Incontro con Hassen Chiha, imam di Taranto
«Ognuno prega come sa e come può. Nella provincia di Taranto duemila fedeli, una ventina i residenti convertiti all’Islam. Una volta l’anno ci riuniamo in preghiera sulla Rotonda del Lungomare. Vorremmo un luogo di culto più decoroso, possibilmente non lontano dal centro cittadino»
Stavolta “Costruiamo Insieme” ha incontrato nella sua sede di via Cavallotti Hassen Chiha, imam a Taranto. Con lui abbiamo toccato diversi tasti, dalla religione ai rapporti con i residenti, all’analisi del senso di preghiera e soprattutto fatto un netto distinguo fra Islam, vale a dire la religione musulmana, e l’Isis. Importante, Allah è il Dio dei musulmani; il profeta è Maometto, la fede religiosa praticata con la lettura e il rispetto del Corano, non disconosce Gesù Cristo, considerato messaggero di Dio.
Hassen Chiha, quanti sono i fedeli musulmani fra Taranto e provincia. E in Puglia?
«Nella provincia ionica, grossomodo duemila, anche se credo siano di più. In tutta la Puglia, il conteggio è complicato: chi lo sa, sicuramente tantissimi. Svolgiamo incontri periodici con i fratelli musulmani di Bari e Lecce, ma anche raduni di preghiera a livello nazionale. Non so quanti siamo, sicuramente il numero è elevato».
Dove vi riunite in preghiera e le risorse economiche con cui finanziate la vostra sede, più che una moschea un luogo di culto.
«In effetti è improprio definire la sede di via Cavallotti 76, casualmente non molto distante dalla sede della vostra cooperativa; diciamo che è un luogo di culto; paghiamo un fitto mensile di circa trecento; dove prendiamo i soldi? Ci autogestiamo con il contributo di ciascun fratello, ognuno dà quello che può: dieci, venti centesimi, un euro».
Si associa spesso la fede musulmana agli sbarchi, il musulmano all’extracomunitario. Ci sono tarantini convertitisi all’Islam?
«Una ventina di residenti hanno abbracciato la nostra fede; qualcuno nel frattempo, questioni di lavoro, è andato fuori Taranto; nel resto della regione il numero di pugliesi che esercitano la fede musulmana è evidentemente più elevato; azzardo una ipotesi: forse un continuo scambio culturale porta qualche residente a convertirsi al Corano».
Quali pensate siano gli argomenti più convincenti per convertire all’Islam?
«La conversione è una cosa seria, è qualcosa di spirituale che tocca l’anima; partendo dalla parola del Profeta, con il passare dei millenni siamo diventati circa due miliardi in tutto il mondo: non siamo pochi, insomma. Ma, attenzione: la fede non dipende da noi, ma da Dio. In queste occasioni ci vengono rivolte domande specifiche alle quali io e i fratelli nei diversi raduni di preghiera proviamo a rispondere».
Qual è la domanda ricorrente che rivolgono quanti hanno intenzione di avvicinarsi all’Islam?
«Su Gesù, se lo riconosciamo o meno: la risposta è sì, lo riconosciamo, portiamo rispetto nei suo confronti; ne riconosciamo l’impegno di messaggero, profeta – tutti i profeti sono messaggeri di Dio – e rispettiamo tutti allo stesso modo; tanti, poi, ci chiedono se la fede musulmana abbia a che fare con l’Isis: due cose completamente opposte, chiariamo; chiediamo piuttosto ai fratelli che non hanno ancora padronanza dell’italiano, di non rispondere a domande così delicate, tante volte una parola, una frase, possono essere interpretate nel modo sbagliato».
Ci sono, invece, musulmani che una volta in Italia si convertono, per esempio, alla religione cattolica?
«Nella nostra comunità non è ancora accaduto; fosse accaduto non avrei avuto problemi a dirlo: questione di rispetto, ognuno è libero di abbracciare quella che più sente come la propria fede, nessuno deve sentirsi costretto a seguire insegnamenti in cui non crede o non crede più».
La moschea di via Cavallotti, le iniziative.
«La moschea è sempre aperta, a volte organizziamo iniziative con studenti universitari, altre volte con amici, per far comprendere cosa sia la fede musulmana; in queste settimane abbiamo strappato un “sì” al sindaco Rinaldo Melucci, dovrebbe venire a trovarci presto».
Un appello alle autorità, l’attuale sede non è molto capiente.
«Più volte abbiamo provato a sensibilizzare le autorità cittadine, in particolare quelle comunali, il sindaco Ippazio Stefano venne a farci visita un paio di anni fa; speriamo possa farlo anche Melucci, ripeto, disponibile a venire a trovarci, impegni istituzionali permettendo».
Cosa chiedereste al sindaco di Taranto?
«Una sede decorosa, possibilmente non in un lontano quartiere cittadino: avremmo problemi per spostarci con i mezzi pubblici, poi una scelta simile sarebbe emarginazione; i tarantini hanno un elevato senso di accoglienza e rispetto, pertanto crediamo sia l’occasione giusta per venirci incontro. Il venerdì di preghiera ospitiamo non meno di duecentocinquanta fratelli, tanti; amici di fede cristiana hanno detto che uno spazio così angusto non può essere motivo di rispetto per una comunità religiosa: noi ci limitiamo solo a chiedere uno spazio ragionevole nel quale riunirci e pregare Allah».
Domande alle quali qualcuno vorrebbe dare risposta. Dunque, la prima: quante volte i musulmani si raccolgono in preghiera ogni settimana?
«Cinque volte al giorno, dunque trentacinque volte a settimana; poi ci sono incontri, approfondimenti religiosi, cui è facoltativo partecipare; a volte, questi, li svolgiamo anche fuori dalla sede di via Cavallotti».
Ramadan, proviamo a spiegarlo brevemente.
«Quest’anno il Ramadan ricade più o meno a metà maggio; è un momento importante per noi musulmani, un mese di misericordia; il sacrificio consiste nello staccare l’anima dal piacere quotidiano, dal cibo ai rapporti intimi fra marito e moglie; è un mese nel quale ci ritroviamo a tavola insieme con amici, offriamo il cibo a chi non ce l’ha: per noi è un dovere far sedere alla nostra tavola fratelli meno fortunati; facciamo anche preghiere notturne per recitare le quali ci ritroviamo anche in moschea; a fine mese, il Ramadan si conclude con una festa al mattino, una preghiera all’aperto, a Taranto per esempio autorizzata dalle autorità locali sulla Rotonda del Lungomare: l’ultima volta eravamo circa un migliaio. Questo ha permesso alla comunità tarantina di vedere come preghiamo; c’è chi si è avvicinato incuriosito, chi ha atteso la fine della preghiera per scambiare con noi idee e opinioni, sempre nel massimo rispetto del proprio credo religioso».
Islam e Isis, chiariamo: sono due cose opposte.
«Qualcuno, in maniera chirurgica, spesso genera confusione avvicinando la nostra religione all’Isis, dunque provando a identificarci con i terroristi: niente di più sbagliato; il musulmano non potrebbe essere mai essere terrorista, pratica la sua fede nell’amore per Dio e del prossimo: non siamo stati creati per farci ammazzare uno con l’altro, bensì per vivere insieme, amarci, rispettarci, essere di supporto uno con l’altro».
Fede musulmana e cattolica.
«Sono più le cose che ci avvicinano, che quelle che ci allontanano. La cosa che deve unirci è il reciproco rispetto: io rispetto il tuo Dio e le tue preghiere, tu rispetti il mio Dio e le mie preghiere».