L’accoglienza secondo Dante Capriulo
ll consigliere comunale e presidente della Commissione bilancio, dice la sua. “Sono nostri fratelli, hanno avuto la sfortuna di nascere in terre dove si soffrono fame e guerra”. L’impegno dell’Amministrazione. “Ripartire con una città più unita, l’industria è il tema del momento, ma guardiamo con fiducia al futuro, a cominciare dal turismo”.
Dante Capriulo, consigliere comunale e presidente della Commissione bilancio. Il suo impegno nell’accoglienza nasce in modo singolare, in un campo di calcio.
Abbiamo adottato in una nostra squadra di calcio dei ragazzi extracomunitari, dando loro una divisa, un paio di scarpette; giocavano in un campo sterrato, l’idea è venuta al tecnico Diego Lecce che ha voluto vederli in un vero campo di calcio; fra questi ce n’erano di bravi, tanto che alcuni li abbiamo anche tesserati con l’ASD Talsano; per alcuni di questi ragazzi, penso sia già un motivo di orgoglio giocare in una squadra di Promozione. Non perdiamo d’occhio, però, che il nostro lo vediamo come un impegno sociale: fare rispettare loro le regole, per esempio; svolgere opera di integrazione, certamente non farne dei fenomeni del perimetro di gioco”.
Anche sentendosi in qualche modo in minoranza, Capriulo è per l’ospitalità.
“Senza ombra di dubbio; papa Francesco nei giorni scorsi ha reso omaggio alla tomba di don Tonino Bello, il vescovo dell’accoglienza; ovviamente è un sistema che va regolamentato, è fuori discussione che non si possa vivere in un mondo senza regole: questi ragazzi che fuggono dalla guerra e dalla fame, sono nostri fratelli, nati purtroppo in un posto diverso. Dobbiamo rivolgere pertanto il nostro sguardo all’accoglienza, all’integrazione, al sentirci tutti esseri umani. E’ nostro compito aiutare chi invoca aiuto. Vero, a volte mi sento in minoranza, basti pensare ai voti raccolti dalla Lega anche a Sud, ma è una sfida che va giocata e vinta”.
Parliamo di Amministrazione locale, presidente della Commissione bilancio. Dissesto: Taranto è fuori dal tunnel?
Si incomincia ad intravedere la luce, una via d’uscita. I problemi, inutile nasconderlo, arrivano dal passato, dal dissesto più grande d’Italia in proporzione al numero di abitanti: Taranto ha registrato debiti per un miliardo di euro; oggi la parte debitoria resta, ancora da sgrossare, ma stimata intorno ai cinquanta milioni di euro; c’è poi la vicenda dei Boc (Buoni ordinari del Comune): la Corte di cassazione ha rinviato l’intero studio alla Corte d’appello per una ulteriore valutazione, quanto ha posto il Comune di Taranto in condizione di favore riconoscendo come certe operazioni del passato non fossero del tutto chiare; qualcosa di già visto e denunciato all’epoca dei fatti come consigliere di minoranza a proposito del prestito obbligazionario di 250milioni di euro. Dire che siamo fuori dal tunnel è ottimistico, ma stiamo cominciando a vedere l’uscita con grado di certezza”.
Qualche tensione in consiglio. Il suo intervento ha smorzato le polemiche: “Dobbiamo intervenire con dei ritocchi”, ha assicurato.
“Chi segue i dibattiti a certi livelli, sa che simili confronti sono fra i momenti più caldi. La coperta, purtroppo, è sempre corta rispetto alle esigenze dei cittadini; occorrerebbe il doppio delle risorse per far fronte alle istanze di questi: penso allo riasfaltare le strade, a sistemare zone degradate, a dare servizi, risposte ai servizi sociali, risolvere il problema delle case.
Esistono tanti problemi, ma non basta la sola volontà nel volerli risolvere: occorrono le risorse economiche e, da qui, nasce lo scontro sul bilancio; possiamo trovarci d’accordo sul 90% dei problemi, ma poi devi essere bravo a recuperare queste benedette risorse da stanziare; stiamo adottando una linea di risposta ad esigenze a nostro avviso fondamentali: su proposta del sindaco, Rinaldo Melucci, che riveste anche il ruolo di assessore alle Risorse finanziarie (ha la delega), abbiamo deciso di non aumentare la tassazione a carico dei cittadini; da un lato rinunciamo a risorse, praticando dunque tagli alla spesa; dall’altro, però, esiste la necessità di rispondere ad altri impegni essenziali: per esempio, i servizi sociali, con lo stanziamento di 38milioni di euro; poi intervenire sulla manutenzione ordinaria, le strade; la soluzione dei problemi sulle aree mercatali, nelle periferie della città; dobbiamo assicurare sostegno a tutti gli interventi del Cis, per ciò che attiene “personale” e “progettazione”; abbiamo pertanto cercato di definire un bilancio che aveva degli obiettivi impegnativi, cercando di utilizzare le sole risorse di cui disponevamo, facendo attenzione a non fare il passo più lungo della gamba: facile a dirsi, complicato a farsi”.
Lei vanta esperienza, che foto oggi dà di Taranto?
“E’ una città divisa. Dal secolo scorso abbiamo contrasti irrisolti che ci hanno condotto in questa situazione. Non è un caso che sul tema dell’industria esistano due diverse scuole di pensiero: chi vorrebbe vedere su due piedi l’industria “ambientalizzata”, chi invece, senza mezzi termini, vorrebbe chiuderla; del resto anche i risultati delle ultime elezioni sono uno specchio di una città spaccata. Dobbiamo, allora, recuperare un senso di comunità; Taranto in realtà rispecchia quanto avviene su palcoscenici nazionali, una netta divisione sui temi principali. Mi viene in mente quello dell’accoglienza: cittadini contrari e cittadini a favore. Ecco, dobbiamo recuperare un senso di identità di città ed avere una visione di futuro”.
Taranto, città industriale.
“E’ ancora così, inutile nasconderlo. La “fabbrica” esiste, con i suoi dodici decreti, con i progetti di copertura dei parchi minerali che stanno proseguendo, ma anche con i contrasti: chi vuole chiuderla, chi vuole resti aperta; c’è L’Eni, il Ministero che ha autorizzato Tempa rossa: cerchiamo di impattare le ricadute di una simile decisione; la presenza della Marina militare, un’industria a tutti gli effetti, lo stesso Arsenale.
Dall’altro lato la città fa di tutto per diversificarsi nell’offerta: fare turismo, con l’ospitare navi da crociera, nobilitare le sue ricchezze, musei, mare, ipogei, Città vecchia e dunque la valorizzazione millenaria del Borgo antico. Siamo come un velivolo che vuole staccarsi dal suolo, ma che resta inchiodato a terra. Città divisa che vuole cambiare la propria storia, ma che ha difficoltà nel farlo”.