Donato Ciletti, dal successo con i Profeti alle canzoni in osteria
«Ho sempre fatto quello mi andava di fare, canto per gli amici e i clienti del locale di un amico». Lontani i successi discografici con il suo complesso musicale e il contratto con la CBS. «Compravo auto alla moda, una per colore, ho fatto il ragioniere per papà, ma il richiamo della musica, anche solo chitarra e voce, mi ha sempre rapito…»
«Un amico comune ci ha presentati, così la sera canto nella sua osteria: il titolare del locale è un bel tipo e tanto basta…». Donato Ciletti, oggi settantasei anni, pugliese di Orta Nova, da piccolo insieme con la famiglia trapiantato a Milano, fondatore dei Profeti. Con Renato Brioschi (a suo tempo Renato dei Profeti, «Lady Barbara»), Donato fonda una delle formazioni musicali più amate. Una sera decide di raccontarsi a Gianni Messa, giornalista di Repubblica che raccoglie la sua bella storia. Una di quelle che insegnano, lasciano il segno. Ciletti, conosciuto ai tempi del colosso Warner, con cui firmò un contratto, partecipò come solista a un Festival di Sanremo. Era il ’78, in quella edizione sfondarono Anna Oxa e Rino Gaetano.
Una storia che comincia negli Anni Cinquanta. Milano, comunque il Nord, è uno degli obiettivi di chi “sale” dal Sud. «All’esterno degli edifici e delle pensioni – ricorda Ciletti – erano esposti quei brutti cartelli di cui tanto si parla ancora oggi “Non si affitta ai meridionali”». Per dirla alla De Crescenzo, rispetto a certi episodi di razzismo nei confronti dei neri che arrivano dall’Africa in cerca di lavoro e speranza, «siamo tutti a sud di qualcuno». Anche lo stesso Ciletti, che regala la sua storia a Messa e ai lettori di Repubblica, quando parla del nostro sud, involontariamente lo fa da “milanese”. «Quando scendo e arrivo nei pressi del Gargano, mi batte forte il cuore», racconta. Scendere e salire, una cosa che fa sorridere. Il nord è su, il sud è giù. «Ma il mio è un atto d’amore – confessa l’artista – amo la mia Puglia come la nostra cucina». Quando gli chiedono la sua hit gastronomica, non tentenna un solo attimo. «Crudo di mare, pasta al forno, pesce alla brace e “brasciole”».
DENTRO LA STORIA
Ma entriamo nella storia di Ciletti, dal Festival all’osteria. «Di mezzo un bel po’ di successi e un addio, quello di Renato con cui fondai i Profeti: alla CBS, casa discografica dei Santana e dei Pooh, tanto per intenderci, non piaceva il nostro nome di origine, i Sonars, e allora, pur di firmare un contratto, accettammo».
«Fu subito successo – riprende Ciletti – nonostante Renato ci avesse appena lasciato per inseguire il suo successo solistico ad un Disco per l’estate vinto con “Lady Barbara”: guadagnavo un sacco di soldi, ce la godevamo un po’ tutti, io compravo eleganti Citroen verniciate di colori diversi, lui moto; poi ci sciogliemmo come accadde ad altre formazioni musicali, io continuai a scrivere, cantare, andai appunto a Sanremo: scrivere, suonare e cantare è stato sempre il mio passatempo preferito. E se oggi non sento nemmeno gli anni che mi porto addosso, credo sia merito di questo mestiere, esercitato davanti a dieci, cento, mille persone: è il mio elisir di lunga vita…».
Dunque, l’osteria. «Non lo faccio per lauti guadagni, il momento è quello che è, ma perché il titolare del locale è una persona a modo, uno che mi lascia campo libero: se una sera non mi andasse di cantare, preferendo stare seduto al tavolo a chiacchierare con amici, non mi dice nulla; ai clienti mostra con orgoglio le copertine di quei tempi, uno di quelli in foto sono io…». Fra i successi fine Anni Sessanta, “Ho difeso il mio amore”, “Gli occhi verdi dell’amore”, “La mia vita con te”, “Non si muore per amore”. Dopo l’addio di Renato, il primo posto nella Hit parade radiofonica condotta da Lelio Luttazzi con “Era bella”, poi il successo al Festivalbar di Vittorio Salvetti con “Io perché, io per chi”.
AI MERCATI GENERALI…
Non si può dire, insomma, che Donato non abbia avuto il suo momento di celebrità. «Milano insegna: forse ti dà regole non scritte, se le rispetti vivi bene: canto e suono, la chitarra fu un primo regalo che mi fecero, papà non aveva paura del salto nel buio si rimboccò le maniche, cominciò a vendere frutta e verdura come ambulante; non ci faceva mancare niente, educazione compresa». Come prese la sua scelta musicale. «Venne in un locale di Viareggio a sentirmi insieme con il complesso musicale di allora, cantai “Il mondo” di Jimmy Fontana, la gente esplose in un grande applauso a fine canzone e papà venne a complimentarsi, fu la sua benedizione».
Più avanti papà cresce commercialmente. «Apre un’attività ai Mercati generali, gli faccio da amministratore, ma quella vita non fa per me, così al primo vero richiamo della musica, torno a cantare: i locali in quegli anni pagavano bene, cantavo e suonavo quello che mi andava di cantare e suonare, meglio di così…».
Uno dei tanti episodi raccontati a Repubblica. «Un ingaggio generoso per cantare ad un matrimonio – ricorda Ciletti – un signore in un elegante gessato mi consegnò un pacco di soldi, più di un milione di vecchie lire, sulla fiducia: senza contratto, solo una stretta di mano, quelle che non puoi e non devi disattendere».
Milano vicino l’Europa, ma la Puglia è sempre la Puglia. «Anche se avevo nove anni quando sono “salito” – spiega il cantautore – non so come, mi è rimasto, indelebile, quel forte legame con la mia terra, le mie origini: torno quando posso, ed è sempre un bel tornare…».