Billy, operatore di “Costruiamo Insieme”, ricorda una tragedia del mare
«Non un tg, né un solo giornale ha riportato la notizia sulle vittime di un naufragio. E’ accaduto al largo della Libia. Il mio dio mi ha dato la forza di salvare un ragazzo da morte sicura e aiutare con quello che posso chi studia nel mio Paese. Il mio orgoglio: Mamadou, figlio di uno scomparso, e Fanta, mia sorella, prossima ostetrica, sgobbano sui libri»
«Come è possibile che centotrenta persone scompaiano in mare e nessuno dica niente? Un notiziario, un giornale, niente: penso alla famiglia di quella gente sfortunata che è morta in uno dei tanti viaggi della speranza».
Complicata la comunicazione. Billy, guineano, fede musulmana, nonostante i suoi ventidue anni, ha fatto di tutto. Ha perfino salvato la vita in mare a Ibrahim, gambiano, un ragazzo in preda alla disperazione; aiuta negli studi una sorella, medico fra un anno, e Mamadou, piccolo orfano, guineano come lui. «Allah mi ha salvato, secondo il suo disegno io devo aiutare il prossimo con tutte le mie forze: sarò per sempre riconoscente verso il prossimo, a costo di rimetterci la pelle!».
Da mesi operatore con la cooperativa “Costruiamo Insieme”, alla quale non smetterà di dire «Grazie!» per avergli dato un lavoro, ha tante storie da raccontare. Non una sola. Mesi fa scrivevamo: fosse stato un americano, Clint Eastwood gli avrebbe dedicato un film biografico; fosse stato un orientale, i giapponesi ne avrebbero fatto un eroe da cartone animato.
Billy non ha niente da invidiare a questi eroi di celluloide o da fumetto che siano. Ha il fisico da rugbista. Ecco, forse sarebbe stato un campione di football americano. Ce lo immaginiamo, con uno di quei maglioni con numeri enormi e un casco protettivo schiacciato sulla testa. Un fisico prorompente, il suo: due spalle sulle quali Billy ha poggiato tufi a non finire quando si è trattato di fare il muratore, anche sedici ore al giorno. E, come sentiremo, pure qualche compagno di viaggio che aveva bisogno del suo aiuto.QUANTE STORIE…
La prima storia è da reality. Un misto fra “Vite vissute” e “Carramba che sorpresa”, con le debite distanze fra dramma e show televisivo. Andiamo per ordine, Billy “Occhi lucidi”, torna indietro con la memoria per la seconda volta. Non lo dice, ma abbiamo la sensazione che lo faccia solo per noi. Comprendiamo, invece, quale dolore possa avere ancora addosso nel rivivere più che momenti, ore e ore di disperazione. Un fatto è pensare alla tragedia del “Titanic” e rivedere Di Caprio al cinema e sentire urla strazianti per un quarto d’ora; un fatto è stare lì, in mare, galleggiare di notte, su una distesa di acqua che ha il colore dell’inchiostro, mentre il tuo barcone sul quale non potevano viaggiare neppure gli ottanta passeggeri previsti (eppure ne aveva imbarcati quasi il doppio) capovolgersi e scomparire. Un foro, uno scoppio, il gommone si disintegra in pochi attimi e tutti fra flutti impazziti, che un po’ ti riavvicinano e un po’ ti allontanano dalla costa.
Era il 27 settembre 2017, trecento euro per il viaggio della speranza. «Ore disperate, mi viene ancora da piangere – ricorda Billy – se ci penso, sento ancora urla strazianti, intravedo al buio gente che scompare inghiottita dal mare; altri, disperati, in cerca di salvezza che si strattonano per aggrapparsi a qualsiasi cosa: tavole galleggianti, bidoni, camere d’aria, quello che resta del nostro gommone; ecco, i bidoni di benzina, questi potevano essere la nostra salvezza: c’era chi li svuotava dal carburante che ci ritrovavamo ovunque addosso, sul dorso delle mani, sulle braccia, a ustionarci la pelle; quel sistema era una delle soluzioni per salvarsi, ma c’era una disperata lotta per la sopravvivenza: chi provava ad impossessarsi di bidoni e camere d’aria per galleggiare in un mare che si perdeva a vista d’occhio, e chi non sapeva nuotare o era stanco e veniva ingoiato dalle acque. Vedo scomparire anche il mio connazionale Thierno, che mi raccontava della gioia che gli dava suo figlio, il piccolo Mamadou, rimasto in Guinea con la mamma».IBRAHIM, AFFERRATI A QUESTO “SALVAGENTE”!
Ibrahim, a due bracciate di distanza. «Sento un morso a una mano – ricorda Billy – era un ragazzo gambiano, giovanissimo, magro, disperato: voleva impossessarsi di quel bidone al quale ero abbracciato, aveva paura di morire e qualsiasi suo gesto era comprensibile; lo calmai, gli offrii quel bidone-salvagente, io potevo resistere, ho il fisico, anche se ne avrei avuto ancora per una ventina di minuti, stanco e disperato com’ero; Ibrahim, grazie al Cielo, era salvo, io di lì a poco trovai un altro bidone, ma bucato: infilai un pollice nel foro per impedire che prendesse acqua, poi quei pochi superstiti mi issarono sopra una di quelle poche camere d’aria laterali del gommone che avevano resistito, fortunatamente rimaste intatte. Ero salvo, ero su uno di quei “salvagente” di fortuna, ma non mollavo il bidone, neppure Ibrahim, che intanto stava poco per volta cancellando la disperazione dal suo volto».
Il ritorno in Libia. «Ci soccorse un pescatore, raccolse quei pochi superstiti e ci riportò sulla costa libica: fossero stati militari, ci avrebbero sbattuti in galera; mi era già accaduto un paio di volte, volevano soldi in cambio della mia libertà: denaro o botte, così, io che non avevo disponibilità economica, le prendevo di santa ragione, un giorno sì e l’altro pure».
Due mesi dopo, 15 novembre, alle 23.00 in mare. «Mi imbarco daccapo, non avevo soldi e anche questa volta il mio dio mi aiuta: chi organizza il viaggio, da me non vuole danaro, mi fa salire lo stesso a bordo. Tre ore dopo, siamo a bordo dell’“Aquarius”, il Cielo benedica quella nave e tutto il suo equipaggio. Arrivo a Catania, in bus fino a Taranto, fra le braccia di “Costruiamo Insieme”».UN INCONTRO INATTESO, I PIANTI DI COMMOZIONE
Billy interpreta il segno divino. Un incontro che non ti aspetti. «Ibrahim, sul Lungomare di Taranto! Abbracci e pianti di commozione, ora so che vive fra Martina e Grottaglie, sono felice per lui, ma ancora disperato per i centotrenta compagni di viaggio dispersi in mare, brutto destino il loro; i primi tempi con metà del mio pocket-money ho aiutato Mamadou, il figlio del povero Thierno, a studiare inviando soldi alla mamma; con un altro mio modesto aiuto, si è data al piccolo commercio, oggi provvede lei stessa al figliolo; a proposito di studi, aiuto anche mia sorella Fanta, fra un anno diventa ostetrico: aiuterà mamme a mettere al mondo tanti bei bambini che non dovranno conoscere quell’inferno attraverso il quale sono passato io e tanti altri come me. Penso di fare sempre troppo poco rispetto a quello che mi ha risparmiato il Cielo: la vita!».