Simona Galeandro, le canzoni e il terremoto nel 2010 in Cile
«Paura negli occhi, avevo appena vinto il Festival internazionale di Viña del Mar, edifici crollati come castelli di carte da gioco». Tarantina, vincitrice di Castrocaro, ripercorre quei momenti. «Quando canto “I will always love you”, ricordo i miei otto anni e l’espressione incredula di genitori e parenti. Studio in Coservatorio a Milano, voglio crescere, migliorarmi. Scrivo una canzone per due ex dipendenti Ilva, e spero che Diodato ricordi una sua promessa…»
«Pensi a tutto e niente, pensi ai tuoi cari e a salvarti, a fuggire, seguendo la gente che urla e corre all’impazzata e prova a lasciare le abitazioni che si stanno piegando su se stesse, come fosse un castello di carte da gioco!». L’ultima volta che avevamo sentito Simona Galeandro, voce e talento straordinari, non si era trattato di una intervista all’artista, ma alla cittadina tarantina che dieci anni fa si era trovata nel mezzo di un terremoto magnitudo 8.8 che aveva scosso l’intero Cile. «Ero lì per il Festival internazionale di Viña del Mar: il tempo di festeggiare la vittoria alla rassegna considerata in Sud America come l’Eurofestival da noi, che ecco che alle tre e mezzo del mattino, arriva lo scossone».
Dieci anni fa, solo a ricordarlo le vengono i brividi. «Mi sembrava di vivere su un set cinematografico, a differenza che se stai sul set sai perfettamente che si tratta di fiction, quando invece accade per davvero e i tuoi occhi osservano qualcosa che non si può raccontare, vivi il terrore allo stato puro: ti passa la vita davanti come fossero fotogrammi, per restare in tema, alla velocità della luce».
Centinaia i morti, altrettanti dispersi, una ferita ancora aperta nel cuore di quel Paese, straordinario per bellezza e accoglienza. Oggi Simona, trentatré anni, risiede a Milano per motivi di studio. E’ protagonista insieme con Graziano Galàtone di “I love musical”, progetto all’interno del Magna Grecia Festival. Subito via il primo dubbio, cantante o interprete. «Interprete. In questi ultimi anni di attività, inoltre, mi sto cimentando in brani scritti da me stessa e, di recente, in collaborazione con Nica Leo, pugliese come me, molto brava. Sono tornata ad esibirmi con l’orchestra, qualcosa che mi ha aiutata a fugare gli ultimi dubbi, così da farmi sentire interprete a tutto tondo, tanto che sono stata felice di partecipare al progetto “I love musical”».
L’esordio con l’orchestra non si scorda mai. «La “prima”, con l’Orchestra della Magna Grecia. Risale a dieci anni fa, sempre con Graziano Galàtone, partner eccezionale, forza della natura, il suo curriculum esagerato racconta il suo successo meritato».
Festival vinti meritatamente, Castrocaro 2008 e, si diceva, nel 2010, Viña del Mar, gemellato con il Festival di Sanremo (Laura Pausini fra gli ospiti). Cosa è accaduto dopo tour e un ciclo di studi importante cui si sta dedicando. «Ho iniziato da piccola, ma quando mi confronto con colleghi del settore comprendo che devo portare a compimento un percorso fatto di grande impegno che mi dia gli strumenti per confrontarmi con gente che, a sua volta, ha compiuto un ciclo di studi importante; così anche io ho deciso di intraprendere un corso di laurea al Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano, indirizzo pop, tanto nuovo quanto rivoluzionario, appassionandomi contemporaneamente al mondo della musicoterapia».
Taranto, cosa la lega e cosa l’allontana. «Per fare quello che prima consideravo un hobby e, da qualche anno, è una professione, devo confrontarmi con altri, guardare a nuovi orizzonti, aprire la mente, entrare in contatto con altre culture; è stata la fame di conoscenza che mi ha condotto inevitabilmente a viaggiare. Cosa mi lega alla mia città: la famiglia, il mare, la voglia di difenderla a spada tratta, tanto che uno dei progetti su cui sto lavorando con Nica è la storia di due operai ex Ilva che hanno scelto di lasciare il siderurgico per aprire un’attività di ristorazione: la scelta di mettersi in gioco, provo a dirlo con parole loro…».
I progetti che più di altri l’affascinano in questo momento. «Il mio primo album. Ho partecipato a numerose manifestazioni, vinto rassegne importanti, ma trovare una mia strada, comprendere cosa in realtà ho voglia di fare e come voglio dirle certe cose, è un altro discorso: è stato questo desiderio che mi ha quasi suggerito di attendere tempi più maturi, aspettare per comprendere chi fossi e con cosa potessi confrontarmi. Così sto lavorando al mio debutto: è il mio primo album il mio nuovo orizzonte».
Una canzone che più di altre avrebbe voluto cantare. E un autore contemporaneo che vorrebbe le regalasse una canzone. «Mi scopro spesso a cantare a squarciagola “Call my name” di Prince, nella versione di Morgan James; fra gli autori, adoro il nostro Diodato, felicissima della sua vittoria a Sanremo: anni gli chiesi una canzone per me, mi rispose “Perché no? Proviamo…”, così spero che un giorno o l’altro si ricordi e mi faccia questo regalo».
La canzone più impegnativa interpretata in questi anni. «“I will always love you” di Whitney Houston, che eseguirò anche in versione orchestrale con l’ICO Magna Grecia. C’è una storia legata a questo titolo: i miei genitori hanno scoperto la mia vocazione canora mentre mi ascoltavano cantare questo brano, avevo appena otto anni. Cantarla con l’orchestra, il tappeto di violini poi, è motivo di grande emozione: quando la ricanto mi commuovo al punto tale da versare qualche lacrima, provo a trattenermi, ma ogni sera è un’impresa…».
Progetti nell’immediato futuro, riepilogando. «L’album e il mio impegno per Taranto, cui tengo tanto. Non vedo l’ora che esca questo mio primo lavoro, sarà l’occasione per accendere un riflettore su una città che ha voglia di riprendersi, riscattarsi».