L’Italia cresce solo con il Meridione
Il nuovo presidente del Consiglio, ebbe a dire che il nostro Paese è una sola cosa. Non devono esserci discriminazioni, né sussidi, ma investimenti seri. Fra parole e fatti, attendiamo fiduciosi le contromisure alla crisi. Del resto, il “prof” risolse a livello europeo una delle crisi economiche più preoccupanti dell’ultimo secolo, quella legata all’euro. Opinioni e punti di vista, compreso il nostro, dalla “Gazzetta” al “Corriere”.
L’Italia cresce solo se cresce il Sud. Lo disse il neopresidente del Consiglio, Mario Draghi, da governatore della Banca d’Italia. Se Draghi è una buona notizia per il Sud, lo dirà quel tempo il più delle volte galantuomo, anche perché in passato il Sud è rimasto deluso da quelle che venivano sbandierate come buone notizie.
Ma ci consola, detto da uno – qualcuno potrebbe averlo dimenticato – che ha salvato l’euro e l’Europa dalla più grave crisi economica degli ultimi cento anni. Draghi, ci ricordava nei giorni scorsi la Gazzetta nei giorni scorsi, è l’uomo dell’acquisto in massa da parte della “sua” Banca centrale europea del debito delle nazioni più in difficoltà, Italia in testa. E’ lo stesso di quella Europa che col “Recovery Fund” coglie l’occasione per eliminare le diseguaglianze che ne minacciano la stabilità. E non c’è maggiore diseguaglianza nell’Unione di quella fra Nord e Sud d’Italia. Fatta la somma, si dovrebbe avere la risposta alla domanda.
Non era amico del Sud e non lo è Renzi – scrive sulla Gazzetta Lino Patruno – tenace fino al lucido disegno di far cadere il governo, vedi caso quello a più intensa presenza meridionale della storia. Tanto da far sospettare che si muovesse spinto da oscuri mandanti. Governo peraltro abbastanza sbiadito verso le attese europee per il Sud, tranne che non cambiasse dopo. Dopo, quando il famoso Piano di ripresa e resistenza non sarebbe stato finalmente presentato a Bruxelles. E che secondo l’indicazione della Von der Leyen e compagni, deve destinare al Sud una percentuale vicina al 70 per cento dei 209 miliardi concessi.
REDDITO E DISOCCUPAZIONE
E proprio perché quando parla di divario di reddito e di disoccupazione inammissibili, l’Europa gli dà nome e cognome di Sud. Che Draghi, col presidente Mattarella – prosegue la Gazzetta – sia l’italiano più stimato in Europa è più chiaro di una primavera mediterranea. Stimato benché sia stato accompagnato dalla periodica opposizione da parte dei cosiddetti Paesi frugali, quelli nella cui lingua debito si traduce peccato. E una opposizione di quel mondo delle banche paradossalmente considerato un suo difetto di origine, lui proveniente dalla famosa e non incontaminata finanza internazionale. Ma che poi (con la Merkel) nessuno abbia fatto quanto lui per l’Europa è altrettanto chiaro.
Perciò ci si aspetta che questa sua Europa ora non la tradisca col Recovery. Anche perché nessuno come lui sa che il problema dei problemi in Italia non è appunto il debito, che schizza vertiginoso come uno sciatore fra i paletti. E che, pur salendo ora il debito da virus a livelli che faranno piangere i nostri figli e nipoti, il problema vero è che da vent’anni almeno il Paese non cresce. E non cresce perché ogni politica fin qui adottata dai governi consente di crescere sia pure a stento a una sola parte del Paese.
“L’Italia cresce solo se cresce il Sud”, disse Draghi da governatore della Banca d’Italia, contrario a quei sussidi che ingannano il Sud al posto degli investimenti. E pochi come lui si sono mostrati preoccupati per i giovani, s’immagina a cominciare da quelli che dal Sud sono costretti a partire. Perciò se ci si chiede se Draghi sia una buona notizia per il Sud, la risposta pesa sul Sud quanto su di lui. Dovrebbe sapere quanto serve e cosa serve a quell’Italia che fino a poco fa ha difeso come pochi stando a Francoforte. Serve il Sud. Si faccia una passeggiata, suggerisce infine Patruno, dove ci sono tutte le risposte ai problemi del Paese.
