In venti anni, un milione hanno abbandonato il Sud
Un terzo sono laureati. Non ci sono professionisti che possano veicolare progetti. Il meridione rischia di perdere finanziamenti. Non ci sono professionalità ed esperti. Chi matura preferisce fare le valigie. Rabbia e scarse prospettive. Ma il Mezzogiorno proverà a rialzarsi. Analisi e considerazioni della stampa nazionale
Fine anno, tempo di bilanci. E quando si parla di giovani e di Sud, insieme, l’argomento è da prendere con le proverbiali molle. Dunque, negli ultimi venti anni un milione di italiani nati o con residenza al Sud, hanno scelto di “salire” al Nord. Motivi semplici, spiegati millimetricamente da statistiche osservate con la lente di ingrandimento.
Più di un milione di persone, si diceva, negli ultimi due decenni ha preferito fare le valigie e trasferirsi dal Sud Italia al Centro o al Nord Italia. Non basta, un terzo dei ragazzi è laureato. E’ il quotidiano “Il Giornale”, autorevolmente diretto da Augusto Minzolini, a pubblicare una statistica a firma Svimez, l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno. Bene, anzi, male, perché la Svimez fa la radiografia alla crisi occupazionale al Sud divulgando cifre impietose e preoccupanti in quella che è la puntuale relazione annuale.
In buona sostanza, il Sud rischia seriamente di restare al palo. Rimanere ancora indietro, nonostante l’occasione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Napoli, città più rappresentativa del meridione racconta di come la divisione fra Nord e Sud, in Italia, sia di quelle importanti. Senza giri di parole: preoccupante. “Se si tiene conto che il valore medio dell’indice di ricambio del personale in Italia – documenta Il Giornale – è pari a 0,65, nel periodo 2007-2018, le distanze si evidenziano per zone geografiche”.
E IL SUD ZOPPICA…
E non solo. “Al Centro-nord l’indice è pari allo 0,70, nel meridione si ferma allo 0,58”. Napoli, purtroppo, segna uno dei risultati più negativi: l’indice è dello 0,40. E c’è chi sta peggio, Palermo. Il capoluogo della Sicilia rispetto a quello della Campania è addirittura appena superiore allo zero. “Il personale pubblico laureato – scrive Il Giornale – poche volte supera il 30% del totale dei dipendenti; a Napoli raggiunge la cifra del 19,60%”. Esiste pertanto il rischio concreto che il Sud resti fuori dai finanziamenti, non avendo quelle competenze progettuali per attingere ai fondi previsti per il rilancio dei territori italiani. L’emigrazione dal Sud verso il Centro-nord degli elementi più formati e più capaci complica l’intero quadro.
C’è anche il Corriere del Mezzogiorno a riprendere l’analisi Svimez, che “propone di rafforzare gli enti locali meridionali, garantendo il supporto di centri di competenza nazionali come Sogei, Invitalia e Consip, in sinergia con gli atenei universitari locali”. Il quotidiano distribuito al Sud con il Corriere della Sera, aggiunge inoltre che “le difficoltà di natura economica dei comuni del sud non rende ottimisti sui programmi da adottare”.
Concludendo, riassumono i due quotidiani che hanno separatamente curato il focus, è evidente che per garantire i servizi base c’è bisogno di aumentare il prelievo fiscale e ciò creerebbe maggiori difficoltà ai cittadini, già messi a dura prova dal Covid-19.
“Come se non bastasse – la conclusione dell’inchiesta – anche le previsioni sulla crescita del Pil, ipotizzate dalla Svimez, confermano il divario del Sud con il resto d’Italia: sono diversi i punti in meno che realizzerà il Mezzogiorno e ciò avrà un effetto-boomerang anche sull’occupazione”. Ultimo dato allarmante, ancora a svantaggio del Sud: circa la metà dei licenziati in Italia è meridionale.