipita, l’unica soluzione sarebbe il “cessate il fuoco”, un intervento deciso degli Stati che hanno una forte influenza su Israele, diversamente altri “14.000 bebè” (bimbi in tenera età) potranno morire già nelle prossime 48 ore. Lo ha dichiarato alla Bbc il diplomatico britannico Tom Fletcher, vistosamente preoccupato, che nell’Onu ricopre il ruolo di vicesegretario generale, nonché quello di coordinatore delle Missioni di soccorso di emergenza nel mondo, dopo aver definito il “via libera” dato da Israele all’ingresso di meno di 10 camion d’aiuti (dopo undici settimane di nuovo blocco totale). «Dobbiamo fare in modo che questi quattordicimila bambini siano salvati: non abbiamo molto tempo a disposizione, solo quarantotto ore», ha aggiunto il vicesegretario generale Onu.

 

 

“ALTRI”, COME A DIRE “ALTRE VITTIME”

Non che sia sfuggita ai più la sottigliezza lessicale, ma quando le agenzie, i mediatori parlano di vite umane, quelle di bambini a repentaglio, dicono, scrivono “altri”: non dobbiamo certamente spiegarlo noi, ci mancherebbe altro, ma “altri” sta per “che andrebbero a sommarsi alle decine di migliaia di vittime fino ad oggi mietute da un attacco unilaterale (non si può parlare di conflitto).

All’apertura del Qatar Economic Forum, il premier del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman Al-Thani, mediatore tra Israele e Hamas, insiste sul fatto che alla luce di quanto accaduto fino ad oggi e potrebbe accadere nelle prossime ore. E dichiara che l’inasprimento dell’offensiva israeliana nella “Striscia di Gaza” mette a repentaglio ogni possibilità di pace nel territorio palestinese. «Quando l’israelo-americano Edan Alexander è stato rilasciato – ha aggiunto nella sua dichiarazione ufficiale resa alla stampa – pensavamo che questo tipo di azione avrebbe in qualche modo aperto la strada alla fine di questa tragedia: la risposta, purtroppo, è stata un’ondata di attacchi ancora più violenti che hanno causato la morte di centinaia di innocenti: questo comportamento aggressivo e irresponsabile mina ogni possibilità di pace».

 

 

FORSE UNA SCHIARITA, FORSE…

«Oggi avremo una difficile discussione su Gaza; sul tavolo abbiamo la proposta olandese di revisione dell’Articolo 2 dell’accordo di associazione con Israele: ne discuteremo, non posso prevedere il risultato». Lo ha dichiarato l’alto rappresentante dell’Unione europea Kaja Kallas arrivando al consiglio Affari esteri e difesa. «Gli aiuti devono raggiungere Gaza il prima possibile – ha aggiunto – quello che passa ora non è abbastanza, è una goccia nell’oceano, ci sono migliaia di camion che aspettano».

Infine, ancora l’Ansa a proposito di quanto dichiarato da fonti palestinesi. Parlare di schiarita appare un azzardo, ma questo è quanto riferisce l’agenzia palestinese Maan citando fonti informate: «Il negoziato tra Israele e Hamas in corso a Doha non è ancora concluso ma prosegue; nonostante la complessità dei colloqui e l’insistenza di entrambe le parti sulle rispettive condizioni, le fonti sostengono che esisterebbe la possibilità di raggiungere un accordo all’ultimo momento».

Pace, parliamone…

Spiraglio per un “cessate il fuoco” fra Ucraina e Russia

Trump auspica un colloquio in Turchia. Da Mosca fanno sapere che Putin ci sta riflettendo, mentre Zelensky crede che lo “zar” prenda tempo. Sarebbe il caso di riporre l’odio e avviare la trattativa, che sarebbe comunque lenta e laboriosa. Insomma, massima prudenza, prima di dire che la strada giusta sia stata intrapresa. Le prime parole di papa Leone XIV mietono ottimismo

 

Pace, maneggiare con cura. Sono in molti a sostenerlo, la prudenza non è mai troppa. A volte si era intravisto uno spiraglio per mettere fine a un conflitto; spesso, però, si è stati sconfessati dai fatti: molti, per dirla tutta, predicano bene, ma razzolano male.

Predicare. Tutto nasce da lì. Non è banale pensare che l’elezione del nuovo papa, Leone XIV, abbia in qualche modo accelerato il processo di pace. De resto, il primo pontefice americano della storia, è stato chiaro fin dall’inizio; dalle prime parole pronunciate davanti alle decine e decine di migliaia di persone che avevano affollato piazza San Pietro, e le centinaia di milioni di fedeli collegate con tv, radio, social: pace. Pace, il primo forte segnale. Come a dire: la politica internazionale, i temi sul tavolo saranno diversi, ma quello centrale è sempre lo stesso: pace.