DOPO TURCO E IL CIS…
Mario Draghi nuovo presidente del Consiglio. Cosa accadrà adesso, In Italia e, in particolare, da questa parte dello Stivale. Perché, come sempre, la politica può darti e toglierti in un amen. Con rappresentanti seduti alla destra del premier, chiedere per Taranto un “risarcimento” per i danni causati dall’industria, è una cosa; starne distanti o, per ora, causa pressioni e richieste di poltrone per accontentare quei partiti che al momento non fanno capricci, è un’altra. Insomma, Taranto tornerebbe nelle retrovie. Usiamo il condizionale, in un momento in cui il “prof” sta compiendo il mandato esplorativo, incassa i “sì” di quanti fanno finta di volere andare al voto se non a certe condizioni, e pensa al governo tecnico. E, immaginiamo, voglia provare a resettare tutto, gettando, come si dice, bimbo e acqua sporca, ricominciando daccapo.
Restiamo nel condizionale. Taranto, e più in generale la Puglia, perderebbe un riferimento importante all’interno del Governo. Facciamo i nomi, per farla breve: il senatore Mario Turco, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, delegato alla Programmazione economica e investimenti e massimo riferimento del CIS. Una figura di grande importanza e al netto di quel che si possa pensare di lui: si poteva e si può essere di tutt’altra fede politica, ma è indubbio che avere qualcuno nelle stanze del potere o, comunque, nelle quali si decide, sarebbe stato, ancora oggi, positivo. Specie stando a qualche piccolo beneficio comincia ad arrivare dalle nostre parti, la riflessione a caldo del collega Marcello Di Noi, al mandato esplorativo assegnato al neopresidente del Consiglio, Marcello Draghi, dal presidente Sergio Mattarella.
Il prof. Draghi, curriculum di respiro internazionale, è stato chiamato a navigare nella tempesta delle emergenze evidenziate dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: economica, sanitaria e sociale. Capo dello Stato che, dopo il breve incarico esplorativo a Roberto Fico, presidente della Camera dei deputati, non s’è lasciato attirare dalle sirene delle elezioni anticipate: era scontato, perché in questo momento le urne avrebbero acuito – secondo il ragionamento di Mattarella – la crisi che avvolge il nostro Paese.
Ora, non entriamo nelle dinamiche della politica italiana, l’opinione di Di Noi, rischieremmo di cadere nella trappola di reazioni esagitate. Dinamiche, questo lo urliamo, che mascherano il teatrino perpetuo del fallimento sistematico della politica. Perchè, diciamola tutta, i conflitti caratterizzano il modo di fare tutto nostro di governare il bene comune. L’incertezza è nel dna della nostra politica. Il che ci rende deboli da sempre agli occhi del mondo. E nella pancia del nostro vivere quotidiano.
SPETTATORI, PER ORA
Non parteggiamo per Draghi, così come per i suoi predecessori ed eventuali successori. Semmai, confidiamo in una visione – finalmente – che guardi al popolo, al cittadino comune, ai bisogni della gente. Oggi più che mai. Se Draghi sarà più bravo degli altri, conclude il giornalista del Corriere di Taranto, chapeau. Però, ci permettete qualche dubbio? Tanto un po’ tutti gli attori protagonisti difendono l’orticello. E allora, vorremmo farlo anche qui. Che c’azzecca con la nostra terra, con quel che raccontiamo – o tentiamo di fare – quotidianamente? Beh, innanzitutto
E adesso c’è da chiedersi quanti ritardi ancora dovrà accumulare questo territorio fintanto che per esempio il CIS sarà nuovamente operativo. Diciamo cavolate? No, perché nonostante la crisi del Governo in questi mesi, il CIS ha proseguito nel suo percorso – sì, con tanti ostacoli – e quindi affrontato le questioni sul tavolo. É facile ora immaginare che il nuovo Governo – soprattutto chi prenderà il posto di Turco – vorrà dapprima capire come continuare e con quale visione: insomma, altro tempo e intanto le Istituzioni territoriali dovranno necessariamente capire che fare, salvi i progetti deliberati e quindi già operativi.
Per non parlare dell’intricata vicenda Ilva, apparentemente risolta con l’accordo da poco firmato da ArcelorMittal e Governo: pensiamo davvero che tutto sia risolto tanto in termini economici-occupazionali quanto in quelli ambientali? E con quale atteggiamento il prof. Draghi affronterà gli eventuali e probabilissimi conflitti?
Insomma, senza portarla troppo per le lunghe, da qui alla scadenza naturale della legislatura (marzo 2023) le perplessità sul mutar delle cose verso i due mari ci sono. Non già per pregiudizi ma soltanto perché anche oggettivamente i dossier sul tavolo vanno letti e studiati. Ne avranno il tempo? Vedremo.