Federica, affascinata dal cinema, ha dovuto trasferirsi in America

Selezionata insieme con altri giovani promettenti, si è finanziata gli studi alla Columbia, dove si è laureata e ha finanziato un primo “corto”. «Sono stati sufficienti duemila dollari, avessi dovuto farlo in Italia avrei dovuto aprire una società con un capitale di quarantamila euro. Capite quanto sia complicato produrre progetti qui, a casa mia?»

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Anche stavolta è una storia che torna dall’America, Stati Uniti, dove un sogno, il “sogno americano” è sempre possibile. Magari non come un tempo, ma se hai la stoffa, lì, negli States, ti accolgono a braccia aperte. Ti danno un’occasione, se sai coglierla al volo puoi diventare un altro italo-americano che ha fatto la fortuna del Paese più ospitale e controverso al mondo. Insomma, se ci sai fare, e sei, per così dire, affascinato dal cinema come la nostra Federica, bene, allora anche tu puoi coltivare il tuo sogno.

Della storia della nostra conterranea e di altri ragazzi promettenti, se n’era occupato qualche anno fa Il Fatto quotidiano, giornale fondato più di vent’anni fa da Marco Travaglio, insieme a colleghi come Peter Gomez, Marco Lillo, Bruno Tinti e Antonio Padellaro. Stavolta torna sul luogo più che del misfatto, sul terreno sul quale Federica, come alcuni suoi amici e colleghi, ha coltivato il suo sogno: quello di produttrice indipendente.

«UN PUGNO DI DOLLARI»

E’ così che Marco Vesperini domenica scorsa ha pubblicato un servizio nel quale tornava a parlare di Federica, Federica Belletti. Per noi Federica, così la sentiamo più vicina. Una di noi che ha realizzato uno dei nostri sogni. In America, Mecca del Cinema dicono, la “nostra” ha cominciato a camminare con le sue gambe, investendo su se stessa. In Italia realizzare uno dei suoi progetti costerebbe una fortuna, negli Stati Uniti, confessa a Vesperini, può costare anche appena duemila dollari.

«Qui, se vuoi metterti in gioco – spiega – come produttrice indipendente non occorrono cifre astronomiche per realizzare un progetto cinematografico. In Italia impossibile chiedere sostegno con fondi pubblici». Ha ragione da vendere la neo-producer italiana. E’ un percorso molto articolato. Bisogna raccomandarsi a qualcuno, così molti giovani non rischiano.

Federica, marchigiana, da poco superati i trenta, ha coronato il suo sogno americano, lavora a New York. Ilfattoquotidiano.it – come scrivevamo – aveva raccontato la fase precedente alla sua partenza: figurava fra una ventina di studenti selezionata in tutto il mondo dall’università newyorkese per il corso di “film producing”. Per pagarsi la retta del primo anno, le servivano subito ottantamila euro, somma che aveva deciso di raccogliere online. «Vorrei anche su progetti italiani – ha dichiarato – storie, vicende da raccontare non mancano, specie quelle storie che hanno un indirizzo femminile». Lo scorso anno, con altre coetanee, ha pubblicato un’antologia sulle donne rivoluzionarie della sua regione, le Marche: “Più diritti per streghe malvagie”.

cinema-5069314_960_720«FOSSI RIMASTA QUI?»

Federica ha di che essere orgogliosa, ha raccolto riconoscimenti e critiche lusinghiere, come ricorda, puntuale Vesperini nel suo reportage per Il Fatto Quotidiano. «Con Alies Sluiter, nelle vesti di regista, siamo riuscite a portarci a casa un buon risultato scaturito da un festival importante svoltosi in Nuova Zelanda: intanto ci siamo qualificate con la prospettiva di una nomination: è la politica dei piccoli passi, uno per volta…».

La laurea l’ha conseguita alla Columbia University. «Una tesi, la mia, è diventata cortometraggio: persone di nazionalità - è la trama – si trovano a condividere lo stesso spazio durante una tempesta ad Atene. Refuge, questo il titolo del “corto”, è stato notato anche dalla rivista The New Yorker, che ha deciso di pubblicarlo: il coronamento di un lungo lavoro a cui tengo molto».

«Qui – conclude Federica – è più facile fare impresa: qui con duemila dollari apri una società e realizzai un lungometraggio. In Italia ? Devi avere una società registrata come s.r.l. con quarantamila euro di capitale in partenza». Qual è il compito di una produttrice. «Avere un sesto senso, avere fiuto, scoprire una storia, svilupparla con uno sceneggiatore di tua fiducia e a quel punto mettere insieme una squadra, trovare gente professionale per realizzare il prodotto finito, infine fare in modo che il film arrivi di fronte ad una platea».

E, in Italia? Per il momento meglio non pensarci. Intanto perché trovare un finanziamento per aprire una società a responsabilità limitata è un problema. Meglio partire?