Sea Watch lancia l’appello e invia una nave per soccorrere uomini, donne e bambini
Un uomo sarebbe già deceduto. Partiti su un gommone dalla Libia, si sono ribaltati in mare. Vivi per miracolo, senza acqua e cibo da quattro giorni, si sono messe in salvo su una piattaforma petrolifera che, però, non è attrezzata per prendersene cura. L’intervento tempestivo della Ong, dei politici, l’invito al Ministro
Sabato scorso un gommone sul quale viaggiavano migranti in fuga dalla Libia, si è ribaltato: uno di loro è morto, mentre gli altri sono riusciti ad arrampicarsi sulla piattaforma. La denuncia parte dalla Ong Mediterranea. Trentadue migranti vivi per miracolo. Come spiega Sea Watch, i naufraghi si sono arrampicati su una piattaforma petrolifera, in pieno Mediterraneo. Fra questi ci sarebbe anche una vittima, un uomo che nella traversata su una imbarcazione di fortuna non ce l’avrebbe fatta.
Intanto, la stessa Sea Watch ha inviato una nave in soccorso dei naufraghi, da quattro giorni in balia di un tempo inclemente e i morsi della fame. Sul finire della scorsa settimana, nonostante il tempo, uomini, donne e bambini, si sono avventurati su un gommone partito dalla Libia.
L’ennesimo naufragio ha poca ospitalità sui notiziari istituzionali. Il braccio di ferro alla Casa Bianca fra Trump e Zelensky, ha praticamente oscurato qualsiasi altra notizia. Perfino le condizioni critiche di Sua Santità, Papa Francesco, ricoverato al “Gemelli” e che ha trascorso la notte scorsa con l’ossigeno per favorirne la respirazione. A rimediare ad una informazione a singhiozzo, agenzie e siti, sempre puntuali e con aggiornamenti sulle condizioni dei trentadue migranti aggrappati alla speranza e alla piattaforma Miskar: Ansa, Open, Repubblica e altri organi di stampa.

POCHE ORE FA…
Poche ore fa l’ultimo appello, mentre la nave inviata da Sea Watch, sta solcando il mare per agganciarsi alla piattaforma e soccorrere gente assetata e a digiuno. Hanno bisogno di aiuto. Fino a poche ore fa nessuno si stava occupando di loro, anche perché la piattaforma sulla quale si sono in qualche modo “salvati” non sarebbe attrezzata per prendersene cura.
«Questa mattina, “Aurora”, l’assetto veloce di SeaWatch – ha tempestivamente comunicato la Ong Sea Watch – è partita da Lampedusa alla volta della piattaforma Miskar dove sono bloccate da quattro giorni trentadue persone in fuga dalla Libia: hanno bisogno di aiuto, nessuno – al momento – li sta soccorrendo e la piattaforma non è attrezzata per prendersene cura: a breve arriveremo in zona», il primo appello raccolto dalle agenzie di stampa, fra queste l’Ansa.
Mentre scriviamo, sono trentadue le persone a trovarsi sulla piattaforma. Viaggiavano, si diceva, a bordo di un gommone partito dalla Libia, tra loro vi sono anche donne e bambini. Una persona, purtroppo, sarebbe già deceduta. «Le autorità italiane devono prestare soccorso immediato alle trentadue persone – fa sapere Ong Mediterranea Saving Humans – che, da oltre quattro giorni ormai, in fuga dalla Libia, sono naufragate sulla piattaforma petrolifera Miskar, di proprietà della multinazionale inglese British Gas, che si trova al largo delle coste tunisine, nel Mediterraneo centrale; le persone sono in contatto fin dall’inizio con Alarm Phone che, da giorni, ha informato costantemente le Autorità italiane e maltesi della situazione: le piattaforme sono state anche monitorate domenica e ieri (lunedì, per chi legge) dall’aereo civile Seabird di Sea-Watch».

E INVITO ALLE AUTORITA’
Mediterranea prosegue nel suo appello alle autorità italiane. Segnala, infatti, che una persona sarebbe già deceduta, mentre altre, in particolare donne e bambini, starebbero molto male. Non hanno acqua, cibo e sono esposte, spiega la Ong, alle intemperie di un mare in burrasca: non si può perdere altro tempo. «Chiediamo – riprende Mediterranea – un intervento immediato di soccorso da parte delle Autorità Europee: la piattaforma si trova a poche decine di miglia da Malta e dall’isola di Lampedusa, mentre i militari tunisini non avrebbero fornito assistenza ai naufraghi». Insomma, vanno soccorse senza perdere altro tempo.
«Richiamo l’attenzione del ministro Piantedosi – ha riportato alla Camera Marco Grimaldi, vicepresidente AVS – non possiamo lasciare sole e senza soccorso persone che da oltre quattro giorni sono naufragate sulla piattaforma petrolifera Miskar, di proprietà della multinazionale inglese British Gas, che si trova al largo delle coste tunisine, nel Mediterraneo centrale: chiediamo che il ministro intervenga al più presto».
Intanto, l’eurodeputato Sandro Ruotolo ha presentato un’interrogazione alla Commissione UE chiedendo quali misure intenda adottare per garantire il salvataggio delle trentadue vittime ed evitare il respingimento in Tunisia.