Non arranca solo l’Europa sui mercati internazionali
Le borse europee bruciano oltre 683 miliardi di euro in un solo giorno. Uno schianto che segue all’annuncio del presidente Usa Donald Trump sull’import. E il saldo complessivo sale a 1.924 miliardi di euro. Il tycoon americano si scaglia anche contro la Cina, che invece invita al dialogo. Non è un buon momento par la politica internazionale, né per le tasche della povera gente
Non è un bel momento. Non entriamo in politica, registriamo i fatti. Per settimane si sono inseguite ipotesi e ricadute su quella che sarebbe stata, e poi lo è stata, la decisione del presidente Usa, Donald Trump, nell’applicare dazi salatissimi sulle importazioni. Una prova di forza, secondo il tycoon, di un Paese forte economicamente e che può influire sull’economia del resto del mondo.
Una volta messo in opera il diktat di Trump, i primi riscontri. Che non fosse una passeggiata di salute, per l’Europa, come per gli stessi Stati Uniti, era cosa risaputa. Ma che fosse un bagno di sangue, e siamo solo agli inizi, questo non poteva prevederlo nessuno. Le agenzie italiane e internazionali descrivono quanto stia accadendo in queste ore: «L’Europa brucia oltre 683 miliardi di euro», titola un lancio dell’Ansa; «Conseguenze per l’Italia: l’effetto su imprese, lavoro e famiglie», sottolinea l’agenzia Adnkronos. Insomma, non c’è da stare allegri. Ma non è solo l’Europa a tremare. La scelta, convinta, di provocare un terremoto galattico, non porta bene nemmeno agli stessi Stati Uniti.

UNA, BASTA E AVANZA
Per dirne una. Nello scorso fine-settimana Elon Musk, primo sostenitore e consigliere personale di Trump, ha cercato personalmente di convincere il presidente americano a revocare i dazi, anche quelli sulla Cina. L’opera di convincimento fin qui esercitata non avrebbe avuto successo. Lo riporta il Washington Post, citando proprie fonti anonime, ma evidentemente autorevoli considerando il prestigio della testata giornalistica americana.
La “discussione” di Musk con Trump sulle tariffe, una priorità dell’amministrazione americana, rappresenta il punto di vista meno condiviso, ad oggi, tra il presidente e uno degli uomini più ricchi del pianeta. “Tesla”, uno degli asset miliardari di Musk, per esempio, ha visto le vendite trimestrali crollare drasticamente a causa delle reazioni negative al suo ruolo di consigliere di Trump. Uno dei segnali più palpabili: le sue azioni scambiate a 233 dollari, da inizio anno hanno fatto registrare un calo non molto lontano dal 50%.

«UN ERRORE DOPO L’ALTRO»
La Cina interviene raramente a gamba tesa. Prima, per come dire, mostrare i muscoli, per filosofia, ma anche per motivi economici anziché no, ma quando lo fa, si scatena senza mezzi termini. «Un errore dopo l’altro», indica Pechino, «il governo non accetterà mai la “natura ricattatoria” degli Stati Uniti e considera le ultime minacce di dazi avanzate dal presidente americano Donald Trump “un errore su un altro errore”». Insomma, Trump e i suoi strateghi ci ripensassero. Senza giri di parole, un portavoce del Ministero del commercio cinese, fa sapere che se Washington insisterà nel percorrere questa strada, la Cina lotterà fino alla fine».
Trump rilancia, crea un’ulteriore lacerazione. In uno dei suoi ultimi interventi, tesi a spaventare i suoi interlocutori, ha dichiarato che imporrà ulteriori tariffe del 50% se la Cina non ritirerà i suoi dazi del 34% di ritorsione contro gli Stati Uniti. In soldoni: gli Stati Uniti che aumentano i dazi nei confronti dell’import va bene; la Cina che combatte una simile posizione aumentando i prezzi nel tentativo di far comprendere che questa politica porta solo a uno scontro economico sanguinoso, va male. Così Pechino invita Washington al dialogo, unica strada per risolvere le varie questioni sul commercio.

ACCORDI: LA CINA NON E’ VICINA
«La Cina sollecita gli Stati Uniti a cambiare registro e cancellare tutti i dazi unilaterali contro la Cina, a fermare la soppressione economica e commerciale contro la Cina e a risolvere in modo adeguato le differenze con la Cina attraverso il dialogo con rispetto reciproco e su un piano di parità». Uno a uno. La palla passa agli Stati Uniti, sperando che il governo americano venga a più miti consigli. Le borse europee, si diceva, bruciano oltre 683 miliardi di euro alla fine della terza seduta che segue l’annuncio dei dazi del presidente Usa Donald Trump. Sommato a quello delle due giornate precedenti, il saldo complessivo è pari a un rosso di 1.924 miliardi di euro. Provate a comprendere, alla fine, chi pagherà.