 

 

LE “ULTIME” NEWS…

Le ultime notizie diffuse dalle agenzie di stampa internazionali, “parlano” chiaro: la Russia continua a “prepararsi” alle trattative dirette con l’Ucraina, in programma domani (giovedì 15 maggio per chi ci legge) a Istanbul, ma il portavoce del Cremlino è prudente: chi sarà presente in rappresentanza di Mosca, lo deciderà personalmente Vladimir Putin.

Per contro, piuttosto che stemperare gli animi, Kiev fa trapelare che l’assenza di Putin dai colloqui in Turchia, dove è prevista la partecipazione di Zelensky, sarebbe il “segnale definitivo” che Mosca non vuole porre fine alla guerra. Ipotesi azzardata, considerando che in una posizione mediatica favorevole il governo ucraino, aveva dato addosso alla politica di Putin, facendo trapelare che le perdite inflitte all’esercito russo avevano messo in ginocchio il governo dello “zar”. Ora, ancora prima dell’incontro, dei temi che potrebbero essere affrontati, gli stessi avanzano l’ipotesi che sia proprio la Russia a non volere l’accordo, come se i due presidenti dovessero incontrarsi per firmare l’impegno di pace. Gli incontri, invece, servono per incontrarsi, confrontarsi, andare a fondo ai discorsi che hanno scatenato la guerra, e trovare punti di contatto. Infine, la riflessione, gli eventuali ritocchi, piccoli o significativi, prima la tregua, poi, finalmente, la pace.

 

 

PACE, MASSIMA PRUDENZA

Da qui la prudenza. Non solo. Da qui, anche l’interesse di Trump a prendere parte all’incontro, perché abbia notizie di prima mano e comprendere chi veramente voglia la pace e chi, invece, faccia finta. Nei giorni scorsi Zelensky aveva dichiarato che sarebbe andato a Istanbul per incontrare Putin, che domenica aveva proposto negoziati diretti tra Mosca e Kiev. Martedì il presidente americano, Donald Trump, aveva auspicato la presenza in Turchia di Zelensky e Putin. 

I leader europei, dal loro canto, fanno sapere, secondo fonti autorevoli, che sarebbero pronti ad attendere fino a dopo l’incontro tra Zelensky e Putin in Turchia, prima di “spingere” gli Stati Uniti ad annunciare nuove sanzioni contro Mosca. E’ quanto sostiene, scrive l’agenzia giornalistica Ansa, Bloomberg citando fonti a conoscenza della questione. A seguito dei colloqui tra funzionari statunitensi ed europei di lunedì, pare sia chiaro che la parte americana auspicava i colloqui tra Russia e Ucraina per domani (giovedì), prima di esercitare una eventuale, nuova pressione su Putin.

Tifoso picchiato davanti al figlio

Bari, stadio San Nicola, tanti contro uno

Indignato il sindaco del capoluogo pugliese, Vito Leccese. L’attore Paolo Sassanelli, più severo: «Non vado più allo stadio, gli altri facessero lo stesso…». L’invito alla collaborazione per individuare i colpevoli. Dal tifo organizzato ferma condanna: «ma giornalisti e social si informassero prima di darci addosso»

 

Sgombriamo subito il campo da equivoci. Non è una città che fa di un gruppo di “tifosi”, ammesso che lo siano e non prendano per pretesto una curva di calcio, per commettere qualsiasi atto di violenza, per giunta pensando di farla franca. Bari non c’entra, anche se il capoluogo pugliese, suo malgrado, ha trascinato in questa spirale di violenza una regione e il Sud. Come se la violenza abitasse solo da queste parti e, lo diciamo senza con questo volerci alleggerire la coscienza, a Bergamo o Brescia, per fare un paio di esempi, dove nelle scorse ore sono avvenuti tremendi fatti di cronaca, non accadesse nulla.

Ma è successo a Bari. Baresi e pugliesi tutti, intanto, devono indignarsi. Incazzarsi, se ci fate passare questa forte espressione alla quale raramente facciamo ricorso. Sorvoliamo sulla retorica del “Ma non sai che aveva detto l’uomo sul quale si è abbattuta la furia vendicativa”, oppure “Ci aveva offeso la mamma, aveva offeso la nostra città!”. Non sappiamo cosa abbia scatenato quell’indegno episodio consumato alla presenza di un bambino, che ne resterà traumatizzato, di sicuro il grande Eduardo, uno di noi, avrebbe esclamato: “Ma abbiate pazienza: non c’è proporzione!”. Da “Uomo e galantuomo”, la moglie vedendo una macchia di sugna sulla giacca si arrabbia talmente con il marito tanto da suggerirgli di farla finita: “Perché non ti ammazzi!”. Da qui: “Non c’è proporzione!”. Per farla breve: qualsiasi sia stata la scintilla che ha provocato l’episodio, dopo una calda risposta, doveva esserci uno stop. Invece, mattanza come se non ci fosse un domani.

