Billy, guineano, riabbraccia un giovane gambiano salvato da morte certa

«Incontrato sul Lungomare di Taranto. Ci siamo corsi incontro e stretti quasi fino a farci male. Non sapeva nuotare, invocava aiuto: ne avevo visti già tanti inghiottiti dal mare, lui non doveva fare la stessa fine. Sopravvissuto a quella sciagura del mare, ho aiutato lui, il figlioletto di un mio connazionale e mia sorella, diventata ostetrico»

Salvare un ragazzo da morte certa, perderlo di vista una volta sbarcati, prima daccapo in Libia, più avanti a Catania e, infine, riabbracciarlo, da non crederci, mesi dopo sul Lungomare di Taranto. Una storia a lieto fine, quella di Billy e Ibrahim, una di quelle che più di altre ci piacciono. Nonostante di mezzo ci siano, purtroppo, centotrenta dispersi, cioè centotrenta morti. Quell’aggettivo, “dispersi”, lo usano i cronisti, i notiziari, le istituzioni che alimentano speranze flebili. Quei centotrenta che non si sono più trovati, secondo i calcoli di Billy, un ragazzone con la voglia di fare, tanto, riscattarsi e dimostrare al più presto la sua riconoscenza per l’Italia, ma che ha solo voglia di lavorare.

A proposito di notiziari, ancora oggi Billy non si capacita. «Possibile che centotrenta persone scompaiano in mare e nessuno ne dia notizia?», s’interroga. Telegiornali, un notiziari, un quotidiani, tacciono. «Ancora oggi penso a quella gente che non è ancora ancora a conoscenza di quello che possa essere accaduto ad uno dei loro familiari: non sanno nemmeno che i loro cari siano stati dati per “dispersi”, in realtà morti in uno dei tanti viaggi della speranza».

Billy, guineano, fede musulmana, ventiquattro anni, si è impegnato in mille lavori. Comincia dalla fine, da quel romanzo che è la vita. «Non volevo crederci, passeggiavo sul Lungomare di Taranto e quel ragazzo che mi stava venendo incontro, a piccoli passi, perché anche lui sembrava non credesse ai propri occhi, era Ibrahim!». Da non crederci, come dare torto a Billy. «Un grande abbraccio, ci stringemmo con forza, quasi fino a farci male, non ricordo nemmeno chi dei due cominciò a singhiozzare per la forte emozione: piangemmo insieme; in un attimo nella mente passò quel brutto film che fu il naufragio…».

 

ERA IL 27 SETTEMBRE…

Ibrahim, gambiano, più giovane di lui, quella notte in mare in preda alla disperazione.  Ricorda come fosse ieri, Billy. Tiene a mente la data. «27 settembre 2017, tirai fuori trecento euro per pagarmi quel viaggio della speranza, ancora non sapevo cosa mi aspettasse: pensando a quelle ore disperate, mi viene ancora da piangere: mi rimbombano nella mente pianti a dirotto e urla strazianti: tutto buio, gente che vedo a stento, illuminata a a malapena dalla luna, che purtroppo scompare inghiottita da flutti del mare; tutti, me compreso, disperati, in cerca di salvezza: uno strattona l’altro, si aggrappa a qualsiasi cosa lo circondi: tavole galleggianti, bidoni, camere d’aria, insomma quel poco che resta di quell’enorme gommone; ci sono anche bidoni di benzina, qualcosa che potesse rappresentare la nostra salvezza: qualcuno provava a svuotare quei bidoni dal carburante che, inevitabilmente, ci finiva addosso, sulla faccia, le braccia, sul dorso delle mani, fino a ustionarci la pelle: meglio le ustioni che non morire affogati, risucchiati dal mare». Quei bidoni erano un salvagente, scatenavano una disperata lotta per la sopravvivenza: mi guardavo intorno, uno spettacolo agghiacciante, chi provava ad impossessarsi di un bidone o una camera d’aria; non tutti sapevano nuotare e, allora, addio, un istante dopo non li vedevi più, ma anche chi sapeva nuotare alla fine, sopraffatto dalla stanchezza veniva ingoiato dalle acque. Fu in uno di quei momenti che vidi scomparire fra le acque Thierno, un mio connazionale: durante quel breve viaggio mi aveva raccontato la nostalgia che avvertiva per aver lasciato moglie e figlio, Mamadou, piccolino, rimasto in Guinea con la mamma…».

 

ADDIO THIERNO, AMICO MIO…

Thierno non c’era più. C’era Ibrahim, piuttosto, un ragazzo che vedeva per la prima volta. Rischiava di annegare, non sapeva nuotare. «Sentii un morso a una mano, vidi un ragazzo giovanissimo, magro, disperato: voleva quel bidone al quale ero abbracciato, aveva paura di morire e qualsiasi cosa facesse, pensai subito, era giustificata; lo rasserenai con un sorriso e un gesto, gli allungai quel “salvagente”; potevo resistere, ho un buon fisico: Ibrahim era salvo, io poco dopo trovai un altro bidone al quale mi aggrappai; ero salvo anche io!».

Ibrahim, viveva fra Martina Franca e Grottaglie. «Felice per lui, ma ancora con il cuore a pezzi per il dolore, quei centotrenta compagni di viaggio dispersi in mare, che brutto destino!». C’è un altro risvolto umano nel racconto di Billy, altrettanto nobile. «Durante i primi tempi – spiega il ragazzo guineano – con metà del mio pocket-money aiutavo il piccolo Mamadou, figlio del povero Thierno: proseguiva gli studi, inviavo i soldi alla mamma, che con qualche altro risparmio ha aperto un piccolo commercio tanto che oggi è lei stessa a provvedere al figlioletto». Il cuore di Billy è immenso. «Ho aiutato anche mia sorella Fanta, nel frattempo diventata ostetrica: aiuterà mamme a mettere al mondo tanti bei bambini che non dovranno conoscere quell’inferno attraverso il quale sono passato io e tanti altri come me, come il povero Thierno e il mio amico fraterno Ibrahim, che fortunatamente ce l’ha fatta».