Stefano Rossi, direttore generale Asl di Taranto
Nessun taglio alla Sanità, solo ottimizzazione dei servizi. Le eccellenze tarantine, la funzionalità dei presidi ospedalieri del territorio, tempi d’attesa rispettati, nei casi urgenti interveniamo sull’agenda. Addolorato dal folle episodio al SS. Annunziata, l’aggressione mortale a una donna. Orgoglioso di aver restituito alla città il padiglione SS. Crocifisso in pieno centro.
Taranto non ha subito tagli, ma solo una rimodulazione. Se i medici di base fossero più attenti, anche i tempi di attesa sarebbero più spediti. Stefano Rossi, direttore generale dell’Asl di Taranto, tocca diversi punti in un confronto a tutto campo sulla Sanità locale.
Asl, Azienda sanitaria locale. Cosa significa essere al centro delle attenzioni di un territorio?
«Si dice che la Sanità sia l’incrocio fra la vita e il trapasso. In realtà seguiamo dalla nascita i percorsi vitali di ciascuno di noi, un’attività decisiva, strategica, che attiva risorse economiche, aspetto da non sottovalutare: il Fondo sanitario nazionale è una quota del Pil, il Prodotto interno lordo: l’80-85% delle risorse della Regione sono destinate alla Sanità. La dice lunga su come questo aspetto rivesta un ruolo baricentrico rispetto alla società in generale; poi quando viene scoperto un fenomeno corruttivo e talvolta fatto un uso distorto della notizia, questo fa ancora più male: non solo all’amministratore, ma anche al cittadino Stefano Rossi».
Non avverte il peso di un impegno così delicato, considerando la Sanità un avamposto rispetto alle istanze del cittadino?
«I problemi sono tanti, qualcuno può anche intimorire, ma sento spalle sufficientemente larghe per affrontare temi delicati e risolverli; il rinnovo dell’incarico ricevuto di recente dalla Regione credo sia la conferma del buon lavoro svolto: i meriti, sia chiaro, sono dell’intera azienda e del personale; una realtà complessa l’Azienda sanitaria locale, più complessa di quella ospedaliera, in quanto hai intorno quanto necessita di controllo: le ASL ricoprono l’intera provincia, dunque complessi, servizi, personale; tutto distribuito su un territorio molto ampio che non aiuta ad esercitare correttamente e compiutamente le attività di indirizzo e di controllo.
Se non avessi avuto accanto personale affiatato, non saremmo riusciti insieme a raggiungere risultati così lusinghieri, pertanto anche il rinnovo del mio incarico lo condivido con tutto il personale; Taranto, in tema sanitario, vanta numerose eccellenze: presso il “Moscati” di Taranto risiede il Dipartimento interaziendale jonico-adriatico, dunque Taranto e Brindisi, lo dirige il dott. Salvatore Pisconti, apprezzatissimo specialista per indiscussi meriti professionali e umani. In un territorio tristemente compromesso dal punto di vista ambientale ed epidemiologico, non devi essere solo bravo, ma devi avere una cifra umana non indifferente; e l’elenco prosegue con il dott. Patrizio Mazza, primario di Ematologia, con il quale circa un anno fa abbiamo celebrato i mille trapianti di midollo; il dott. Giovanni Silvano, direttore di Radioterapia oncologica; il dott. Teodorico Iarussi, direttore di Chirurgia generale; un tempo impensabili, sono stati effettuati circa centoventi operazioni di chirurgia toracica con interventi ai polmoni; il dott. Giovanni Battista Costella, primario di Neurochirurgia. In buona sostanza, una filiera integrata dal punto di vista chirurgico. E lo dico non per incensare il nostro lavoro quotidiano, ma per gli utenti, gli assistiti, perché dovessero averne bisogno possono rivolgersi serenamente alle nostre strutture. Evidentemente, non è un caso che esista una forte domanda da parte di pazienti lucani e calabresi».
Il rapporto con il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano e cosa significa fare due conti con i “tagli” all’attività della “sua” Asl?
«Rapporto con il presidente Emiliano, ottimo, d’altro canto non avrei potuto meritare la sua fiducia; non esistono tagli: il Fondo sanitario nazionale, dunque la quota del Fondo sanitario regionale, è una quota del Pil, che è sempre lo stesso: non significa, però, che oggi le risorse siano insufficienti; ciò detto, cresce in modo esponenziale l’aspettativa di salute da parte di una popolazione sempre più anziana e sempre più cronica: dunque, cresce il fabbisogno; le risorse sono le stesse, non ci sono tagli. Ecco perché vanno ottimizzate, utilizzate nel migliore dei modi; così, alla luce di questo dato, la risorsa più preziosa diventa il personale: per dettato normativo, tutte le pubbliche amministrazioni, dunque, anche il Servizio sanitario, non possono spendere per il personale più di quello che spendeva nel 2004, ridotto dell’1,4%; immaginate, pertanto, la spesa per il personale: in questi quattordici anni si fanno più Tac, più risonanze, si opera di più, in quanto quattordici anni fa certe cose erano inoperabili; così registriamo una crescita esponenziale di attività, nonostante le risorse siano sempre quelle. Ecco la richiesta di ottimizzazione. Dunque, contesto bonariamente l’accusa sui tagli: tagli non ce ne sono stati».
