Ieri è arrivata all’hotspot tarantino. Stretta al petto dei genitori. Le hanno detto che il peggio era passato, era viva…

Non ha un nome, non ci vuole molto a trovargliene uno: Afrah, felicità. Questo significa, in arabo, un sorriso appena accennato su un volto stanco, messo a dura prova dal lungo viaggio della speranza. I genitori con i quali è sbarcata ieri, venerdì 20 ottobre, a Taranto, le hanno detto che il peggio era passato, la lunga fuga dalla Libia era finalmente finita. Ecco il sorriso di Afrah. I “suoi” l’avevano rassicurata, tenendola stretta al petto. Provati dalla lunga odissea, papà e mamma non hanno più fiato. Non troverebbero le parole e, allora, stringerla forte a sé equivale a più di qualsiasi espressione, frase rassicurante.

Afrah, libica, ha appena sette anni, un dramma dentro, come la paura infinita, e uno, purtroppo, sul viso. E’ viva per miracolo, una mina le è saltata a un palmo. Lei è volata via come carta velina, così piccola. E’ saltata, ripiombata al suolo, raccolta subito dai genitori che le stavano accanto. Viva, grazie al cielo, il volto sfigurato, un occhio sanguinante. Ai primi soccorsi era apparso evidente che per quell’occhio non c’era più niente da fare. Afrah, però, era viva. E dopo la grande paura, per i genitori che fuggivano con in braccio la loro piccola, unica grande ricchezza, ciò che contava era che il suo cuore battesse ancora, forte come l’abbraccio di papà e mamma. Urlava di dolore, Afrah, ma era viva.

Ieri all’hotspot di Taranto, al suo arrivo, Afrah al posto sull’occhio invalido mostrava una vistosa cicatrice, segno di quel primo soccorso che le ha salvato la vita. Chi l’ha vista ha parlato, subito, di grande dignità. I soccorritori, il personale che svolge attività di accoglienza, gli agenti della Polizia locale, l’hanno subito adottata. «Ogni giorno, qui all’hotspot – dicevano – c’è sempre qualcosa da imparare; intanto umiltà: per i migranti parlano i gesti, discreti, nonostante addosso abbiano la grande paura, gli stessi vestiti da giorni, bagnati; tremano, ma non pretendono, aspettano con un silenzio dignitoso il loro turno, anche questo un grande esempio di civiltà: sanno che tocca prima a bambini e donne, i ragazzi e gli uomini appena sbarcati devono avere solo un po’ di pazienza».

Afrah, però, non viene lasciata un solo momento dalla mamma. Il papà, nemmeno a dirlo, non la perde un solo istante di vista. «Mi ha colpito il suo sorriso – diceva un agente della Polizia locale –la sua dignità, mi ha commosso il suo sorriso mentre avvicinava all’occhio risparmiatole da quella inaudita violenza, un foglio: sembrava leggesse, sorrideva, una scena che non dimenticherò mai; come non si dimenticano altre scene, quelle di bambini infilati in enormi giacconi dai quali le dita delle mani sbucano a malapena».

Una delle tante lezioni di vita, dicevano ieri all’hotspot, impartite da bambini che arrivano con il cuore gonfio di speranza. Quello che sta a cuore ad Afrah è vedere il volto dei genitori, adesso più rilassato. Triste, nel vedere la propria figliola in quelle condizioni, ma meno teso per averle salvato la vita e per aver scritto la parola “fine” a una fuga disperata. Non sempre da quelle parti, purtroppo, storie vissute nel dramma hanno un lieto fine. Afrah è un tesoro che quella terra ci ha fatto. Avrà ancora tante cose da insegnarci la piccola bambina libica sempre stretta al petto dei suoi genitori. Un abbraccio al quale, da ieri, ci siamo uniti anche noi.