Insonnia e incubi del Presidente Trump.

Come in un incontro di boxe, il Presidente USA Trump incassa quello che tecnicamente viene definito “uno-due”: il Senato degli Stati Uniti d’America boccia inesorabilmente la Legge Finanziaria gettando l’intero apparato nello scompiglio e centinaia di migliaia di donne, ad un anno esatto dalla prima grande manifestazione all’indomani dell’elezione del Presidente definito “misogino”, sono pronte ad invadere le strade delle più importanti città del Paese.
Due fatti apparentemente separati ma che trovano un punto di convergenza all’interno di un processo in atto mosso da motivi di civiltà.
La Legge Finanziaria è caduta grazie alla volontà di un gruppo di Senatori di ribadire il diritto di restare nel Paese di tutte le persone che vi sono nate o che hanno raggiunto lo stesso in tenera età anche clandestinamente.
Questo accadimento, mai avvenuto nella storia degli USA, paralizza l’intero sistema statale in assenza della copertura finanziaria.
Certo, i servizi essenziali sono garantiti, anche la sanità che, non riuscendo a riportare ai ricchi tutta d’un colpo, Trump sta cancellando un pezzo per volta con il dichiarato intento di cestinare l’attesa riforma del sistema posta in essere dal suo predecessore Obama dopo decenni di lotte e di speranze.
Ma, in questi giorni, pare evidente che il livello di inciviltà etica, morale e verbale del Presidente Trump abbia fatto traboccare il vaso.
E non solo negli USA, ma a livello mondiale visto l’isolamento diplomatico in cui è ingabbiato.
E poi, ci sono le donne, quel fastidioso soprammobile, l’oggetto silente da mostrare che agli occhi di Trump sta diventando un’onda pervasiva e coinvolgente diventando un problema che non si risolve con un accordo fatto sotto banco con il Partito Democratico.
Se il Presidente coreano Kim lo ha reso insonne, le donne sono diventate un incubo!
Un anno fa, il 21 gennaio 2017, 500mila persone partecipavano alla marcia delle donne su Washington, e altre decine di migliaia scendevano in strada nelle altre grandi città statunitensi.
Migliaia di donne hanno denunciato violenze e molestie sessuali e centinaia di uomini di potere (compresi esponenti del congresso) si sono dimessi o sono stati costretti a lasciare i loro incarichi.
Il simbolo americano per eccellenza, Hollywood, ha trovato il coraggio di denunciare all’unisono il “macismo” da sempre annidato dietro le quinte e l’abitudine consolidata a considerare le donne oggetto del soddisfacimento sessuale piuttosto che professioniste: bambole gonfiabili ad uso e consumo del maschio detentore del potere.
Dal 1968 in poi, pare oggi essersi riaccesa la fiammella di una speranza, la luce di un percorso di riscatto, il coraggio di denunciare una inconcepibile ma ancora troppo attuale condizione di inferiorità sociale: a livello mondiale, senza grandi differenze geografiche fra i Paesi definiti “civilizzati”, le donne percepiscono un salario in media inferiore del 23% rispetto agli uomini pur svolgendo identiche mansioni.
Chiedere in piazza ragione anche di questo è legittimo oltre che giusto.
Se il destinatario del messaggio continua ad essere sordo sarà necessario gridare più forte, soprattutto nelle sedi istituzionali.
Un articolo della rivista Time riporta: “È in corso un aumento senza precedenti di donne che si candidano a ricoprire incarichi di vario tipo, dal senato statunitense ai parlamenti locali fino ai consigli scolastici e si candidano a qualcosa per la prima volta in vita loro”.
Sarebbe auspicabile che succeda anche da noi.