Sakou, ventidue anni, gambiano

«L’amore dei propri cari, sono le cose principali. Ho nostalgia di moglie, figlia e del mio Paese. In Gambia ci sposiamo giovanissimi, con le videochiamate annulliamo la distanza, ma mi manca il loro calore. Appena rinnovato il permesso di soggiorno, abito e lavoro a Palagiano, nei campi: datori di lavoro rispettosi e puntuali. Mascherina, covid, distanziamento e caffè…»

 

«Buongiorno, signore, una mascherina: devo gettare quella che indosso, la porto da due giorni e altro non hanno detto i miei colleghi di lavoro se non che devo prestare molta attenzione alle disposizioni per evitare il contagio da covid, una vera sciagura».

Sakou, ventidue anni, da quattro in Italia, parla già bene l’italiano. «Sono felice di stare qui, ho lasciato casa, moglie e una figliola, ma era l’unico modo perché potessi dare un futuro a me e ai miei cari…».

Prendiamo un caffè insieme, separati da un paio di metri, davanti ad un tavolino sul quale Luigi, titolare del bar, dispone le due tazzine di plastica. «Mi spiace, non posso servire al banco – giustifica il servizio il titolare del bar – le disposizioni del Ministero sono chiare, possiamo anche non condividere misure restrittive e talvolta eccessive, ma dobbiamo rispettare le regole».

Sakou sorride. Lo dicono i suoi occhi, poi l’intero volto, non appena fa scivolare la mascherina sotto al mento, quel tanto che basta per gustarsi il caffè. «Conosco perfettamente le regole – spiega il giovane ventiduenne – in città sono rigorosi, ma vi assicuro che anche nella mia Palagiano fanno rispettare il distanziamento con la stessa pignoleria…».

 

LA “MIA” PALAGIANO

Palagiano, Sakou spiega. «Lavoro e abito lì – riprende – con miei connazionali, vicino di casa di altri ragazzi, come me, arrivati in Italia dall’Africa, un viaggio lungo, ma fortunatamente senza le tante paure vissute da altra gente venuta in Europa in cerca di fortuna: sembra un romanzo d’amore e, in effetti, lo è stato, lieto fine compreso; non mi è sembrato vero mettere piede nel vostro Paese, godere di accoglienza e assistenza e, successivamente, trovare lavoro».

Da quattro anni in Italia, più o meno lo stesso periodo da quando è impegnato in lavori a volte saltuari, altre volte stagionali. «Lavoro nelle campagne, con un contratto in piena regola, in questo momento sono a Taranto, avendo appena rinnovato il permesso di soggiorno: come vede, non sono solo rispettoso delle regole per combattere il contagio da virus, rispetto anche quelle del lavoro, guai non fosse così…».

Proprio i suoi colleghi, italiani e africani, più esperti, gli hanno detto quanto sia importante il permesso di soggiorno. «E’ l’unico sistema per stare sereni –ammette Sakou – i primi tempi quando ho cominciato a lavorare nei campi, non appena vedevo agenti in divisa a fare controlli tremavo di paura al solo pensiero che potessero prelevarmi, mettermi su una imbarcazione, un aereo e rispedirmi a casa: ero in regola già allora, ma i colleghi mi spiegavano che, a volte, basta un piccolo contrattempo burocratico a rimettere in discussione la tua posizione; anche i miei datori di lavoro, gente per bene, sono molto attenti a tutto questo: puntuali nei pagamenti, ci chiedono di dare il massimo quando lavoriamo e, io e gli altri colleghi, ripaghiamo il rispetto che loro hanno per il nostro impegno dando il massimo».

 

NOSTALGIA CANAGLIA

Sakou confessa la nostalgia. «Non solo del mio Paese, io che abito non lontano da Serekunda, per proporzioni un po’ come la vostra Milano rispetto a Roma; questa città è immensa, la più popolata del Gambia, dieci volte più grande della capitale, Banjul; certo che ho nostalgia, ma quello che mi manca è l’affetto familiare, vedo mia moglie e mia figlia con videochiamate, la piccola mi è cresciuta praticamente sotto il naso, ho come l’impressione di vedere un quadro cambiare espressione di settimana in settimana: una bella sensazione, purtroppo mista a tanta malinconia; l’ideale sarebbe che un giorno mi raggiungessero in Italia, magari quando avrò regolarizzato del tutto la mia posizione con un lavoro in pianta stabile».

A proposito di rispetto, Sakou non ha fretta. «In Italia se la passano male gli stessi italiani – dice – figurarsi se ho fretta e voglio scavalcare chi, in realtà, mi ospita; a mia moglie ho spiegato tutto questo e lei stessa mi dice che è giusto così: non vogliamo passare per quelli che rubano lavoro agli italiani; se possibile, voglio mettere a disposizione la mia voglia di lavorare seriamente e sentirmi, poco per volta, anche io italiano: una famiglia già ce l’ho, quando i tempi saranno maturi, volesse il Cielo, allora farò venire in Italia mia moglie e la piccola, che mi auguro possa vedere direttamente crescere e studiare qui, in Italia…».

Caffè sorseggiato, tazzina di plastica nel raccoglitore di rifiuti. «Devo andare a prendere il bus da Taranto per Palagiano, ho avuto il permesso per il rinnovo, domani mattina riprendo il lavoro in campagna, dopo giorni di pioggia, siamo tornati a lavorare, fa freddo ma quello è l’ultimo dei problemi: le cose importanti sono la salute e il lavoro; manca l’affetto della famiglia, ma anche quello arriverà al momento giusto».