Tempi di attesa, volesse sfatarli?
«Esistono dati ufficiali: il Ministero attraverso il Piano nazionale delle Liste d’attesa, campiona due settimane in due periodi distinti dell’anno; l’80% delle prestazioni rispetta i tempi, anzi sfido chiunque a dire che una prestazione o prenotazione richiesta con il codice “U”, urgente, o “B”, nel giro di tre giorni, non sia stata rispettata, facciamo tutto il possibile forzando qualunque tipo di impegno e agenda; la prestazione, però, deve essere correttamente compilata dal medico di base, ciò a dire che deve recare il codice di priorità; non sempre questo viene riportato, così la richiesta finisce in un labirinto dal quale non se ne esce più. Dunque, codice di priorità e sospetto diagnostico: il sospetto diagnostico – attività clinica del medico di base – sulla base di sintomi, anamnesi, va di pari passo con il codice di priorità. In questo ambito, il sistema dovrebbe funzionare, purtroppo continuiamo a vedere ricette rosse prive del codice di priorità e di sospetto diagnostico».
Perché secondo lei fa notizia un episodio di malasanità rispetto a cento attività di soccorso?
«In Inghilterra dicono: una notizia deve rispondere a tre “s”: sesso, sangue, scandalo; non possiamo farci nulla, la lotta è impari. In questo preciso momento stiamo erogando milioni di prestazioni: negli ambulatori del medico di base e in quelli di specialistica, negli ospedali; nessuno tesserà le lodi di milioni di prestazioni, ma inevitabilmente indicherà quella andata male».
Presidi sanitari sul territorio, i collegamenti fra le anime della sanità pubblica fra Taranto e provincia?
«Un Decreto ministeriale del 2015, ha dato nuove regole e introdotto una classificazione dei presidi ospedalieri. Esistevano situazioni arlecchinesche, sembrava che tutti potessero fare tutto. Così è avvenuta una divisione: ospedali di primo livello, secondo livello e di base. Non è una classifica di merito, ma di contenuti; quello di base ha quattro discipline: Manduria, oltre al Pronto soccorso, ha medicina, ortopedia, chirurgia e cardiologia; il riordino ospedaliero regionale ha previsto ospedali di primo livello: Martina e Castellaneta, che hanno quelle di base e altre discipline: ginecologia, pediatria, nefrologia, urologia, una serie di discipline in più; infine l’ospedale SS. Annunziata di Taranto: ha tutto e, in più, neurochirurgia, geriatria, lungodegenza e via discorrendo. Giusto sia così: il 118 deve sapere in quale ospedale trasportare il paziente. Mettere ordine è stato importante: con la rimodulazione nulla è sparito, bensì è stato potenziato altrove; giusto svolgere prestazioni in un solo punto: per principio scientifico, si sbaglia di più dove si fa di meno; concentrare le prestazioni alza il livello di qualità e abbatte la casistica degli interventi sbagliati».
Cosa l’ha inorgoglita di più, cosa l’ha addolorata in questi anni di attività?
«Parto subito da un episodio negativo: la morte violenta di quella povera donna che si trovava al Pronto soccorso ad agosto, alle quattro di notte, accompagnata dal figlio, e che per mano di un folle ha perso la vita: episodi simili non dovrebbero accadere in assoluto, una vicenda terribile se penso che è accaduta in casa nostra.
Orgoglio. Sbloccare un appalto, quello del padiglione “SS. Crocifisso” in via SS. Annunziata, arrestatosi nel tempo: abbiamo accorpato poliambulatorio, Cim, centri diurni, neuropsichiatria infantile e restituito, al tempo stesso, una struttura alla città. Non svolgiamo, infatti, solo attività sanitaria, bensì ospitiamo mostre, concerti, presentazione di libri, mercatini nel periodo natalizio. Quell’immobile così bello era una delle eccellenze tarantine inutilizzate da anni. Ho subito critiche per questa scelta: avrei portato i “pazzi”, dicevano, in centro. Ho provato a far capire che il disagio mentale è una criticità della società moderna e all’interno di essa cresce in modo esponenziale: portarlo nel centro cittadino e non emarginarlo, ci può aiutare a contrastarlo».