 

 

QUEI “BRAVI RAGAZZI”

Quei tipi violenti li conosciamo. Conosciamo il loro senso di giustizia. Da piccoli, una volta, nel gioco “Guardie e ladri”, la maggior parte dei bambini sceglieva di essere guardia, perché agiva per bene di tutti. Oggi, ci dicono, la scelta non è più come un tempo, decisa. Anzi, dopo aver tentennato, il piccoletto di solito decide: “Il ladro lo faccio io”, pausa, “…tu, invece, fai lo sbirro!” (poliziotto in senso dispregiativo). Perché è questo che insegnano le cronache, la tv del pomeriggio che apre ai fatti di cronaca ancora con la pistola fumante al dibattito. E, la sera, a una delle tante serie nelle quali, ci spiegano, non c’è solo un “capo dei capi”, ma esiste anche un “patriarca”, una filosofia che eleva la figura del malavitoso: da manovale a capitano d’azienda.  E così sia.

Li conosciamo quei delinquenti che assalgono solo in compagnia, mai da soli, e che proteggono i loro piccoli e le loro mogli a costo della vita, salvo poi essere padre-padrone di quella e di altre vite. Ma non allontaniamoci troppo dalla cronaca, altrimenti anche noi corriamo il rischio di imbatterci nella retorica.

 

 

SINDACO DI BARI: SCONCERTATO

Fra i primi quotidiani a commentare, riprendere la notizia di quanto accaduto lunedì a Bari, il quotidiano La Gazzetta dello sport, che riporta un coro fatto di grave sdegno, dal sindaco di Bari, Vito Leccese, all’attore barese Paolo Sassanelli. Posizioni forti, che ci piace condividere con quanti ci leggono.

Il pestaggio del tifoso avvenuto fuori dallo stadio San Nicola di Bari da parte di cinque persone lascia sgomento il sindaco del capoluogo pugliese, Vito Leccese, che affida il proprio pensiero a un comunicato, scrive la Rosea: «Sono sconcertato dalla brutalità dell’aggressione perpetrata ai danni di un tifoso all’esterno dello stadio San Nicola; niente può giustificare la violenza, mai, a maggior ragione in contesti di aggregazione e sport; questi bruti, capaci di accanirsi con violenza e totale sprezzo di ogni regola del vivere civile contro un uomo solo, per giunta in compagnia di un bambino, sono nient’altro che ignobili».

La violenza dell’aggressione non ha lasciato indifferente Paolo Sassanelli, attore barese e tifoso biancorosso, il quale ha postato un video su Facebook: «Io, da oggi e per il futuro – riporta la Gazzetta dello sport – non metterò più piede allo stadio San Nicola di Bari; quello che è accaduto è qualcosa di terribile, contro ogni logica: un padre picchiato da più persone contemporaneamente, quando andare allo stadio è una festa; ricordo la prima volta quando allo stadio sono andato con il mio papà, mio mito, a sostenere il Bari. Posso solo immaginare il dolore che deve aver provato quel bambino e quella roba gli rimarrà tutta la vita».

 

 

SASSANELLI: «BASTA ANDARE ALLO STADIO!»

Poi l’invito a «tutte le persone di buona coscienza e di buon senso a fare la stessa cosa». E ancora, conclude la Gazzetta a proposito del pensiero di Sassanelli. «Queste persone devono essere identificate e denunciate e anche la società deve partecipare alla ricerca dei colpevoli, perché è accaduto all’interno e all’esterno dello stadio: basta girarsi dall’altra parte, tanto che finché non si risolverà questa situazione io non metterò più piede allo stadio di Bari».

Sull’episodio anche l’intervento del tifo organizzato barese: «Esprimiamo ferma condanna, teniamo a rimarcare la nostra totale estraneità ai fatti: giornalisti e fruitori dei social farebbero meglio ad accertarsi dei fatti, prima di puntare il dito contro i gruppi organizzati che, nel momento dell’accaduto, erano intenti a protestare sotto la porta numero 1 dello stadio». Ferma condanna. Di collaborazione con le forze dell’ordine per individuare gli aggressori, che non saranno tifosi occasionali, e che hanno gettato violenza e fango su una città – magari lo pensano anche – non se ne parla.

Spagna, blackout da paura

«Non è un attacco da parte di qualche hacker», scongiura subito il capo del governo

Lunedì per ore un Paese fuori controllo. Tutto, per fortuna viene ripristinato in poche ore. Il primo ministro, Pedro Sánchez, apre una commissione d’inchiesta. La luce tornata al 99,9%, non è stato nemmeno un evento meteo, assicurano. La situazione va normalizzandosi, ma ci sono ancora ritardi e disagi per i voli, sulle strade e nella rete ferroviaria. A breve se ne saprà di più

 

Provate per un istante, in questo momento, a chiudere gli occhi. Buio. E pensate che la luce mancherà solo per qualche istante. Che la cosa interessa relativamente nella vostra zona e che amici, parenti, conoscenti non molto distanti da voi, non abbiano subito l’interruzione dell’erogazione elettrica. E, invece, venite a conoscenza che non è solo casa vostra, il posto di lavoro, il negozio, l’attività, quel tratto di strada nel quale in quel momento vi trovate, ad aver subito il blackout. «Questione di minuti – vi dite, qualche istante dopo vi ripetete – poi tutto torna normale, come prima: non è il caso di allarmarsi, non è la prima volta che succedono cose simili…».

