Vita da migranti

Una stufa difettosa, una scintilla e le fiamme iniziano a divorare le baracche di Rignano dove sorge una delle più grandi baraccopoli della Puglia a pochi chilometri da San Severo. Quattrocento braccianti, in pochi minuti e per la terza volta in un anno, hanno visto andare in fumo anche le poche, piccole cose raccattate, utili a sopravvivere ogni oltre limite immaginabile.

Braccianti, si, che prima dell’alba si incamminano per raggiungere i campi dove lavorano anche per 10 o 12 ore al giorno in cambio di pochi euro sui quali ad imporre una tassa non c’è lo Stato, ma la mano dei caporali a quali spetta la decisione di concederti una giornata di lavoro o rispedirti nel ghetto dove vige un sistema collaudato di riduzione in schiavitù.

Da anni sono note le condizioni della baraccopoli di Rignano: il primo rogo distrusse il ghetto l’11 agosto del 2012. Da allora, quello di martedì scorso è il sesto, per fortuna senza vittime. Ma adesso è tutto da rifare: baracche, ovviamente, almeno per garantirsi un riparo.

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Ma questa è storia dei nostri giorni di fronte alla quale l’indifferenza prevale sulla voglia di conoscere, di sapere. E’ scomparsa l’indignazione, risucchiata dal senso di normalità. E tutto questo lo vedi vicino a te, di fianco, dentro casa. Dentro casa mia.

All’ora di pranzo, unico momento in cui siamo tutti insieme, il telegiornale è una voce abituale per i miei figli, quasi fosse il rumore della lavatrice o della lavastoviglie. Nessun interesse, nessuna voglia di sapere come se questo rappresentasse una invasione del loro mondo “protetto”.

Poi, ti accorgi che non sanno scrivere perché non hanno idee e qualsiasi tipo di creatività è morta, risucchiata dalla play station o dal telefonino o da qualche stupida serie televisiva.

Leggono senza interesse, senza cercare di capire perché è una lettura finalizzata all’interrogazione del giorno dopo: non cercano il significato delle cose, il senso di ciò che stanno leggendo. No: imparano a memoria ciò che in breve tempo sarà cancellato, perché il cervello cancella ciò che non capisce con lo stesso modo con il quale gettiamo la spazzatura.

“Ma la professoressa questo vuole sentire!” è la risposta pronta. Lei mette 9, io li boccerei! “E perché? Così è scritto sul libro!”. Ma, insegnare a ragionare, NO? A riflettere sulle cose, NO? Appassionare alla ricerca finalizzata al sapere, NO?

Quando mi chiedono di essere ascoltati dopo aver “studiato” mi prende un senso di angoscia. Non conoscono la differenza fra storia e storiografia: il libro di testo, qualsiasi cosa ci sia scritta, è lo strumento indiscusso, inappellabile.

Come potranno provare interesse verso l’altro, come potranno apprezzare e trasformare in ricchezza chi è portatore di una cultura diversa? Quando capiranno che i migranti sono un problema solo quando non servono braccia in campagna da pagare a poco prezzo?

Sarà questa la radice del sentire comune che trasforma i flussi migratori in un problema e la presenza di migranti sul nostro territorio un pericolo?

Ieri, affrontando per l’ennesima volta l’argomento, mi sono divertito a far ascoltare ai miei figli due canzoni che vi propongo.

 

https://www.youtube.com/watch?v=jp4wLi5Ptog

http://www.rockol.it/testi/79377970/nidi-d-arac-figli-di-annibale

 

https://www.youtube.com/watch?v=Et8eiLURIFk

https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=224&lang=it