Carlo Buccirosso, “Colpo di scena” successo al teatro Orfeo
Siamo tutti a Sud di qualcuno, diceva Luciano De Crescenzo. Nella voglia di chi vive ai margini c’è sempre una ragione in più per farcela. “Costruiamo Insieme” ha intervistato l’attore napoletano. «Mi impegno il doppio per essere attore, regista e autore con la stessa intensità. Il telefono squilla, ma non sono i colleghi». Teatro, cinema e adesso arriva anche la tv.
Siamo tutti a Sud di qualcuno, diceva Luciano De Crescenzo, napoletano come Carlo Buccirosso, uno degli attori napoletani più amati dal grosso pubblico, ospite in questi giorni al teatro Orfeo della rassegna teatrale dell’associazione “Angela Casavola” (sponsor “Costruiamo Insieme”). Quello di Buccirosso è stata quasi una corsa a ostacoli per piegare le ultime resistenze di un teatro che replicava se stesso e le compagnie di giro. «Non voglio metterla sul piano del campanilismo – ci ha detto Buccirosso – ma per un artista del sud, conquistare una piazza importante come Milano, è una grande soddisfazione: entrare in abbonamento al “Manzoni” e l’anno prossimo aprirne la stagione, mi riempie d’orgoglio».
Attore, autore e regista napoletano, noto per ruoli comici e brillanti, diretto al cinema anche in un ruolo “serio” dall’Oscar Paolo Sorrentino (Il Divo), Buccirosso nell’intervista esclusiva rilasciata a alla web radio di “Costruiamo Insieme”, parla delle sue soddisfazioni professionali, “Colpo di scena”, titolo del quale l’artista napoletano è autore, regista e protagonista.
«Dovessi dirla tutta – dice – penso di essere migliorato come autore, ho alzato l’asticella, tratto problemi sociali con la giusta ironia, che poi è la cifra che più di altre scatena il ragionamento nel pubblico: mi diverto perché diverto; penso di aver azzeccato tutto; si ride tanto, ma in sala a volte cala silenzio totale; nonostante il teatro pieno quasi non avverti la presenza del pubblico, tanto questo è immerso nella tensione che scatena la storia».
Bella scommessa mettersi in gioco da attore, autore e regista.
«Con il senso di autocritica che mi ritrovo, penso che il lavoro portato in scena in questi mesi con il quale ho sostituito “Il pomo della discordia” per l’indisponibilità di Maria Nazionale, sia stato un altro passo avanti nella mia crescita in veste di autore: su un personaggio, una regia, puoi ragionare; su una scrittura, una sceneggiatura, dunque un’idea, il guizzo iniziale e poi, a seguire, i personaggi, i dialoghi, se non hai fantasia e capacità nel tradurre quello che ti passa per la testa in un primo e secondo atto, colpi di scena e contenuto finale compresi, puoi sbatterti quanto vuoi non riuscirai mai a fare qualcosa che ti lasci veramente soddisfatto».
Buccirosso, ha il senso dell’autocritica.
«Se non mi ci vedo al massimo, me lo dico: stavolta mi do una pacca sulla spalla, tiro fuori cose che avevo dentro e che necessitavano di essere riportate dall’idea al copione; credo di avercela fatta, poi il tempo dirà quanto sia maturato in veste di regista, attore e, appunto, autore». Pare di capire che il ruolo di autore la intriga di più.
«L’ideale sarebbe riuscire a dare allo stesso modo il top nelle tre diverse vesti: autore, attore, regista; al momento, però, quello di autore penso stia registrando passi avanti più decisi: non voglio ripetermi, ma se non fossi così convinto di quello che scrivo e porto in scena, non mi giocherei tutto per un atto di testardaggine; centosessanta piazze con “Colpo di scena”, una grande soddisfazione: il “Manzoni” di Milano, l’“Alfieri” di Torino, il “Duse” di Bologna, l’“Augusteo” di Napoli. Ci sono altri teatri, invece, nei quali andrò la prossima stagione: è solo questione di tempo, gli impegni assunti in precedenza hanno solo fatto slittare l’appuntamento di qualche mese».
Dovessimo fare ordine alle preferenze di Buccirosso?
«Teatro, cinema e tv in quest’ordine; vengo dal teatro, anche se il cinema mi ha dato popolarità, la tv – peggio per lei – è arrivata col contagocce; diciamo che se ne sono accorti in ritardo: ho appena finito le riprese di una serie televisiva per Raiuno, interpreto un procuratore della Repubblica, un personaggio serio, ma dal quale emerge anche il mio tratto ironico: bravo Francesco Amati, il regista, uno attento, pignolo, mi lascio guidare volentieri da uno che conosce il suo mestiere, e penso che in questo lavoro televisivo, lui come regista, io come attore, abbiamo dato il meglio».
Buccirosso, insieme con Salemme, Casagrande, Izzo e altri, ha impresso una svolta e fatto riguadagnare posizioni all’arte comica di un tempo (Totò, Eduardo e Peppino De Filippo). Cosa invidia a quell’epoca?
«Spensieratezza e audacia, sembrava ci fosse tutto e, invece, niente; anni in bianco e nero e non solo sullo schermo, c’era voglia di ribaltare la fame, restituire il sorriso a un Paese che provava a dimenticare la guerra».
Partito da comprimario è diventato protagonista.
«Può dire anche “spalla”, non la ritengo un’offesa: non ci fosse stato Peppino non avremmo avuto quel Totò, la gente ha scoperto così la grandezza di De Filippo. Per quanto mi riguarda, penso sia accaduto tutto normalmente, tanto che se mi chiedesse quando ho avvertito questo scatto repentino, non saprei dire: più di una maturazione, ho avvertito una consapevolezza, quando ho deciso di mettermi in gioco a tutto tondo: attore sì, ma anche regista e autore. Forse, ma questo non assuma tono di polemica, altri non si stavano accorgendo che nel frattempo la mia crescita reclamava altro spazio».
C’è una formula per restare in buoni rapporti con i colleghi?
«Il telefono. Una persona è distante appena uno squillo, prendi il cellulare e chiami: “Pronto?”. Il mio telefono squillava e squilla tuttora, ma il più delle volte non sono colleghi. A proposito di telefono, sono arrivato nei circuiti importanti senza sollecitare una sola segnalazione: all’inizio non comprendevo certe dinamiche, al terzo lavoro, spontaneamente, sono arrivati gli spazi anche per la mia compagnia, evidentemente era solo questione di tempo».