Eppure succede che internet vada a pallino, lo stesso gli strumenti di comunicazione, i cellulari che dipendono anche da piattaforme digitali, i telefonini che si stanno scaricando e di lì a poco non daranno più segni di vita. Un incubo. Sembra un momento di “Die hard – Vivere o morire”, film di circa vent’anni fa. Protagonista Bruce Willis che deve risolvere un caso estremo: un hacker, leader di un gruppo di terroristi vuole mandare a farsi benedire l’intero sistema di sicurezza degli Stati Uniti. Certo, pura fantasia, ma la finzione lunedì sfiora in modo così pesante la realtà. Dalla Spagna escludono in un “amen” che non è stata opera di hacker e questo, detto fuori dai denti, fa tirare un sospiro di sollievo. Non vorremmo nemmeno pensare a una cosa simile.

 

 

CAUSE NON ANCORA CHIARE

Nel momento in cui scriviamo, ancora non sono chiare le cause che hanno provocato il blackout di ore in Spagna. Gli ospedali vanno avanti con i generatori. Le attività sportive sono a rischio, cancellati i match al Master di Madrid. Uno dei primi lanci di Ansa dall’Italia raccontano un blackout senza precedenti in Spagna. Parziale in Portogallo e per alcuni minuti a sud della Francia. L’Italia, non viene sfiorata da questo giorno infausto. Il nostro Paese non registra criticità. Una cosa è certa, nonostante non siano ancora chiare le cause, non si esclude nulla, a cominciare da un attacco hacker. Effetto domino in Spagna: bloccati treni, metro e aerei. Si blocca anche internet, corrente elettrica inesistente. Gli ospedali, si diceva, e le emergenze proseguono grazie ai generatori (ma per quante ne avrebbero ancora?).

La Spagna ci mette appena cinque secondi, dicono, per trovarsi in ginocchio. Il primo ministro, Pedro Sánchez, apre una commissione d’inchiesta. La luce è tornata al 99,9%, non è stato cyberattacco o evento meteo, assicurano. La situazione va normalizzandosi, ma ci sono ancora ritardi e disagi per i voli, sulle strade e nella rete ferroviaria.

 

 

«NESSUN ALLARMISMO, GRACIAS…»

«Chi collega l’incidente che ha provocato il blackout generalizzato ieri in Spagna alla mancanza di energia nucleare, francamente sta mentendo o dimostrando la propria ignoranza», aggiunge Sanchez nel rispondere a quanti in queste ore critiche agitano questo dibattito. «La generazione di elettricità lunedì si è sconnessa – spiega il governo spagnolo – come quella delle altre fonti di energia, per cui l’energia nucleare non è stata più resiliente: sempre lunedì cinque centrali nucleari erano già ferme per decisione degli stessi operatori, che ritengono non siano competitive con i prezzi delle energie da altre fonti rinnovabili».

«Il sistema elettrico in Spagna – ha spiegato agli organi di stampa il premier – è robusto, come sta dimostrando la ripresa tanto rapida: nessun problema di rinnovabili, nessuna relazione con la mancanza di potenza nucleare; se avessimo avuto una maggiore dipendenza nucleare, la ripresa non sarebbe stata così veloce come quella che stiamo vedendo». Ora bisognerà verificare nei dettagli quanto accaduto in quei cinque secondi prima della caduta a catena del sistema elettrico, alle 12:33 di lunedì, dopo che “Rete Elettrica”, partecipata dallo Stato spagnolo, ha escluso ieri stesso un cyber attacco, mentre l’Amet ha scartato un fenomeno meteorologico anomalo.

 

 

«TUTTO E’ BENE…»

Dopo una notte intensa, il 99,95% della domanda di energia è stato ristabilito, ripristinato del tutto il 100% delle sottostazioni della rete di trasporti. Tutto, poco per volta, torna alla normalità. Nella notte, fra lunedì e ieri, sono stati riattivati i centri di produzione di energia e l’erogazione elettrica è stata ripristinata nella quasi totalità. Ospedali, centri sanitari e farmacie hanno ripreso la normale attività, come la maggioranza dei centri educativi, supermercati e banche, tutti aperti.

L’agenzia giornalistica ha comunicato con grande puntualità quanto accaduto. Le telecomunicazioni e la fibra ottica funzionano nel 90% territorio, ha riportato. Porti e aeroporti hanno ripreso a funzionare con assoluta normalità. Lunedì notte sono stati assistiti oltre trentacinquemila passeggeri, intrappolati nei treni. Gli operatori delle infrastrutture ferroviarie hanno lavorato senza tregua per ristabilire il prima possibile tutti i servizi di collegamento. Anche l’industria ha recuperato l’attività o spera di farlo in giornata, mentre il turismo, in vista del ponte festivo dell’Uno maggio non sarà colpito da disagi provocati dal massiccio blackout. Tutto è tornato alla normalità, ma quanta paura. Evidentemente non finisce qui, tanto che a partire dalle prossime ore il primo ministro fornirà ulteriori informazioni.

