Checco Zalone e il suo film, i nostri ragazzi applaudono
«L’attore-regista ha dato addosso ai pregiudizi di alcuni italiani», dicono Abdo, Modou, Boubakary e Ibrahim. Ospiti di Luciano e Adriano Di Giorgio, titolari del cinema Orfeo. «Cercavo un’opinione spassionata sul tema del film», dice uno dei gestori. «Tanto rumore per nulla!», esclamano Roberta e Francesco.
Se ne è parlato e scritto prima che il film uscisse. Checco Zalone, uno dei personaggi di successo del cinema italiano, ha fatto parlare di sé alla vigilia della programmazione del film “Tolo tolo” nelle sale cinematografiche a partire dall’1 gennaio (brindisi tarantino per l’attore-regista). Aveva lanciato un tralier con annessa canzone-guida, titolo, nemmeno a dirlo, “Immigrato”. Zalone (Luca Medici all’anagrafe) può piacere o non può piacere, dividerà l’opinione pubblica in due fazioni, forse anche in una terza, quella che di simili diatribe se ne infischia, ma è uno che riesce comunque a far parlare di sé per il suo “politicamente scorretto”.
Dunque, “Tolo tolo”. L’idea di comprendere il punto di vista dei nostri ragazzi, quelli di “Costruiamo Insieme”, fra operatori e ospiti della cooperativa, parte dai titolari del cinema Orfeo, Adriano e Luciano Di Giorgio. «Posso invitare un po’ di vostri ragazzi? Mi piacerebbe conoscere il loro punto di vista». Parole di Luciano. «In Italia, Paese di santi e navigatori, ma anche di tuttologi aggiungerei io», prosegue il gestore del cinema-teatro di via Pitagora a Taranto, «parlano tutti: tutti sanno di tutto, tanto che questi fenomeni non sentono la necessità di sentire quelli che sarebbero i diretti interessati, quanti sarebbero stati colpiti dalle presunte offese dell’attore-regista: gli extracomunitari». E allora, ecco l’invito formale ai ragazzi della cooperativa: tre operatori, Roberta, Francesco e Abdo e tre ospiti, Modou, Boubakary e Ibrahim. Detto, fatto. Sabato pomeriggio, disposti in fila, uno accanto all’altro. Paolo scatta una foto dietro l’altra, fino a quando non si spengono le luci e tacciono le voci.
Fine del film, prima di uscire dal cinema, tutti nel foyer per un punto di vista a caldo. «A me è piaciuto molto: senza voler peccare di presunzione, penso che Checco Zalone abbia picchiato quella parte di italiani che hanno pregiudizi nei confronti di quelli come me, di colore: altro che film razzista! Fossi stato italiano, avrei avuto qualcosa da ridire a riguardo…». Abdo, gambiano, ventidue anni, operatore di “Costruiamo Insieme”, parla un perfetto italiano.FINE PROIEZIONE
Uscita del cinema Orfeo di Taranto, dove è ancora in programmazione il “discusso” “Tolo tolo”. Abdou non viene lontanamente sfiorato dal dubbio, parla a ruota libera del film scritto, diretto e interpretato da Checco Zalone, finito nell’occhio del ciclone di una parte della critica per presunti temi razzisti. A cominciare, si diceva, da “Immigrato”, colonna sonora del film alla quale ognuno ha dato una sua interpretazione.
Abdo, con i colleghi Roberta e Francesco ed amici, ospiti di “Costruiamo Insieme”, è fra quanti hanno raccolto l’invito di Luciano e Adriano Di Giorgio, titolari dell’Orfeo. «Qualche mese fa avevo sentito dire e letto – prosegue il ragazzone che sfiora il metro e novanta – che Checco Zalone avrebbe attaccato e offeso gli immigrati giunti in Italia con un motivo musicale; conosco a memoria tutti i suoi film, la sua comicità, l’altro giorno ho rivisto in tv “Cado dalle nubi”: la sua canzone, “Angela”, più la sento e più mi fa ridere; forse in quest’ultimo caso avrebbero dovuto risentirsi le donne, in qualche modo offese dal testo, molto maschilista, invece le signore non lo hanno fatto: evidentemente queste hanno maggiore saggezza rispetto a qualcun altro…».
«A me il film ha divertito molto – dice Luciano Di Giorgio, uno dei due titolari dell’Orfeo – e non lo dico in quanto parte interessata, considerando “Tolo tolo” in programmazione dallo scorso 1 gennaio: mi sono posto più di una domanda, volevo confrontarmi con altri per conoscere opinioni, anche forti, se ce ne fossero state; per questo con mio fratello Adriano abbiamo rivolto l’invito a un gruppo di ragazzi extracomunitari a vedere il film e darci la loro spassionata opinione, disposti a condividerla qualsiasi questa fosse stata: ora posso dire che non avevo dubbi; mi interessava, però, conoscere il parere di ragazzi come loro, stranieri, che hanno imparato in fretta l’italiano e che, credo, in quanto a sensibilità possano dare punti a più di qualcuno, specie a quanti vedono complotti e congiure ovunque, anche in un film che ha una sola “mission”: far trascorrere al pubblico un’ora e mezza nella massima spensieratezza».
Con Abdo, due colleghi operatori, Roberta e Francesco. E con loro anche Modou e Boubakary, senegalesi di trentatrè e ventuno anni, e Ibrahim, maliano, ventisei anni. «A me è piaciuta l’idea che Zalone abbia raccontato la storia al contrario – dice “Ibra” – cioè quella di un italiano in Africa, provando a far comprendere cosa significhi la diversità, essere bianco fra mille neri, le difficoltà, la lingua, il lavoro, la nostalgia di casa…».
I ragazzi, a fine della proiezione sostano per qualche istante all’ingresso dell’Orfeo. Scambiano ancora personali punti di vista, li sommano fra loro, sono tutti d’accordo: il film è promosso.DIECI!
«Dovessi dare un voto anche io – dice “Bouba” – gli darei un bel dieci, mi ha riportato nel mio clima africano provocato nostalgia, ma anche fatto ridere, e tanto, specie quando – non conoscendo la lingua – il protagonista si becca un “vaffa”: capita anche qui che qualche volta possa sfuggire una di queste espressioni forti: noi ne abbiamo sentite, ma basta non darci peso…».
«Non solo il film, anche l’Italia è un Paese da promuovere con il massimo dei voti – completa Modou – se anche un italiano dovesse mandarti al diavolo, stai sicuro che altri cento sono pronti ad accoglierti a braccia aperte».
«Abbiamo riso tanto, comincia con tante battute – conclude Abdou – prosegue con qualche riflessione che dovrebbe far pensare africani ed europei, sia chiaro, e finisce come fosse una favola, con i saluti di Checco Zalone che promette di tornare in Africa con “cento chili di permessi di soggiorno” per tutti; è una frase divertente: è un film, non un discorso elettorale, dunque ripeto: alla fine avrebbero dovuto risentirsi più gli italiani, visto che non è la prima volta che l’attore critica il sistema con battute a raffica, o sbaglio?».
«A noi il film è piaciuto – dicono Roberta e Francesco, anche loro operatori – abbiamo riso, conosciamo il cinema di Checco Zalone, lo stesso qualcuno dei nostri ragazzi; la cosa bella è che abbiamo riso insieme a loro, nello stesso momento, evidentemente non erano battute discriminanti; non per scomodare Shakespeare, ma possiamo dire che, alla fine, intorno al film c’è stato molto rumore per nulla: “Tolo tolo” è brillante, strappa risate e riflessioni, crediamo che tanto basti».