The Economist ci prova: Italia, vittoria senza un giocatore di colore

L’organo di informazione britannico fa male i conti a proposito della finale degli Europei di calcio. Non si rassegna alla sconfitta e incassa sfottò anche in patria. Senza contare che è come se avesse scritto che gli atleti neri sono scarsi. E, invece, provate a vedere le Olimpiadi e a lustrarvi gli occhi sulla fisicità dei coloured. Tornate nei ristoranti italiani e noi dimentichiamo il gol inesistente che generò la vittoria dei Leoni nei Mondiali del ’66.

 

«Italia, campione d’Europa sì, ma senza un solo calciatore di colore in rosa, cioè fra titolari e riserve». E’ delirio, non si sfugge. L’ultima scossa arriva dall’Inghilterra, Paese che in questi giorni aveva già compiuto passi indietro in quello che era uno status ampiamente riconosciuto ad Elisabetta ed ai suoi eredi: il fair-play. Potremmo rispolverare una vecchia canzone cantata cinquantaquattro anni fa da Dalla e dai Rokes al Festival di Sanremo: «Bisogna saper perdere». E nella stessa strofa proseguiva con un: «non sempre si può vincere…». Potremmo sorvolare su queste dichiarazioni, articoli simili si commentano da soli. E a poco serve chiamare a raccolta con titoli provocatori quegli inglesi che, sotto sotto, provano sentimenti razzisti. Nonostante abbiamo visto esultare, piangere, sostenitori e calciatori neri, dopo aver perso ai calci di rigore contro l’Italia il titolo di regina d’Europa (dovranno ancora consolarsi con Elisabetta).

Potremmo sorvolare, dicevamo. E, invece, proviamo a fare una breve analisi su quanto riportato da “The Economist”, che non trova di meglio che appellarsi ad una Italia «senza un solo calciatore di colore in squadra». Specificano, «di colore», non scrivono «nero», anche se è quella l’allusione: perché non tutte le altre squadre hanno neri, ma coloured e allora, ecco attaccare l’Italia priva di almeno un “coloured”.

Scrivono una cosa simile, senza riflettere: in quelle parole, infatti, manifestano la più becera forma di razzismo, nemmeno tanto sottile: come se un calciatore nero fosse un “atleta minore” (quando sappiamo che è perfettamente il contrario, provate a guardare in questi giorni le Olimpiadi e poi ne riparliamo…) e che, dunque, tutte le squadre dovrebbero averne almeno uno in rosa. Un delirio, insomma: forse alludevano al fatto che sarebbe stato più giusto che anche l’Italia schierasse almeno un nero. Possibilmente uno di quelli che sbagliano i rigori. Ma vai capirli ‘st’inglesi.

 

E I FISCHI ALL’INNO?

“The Economist” non fa cenno ai fischi durante l’inno nazionale dell’Italia, né ai cori razzisti durante la gara. Nemmeno dei social che un’ora dopo la fine della gara Inghilterra-Italia massacravano i tre giocatori, neri, giovani ed emozionati nell’indossare la casacca bianca dell’Inghilterra e nell’essere stati scelti per misurarsi con gli azzurri nella lotteria ai calci di rigore. Che dire, dunque, dei bianchi inglesi che si sono rifiutati di andare a calciare dal dischetto perché se la facevano sotto dalla paura? Ma sì, avranno pensato: meglio mandare allo sbaraglio quei ragazzi; se va bene, va bene per tutti, ma se dovesse andare male, sarà stata solo per colpa loro. E così è stato. Solo colpa di Sancho, Saka e Rushford, su cui al fischio finale si è abbattuta la furia dei tifosi orfani delle briciole di fair-play con minacce e insulti razzisti. Incredibile, ma vero. Per essere un organo di informazione di economia, il giornale inglese ha fatto male i conti. Per giunta, molti sono stati gli inglesi progressisti, che gli hanno riso dietro: gli Europei li abbiamo persi, punto. «Poi, “europei”, ma se siamo usciti dall’Europa?», avrà detto più di qualcuno.

Insomma, in Inghilterra, qualcuno o molti, non hanno ancora accettato di aver perso meritatamente la finale di Euro 2020 contro l’Italia di Roberto Mancini, anche se ora sono arrivati al delirio totale. Dopo i vari tentativi di far rigiocare la finale per non si sa quale motivo con petizioni sui social, l’affondo di “The Economist”: la nostra nazionale non sarebbe in realtà campione. L’assurda motivazione, come spiegato, il fatto di non aver alcun giocatore di colore nella rosa dei 26 scelti dal commissario tecnico Mancini.

 

NON SOLO “ECONOMIST”…

Ottima la rassegna di Informazione.it che mette in fila gli interventi di diversi quotidiani italiani. «Secondo The Economist l’aspetto più sorprendente della squadra italiana è che è l’unica tra le concorrenti che non include un solo giocatore di colore”. (ilGiornale.it)

«Keane, come molti altri sui social, ritiene che la nazionale inglese abbia pagato la giovane età dei calciatori scelti per tirare dal dischetto. In questo caso c’è chi è andato oltre il terreno delle opinioni, provando a mettere insieme dei dati e delle statistiche che diano ragione a Roy Keane, oppure che sconfessino la sua affermazione». (La Repubblica)

«Una vera e propria bomba, che lascia perplessi e pure ha portato molti tifosi azzurri a ironizzare sul rancore, la frustrazione e la ben poca sportività degli inglesi, che davvero non hanno preso bene la sconfitta maturata solo pochi giorni fa a Wembley». (Il Sussidiario.net)

«Gli Azzurri di Roberto Mancini, dopo la bella vittoria a Euro2020, partono per le vacanze: un meritato riposo visto il mese intenso tra Coverciano, Olimpico e Wembley. Subito dopo, ad attenderli, la luna di miele». (Gazzetta del Sud)

 

E LE MINACCE, LE OFFESE?

Secondo il quotidiano «l’aspetto più sorprendente della squadra italiana è che è l’unica tra le concorrenti che non include un solo giocatore di colore». Per questa assurda ragione, dunque, la vittoria dell’Italia non sarebbe considerata valida. “The Economist” continua affermando: «Circa cinque milioni di persone che parlano italiano come lingua dominante continuano a essere considerate straniere. La grande notte del calcio europeo non è stata un grande momento per il multiculturalismo». Sarà stata edificante la coda della stessa “grande notte”, con insulti razzisti e minacce ai tre calciatori inglesi, sì di colore, che avevano sbagliato dal dischetto. Ora, cari inglesi, recuperate il fair-play scomparso e riprendete ad andare nei ristoranti italiani, che ingiustamente avete punito boicottandoli di punto in bianco, solo perché erano della stessa nazionalità della squadra che aveva battuto l’Inghilterra. Voi fate questa buona azione e noi dimentichiamo che nel ’66 l’Inghilterra, quella dei Leoni, vinse una Coppa del Mondo, unico titolo in bacheca, con l’assegnazione di un gol inesistente ai danni della Germania. Mangiare italiano fa bene, di sicuro non resta sullo stomaco come, pare, sia accaduto con la sconfitta in finale ancora non del tutto digerita.