Addio Francesco, papa degli ultimi

Lunedì mattina la scomparsa del pontefice

«Dio è con i migranti», sosteneva Sua Santità. «Il Signore è con loro, non con quelli che li respingono: lui stesso attraversa il mare e il deserto; non rimane a distanza, ne condivide il dramma ed è lì con loro, soffre con loro, piange e spera con loro»

 

Addio Francesco, papa degli ultimi. Il pontefice è morto lunedì mattina, a causa di un collasso cardiocircolatorio. “Il campione di tutti”, “Tanto Padre”, “Campione del mondo”. Tre titoli, ad effetto, da tre quotidiani sportivi. L’addio del papa balza agli occhi di tutti noi, per la sua popolarità, non solo da tifoso di calcio, ma perché amava “allenarsi” con il calcio che considerava metafora universale.

Ci piace partire da una rubrica di ieri, in “prima”, a cura del giornalista-scrittore Luigi Garlando, che ricorda la storica intervista rilasciata dal Pontefice alla Gazzetta dello sport nel 2021. «La Chiesa perde la guida – scriveva ieri Garlando – la Storia un gigante di umanità che, con scomoda intransigenza evangelica, è stato vero Francesco: Papa degli ultimi». Trascendente, ma anche fisico. «Se insulti mia mamma, ti do un pugno». Legato alla terra dal sangue contadino degli avi piemontesi; vicino al popolo e alle sue passioni, tipo lo sport, non oppio, ma palestra di spiritualità.

 

 

DIO E’ CON I MIGRANTI

In più occasioni, papa Francesco aveva detto: «Dio è con i migranti, respingerli è peccato grave». Era tornato su un tema che gli stava particolarmente a cuore in più occasioni, chiedendo giustizia per loro, facendo il possibile per unire gli sforzi contro i trafficanti di esseri umani. «Per accompagnare il popolo nel cammino della libertà – aveva detto papa Francesco – Dio stesso attraversa il mare e il deserto; non rimane a distanza, no, condivide il dramma dei migranti, è lì con loro, soffre con loro, piange e spera con loro: il Signore è con i migranti, non con quelli che li respingono».

Il Pontefice aveva aggiunto, non senza sdegno, che c’è chi opera sistematicamente e con ogni mezzo per respingere i migranti. E questo, quando è fatto con coscienza e responsabilità, è un peccato grave. «Il mare nostrum – aveva aggiunto – luogo di comunicazione fra popoli e civiltà, è diventato un cimitero, e la tragedia è che molti, la maggior parte di questi morti, potevano essere salvati; non dimentichiamo ciò che dice la Bibbia: “Non molesterai il forestiero né lo opprimerai”».

 

 

«L’ITALIA HA BISOGNO DI LORO»

«In quei mari e in quei deserti mortali, i migranti di oggi non dovrebbero esserci, e ce ne sono purtroppo», aveva ricordato Francesco. «Ma non è attraverso leggi più restrittive, non è con la militarizzazione delle frontiere, non è con i respingimenti che otterremo questo risultato». Il papa aveva esortato a trovare una soluzione, per esempio, «provando ad ampliare le vie di accesso sicure e regolari per i migranti, facilitando il rifugio per chi scappa da guerre, violenze, persecuzioni e da tante calamità; lo otterremo favorendo in ogni modo una governance globale delle migrazioni fondata sulla giustizia, sulla fratellanza e sulla solidarietà». «E – aveva aggiunto – unendo le forze per combattere la tratta di esseri umani, per fermare i criminali trafficanti che senza pietà sfruttano la miseria altrui».

Figlio di migranti italiani emigrati in Argentina, papa Francesco aveva definito i migranti come “maestri di speranza”, ricordando l’esperienza migratoria della propria famiglia e il valore della speranza e della tenacia che accomuna i migranti di tutte le epoche. «A casa abbiamo sempre vissuto quel senso di andare lì per fare l’America, per progredire», aveva detto Sua Santità. Un’esperienza che considerava universale. «Ogni migrante parte sperando di trovare altrove il pane quotidiano», come affermava San Giovanni Battista Scalabrini, il patrono dei migranti.

«Taranto, capitale del rock!»

