Il più grande fondo mondiale dice addio al petrolio

Niente più investimenti negli idrocarburi. Saranno liquidate 134 partecipazioni. Resta Eni, non la Saras (Moratti). Una scelta economica, non  ambientalista. 

Norvegia, il più grande fondo al mondo abbandona il petrolio. In parte, anche se la notizia c’è ed è di quelle importanti. All’interno del fondo pare siano ai saluti gli investimenti in idrocarburi, fra questi il gas naturale. Alla fine saranno liquidate centotrentaquattro partecipazioni, fatte salve le aziende più attive, insomma le più importanti, a partire da Exxon Mobil, per proseguire con la Eni.

La notizia era stata più volte resa pubblica attraverso i “si dice”, che in questo caso sondano terreno e borsa, infine è stata confermata. Il “fondo di investimento sovrano” della Norvegia, il più grande al mondo per masse di danaro gestite (superiore ai mille miliardi di dollari) liquiderà una quota delle sue partecipazioni in società o in investimenti finanziari che hanno a che fare con gli idrocarburi, a cominciare dal petrolio e,  per estensione, anche al gas naturale.

Una prima ipotesi, più prudente, aveva in qualche modo suggerito che il fondo uscisse in via definitiva da tutte le attività legate al greggio. Invece, facendo seguito a una consultazione pubblica e una discussione all’interno del governo, il fondo ha deciso la liquidazione delle oltre centotrenta partecipazioni. Detto in soldoni, l’azione del governo norvegese riguarda le quote con un valore economico più basso. Infatti, il fondo sovrano continuerà a essere investitore delle major come ExxonMobil e Shell. Lo stesso dicasi dell’italiana Eni.

Per raccontarla tutta, tale decisione non è stata assunta per via di motivazioni ambientaliste o per adesione alle politiche dovute ai cambiamenti climatici. Anche se pressioni da parte di associazioni e organizzazioni non governative erano giunte sul tavolo del governo. La scelta, alla fine, è stata esclusivamente di carattere finanziario. Il disinvestimento, parziale si diceva, è legato alla necessità di ridurre l’esposizione economica su un settore diventato più rischioso di quanto non fosse una volta. Il fondo sovrano norvegese è giunto alla riduzione alle di partecipazioni nel settore in seguito alla transizione energetica che sta spingendo il peso della produzione verso le “rinnovabili”, scelta di molti governi per limitare l’uso dei combustibili fossili, le policy (azioni di soggetti a carattere pubblico e privato) di molti fondi (non soltanto etici), che si stanno convincendo a non investire negli idrocarburi.

La motivazione, pertanto, non è di natura etica  o ambientalista. Qualora fosse stato così, coi saremmo trovati di fronte a qualcosa di paradossale: la Norvegia, infatti, è arrivata a possedere il fondo sovrano più ricco del mondo proprio grazie allo sfruttamento dei giacimenti di gas naturale e petrolio del mare del Nord, i più grandi di tutta Europa. Giacimenti che, sebbene in via di esaurimento, continua a sfruttare, per quanto imponga regole molto severe sul rispetto dell’ambiente marino e sul ripristino una volta terminate le operazioni.

Oltre 300 sono le compagnie petrolifere a livello mondiale nelle quali il fondo norvegese detiene partecipazioni. Alla fine, la decisione: 134 di queste saranno destinate alla vendita. Un totale di quasi 7 miliardi di euro, l’1% circa del valore del portafoglio azionario del fondo. Nella lista delle società poste in liquidazione una sola italiana: la Saras della famiglia Moratti. Figurano, tuttavia, alcune compagnie di primo piano come le americane Anadarko Petroleum e Valero Energy (americane), la cinese Cnooc (cinese) e Tullow (inglese).

E’ bene ricordare, che il fondo norvegese ha investito nel mondo in più di novemila società quotate (l’1,4% di tutti i titoli quotati nel mondo) ed è tra i principali investitori in Italia. Oltre a quote Eni, possiede quote di Intesa Sanpaolo, Leonardo, Fca e Poste.