Hachim Mastour, dal Milan in poi
Una storia fatta di emozioni, racconta il calciatore, centrocampista e attaccante che ha cominciato con i rossoneri dei quali è tifoso. «Rifarei tutto quello che ho fatto, come ripartire dalla Reggina e da una piazza calda come quella della squadra calabrese». Marocchino, nato a Reggio Emilia, è stato il più giovane debuttante con la maglia della Nazionale del suo Paese: non aveva nemmeno diciassette anni. Qualcosa è cambiato, ma non è detto che certi amori non tornino
Per i molti ragazzi ospiti del nostro Centro di accoglienza, se c’è una disciplina sportiva dalla quale sono affascinati, questa è il calcio. Lo amano, lo vivono, talvolta anche troppo. Diciamo con il tifo giusto. Urlano, gioiscono, non condividono le posizioni tecniche, ma poi alla fine si stringono la mano da buoni amici. Una partita di calcio è emozione, d’accordo, ma alla fine è sempre qualcosa che nasce e deve restare lì, in quel perimetro, sessanta per centodieci metri, grossomodo. Di recente molti ragazzi hanno seguito la finale di Coppa d’Africa vinta dal Senegal, che ai calci di rigore dopo i tempi supplementari ha avuto la meglio sull’Egitto, l’altra squadra finalista. E’ stato un momento molto bello. Quella finale è stata l’occasione per parlare con alcuni di loro, appassionati di calcio e delle storie legate a questo sport. E’ più forte di loro, e di noi, quando in una storia c’è quel colpo di tacco, i ragazzi la seguono con emozione.
I ragazzi sono affascinati dalle storie, non solo quelle importanti, a lieto fine. Pongono attenzione anche a storie che vorrebbero finissero in altro modo, non con il magone, bensì con un sorriso. Ma la vita, e questo i ragazzi lo sanno, è fatta di alti e bassi. Può andare bene, le congiunzioni astrali – si dice – possono essere quelle giuste e, dunque, tutto fila liscio. Qualche volta, e anche questo i nostri fratelli lo sanno, qualcuno può inciampare in una pietra, un ostacolo imprevisto. Poco male, si riparte. Si raccolgono le proprie forze e via, ad accarezzare sogni mettendoci quell’impegno che deve esserci in qualsiasi cosa si faccia. Anche il calcio, a suo modo, spiega quanto sia importante come nella vita – per esempio – il gioco di squadra, non essere egoisti, saper riconoscere la forza dell’avversario, esultare per un colpo a sensazione di un compagno o riconoscere il gesto atletico con un applauso.
DEBUTTO CON DOPPIETTA
E veniamo alla storia di quest’oggi. Lui è Hachim Mastour, ventitrè anni, nato a Reggio Emilia. Calciatore marocchino con cittadinanza italiana, parte dalle giovanili del Milan: debutta contro l’Albinoleffe, segna due gol. Titoli cubitali sui giornali, è nata una stella. Poi qualcosa si inceppa. Secondo qualcuno nella testa e nelle gambe del ragazzo, che a nostro avviso resta un grande talento. Vedremo. Intanto ci piace raccogliere battute prese un po’ qua e un po’ là. Come un video postato dalla Reggina, società calabrese dalle antiche tradizioni calcistiche, compresi campionati nella massima serie.
E’ lo stesso calciatore marocchino, il più giovane debuttante con la maglia del suo Paese (diciassette anni), a raccontarsi. «Per me il calcio è tutto – spiega Mastour – l’ho sempre avuto nella mente fin da bambino, per me non esisteva altro divertimento che non fosse il calcio: studiavo e pensavo al calcio, finivo i compiti e incontravo i compagni di scuola, ci dividevamo in due squadre e via, a prendere a calci un pallone. In famiglia, quattro in tutto, mamma e una sorella, era papà ad essere appassionato quanto me, se non di più, di calcio: quante partite vedevamo insieme e tutte le volte ci trovavamo d’accordo su questo e quel campione, questo o quel gol. E non solo: fu papà a pronosticare per me una carriera professionale da calciatore».
POI UN PASSO INDIETRO
Papà ci aveva azzeccato. Di Mastour si interessa il Milan, una delle squadre più blasonate al mondo. «E’ stata la mia occasione: qualcuno mi ha detto che forse è stato un errore cominciare dall’università del calcio, invece di sgobbare sui campi di calcio di categoria inferiore, dove compagni e avversari non fanno complimenti: dei primi devi guadagnarti la fiducia, dagli altri il rispetto. Che ricordi ho del Milan? Indelebili, amo quei colori, ogni volta che guardo quel Diavolo in tv, mi emoziono, lavoro sodo perché un giorno possa tornare a vestire una volta quei colori».
Ci balena in testa la canzone di Zucchero, “Diavolo in me”, un rock-blues allegro. Hachim la conosce certamente, a Milanello erano in molti a cantarla, a cominciare dai tifosi che lo sostenevano e non lo hanno dimenticato. Arrivano le esperienze all’estero: Spagna, Olanda e Grecia. «Non è affatto semplice, credetemi: quando sei ancora un ragazzo staccare di colpo con la famiglia e gli amici, diventa dura: certo, meglio fare il calciatore che altri mestieri usuranti, talvolta sottopagati e per diciotto ore al giorno: di storie ne ho sentite… Ma non nascondo che sognavo una carriera in Italia, magari dal Milan in prestito ad altre squadre a farmi – come si dice – le ossa e poi tornare in rossonero. Detto della nostalgia, se sei bravo anche dal dolore riesci ad imparare e a crescere: per me è stato così».
Sulla sua strada la Reggina due volte, in mezzo il Carpi. Mastour rifarebbe tutto allo stesso modo. «Le scelte che ho fatto fino ad oggi mi hanno aiutato a crescere: se mi si chiede quali aspettative io abbia oggi, sicuramente fare bene con la Reggina, che milita in B, giocare fra i professionisti: la società ha obiettivi di crescita e io proverò a essere parte del progetto. Ottimo il rapporto con società, compagni e mister. Ho avuto proposte anche dall’estero, volevo restare in Italia, Reggio Calabria è una piazza importantissima per fare calcio e ripartire…».