Torna Medimex sulla Rotonda del Lungomare Primal Scream e St. Vincent (20 giugno) e Massive Attack (21 giugno)

Ecco le stelle dell’International Festival & Music Conference promosso da Puglia Culture. Un brand che felicemente si coniuga nell’ambito delle azioni di Puglia Sounds, il progetto per lo sviluppo del sistema musicale regionale realizzato in collaborazione, nemmeno a dirlo, con Regione Puglia. L’intervento del presidente Michele Emiliano, che pensò di dirottare la rassegna sulla Città dei Due mari, e di Aldo Patruno, direttore Dipartimento Turismo e Cultura

 

Massive Attack, Primal Scream e St. Vincent! Due gruppi fra i più amati e una cantautrice di grande spessore e popolarità che fa già incetta di riconoscimenti e titoli di vendita, saranno le star dell’edizione 2025 del Medimex.

Come ogni anno, di questi tempi, Taranto scuote il mondo rock e ospita artisti di profilo internazionale. Di più, li ospita anche per un “mordi e fuggi”, vale a dire per un’“unica data italiana”, ad impreziosire la proposta di una rassegna diventata punto di riferimento al Sud. Grazie al Medimex, anche quest’anno, dal 17 al 21 giugno, Taranto ospita quel rock di grana grossa che tanto piace ai giovani, ma anche ad un pubblico più maturo, di più.

Una volta l’anno, il suo ombelico, quella incomparabile e suggestiva Rotonda sul Lungomare Vittorio Emanuele, che non più tardi del 10 aprile ha ospitato la fine del Ramadan (digiuno per un mese, dall’alba al tramonto), si riempie di musica. Quella musica che ancora oggi fa ammattire anche più di una generazione.

 

Primal Scream

 

NOMI SEMPRE ALL’ALTEZZA

Massive Attack, Primal Scream e St. Vincent, dunque, sono queste le stelle del Medimex 2025, International Festival & Music Conference promosso da Puglia Culture. Un brand che felicemente si coniuga nell’ambito delle azioni di Puglia Sounds, il progetto per lo sviluppo del sistema musicale regionale realizzato in collaborazione, nemmeno a dirlo, con Regione Puglia. Medimex, hanno spiegato in conferenza stampa, torna con un ricco programma dedicato al tema della Strada, offrendo grandi concerti internazionali, showcase, attività professionali e formative, incontri, mostre, racconti e presentazioni. Insomma, di tutto e di più.

Potremmo esagerare, parlare di un rock che a Taranto è di casa. Non se ne abbiano a male i “cugini” baresi, ma da qui per tanti anni è passato il rock più vibrante degli Anni 80. Epoca in cui una sorta di masterchef, Marcello Nitti, incoraggiato da un indimenticato Rocco Ture, patron del Tursport, ospitava, in ordine sparso, Bauhaus, New Order, Cult, Siouxie & The Banshees e gli Style Council, per toccare l’apice con Simple Minds e Ultravox. Una tradizione che poteva proseguire, se al tarantino Gigi D’Amato all’alba del Duemila fosse stata impedita ospitalità, lo stadio Iacovone. Lui che aveva ospitato nel giugno 2003 i Simply Red, a dieci euro a biglietto, qualche tempo dopo, organizzò lontano da casa Jamiroquai a Trani e, udite udite, Bob Dylan a Foggia. Bob Dylan, ci pensate? Incredibile, ma vero.

 

St. Vincent

 

SKUNK ANNANSIE, NICK CAVE, PATTI SMITH…

Solo lo scorso anno abbiamo applaudito The Smile, The Jesus and Mary Chain e Pulp. Poi, indietro con la memoria, sempre sulla Rotonda, applausi per Echo & the Bunnymen, Skunk Anansie, The Cult, Nick Cave, Liam Gallagher, Patti Smith, Kraftwerk e Placebo.

Ma torniamo al Medimex del prossimo giugno. Fuori da qualsiasi promozione politica, che lo si voglia o no, anche grazie all’interessamento del presidente Michele Emiliano e del suo esperto entourage, Taranto è tornata ad avere i concerti di statura internazionale. Come quelli, si diceva, in programma fra due mesi, nella consueta cornice della Rotonda del Lungomare di Taranto: venerdì 20 giugno Primal Scream, tra le formazioni della scena scozzese, e St. Vincent, cantautrice statunitense vincitrice di cinque Grammy Award; mentre sabato 21 giugno, toccherà ai Massive Attack, inventori del trip hop, fortemente impegnati sul fronte ambientale e politico, tra le band più influenti degli ultimi quarant’anni.

 

Massive Attack

 

PUGLIA “TRAVOLTA” DALLA MUSICA

«Anche quest’anno il Medimex travolgerà la Puglia con un programma di concerti di assoluto rilievo – ha dichiarato Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia — con Massive Attack, Primal Scream e St.Vincent insieme rappresentano un viaggio tra generi e sonorità che sono sicuro richiamerà pubblico da ogni dove e ancora una volta metterà Taranto al centro della musica mondiale.  Accogliamo con grande orgoglio Diodato e Michele Riondino nella squadra del Medimex, squadra che sinora ha ottenuto risultati straordinari e che da oggi si arricchisce di due fuoriclasse. Sono certo che faranno un grande lavoro e porteranno il Medimex a raggiungere mete ancora più ambiziose. Questa grande manifestazione ogni anno riesce nell’impresa di superarsi e diventare un traino fondamentale per la promozione della nostra regione».

