Destituito Boubacar Keita

La capitale Bamako nelle mani dei militari. Proteste contro il presidente, mancanza di sicurezza e brogli elettorali. Sul territorio la presenza di forze straniere. Negli ultimi due anni il Dipartimento di Stato americano ha destinato 323milioni di dollari per addestramento e forme di assistenza ai “Paesi del G5” (Mali, Burkina Faso, Niger, Ciad e Mauritania).

Colpo di Stato in Mali. Lo ha compiuto l’esercito ai danni dello stato e del presidente Boubacar Keita, presidente da sette anni e, oggi, dimissionario. La capitale Bamako da giorni è nelle mani dei militari. Sciolto anche il parlamento, decisione accelerata per via degli arresti di alcuni ministri da parte dei soldati intervenuti nella capitale.

Tutto, che sia pretesto o episodio acclarato, come riportato da più fonti, fra queste “il Post” di Luca Sofri, è accaduto dopo le proteste contro Keita, che secondo le accuse avrebbe compiuto brogli elettorali durante le consultazioni dello scorso marzo. L’intervento pare fosse nell’aria, alla luce del malcontento della popolazione a causa di una incapacità del governo nel contrastare corruzione e gruppi islamisti armati molto attivi, in particolare nella zona a Nord del Paese.

La popolarità di Keita negli ultimi anni pare avesse registrato una caduta in verticale. Lo stesso dicasi la percezione di sicurezza, nonostante l’appoggio di forze straniere. In particolare, in una regione, quella del Sahel, fascia di territorio dell’Africa subsahariana che include anche il Mali, sono attivi militari di Stati Uniti e Francia. Negli ultimi due anni il Dipartimento di Stato americano ha destinato 323milioni di dollari per l’addestramento di forze di sicurezza e altre forme di assistenza ai “Paesi del G5” (lo stesso Mali, insieme con Burkina Faso, Niger, Ciad e Mauritania). In breve, la Francia è diventato lo stato straniero con la maggior presenza militare nella regione: cinquemila soldati e basi militari.

Quanto sta succedendo in Mali è importante non solo per il futuro del Paese, ma anche per l’intera regione dell’Africa occidentale, senza contare che da anni sul territorio sono presenti soldati occidentali (statunitensi e francesi, si diceva) impegnati contro gruppi jihadisti.

CRISI IN MALI…

La crisi ha inizio otto anni. Ribelli e jihadisti prendono il controllo di zone del Nord del Mali, al confine con Algeria e Niger. Non più di un anno prima era stata combattuta la guerra civile in Libia contro l’allora presidente, Muammar Gheddafi. Anche in quell’occasione avevano partecipato Francia e Stati Uniti. Dopo la caduta di Gheddafi, ribelli maliani armati (fra questi membri di Al Qaida schieratisi al fianco del leader libico) erano tornati in Mali attaccando città del Nord, fino a prenderne il controllo. In virtù di ciò, le zone governate dai gruppi jihadisti furono sottoposte a rigorose regole religiose. Da questo stato di cose, scaturì il successivo colpo di stato compiuto dai militari, che destituirono l’allora presidente maliano, Amadou Touré, facendo avanzare le quotazioni  di Keita, politico molto popolare.

Prima del rovesciamento del governo di Touré, Keita era stato primo ministro e presidente del Parlamento godendo dell’appoggio soprattutto dei giovani. Keita ci mise poco a guadagnarsi rispetto, tanto da essere considerato “un politico onesto e giusto”, come aveva riportato il New York Times. Sette anni fa, ad un anno e mezzo dopo il colpo di stato, Keita fu eletto presidente a larghissima maggioranza. Nel suo programma, fra i primi impegni: combattere la corruzione. Durante la presidenza di Keita, e dopo l’avanzata dei gruppi islamisti nel Nord del Paese, la Francia aveva aiutato le forze maliane nel riprendere il controllo dei territori perduti. All’inizio l’intervento fu un successo, anche se successivamente i ribelli continuarono a compiere attacchi contro la popolazione civile.

E LA SICUREZZA PROMESSA?

Keita, purtroppo, nonostante i suoi annunci non fu in grado di sostenere le promesse fatte, a cominciare dal garantire sicurezza ai cittadini. Questo malcontento avvertito fra il popolo maliano sarebbe stato il principale motivo dell’ultimo colpo di Stato militare. Le principali accuse rivolte a Keita sarebbero riconducibili all’incapacità nel migliorare la situazione economica del Paese e mettere in campo strumenti a contrasto della corruzione. Da qui il crollo in termini di fiducia. Rieletto presidente, Keita aveva raccolto una maggioranza molto più bassa rispetto alle elezioni di cinque anni prima che lo videro trionfare. Fra le accuse: brogli e irregolarità nel voto.

Infine, le ultime elezioni parlamentari. Da qui in poi, manifestazioni antigovernative con decine di migliaia di persone in piazza, fino all’intervento dei militari che hanno rovesciato il governo di Keita. I problemi cominciano alla fine di marzo. Pochi giorni prima delle elezioni, uno dei leader dell’opposizione, Soumaila Cisse, viene sequestrato da uomini armati non identificati nel centro del Paese, tra le preoccupazioni della popolazione: il contagio e l’attività di gruppi islamisti.

Contro Keita e il suo partito, oltre alle accuse sulla mancanza di sicurezza assicurata ai propri connazionali, anche i brogli elettorali. A fine aprile, la Corte costituzionale del Mali aveva ribaltato gli esiti elettorali relativi a trentuno seggi parlamentari. Una condizione che aveva permesso al partito di Keita di avere la maggioranza in Parlamento. Una manovra che non aveva del tutto convinto il popolo maliano che aveva cominciato a manifestare apertamente il proprio malumore. Meno di cinque mesi dopo, arriva il colpo di Stato, Keita a casa.