Francesco, operatore, parla dei ragazzi ospiti nei Centri di accoglienza

«Volevo insegnare, in realtà ho imparato». Una laurea in Scienze dei Beni culturali, che chiude volentieri in un cassetto. «Il colore della pelle, sciocco preconcetto. Non invadono, ma fuggono: da un malessere e dalla fame, da bastonate e proiettili che sibilano a tutte le ore»

«Ho conseguito una laurea in Scienze dei Beni culturali, ma farei questo lavoro a vita!». Francesco, trentacinque anni, da un anno e mezzo con la cooperativa “Costruiamo Insieme”, non ama compiacere chi lo ascolta. Ama piuttosto il confronto su qualsiasi latitudine. Tralasciamo il discorso politico. Conosciamo qual è la sua posizione, l’appassionata difesa dei suoi amici nordafricani. Proviamo, invece, a conoscere un ragazzo maturo, che al suo primo colloquio di lavoro, ha compreso in un attimo quale fosse il suo futuro.

«Di questo devo ringraziare presidente e direttore di “Costruiamo” – dice Francesco  – hanno subito creduto in me, nonostante venissi da una preparazione culturale che, forse, non aveva punti di contatto con il lavoro che avrei affrontato a partire dall’ottobre del 2017. Dico forse, perché poi, evidentemente avendo, loro, una visione più completa mi avevano giudicato idoneo a svolgere il ruolo di operatore all’interno della cooperativa».Francesco Articolo - 1Un altro mondo, Francesco non si nasconde dietro un dito. «I miei genitori sono docenti, hanno studiato e insegnato, fin da piccolo, che il colore della pelle è solo il pregiudizio degli sciocchi: solo un ignorante può pensare di essere superiore a un suo simile solo perché meno “abbronzato…”». Sorride. E’ il tono giusto, disinvolto, per ribadire certi aspetti. Non è il caso di infliggere sciabolate, basta il fioretto, magari solo per un senso di difesa. «Se attacchi – riprende Francesco – hai perso la partita, vai su un terreno sul quale gli altri, quanti hanno preconcetti sui nostri ragazzi – permettetemi di usare un possessivo, sento come fossimo una sola famiglia – ti vogliono condurre, e non è il caso: troppi veleni, troppe banalità e considerazioni tanto al chilo, senza sapere di cosa in realtà stanno parlando».

Il peccato originale. «Il preconcetto, sbagliano nel considerare questi ragazzi come “invasori”: qualcuno pensa che una mattina, i nostri fratelli africani, si sono svegliati e hanno deciso di fare un giro a largo; invece, i ragazzi non invadono, ma fuggono: da malessere, ignoranza, bastonate senza pietà, proiettili che sibilano ad ogni ora del giorno e della notte; fuggono dalla fame e sognano una prospettiva umana, fatta sì di sacrifici – dove mettiamo radici e affetti cui hanno dovuto rinunciare? – ma anche di lavoro e un futuro finalmente libero e non condizionato».

Francesco e la sua esperienza all’interno di “Costruiamo Insieme”. «Vengo dai Centri per l’accoglienza e Centri per il rimpatrio, nel Barese, zona della quale sono originario; volevo spendermi al massimo per questo lavoro e quando ho chiesto strumenti con i quali insegnare ai ragazzi, ho avuto la massima collaborazione da parte della struttura: sono tornato sui libri, ho studiato, mi sono confrontato con una strada completamente nuova; ho cominciato a tenere corsi di alfabetizzazione, seguito dai miei “allievi” con la massima attenzione: perché questi ragazzi, ecco cosa sfugge a molti, vogliono imparare subito abbattere distanze e pregiudizi; vogliono spiegarsi, raccontarsi come meglio possono».Francesco Articolo - 2L’insegnamento e le emozioni di questo lavoro. «La cosa più bella è la partecipazione, l’educazione e l’impegno con cui ti rivolgono domande: quando imparano la minima nozione che ho provato a trasmettergli, per me è una grande soddisfazione; capisco quando i “miei” mi parlavano di soddisfazione professionale, di missione in questo lavoro; la magia della creazione, di un segno, una lettera, una parola, infine una frase e un ragionamento più articolato. E, mi ripeto, non è solo merito del mio impegno, ma la forza di volontà di decine di giovani che vogliono integrarsi, restare qui, sentirsi italiani, rendersi utili al prossimo».

I ragazzi imparano e insegnano. «Insegnano ogni giorno qualcosa, ma un’idea complessiva puoi fartela solo se vivi a stretto contatto con loro per diventare uno di loro; bene, il prestito bibliotecario è stato un successo: sembra un dettaglio, invece è un sensore di quello che i ragazzi vogliono fare e, sostanzialmente, imparare e trasmetterti; le prime scelte erano indirizzate a storie semplici, perché la conoscenza della nostra scrittura, parole e frasi entrassero automaticamente nel linguaggio di tutti i giorni; poi letture di scienze, infine la geografia, in particolare sull’Africa: comprendere da dove venissero e quale fosse il nostro punto di vista sui loro Paesi: bene, anche qui abbiamo da imparare; i libri di scuola ci raccontano altre storie dalle quali siamo distanti anni-luce…».

Altro insegnamento. «Mi hanno aiutato a comprendere la diversità culturale, il loro essere cristiani, ortodossi, musulmani; un altro mondo verso il quale dovremmo cominciare a fare un passo; di più: un viaggio».