 

Medimex Taranto

 

GRANDE VALORE CULTURALE

«Medimex ogni anno conferma il suo valore sul piano culturale, regionale e nazionale, e rappresenta un modello anche per la virtuosa collaborazione e cooperazione tra i tanti soggetti istituzionali coinvolti — commenta Aldo Patruno, direttore Dipartimento Turismo e Cultura Regione Puglia – Medimex ancora una volta è l’approdo e il punto di partenza della strategia regionale per il comparto musicale che si sviluppa nel corso dell’intero anno ed è un forte volano per i talenti e le imprese del territorio. Ai grandi concerti, che portano in Puglia il gotha della musica mondiale, anche questa edizione affianca un rilevante calendario di attività professionali rivolte alle imprese e agli operatori del settore, showcase per promuovere le novità della musica regionale, le scuole di musica dedicate ai più giovani, incontri, presentazioni e occasioni per entrare in contatto con il mondo della musica. Un insieme di azioni che svolgono una duplice funzione: agiscono sullo sviluppo del settore musicale regionale e diventano un elemento qualificante e distintivo di attrattività per il territorio».

Dazi amari, per tutti

Non arranca solo l’Europa sui mercati internazionali

Le borse europee bruciano oltre 683 miliardi di euro in un solo giorno. Uno schianto che segue all’annuncio del presidente Usa Donald Trump sull’import. E il saldo complessivo sale a 1.924 miliardi di euro. Il tycoon americano si scaglia anche contro la Cina, che invece invita al dialogo. Non è un buon momento par la politica internazionale, né per le tasche della povera gente

 

Non è un bel momento. Non entriamo in politica, registriamo i fatti. Per settimane si sono inseguite ipotesi e ricadute su quella che sarebbe stata, e poi lo è stata, la decisione del presidente Usa, Donald Trump, nell’applicare dazi salatissimi sulle importazioni. Una prova di forza, secondo il tycoon, di un Paese forte economicamente e che può influire sull’economia del resto del mondo.

Una volta messo in opera il diktat di Trump, i primi riscontri. Che non fosse una passeggiata di salute, per l’Europa, come per gli stessi Stati Uniti, era cosa risaputa. Ma che fosse un bagno di sangue, e siamo solo agli inizi, questo non poteva prevederlo nessuno. Le agenzie italiane e internazionali descrivono quanto stia accadendo in queste ore: «L’Europa brucia oltre 683 miliardi di euro», titola un lancio dell’Ansa; «Conseguenze per l’Italia: l’effetto su imprese, lavoro e famiglie», sottolinea l’agenzia Adnkronos. Insomma, non c’è da stare allegri. Ma non è solo l’Europa a tremare. La scelta, convinta, di provocare un terremoto galattico, non porta bene nemmeno agli stessi Stati Uniti.

 

 

UNA, BASTA E AVANZA

Per dirne una. Nello scorso fine-settimana Elon Musk, primo sostenitore e consigliere personale di Trump, ha cercato personalmente di convincere il presidente americano a revocare i dazi, anche quelli sulla Cina. L’opera di convincimento fin qui esercitata non avrebbe avuto successo. Lo riporta il Washington Post, citando proprie fonti anonime, ma evidentemente autorevoli considerando il prestigio della testata giornalistica americana.

La “discussione” di Musk con Trump sulle tariffe, una priorità dell’amministrazione americana, rappresenta il punto di vista meno condiviso, ad oggi, tra il presidente e uno degli uomini più ricchi del pianeta. “Tesla”, uno degli asset miliardari di Musk, per esempio, ha visto le vendite trimestrali crollare drasticamente a causa delle reazioni negative al suo ruolo di consigliere di Trump. Uno dei segnali più palpabili: le sue azioni scambiate a 233 dollari, da inizio anno hanno fatto registrare un calo non molto lontano dal 50%.

 

 

«UN ERRORE DOPO L’ALTRO»

La Cina interviene raramente a gamba tesa. Prima, per come dire, mostrare i muscoli, per filosofia, ma anche per motivi economici anziché no, ma quando lo fa, si scatena senza mezzi termini. «Un errore dopo l’altro», indica Pechino, «il governo non accetterà mai la “natura ricattatoria” degli Stati Uniti e considera le ultime minacce di dazi avanzate dal presidente americano Donald Trump “un errore su un altro errore”». Insomma, Trump e i suoi strateghi ci ripensassero. Senza giri di parole, un portavoce del Ministero del commercio cinese, fa sapere che se Washington insisterà nel percorrere questa strada, la Cina lotterà fino alla fine».

