Natale in Africa, fra gioie e problemi

«Un momento di preghiera e riflessione. Ognuno festeggia come può, nel massimo rispetto. E quando c’è un sorriso sincero è sempre festa!». I nostri ragazzi, le abitudini, alberi e addobbi, tradizioni e canti, ognuno ha i suoi riti. Sempre condivisi, anche se la fede religiosa è diversa.

La scorsa settimana ci siamo lasciati con un pugno di amici transitati da “Costruiamo insieme”: Haroon, Samuel, Ali, Sambou, Michael e Lamine. Ragazzi che hanno vissuto o vivono la città con il massimo rispetto. Qualcuno di loro è musulmano, ma festeggia il Natale secondo tempi e modi nostri. «Solo il fatto di vedere gente con il cuore che si riempie di gioia, scatena una festa!». I ragazzi con la cooperativa nel cuore, fanno squadra. E’ la loro interpretazione di un sentimento popolare, qui, in Italia. Certo, il taglio evidentemente commerciale fa della nostra Festa dell’anno, la natività, un evento appena più piccolo, a causa di quell’aspetto consumistico che negli anni la cosiddetta società civile ha riservato a un sentimento religioso. Ma tant’è, si dice. Forse oggi c’è il bisogno di promuovere l’aspetto legato ai regali. Il nostro territorio ha bisogno di agitare un po’ di economia. Ma questa è un’altra storia.

E dopo la prima parte, ecco la seconda. Scrivevamo del natale in Africa e in alcuni Paesi del medio Oriente. Di come in quelle terre, basta poco per essere felici in questi giorni. Di come il gesto, più che un regalo, venga apprezzato più di ogni cosa. Basta il gesto, infatti, avevamo scritto.

Dunque, dopo la Santa messa, i cristiani africani festeggiano il pranzo di Natale con amici e parenti. In Sud Africa, le famiglie comunemente si riuniscono per un barbecue (braai) o ricordano le proprie origini coloniali britanniche con un pasto tradizionale a base di tacchino, prosciutto affumicato e tortini di carne macinata.  In Ghana, il pranzo di Natale non è completo senza il fufu e la zuppa di okra, mentre in Liberia non possono mancare riso, manzo e crackers.

Sempre secondo quanto appreso dai ragazzi e dagli scritti degli stessi ragazzi o, comunque, da chi in quei Paesi ci è stato davevro, la storia del Cristianesimo in Africa risale al Primo secolo. E’ da allora, che tutti i missionari arrivati sul posto si rendono conto di quanto le popolazioni africane siano profondamente spirituali. Partecipare alla Santa messa di Natale è solitamente il centro delle festività natalizie. Lo stesso vale per i canti sacri e, talvolta, le danze celebrative.

BUON NATALE, SI DICE…

In Malawi, gruppetti di bambini vanno di porta in porta per ballare e cantare canzoni di Natale vestiti di gonnelloni di foglie, accompagnando i loro canti con strumenti musicali fatti in casa, chiedendo in cambio qualsiasi cosa.

«Le comunità cristiane dell’Africa – spiegano i ragazzi – decorano  le vetrine di negozi, chiese e le proprie case; a Nirobi si decorano le vetrine con neve finta. In Ghana, le palme vengono decorate con candele accese, mentre in Liberia con piccoli campanelli».

Come si dice “Buon Natale” in Africa? «In eritreo e in tigrino, buon Natale si dice “Rehus-Beal-Ledeats” ; in Zimbabwe, il Natale si chiama Kisimusi; in afrikaans, “Buon Natale” si dice “Gesëende Kersfees”». Sembra più “scandinavo” che africano, ma i nostri amici, confermano: è proprio “africano”. In Africa, ne abbiamo scritto spesso, esistono centinaia di lingue e dialetti diversi. Ognuno ha il suo modo specifico di augurare Buon Natale. Se la forma cambia, il significato resta lo stesso.

Cosa si fa a Natale, lo avevamo accennato già la volta scorsa. Questo dipende molto dal Paese africano in cui uno si trova. Di solito, il Natale in Africa coincide con il periodo della raccolta del cacao. Quindi, in molti Paesi africani non si festeggia il 25 dicembre ma il 7 gennaio, secondo il rito della Chiesa copta ortodossa. «Per Natale, tutti i lavoratori tornano alle loro famiglie, mentre i giovani girano per strada intonando canti natalizi; nei Paesi di religione cristiana, Ghana e Kenya, per esempio, il Natale si celebra seguendo le funzioni religiose comandate».

PALME ADDOBBATE

L’albero di Natale è uno dei simboli di questo periodo. Ma, per ovvi motivi legati al clima, trovare un abete non è proprio facile, tanto che in alcuni Stati, come la Liberia, si ripiega sull’addobbo di palme.

Cosa mangiano in Africa a Natale. «Cambia da un Paese all’altro: pranzo e cena di Natale prevedono zuppa di pane e carne, arrosto di capra, riso e pasta di patate, stufato di pollo…». Nei Paesi cosiddetti “occidentalizzati” è, invece, più facile trovare una tavola imbandita con tacchino arrosto, maialino da latte, uva passa, verdure.

Curiosità. «Il Natale in Sudafrica cade in piena estate, così i sudafricani lo passano in spiaggia, nuotando nell’Oceano, mangiando, cantando e divertendosi per tutta la giornata; mentre qui fa freddo, nel continente africano fa caldo anche a dicembre».

Detto delle singole tradizioni, «Il Natale, in Africa, è un momento per dimenticare, anche solo per un giorno, una serie di problemi purtroppo ancora grandi: fame, diritto all’istruzione negato, precarie condizioni igieniche, disuguaglianze di genere…», solo per elencarne qualcuno. Ma, forse, il Natale può essere il momento giusto per cominciare a fare qualcosa per i Paesi che hanno bisogno di un gesto di aiuto. E le associazioni serie sono tante, basta cercare su internet e farsi guidare dal cuore. C’è una canzone dei Pooh, “C’è bisogno di un piccolo aiuto”: provate ad ascoltarla. E «Buon Natale da noi tutti!».