Zarifa, ventisette anni, il sindaco più giovane dell’Afghanistan

Dal quotidiano Il Fatto a Libero, dal Corriere della Sera a Repubblica, è un susseguirsi di reportage che mostrano di avere a cuore il destino di un popolo. E in particolare delle donne, che corrono il rischio di tornare in schiavitù. Le opinioni di donne attiviste che lanciano un appello al mondo: «Non lasciateci sole, altrimenti è la fine»

 

«Forse fino a qualche giorno fa temevo per la mia vita, ora non ho più paura; temo solo per i miei familiari, che mi sostengono in questa protesta passiva nei confronti degli invasori: sono qui, seduta, in attesa che qualcuno arrivi e con il pretesto di fare giustizia mi ammazzi». Così Zarifa, giovane sindaco di una delle città afghane, insediatasi tre anni fa per amministrare un piccolo centro nel quale prima o poi arriveranno le forze talebane. Le stesse che in questi giorni hanno sovvertito il governo e pare abbiano intenzione di ripristinare condizioni che proverebbero qualsiasi libertà alle donne.

Dal quotidiano “Il Fatto” a “Libero”, dal “Corriere della Sera” a “Repubblica”, è un susseguirsi di reportage che mostrano di avere a cuore il destino di un popolo. E’ pericolo Afghanistan. I guerriglieri talebani o esercito che sia, nei giorni scorsi ha avuto la meglio sull’esercito afghano tanto da avere occupato senza trovare grande opposizione dall’esercito locale la capitale Kabul. Questi ultimi avevano bisogno di rinforzi, armi per meglio difendersi dal nemico che avanzava verso la capitale. C’è un report dell’Intelligence americana sottoposto a Biden, presidente USA, nel quale venivano espresse perplessità sull’eventuale resistenza dei militari afghani ad un eventuale attacco sferrato dai Talebani. Biden ha perso appeal con il suo elettorato e, più in generale, con il popolo americano. Trattare con gli invasori, perché questo è quanto scaturirebbe da un vertice nel quale gli Stati Uniti hanno invitato le altre forze presenti al Tavolo per studiare l’opposizione al ricostituito Emirato islamico. Facendo un po’ di conti, a oggi, Siria, Libia, Egitto, Palestina, Iraq, Arabia Saudita e, ora, Afghanistan, hanno in comune una cosa: il disimpegno da parte del governo americano.

 

SOCIETA CIVILE IN PERICOLO

Intanto, in queste drammatiche ore, il sentimento sembra essere uno solo: la società civile dell’Afghanistan teme di essere in grave pericolo. Da quando i talebani hanno preso la capitale Kabul e, più in generale, il potere sull’intero Paese. Le donne, in modo particolare, sono convinte di scivolare daccapo in un inferno senza diritti. In tutto questo, in attesa di una presa di posizione da parte del governo americano, uno dei più autorevoli organi di informazione della Grande mela, il New York Times, ha pubblicato la testimonianza di Zarifa Ghafari, ventisette anni, la sindaca più giovane dell’Afghanistan.

Conosciuta per essere da sempre in prima linea per il rispetto dei diritti delle donne, Zarifa è convinta che il peggio sta per arrivare: «Verranno per le persone come me, mi uccideranno; sono seduta qui, in attesa che arrivino: non c’è nessuno che aiuti me o la mia famiglia. Sto seduta con i miei congiunti, insieme con mio marito. Non posso lasciare la mia famiglia. E anche se fosse, dove andrei?». Zarifa è stata nominata a capo della città di Maidan Shar l’estate di tre anni fa dal presidente Ashraf Ghani, fuggito per mettersi in salvo dai talebani.

«Sono distrutta – ha dichiarato la giovane sindaco – non so su chi fare affidamento, ma non mi fermerò ora, anche se verranno di nuovo a cercarmi: non ho più paura di morire». Nel frattempo i talebani stanno provando a rassicurare la popolazione, annunciando un’amnistia generale per i funzionari statali. «L’Emirato islamico – riporta un documento – non vuole che le donne siano vittime, ma anzi dovrebbero avere ruoli nella struttura di governo, ma in accordo con la Sharia». Insomma, «Voi governate, ma comandiamo noi».

 

L’INCUBO DOPO VENTI ANNI

Inutile girarci intorno, quanto sta accadendo in queste ore pare abbia un solo significato: per le donne afghane è la fine di tutto. Dopo venti anni sono tornati i talebani e con questi la “sharia”, la versione più estremistica della legge coranica che vorrebbe le donne segregate, ignoranti, invisibili. Quando guidarono l’Afghanistan nella seconda metà degli Anni Novanta, fecero piombare l’Afghanistan nel buio più totale. Le donne furono cancellate dalla società, trasformate in tanti fantasmi azzurri come i burqa che dovevano indossare, in schiave sessuali. Furono vietati lavoro e studio, pena la lapidazione. E adesso l’incubo è tornato. Anche Fatima, trentacinque anni, nelle Forze di sicurezza afghane, teme gravi ritorsioni. Non è riuscita a salire su uno degli aerei in partenza da Kabul. «Uccideranno anche me, sanno bene chi ha aiutato gli occidentali; stanno facendo le liste in ogni città delle donne single, dagli 8 ai 45 anni: molte saranno uccise, quelle che saranno risparmiate andranno in moglie ai talebani».

«Veder crollare tutto in un istante è la fine del mondo», ha dichiarato una giovane studentessa, rappresentante delle giovani afghane presso l’Onu. «E’ un incubo per le donne che hanno studiato e che intravedevano un futuro migliore». «La storia si ripete velocemente«», dice Fawzia Koofi, ex vicepresidente del Parlamento afghano.

Non solo resistenza passiva. C’è chi vuole vendere cara la pelle. Chi vuole restare e lottare. «Non servirebbe a nessuno se tutte le donne lasciassero il Paese», ha dichiarato all’emittente britannica Mahbouba Seraj, attivista di lunga data, dicendosi pronta a sedersi a un tavolo con i talebani per cercare di cambiare le cose dall’interno: «Nessuno, né i talebani, né il mondo, né la nostra repubblica, ha mai capito la forza delle donne afghane, quale risorsa siano».