Tornare a lavorare nei borghi porterebbe benessere e produttività

L’Italia ha una ricchezza diffusa fatta di storia e tradizioni. La brusca frenata e l’obbligo allo smart working possono essere il bicchiere mezzo pieno. Consentirebbe a una infinità di lavoratori la riconquista di questi spazi. Oggi, non domani, potrebbe presentarsi una opportunità unica

Il nostro Paese, non lo scopriamo oggi, ha una grande ricchezza, diffusa sull’intero territorio. E’ fatta di luoghi di grande fascino e storia e antiche tradizioni. Bene, l’occasione di permettere a un numero incalcolabile di lavoratori italiani tanti la riconquista di spazi in buona sostanza a dimensione umana può rappresentare qualcosa di unico.

L’Italia è, principalmente, luogo nel quale non difettano borghi, solitamente diffusi, fatti di impercettibili realtà il più delle volte ricche di storia. Non è materia contemporanea, ma sappiamo perfettamente quanto abbia inciso nel nostro tessuto sociale l’emigrazione, lasciare la propria città, un tempo come oggi, lasciare il proprio Paese. Oggi possiamo affermare che la ricerca di un lavoro sradica i nostri figlia da queste realtà, dunque anche dalle loro origini creando insieme all’occasione lavorativa, costi sociali non indifferenti, il più delle volte legati allo spopolamento di campagna, aree rurali e i piccoli borghi.

Dunque, un investimento importante nelle precondizioni che facilitano l’opzione del lavoro agile, perché no, potrebbe aiutare a invertire questa tendenza. Tanti, infatti, sono i giovani costretti a trasferirsi in città affollatissime. La prospettiva è il lavoro, d’accordo, ma ci siamo chiesti quanto possa in realtà costare, uno sradicamento sociale e psicologico per chi si trasferisce e per chi si lascia alle spalle storia tradizione. E con queste un affetto che difficilmente qualcuno potrà restituire loro.

LAVORO A DISTANZA

La possibilità di lavorare a distanza, da casa o da sistemi decentralizzati, permetterebbe di riequilibrare un rapporto patologico tra il fascino esercitato dalla città e la legittima aspirazione di una vita radicata nelle relazioni e nella storia che spesso solo i borghi e i luoghi delle nostre origini possono soddisfare. Tocca a noi cominciare a porre al centro del dibattito una “nuova questione urbana” associata ai luoghi di residenza, sia alla qualità della nostra vita individuale e relazionale.

Vale ancora la pena di assecondare un modello di città fatto di mezzi sotterranei nei quali si ammassano lavoratori per occupare successivamente grattacieli ispirati a non si sa quali forme di sviluppo urbanistico che, spesso, finiscono in un patologico desiderio architettonico non meglio identificato. Le città, si dice, sono diventate quello che sono perché hanno sfruttato i grandi vantaggi derivati dalle esternalità di rete e di agglomerazione, ma in un tempo nel quale gran parte del valore economico è valore immateriale, la prossimità fisica perde quel ruolo centrale che ha giocato nei secoli scorsi.

CREARE NUOVE OPPORTUNITA’

L’obiettivo è, dunque, liberare il lavoro dalla sua gabbia fisica e creare nuove opportunità per persone e luoghi. L’Italia, ripetiamo, ha una ricchezza diffusa fatta di luoghi bellissimi, ricchi di storia, tradizioni, relazioni e solo spezzando le catene del pendolarismo avrebbe, come dicono gli studiosi, un effetto decisivo sul miglioramento della qualità della vita di milioni di persone. E tutto ciò, senza parlare degli effetti benefici sull’ambiente attivati da una decongestione dei centri cittadini. Minori spostamenti, più tempo libero e una migliore distribuzione degli uomini sul territorio. Si tratterebbe di spingere organizzazioni pubbliche e private verso forme e strutture più moderne e sostenibili. Le stesse, sicuramente ne guadagnerebbero in impegno, coinvolgimento e produttività. Cosa principale, il punto di partenza: non domani, ma oggi stesso.