Biagio Izzo, attore napoletano, dice la sua sull’immigrazione
«Il cuore di Napoli e una catena di solidarietà: cinquanta passeggeri in mare per tre settimane durante il Natale, ironia della sorte, quando tutti dovrebbero essere più buoni». Poi racconta la sua attività artistica. «Non mi ritengo un cabarettista. Dai matrimoni alle feste patronali, fino alla tv, infine il cinema. Il pubblico rimpiangerà i “cinepanettoni”»«La Sea Watch, in mare tre settimane durante le feste natalizie, è il manifesto della bontà dei napoletani e della gente del Sud, da queste parti abbiamo più cuore, non si scappa. E non se ne abbiano a male gli amici del Nord…». Biagio Izzo, ospite della Stagione teatrale “Angela Casavola” sostenuta da “Costruiamo Insieme”, dice la sua su immigrati e accoglienza. «Avete visto, sentito quanta gente si è fatta avanti per adottare, accogliere quei ragazzi africani che nel cuore avevano più di una speranza?», riprende il protagonista della commedia “I fiori di latte”, «un’azione commovente e senza fine: noi siamo fatti così, se vediamo uno che si dibatte in mare e non sappiamo nuotare, a costo della vita ci lanciamo al salvataggio: sapeste quanta gente ogni giorno compie atti di coraggio e nessuno sa niente; i politici, sia chiaro, fanno il loro mestiere, ma non si può impedire alla gente di fare quello che sente: e qui, a Sud, l’umanità si produce in quantità industriale!».
L’attore comico, famoso per film di successo e numerose ospitate sulla tv ad alti indici d’ascolto, al teatro Orfeo di Taranto ha raccolto il meritato successo. Commedia divertente, “I fiori di latte” pone subito un interrogativo etico: realizzare latticini con prodotti testati biologicamente, oppure denunciare un fusto sospetto in quella “Terra dei fuochi” che tanto male ha fatto alla Napoli per bene.
All’interno di questo lavoro, uno spazio per i monologhi nei quali Izzo è maestro. «Questi li richiede il pubblico – confessa l’attore napoletano – non riesco a smarcarmi da alcuni miei cavalli di battaglia: “Il Natale”, “Il figlio maschio”, “Il filmino del matrimonio”…». Del resto, ammette lo stesso attore, viene da lì. «Da atmosfere familiari agli inizi della mia carriera: matrimoni, compleanni, cresime, comunioni, battesimi, feste patronali; facevo di tutto, stabilivo un rapporto di grande affetto con tutti: era il bello di anni spensierati, condivisi con Ciro Maggio, l’altra metà del duo Bibì e Cocò; è così che all’interno de “I fiori di latte”, ci ho messo una di quelle parentesi comiche alle quali anche io sono molto legato».TEATRO, RAPPORTO FISICO, CINEMA E TV LA POPOLARITA’
Differenze e similitudini fra teatro, cinema e tv. «Non è semplice spiegarlo, discipline simili ma non uguali: chiaro, devi avere la vocazione, ma la differenza esiste. Quando fai cinema, sul set una scena puoi ripeterla fino a quando uno dei ciak non convince il regista; la tv, non la cerco costantemente: certo, dà popolarità e non finirò mai di essere grato a uno strumento di comunicazione così importante, ma detto questo, il piccolo schermo lo vedo freddo, distaccato; faccio, se possibile, le trasmissioni che più mi divertono; il pubblico si accorge subito se in una cosa ci metti passione: ripeto, non sono un “televisivo” convinto, anche se non nascondo che provo ammirazione per quanti fanno cabaret e in tre minuti infilano una gag dietro l’altra: non sono un “battutista”, mi ritengo più un attore comico che un cabarettista; mi vedo più a far rivivere situazioni, a interpretare a modo mio una scena, un copione, piuttosto che fare battute a raffica».
Dovesse ripercorrere la sua vita artistica. «Anni di Bibì (Biagio, ndr) e Cocò che non si dimenticano, anche se arriva un momento, in qualche modo inatteso, che ti fa riflettere se sia giusto o meno farsi schiaffeggiare l’anima da qualcuno che non ha rispetto più per l’uomo che l’attore; sia chiaro, è un episodio morto e sepolto, anche se ha segnato in modo significativo il mio percorso artistico. Mia figlia, quel preciso giorno, faceva la comunione, io avevo già assunto questo impegno, una delle tante feste familiari: non fui ripagato con il dovuto rispetto, quell’episodio fu l’occasione per ridisegnare il mio futuro; detto che ancora oggi non mi perdono l’aver disertato la comunione di mia figlia, quanto accadde in quella precisa occasione mi segnò non poco: storia vecchia, superata, una, dieci, cento volte…».
Abbandona momentaneamente l’attività di comico, ma resta nello spettacolo. «Dopo quel momentaccio, cominciai a fare il talent-scout: scovavo giovani artisti, condividevo questo fiuto per i nuovi talenti con Mimmo Esposito, mio socio; questo, fino a quando in uno studio televisivo della Rai, poco più di venti anni fa incontrai Gianni Boncompagni regista della trasmissione “Macao”, fu lui a convincermi a tornare sulle scene».
La tv era già arrivata, poi toccò al cinema. «Scrivevo e mandavo provini a tutti, fino a quando il grande Corrado mi ospitò nel suo programma televisivo “Ciao gente”, in onda nell’83 su Canale 5. La trasmissione andava in concomitanza con il Festival di Sanremo: presumo ci vedessero in pochi, fra questi un amico di mio zio, Gennaro Strazzullo, che aveva una piccola tv, Rete Sud: “Tuo nipote è sulla rete nazionale, mandalo da me, gli faccio fare delle cose, proviamo a lanciare definitivamente questo ragazzo che ha voglia di “fatica’”».DALLE TV PRIVATE AL CINEMA
Le “private”, poi il cinema. «Attori e registi importanti: Vincenzo Salemme, Neri Parenti, il compianto Carlo Vanzina, altri a seguire. Carlo lo rimpiangeremo a lungo, quelli etichettati come “cinepanettoni” nel tempo sono diventati dei “cult”, su Youtube milioni sono le visualizzazioni, io stesso sono molto “linkato”. Film leggeri che molti rimpiangeranno, perché se non li vedono al cinema, li vedono in tv, li rintracciano su internet e li scaricano sul cellulare; piccole opere, come fossero un gustoso piatto di pasta e fagioli: tutti ne vanno matti, ma quando entrano in un ristorante scelgono il sofisticato e spesso – non sempre, sia chiaro – restano delusi da pietanze insipide».
Una carriera già di successo, può darsi manchi ancora qualcosa. «Mi ritengo ampiamente soddisfatto. In buona sostanza mi sta chiedendo se ho “sogni nel cassetto”. Bene, se è questa la domanda, sappi che il mio cassetto l’ho svuotato di tutti i sogni che avevo in mente, fondamentalmente due: fare l’attore e avere una compagnia teatrale tutta mia; faccio un lavoro che amo, mi riserva soddisfazioni continue, incontro gente, conoscenti, amici che hanno piacere di stare con me, cos’altro dovrei chiedere alla vita?».
Critiche e complimenti, quali fanno più male. «Va bene tutto, quando uno abbraccia questo mestiere mette in preventivo che non può essere simpatico a tutti, a qualcuno può anche risultare indifferente; fa parte dello spettacolo, ne ho viste tante: in camerino pacche sulle spalle, strette di mano, complimenti, poi una volta fuori dal teatro, arricciano il naso e ti riempiono di critiche: è lo spettacolo, fa parte del gioco».