Afghanistan, nel sottosuolo rame, ferro, terre rare

Prima l’Urss fino a fine Anni Ottanta, poi gli Stati Uniti, hanno scoperto inattese risorse nel sottosuolo. L’occupazione del territorio riporta alla luce interessi strategici. USA e Cina si parlano, trovano punti di contatto. Auspicabile un accordo fra le due potenze, per risolvere la crisi del paese occupato dai talebani.

 

Non ci sono buone notizie dall’Afghanistan. Qualcuno dichiara qualcosa, lascia sperare, e all’indomani per non sconfessare i sondaggi, fa marcia indietro. E, intanto, i talebani, che non vanno tanto per il sottile e più di altri sanno leggere fra le parole (di sicuro non incoraggianti per il popolo afghano), non ultime quelle dei leader del G7, lanciano un ultimatum: se le truppe straniere non abbandoneranno l’Afghanistan, allora l’Esercito islamico scaglierà un’offensiva contro chiunque si opporrà al “nuovo governo”.

Guerra di religione a parte, quanto è importante strategicamente l’Afghanistan, da oltre 30 anni al centro di un grande interesse non solo per motivi geografici, tanto da essere considerato crocevia fra Asia e Europa. Senza considerare l’elevata presenza di minerali nel sottosuolo.  Ecco, i minerali presenti nel sottosuolo. I primi ad intuire quale fosse il potenziale nascosto nel sottosuolo afghano, furono i sovietici che invasero il territorio  per poi abbandonarlo all’alba del ‘90.

In un servizio prodotto dalla Rai, si apprende che a quei tempi la Cia si impossessò dei documenti fino a quel momento nelle mani degli esperti dell’URSS all’indomani della messa in fuga dei talebani con l’intervento dell’esercito americano nel 2001. Fu in quell’occasione che la questione relativa alla presenza di minerali del sottosuolo afghano venne nuovamente a galla.

 

QUEL SOTTOSUOLO…

Lo studio per comprendere quanto potenziale nascosto si trovasse nelle viscere del Paese venne affidato nel 2006 agli analisti dello U.S. Geological survey, in quel momento impegnati in Iraq nelle rilevazioni petrolifere. Dopo una serie di ricognizioni, gli esperti stabilirono come in quello che sembrava un territorio inospitale e arido giacessero qualcosa come sessanta milioni di tonnellate di rame, oltre due milioni di tonnellate di minerale di ferro, circa un milione e mezzo di tonnellate di terre rare, oltre a oro, argento, zinco, litio e mercurio.

Lo studio prodotto dai geologi americani tuttavia non ebbe un seguito. Il minerale è rimasto nel sottosuolo, in attesa di un nuovo studio. La presa della Cina su materiali considerati strategici per la transizione ecologica potrebbe farsi quindi ancora più stretta.  Fatto acclarato, infatti, che Stati Uniti ed Europa dipendano rispettivamente per l’80% e il 98% dalla Cina per la fornitura di terre rare, materiali in assenza dei quali non sarebbe possibile produrre batterie al litio, pale eoliche e pannelli solari.

Più complesse, però, le problematiche. Intanto è necessario evidenziare come il problema delle terre rare nasca non tanto dalla loro carenza ma dal processo altamente inquinante che ha spinto negli ultimi anni l’Occidente a compiere il processo in Cina. Il paradosso della rivoluzione “verde”, infatti, è che l’opinione pubblica, pur essendo fermamente favorevole alla transizione green non vede di buon occhio le miniere e le fonderie necessarie per attuarla.

 

…CHE FA TANTO GOLA

Ma ora che il consumo di energia elettrica da fonti rinnovabili è destinato ad aumentare in maniera cospicua, il focus dei policymaker, anche europei, è tornato a puntare sullo sviluppo dell’estrazione e raffinazione di metalli, come ha dimostrato la pubblicazione del “critical raw materials resilience: charting a path towards greater security and sustainability” nel settembre 2020.  Anche se la Cina domina oggi la filiera dell’elettrico, non arriverà allo stesso grado di influenza geopolitica ottenuta dall’Arabia Saudita e da altri Paesi del Medio Oriente con il petrolio. Limitare le spedizioni di batterie potrebbe portare a prezzi più elevati e ritardi per le nuove auto elettriche, ma non avrebbe alcun impatto sulla capacità delle persone di spostarsi oggi con i propri veicoli come accadde nel corso dell’austerity degli Anni 70.  Secondo il Centro per gli studi strategici e nazionali, lo scollegamento dalla Cina è impossibile (improbabile e costoso).

A proposito delle relazioni commerciali tra America e Cina, fra i due Stati esiste una vulnerabilità reciproca che potrebbe spianare la strada a un potenziale accordo per proteggere determinati materiali considerati strategici. Se, infatti, da un lato gli USA dipendono dalla Cina per la fornitura di terre rare, nel comparto dei semiconduttori l’America è in possesso di metà mercato a livello mondiale. Ecco, perché sarebbe auspicabile un accordo fra le due potenze.