Francesco Boccia, il ministro degli Affari regionali e il Recovery Fund
La Città dei due mari dopo il lockdown deve tornare a sorridere. Il siderurgico va messo in sicurezza. «Nel progetto di ripresa è in cima alla lista, sogniamo un’Ilva senza carbone, un’acciaieria pulita, la prima del mondo». Covid non ancora debellato: «Attenzione agli irresponsabili: dicono che è tutto finito, in realtà stiamo scherzando col fuoco». Le risorse dall’Unione europea.
Recovery Fund, «Taranto, in cima alla lista, il sogno è un’Ilva senza carbone, un’acciaieria pulita, sarebbe la prima del mondo». Questo uno dei passaggi di una intervista rilasciata dal ministro agli Affari regionali Francesco Boccia. Stabiliamo, intanto, cos’è il Recovery Fund, letteralmente “fondo di recupero”. Definito anche “Next Generation Eu”, è in qualche modo la risposta dell’Europa alla disastrosa emergenza causata dal Covid-19. Insomma, un “fondo di ripresa” associato al bilancio a lungo termine dell’Unione Europea dal 2021 al 2027. Discusso e osteggiato da una parte dei Paesi dell’Unione Europea, il “Recovery” rappresenta una delle soluzioni per contenere le differenze tra i Paesi e i rischi del mercato unico.
Dunque, Boccia conferma. Non ci sarebbe Paese al mondo che abbia realizzato un pacchetto di aiuti come l’Italia. La maggioranza delle risorse sono destinate al Sud, alle aree in ritardo di sviluppo del Nord. Risorse che vanno utilizzate per fare investimenti strategici che possano preparare la strada al futuro. Recovery Fund, il ministro Boccia parte da Taranto. «Il presidente Conte ha già detto che, per esempio, Taranto è in cima alla lista: personalmente sogno un’Ilva senza carbone, un’acciaieria pulita, così da sarebbe la prima del mondo. È la nostra idea di sempre, nonostante qualcuno ci avesse deriso. Candidati alla presidenza della Regione, volevano l’Ilva a tutti i costi anche con il carbone e sono gli stessi che volevano le trivelle in mare al tempo del referendum; qualcuno l’acciaieria voleva chiuderla, ma non si capisce come e per far cosa».
LA PUGLIA SECONDO IL MINISTRO…
I pugliesi, secondo Boccia, sanno distinguere tra chi è credibile e chi non lo è. «Ora in Europa l’Ilva “verde” viene vista come strategica per tutto il continente. Sono fiducioso, la Puglia sarà tra le prime regioni, non solo meridionali, a riprendersi. Abbiamo una classe di imprenditori e lavoratori con i fiocchi, si continua a produrre e credo che, se non avremo sorprese sotto il profilo sanitario, ne avremo invece e di positive sotto quello del prodotto interno lordo. Sono molto fiducioso e i sostegni statali e regionali hanno aiutato molto».
A proposito di crisi, Recovery Fund, risorse per sostenere il Paese, il Sud, dai contagi di Covid segnalano un pericoloso aumento. Una situazione che andrebbe peggiorando. «Basta andare in giro – sostiene il ministro agli Affari regionali Boccia in una intervista resa alla Gazzetta del Mezzogiorno – per capire che la guardia si è molto abbassata; comprendo che dopo il lockdown si abbia voglia di vivere, non comprendo gli irresponsabili che dicono che è tutto finito solo perché gli effetti clinici sono più attenuati, stiamo scherzando col fuoco».
Eppure secondo qualcuno il lockdown sarebbe stato eccessivo e il Sud poteva essere preservato. «Il nostro Paese – l’opinione di Boccia – contava mille morti al giorno: è surreale che qualcuno oggi metta in discussione il lockdown. Tra febbraio e marzo ci sono state dichiarazioni dei presidenti, con la richiesta unanime di chiusura urgente del Paese: è tutto agli atti. E se ce l’abbiamo fatta fino ad oggi è perché siamo stati sempre uniti e responsabili. Il lockdown totale ci ha permesso di uscire prima dalla fase più critica, basta vedere quello che succede nel resto del mondo. Chi dice il contrario fa un’operazione per certi aspetti disgustosa».
COVID, SE CI FOSSE STATO…
Una posizione forse troppo severa, quella del ministro agli Affari regionali. «No. Quando l’epidemia è scoppiata in Cina, se ci fosse stato un allarme mondiale più determinato, e quindi con chiusure o attività di prevenzione, oggi il pianeta non conterebbe venti milioni di contagi e un numero spropositato di morti. Chi dice che in Italia così abbiamo danneggiato il Pil del Sud dice una cosa sbagliata: sfido chiunque a venire a dirmi che mentre una metà del Paese restava chiusa e in condizioni drammatiche, l’altra metà avrebbe potuto continuare le proprie attività senza rischi. Il lockdown ha protetto la salute e la vita degli italiani, mettendo in sicurezza gli ospedali del Nord in grave crisi e salvando il Sud da una catastrofe che non riusciamo nemmeno a immaginare».
Adesso è necessaria una maggiore attenzione. «Di più. E non vuol dire essere catastrofisti o allarmisti, ma leggere con lucidità i numeri. Il problema è duplice: contagi di rientro dall’estero e raduni di ogni tipo; poi c’è chi dimentica anche le minime norme di igiene. Si rischia il corto circuito perché il Covid-19 non guarda in faccia nessuno. Se la situazione precipita saremo costretti a ricorrere a restrizioni; non c’è altro modo per fermare le epidemie se non si riesce ad adottare minimi comportamenti virtuosi. E voglio dirla tutta: un altro lockdown sarebbe insostenibile per qualsiasi nazione. Ma se non riusciamo a convivere col virus dovremo adottare limitazioni essenziali per salvaguardare la salute dei cittadini, che viene sempre prima del Pil. Negazionisti e chi afferma il contrario credo debbano essere privati del diritto di cittadinanza universale: prima la salute, poi il business, su questo non ci sono margini di trattativa».
Infine, in PugIia sarebbe stato fatto quanto si doveva. «Emiliano, il presidente della Regione, è stato efficiente e determinato. Ha agito da presidente e da assessore alla protezione civile nello stesso tempo. La rete ospedaliera è a posto, con tutti gli standard in ordine. Credo che anche i pugliesi abbiano dato prova di grande maturità. Ma proprio per questo bisogna stare attenti ed essere prudenti».