Trump rilancia, crea un’ulteriore lacerazione. In uno dei suoi ultimi interventi, tesi a spaventare i suoi interlocutori, ha dichiarato che imporrà ulteriori tariffe del 50% se la Cina non ritirerà i suoi dazi del 34% di ritorsione contro gli Stati Uniti. In soldoni: gli Stati Uniti che aumentano i dazi nei confronti dell’import va bene; la Cina che combatte una simile posizione aumentando i prezzi nel tentativo di far comprendere che questa politica porta solo a uno scontro economico sanguinoso, va male.  Così Pechino invita Washington al dialogo, unica strada per risolvere le varie questioni sul commercio.

 

 

ACCORDI: LA CINA NON E’ VICINA

«La Cina sollecita gli Stati Uniti a cambiare registro e cancellare tutti i dazi unilaterali contro la Cina, a fermare la soppressione economica e commerciale contro la Cina e a risolvere in modo adeguato le differenze con la Cina attraverso il dialogo con rispetto reciproco e su un piano di parità». Uno a uno. La palla passa agli Stati Uniti, sperando che il governo americano venga a più miti consigli. Le borse europee, si diceva, bruciano oltre 683 miliardi di euro alla fine della terza seduta che segue l’annuncio dei dazi del presidente Usa Donald Trump. Sommato a quello delle due giornate precedenti, il saldo complessivo è pari a un rosso di 1.924 miliardi di euro. Provate a comprendere, alla fine, chi pagherà.

Myanmar, salvata dopo quattro giorni

Donna incinta e altre tre persone rinvenute vive sotto le macerie

Oltre duemilasettecento le vittime del sisma registrato nell’ex Birmania. Il bilancio delle ha superato quota duemilasettecento. Purtroppo si prevede che tale cifra sia destinata ad aumentare, a superare le tremila unità. «La situazione è drammatica – dice Paolo Pezzati, portavoce per le Crisi umanitarie di “Oxfam Italia” – le migliaia di sopravvissuti senza più una casa hanno urgente bisogno di un riparo, acqua pulita e cure mediche»

 

Al momento sono già oltre duemilasettecento le vittime del sisma registrato in Myanmar (una volta Birmania), ma in quel Paese sul quale si è abbattuta una sciagura senza precedenti, ieri si è fatta largo una notizia che ha acceso i cuori di tutti, in tutto il mondo: una donna incinta, insieme con altre tre persone, è stata tratta in salvo dalle macerie. La donna ha trascorso ben novantuno ore sotto quanto rimasto di un edificio raso al suolo dal terremoto che ha colpito l’ex Birmania venerdì scorso. La notizia è stata resa nota dai Vigili del fuoco che stanno lavorando alla ricerca di persone sepolte dalle macere e, magari ancora in vita, alla ricerca di un aiuto, come per la donna salvata ieri dopo quattro giorni.

Sembrano lontane quelle prime ore dal disastro annunciato con una serie di messaggi che si rincorrevano fra loro. Fra i primi lanci di agenzia, quello ripreso da un messaggio lanciato venerdì scorso dall’Unicef Italia: «Un violento terremoto ha colpito il Myanmar, nel sudest asiatico, portando morte e distruzione: la situazione è critica, il numero dei morti e dei feriti aumenta ogni minuto: non c’è tempo da perdere, ogni minuto è prezioso».

 

 

SALE IL BILANCIO DELLE VITTIME

Il bilancio delle vittime, fa sapere Patrizio Nassirio per conto dell’agenzia giornalistica Ansa, ha raggiunto quota 2.719. Purtroppo si prevede che tale cifra sia destinata ad aumentare, a superare le tremila vittime, come ha asserito ieri stesso il leader militare del Paese, Min Aung Hlaing, in un discorso reso alle telecamere.

Riprese e notizie aggiornate che giungono da Myanmar, sono state diffuse dall’agenzia Reuters sul suo sito. Il generale ha aggiunto, inoltre, che al momento sarebbero 4.521 le persone rimaste ferite, mentre 441 sarebbero disperse.

Come si diceva, però, nel dramma registrato dall’ex Birmania, la vita, per fortuna, non si arrende: quattro persone, infatti, tra queste una donna incinta e una bambina, sono state tratte in salvo dalle macerie di edifici crollati a Mandalay.

 

 

SITUAZIONE DRAMMATICA, SERVONO AIUTI

«La situazione è drammatica – dice Paolo Pezzati, portavoce per le Crisi umanitarie di “Oxfam Italia” – le migliaia di sopravvissuti senza più una casa hanno urgente bisogno di un riparo, acqua pulita e cure mediche; è proprio per questo che stiamo lavorando a stretto contatto con i nostri partner locali per garantire che gli aiuti raggiungano velocemente i più bisognosi; nelle prossime ore saremo impegnati nel portare e distribuire forniture di primo soccorso per le famiglie di sfollati: l’obiettivo principale, naturalmente, è quello di salvare il maggior numero possibile di vite».

Per l’Organizzazione mondiale della Sanità per i soccorsi servono urgentemente otto milioni di dollari, per fornire cure traumatologiche “salvavita”, prevenire focolai di malattie e ripristinare i servizi sanitari essenziali nei prossimi 30 giorni.