Nella serie A tedesca gli atleti chiedono giustizia

Nella Bundesliga manifestano a favore del povero Floyd con fasce al braccio, genuflessioni e magliette. Altri episodi per ricordare il quarantaseienne afroamericano soffocato a Minneapolis da un poliziotto. Negli Stati Uniti proseguono le proteste. A Washington evacuata la Casa Bianca, a Los Angeles, vetrine in frantumi e negozi saccheggiati. 

Detto che non si placano le proteste negli Stati Uniti per l’uccisione di George Floyd, l’afroamericano di quarantasei anni morto soffocato da una stretta morsa di un agente di polizia durata una decina di minuti, anche altrove ci sono altre manifestazioni per ricordare quanto accaduto a Minneapolis. Ultima, in ordine di tempo, in quanto a clamore, quella di alcuni calciatori delle Bundesliga, la serie A tedesca. Alcuni atleti hanno espresso, ognuno a modo proprio, un pensiero per il povero George: Marcus Thuram, Jadon Sancho e Achraf Hakimi. A questi, alcuni fra i giornali europei più importanti, non solo sportivi, hanno dedicato la prima pagina. Fra questi, l’italiano “Corriere dello sport”, e lo spagnolo “AS”. “Thuram si inginocchia nel nome di George” il primo, “Gol contro il razzismo” il secondo.

La Bundesliga in prima pagina, dunque. Dopo essere stata la prima ad accelerare la ripresa dei giochi post-Covid 19, ecco un altro gesto. Più forte, politico: la protesta per la morte di George Floyd. Sabato il centrocampista americano Weston McKennie (Schalke 04) aveva giocato con una fascia al braccio con la scritta “Giustizia per George”; domenica pomeriggio Marcus Thuram, ventiduenne francese del Borussia Moenchengladbach, figlio del campione del mondo ‘98, Lilian, si è inginocchiato a testa bassa dopo uno dei suoi due gol segnati nella gara vinta contro l’Union Berlin.

Un gesto, quello di Thuram jr, che ha richiamato alla memoria quanto fece un giocatore di football americano, Colin Kaepernick, che quattro anni fa si inginocchiò durante l’inno americano in segno di protesta contro le violenze subite dagli afroamericani. Un gesto che fu poi imitato da altri atleti famosi dei principali sport statunitensi.

La protesta per la morte a Minneapolis di George Floyd, dunque, dilaga nel mondo. Dopo Thuram jr. del Borussia Moenchengladbach, che si è inginocchiato “alla Kaepernick” dopo aver segnato all’Union Berlino, ecco che anche i calciatori dell’altro Borussia, quello di Dortmund , hanno fatto sentire la propria voce. Jadon Sancho e Achraf Hakimi, infatti, dopo aver segnato nella gara vittoriosa contro il Paderborn, hanno mostrato il sottomaglia con la scritta “Giustizia per George Floyd”. Achraf ha fatto anche di più: ha compiuto il gesto delle manette.

MINNEAPOLIS, CALMA APPARENTE

Intanto, l’ordine apparente pare sia tornato a Minneapolis. La polizia locale con tredicimila soldati della Guardia Nazionale è riuscita a riprendere il controllo della città. Ma la tensione è giunta perfino a Washington, con la Casa Bianca sotto assedio, e dilagata a  Los Angeles e Philadelphia.

In molte città sono proseguite le proteste a una settimana dalla morte di George Floyd, l’afroamericano ucciso dal poliziotto di Minneapolis. Se nel corso della giornata i cortei di massa hanno riempito le piazze in modo pacifico, con l’arrivo dell’oscurità e allo scattare del coprifuoco, ecco lo scatenarsi delle frange più violente.

A Washington, manifestanti sono riusciti a generare un incendio a pochi metri dai cancelli della Casa Bianca, così che il Servizio segreto al seguito del presidente e della sua famiglia, ha dovuto spostare Donald e Melania Trump nel bunker di emergenza sotto la residenza presidenziale. L’evacuazione del presidente e della first lady è durata un’ora, con le fiamme ben visibili dalla sede del potere esecutivo, prima che il Metropolitan Police Department riuscisse a sgomberare Lafayette Square, la piazza di fronte alla Casa Bianca.

Di altro tenore quanto accaduto in una delle zone più chic di Los Angeles. Alle otto di sera locali di Santa Monica, luogo di passeggio e dello shopping delle star, è stata presa d’assalto da bande organizzate con la distruzione di vetrine, saccheggio di negozi di articoli sportivi e abbigliamento.

INTERVIENE LA GUARDIA NAZIONALE

Forze di polizia, stando a quanto raccontato da testimoni, erano state concentrate ai lati di un corteo di protesta che si è svolto in modo pacifico. A breve distanza, però, è cominciato un andirivieni di auto da cui scendevano gruppi che distruggevano vetrine ed entravano nei negozi per impossessarsi di qualsiasi cosa. La razzia, ripresa dalle telecamere, è proseguita e trasmessa in tutti gli Stati Uniti.

Scene simili si sono viste anche a Philadelphia in Pennsylvania, capitale storica degli Stati Uniti prima di Washington: anche questa città-simbolo ha visto negozi presi d’assalto, svuotati da bande di giovani. In altre località alle prese con razzie, come Portland nell’Oregon, le autorità locali hanno dovuto estendere il coprifuoco.

L’attenzione si è allontanata per la prima volta da Minneapolis, il luogo della tragedia che ha dato origine alle proteste. Al sesto giorno di scontri, le autorità del Minnesota hanno finito per avere la meglio. La mobilitazione senza precedenti dei tredicimila soldati della Guardia Nazionale domenica ha invertito i rapporti di forze, e ha permesso alle forze dell’ordine di riprendere il controllo del territorio. L’unico momento di tensione grave si è verificato quando un camionista ha tentato di investire alcuni manifestanti: bloccato dalla folla, pestato, è stato arrestato dalla polizia e piantonato in ospedale.

Ma questa domenica si è chiusa sotto il segno di un nuovo incubo. La grande massa degli americani – non solo di colore – che sta protestando per le violenze della polizia, teme che il senso di questa grande rivolta venga snaturato e deviato. Negli scontri con la polizia si sono distinti i professionisti della guerriglia urbana; dietro di loro è spuntato lo sciacallaggio di chi approfitta del caos per scatenarsi a ripulire i negozi e fuggire col bottino. I danni provocati aggravano una situazione già drammatica: le scene di razzie nei negozi infieriscono su centri urbani che erano vuoti da tre mesi per il lockdown, vetrine sbarrate, esercizi pubblici già sull’orlo del fallimento, un paesaggio di depressione economica che sarà ancora più difficile ricostruire dopo quest’altra ondata di distruzioni.