Covid-19, parla Giuseppe Stasolla, presidente del Comitato consultivo misto
«Rispettosi delle misure indicate dal Governo, ma non abbassiamo la guardia», dice il rappresentante dell’Organo del Terzo settore. «Asl irreprensibile, nonostante qualche “scienziato” abbia minimizzato asserendo che l’inquinamento industriale respingesse il coronavirus: roba da codice penale. Non dimentichiamo i sacrifici di medici e infermieri: oggi li chiamiamo “angeli”, domani gli stessi potrebbero tornare ad aggredire il personale dei Pronto soccorso»
Prosegue la nostra panoramica sulle attività del nostro territorio in qualche modo legate all’emergenza del Covid-19, comunemente detto coronavirus, pandemia che ha steso mezzo mondo, seminato morte e terrore. Ospite della rubrica “Con parole mie” è il dott. Giuseppe Stasolla, presidente del Comitato consultivo misto, come a dire Asl di Taranto, e Servizio sanitario.
Partiamo dal significato di Comitato consultivo misto.
«E’ un Organo di rappresentanza del Terzo settore socio-sanitario, un presidio della cittadinanza attivo nell’ambito delle dinamiche e della programmazione sanitaria pubblica e privata convenzionata. Per intenderci, è la partecipazione del cittadino alla verifica della qualità del servizio sanitario, pubblico o privato convenzionato che sia. E’ la conquista di un nuovo quadro di legge a cui le aziende sanitarie devono adempiere e che prevedono una partecipazione attiva del cittadino».
Attività dell’Asl tarantina. Dal suo osservatorio, il punto di vista sull’organizzazione sanitaria locale alla luce di una tanto sciagurata quanto inattesa pandemia?
«Come organo di presidio, abbiamo osservato e monitorato tutte le attività che l’Azienda ha svolto per contrastare l’emergenza Covid-19. Partiamo da un dato che balza agli occhi di cittadinanza e utenza: il basso contagio registrato dalla città di Taranto e dalla sua provincia. Detto che i dati non escono per magia da un cilindro, credo poco a teorie per certi versi grottesche manifestate in queste ultime settimane. Un esempio, fra gli altri: l’inquinamento industriale che avvolge Taranto farebbe da schermo al coronavirus».
E’ stato detto anche questo?
«Ritengo sia cosa di una gravità estrema, specie se a pronunciarla è un esponente di Pneumologia di una città non lontana dalla nostra. Di fronte a simili affermazioni, evidentemente prive di fondamento scientifico, bisognerebbe mettere mano al codice penale. Non si possono rilasciare dichiarazioni di questo genere, specie se a pronunciarsi è un professionista titolato: queste dichiarazioni potrebbero avere effetti devastanti sulla popolazione. Pertanto, ripartirei dal dato: un applauso al comportamento dei cittadini di Taranto, che si sono comportati e si stanno comportando bene; al Sud, in Puglia e, in particolare, nella nostra provincia, abbiamo adottato una condotta rispettosa nei confronti delle misure indicate dal Governo e dalle Autorità locali. Attenzione alla Fase 2: non è finita, dobbiamo mantenere alta la guardia, per evitare recrudescenze affinché il virus non si ripresenti e provochi ulteriori danni».E veniamo all’offerta sanitaria.
«L’Asl di Taranto si è mostrata attrezzata e competente; al “San Giuseppe Moscati”, dove ci sono reparti di Pneumologia e Malattie infettive, è stato di fatto creato un presidio ospedaliero dedicato alle emergenze da Covid-19. Verifichiamo giornalmente come i pazienti vengano controllati secondo il “Protocollo Spallanzani” e, una volta accettato il perfetto stato di salute, dimessi; in questo momento si sta andando verso una normalizzazione rispetto all’emergenza. Questa riorganizzazione ha generato lo spostamento di importanti servizi in altre strutture private e convenzionate, con riferimento a Oncologia e Cardiologia per esempio, che passata l’emergenza torneranno a tempo pieno al “Moscati”. E non solo per i pazienti oncologici, ma anche disabili e categorie appartenenti alla platea della fragilità nei confronti della quale tutti dobbiamo porre massima attenzione».
Cosa hanno chiesto e cosa chiedono i cittadini? Qual è la sensazione che lei avverte?
«Esistono elementi che questa pandemia ci consegna. Chi ha responsabilità non può sottrarsi a una vicenda che ci consegna segnali importantissimi: i cittadini hanno bisogno di risposte univoche e uniformi. E’ emerso che il Sistema sanitario regionalizzato ha modalità diverse nel fornire risposte al cittadino; in Lombardia e Veneto si è avuta un’accoglienza diversa rispetto a quella praticata in Puglia. La Sanità in un quadro simile ha evidenziato i propri limiti ispirandosi a un modello negli anni concettualmente più “americanizzato”, più vicino all’assistenza privata».
In Puglia, invece?
«E’ stato conservato un sistema sanitario attento verso la Medicina di urgenza, abbiamo conservato un modello più rispondente: certo, abbiamo registrato numeri diversi, altre dinamiche, ma abbiamo il dovere di guardare i segnali giunti da questa stagione di pandemia: occorre, dunque, uniformare la risposta generale per il cittadino e tornare ad investire nella Sanità pubblica. Con il Patto di stabilità saltato, con l’Europa che può concedere prestiti con finalità sanitarie, bisogna pensare ad organizzare una Sanità pubblica che torni a rispondere alle esigenze del cittadino: certo, l’acciaio è strategico, ma erano strategiche anche le mascherine che noi non avevamo…».
Nei confronti del personale medico, qual è il sentimento che ne ricava oggi?
«Oggi sui social sono in molti a definire “angeli” i nostri operatori di frontiera, che rischiano quotidianamente la vita; spero che una volta passata questa storiaccia, gli stessi che si sono spesi in elogi non tornino ad aggredire il personale dei Pronto soccorso. Mi auguro, pertanto, che questa esperienza consegni ai cittadini un elemento di maturità, coscienza sociale e rispetto nei confronti del nostro Sistema sanitario che va tutelato, potenziato e sviluppato, nonostante rappresenti già un modello che in altri Paesi si sono limitati ad imitarci».