Andrea, ventotto anni, vive sotto i portici di piazza San Babila

A Milano conoscono lui e la sua storia sfortunata, diploma al Conservatorio e una laurea in Giurisprudenza. «Lavoravo in una piccola ditta, assunto da una multinazionale, poi il fallimento e la strada. Mangio in mensa, ma non vado in dormitorio. Genitori persi da piccolo, nessun parente, la mia unica preoccupazione, oggi, è mettere qualcosa sotto i denti, poi coprirmi e dormire, nella speranza che risvegliandomi scopra che è stato un brutto sogno»

«Nelle agenzie interinali mi dicono che ho troppe qualifiche per i mestieri che girano». Andrea, ventotto anni, un diploma al Conservatorio e una laurea in Giurisprudenza, non ha un lavoro. Di questi tempi il tema, purtroppo, da solo non farebbe notizia. Infatti, ad occupare le prime pagine dei giornali è un altro aspetto che interessa il giovanotto (che ha tanta voglia di lavorare mostrare il suo talento): è un senzatetto.

Proprio così, dorme sotto i portici di piazza San Babila, a Milano. Andrea non ha lavoro e non ha casa. «Fino a quando ho lavorato – spiega il ventottenne – abitavo in un appartamentino, non navigavo nel lusso, certo, ma ero puntuale nel pagare l’affitto; poi, la svolta verso il basso: perso l’ultimo lavoro, ho perso anche il tetto, le certezze e la dignità».

Potrebbe essere una storia come tante, si diceva. Invece è il racconto di Andrea, uno scatto fotografico, se vogliamo, di un’Italia che quotidianamente miete vittime della disoccupazione giovanile. Andrea non ha genitori, sono morti che lui era ancora piccolo. Purtroppo Andrea non ha altri parenti. Orgoglioso non si è arreso alle difficoltà della vita, ha studiato e cercato con l’impegno la sua strada. «Non ho molti amici, anzi sono proprio pochi: il poco tempo che avevo a disposizione, tra studio e lavoro, non mi ha permesso di coltivare come si deve queste amicizie, né di socializzare», spiega il giovane ventottenne.

POCA VOGLIA DI PARLARE

Non è molto loquace, Andrea. E’ comprensibile, non amerebbe raccontare il suo modo di vivere. «Confesso – spiega a chi gli pone domande che provano a scavare nel suo privato – l’orgoglio mi impedisce di chiedere aiuto finché non sarà strettamente necessario». Mantiene cura di se stesso. Impeccabile, nonostante il suo status. Pulito, barba rasata, capelli in ordine, un cappotto scuro e una borsa ventiquattrore con dentro un maglione pesante, una camicia e una maglietta.

«Laureato, ho iniziato a lavorare – racconta – in una società che produceva cartucce filtranti per altre aziende, il mio ruolo era quello di impiegato amministrativo contabile». Come tutte le storie con un finale, mesto, a sorpresa, la caduta. Un avanzamento di carriera prima di finire per strada. «Assunto da una multinazionale – sintetizza il suo salto di qualità trasformatosi in un repentino, inesorabile declino –  mi sono impegnato, sudato le classiche sette camicie  in quello che tecnicamente viene definito ciclo passivo della contabilità; risultato: dopo quattro anni l’azienda è fallita e dalla sera alla mattina mi sono trovato senza lavoro».

SENZA SOLDI, SENZA CASA

Finiti i risparmi, come racconta lo stesso Andrea, non ha potuto più onorare il contratto di affitto della casa. Ancora qualche impegno saltuario come cameriere, poi la strada e la mensa. «Vivo per strada dal maggio di sei anni fa; da non crederci, l’aspetto più inquietante dell’intera vicenda è che stando per strada riscopri gli istinti più primitivi: il primo pensiero è mangiare, poi coprirsi il meglio possibile e dormire: non in dormitorio, però, lì non mi sentirei sicuro». Nel pomeriggio Andrea si reca in biblioteca, spedisce curriculum, ma le sue capacità lo frenano: «Nelle agenzie interinali mi dicono che ho troppe qualifiche per i mestieri che girano».

Cappotto grigio scuro, borsa ventiquattr’ore, così vestito il ventottenne diplomato al Conservatorio e laureatosi in Giurisprudenza, trascorre le fredde giornate invernali. A vederlo uscire dalla mensa sembra un volontario che ha finito il turno e sta per tornare in ufficio. In ufficio, in realtà, vorrebbe tornarci, ma non ne ha più avuto la possibilità. «Dalla sera alla mattina, senza preavviso, sono stato licenziato; non so come andrà a finire, l’intera vicenda è ancora nelle mani del curatore fallimentare e non so se godrò mai di una liquidazione; unica preoccupazione, oggi: mettere qualcosa sotto i denti, coprirmi e dormire, nella speranza che al risveglio sia stato un brutto sogno». Una brutta storia dentro un’altra storia e un’altra ancora: perso il lavoro, senzatetto e con prospettive appese a un filo sottile, che il Cielo ti assista Andrea.