Pasqua di liberazione e di speranza
Ho già scritto che nella religione è importante ciò che l’uomo fa per il suo Dio e nella fede il rapporto è radicalmente invertito ponendo a fondamento ciò che Dio fa per gli uomini. La Pasqua è il momento di maggiore intensità nel percorso di fede, un messaggio di libertà e di liberazione che Dio dona agli uomini racchiudendo in se tutto il mistero cristiano: la passione, la liberazione dal peccato originale, la risurrezione ovvero il passaggio alla vita dopo la vittoria sulla morte.
Ripercorrendo le interpretazioni che sono state date nel tempo, salta alla mente quella del filosofo greco di cultura ebraica Filone di Alessandria che, in epoca ellenistica, ha definito la Pasqua come il momento di ringraziamento a Dio per il passaggio del Mar Rosso.
Ancora il mare diventa un tema ricorrente: strada di incontro fra culture o barriera, muro, luogo di morte nel nuovo esodo per vincere la morte cercando una nuova vita.
Eppure, luogo privilegiato dell’incontro fra Nord e Sud, Est ed Ovest, durante tutta la sua storia millenaria il Mediterraneo ha messo in contatto popoli e civiltà diverse, segnandone l’evoluzione attraverso i secoli. Come molti autori hanno sottolineato, la peculiarità del Mediterraneo sta nel fatto di essere un vero e proprio “mare fra le terre” attraverso il quale tradizioni, religioni e culture differenti hanno potuto interagire ed arricchirsi dal confronto reciproco; esso è sempre stato una frontiera nell’accezione più positiva del termine, confine proiettato verso l’altro dove la purezza si perde in favore di una contaminazione continua. Nessun impero, neanche quello romano, è mai riuscito a dominare stabilmente questo mare e nessuna egemonia culturale ha mai caratterizzato la sua storia. La tradizione greca e latina, erroneamente considerata da molti la principale e quasi esclusiva fonte culturale mediterranea, si è invece intrecciata fruttuosamente sia con quella ebraica sia con quella arabo e islamica, generando delle comuni radici storico-culturali.
Ma qual è oggi il ruolo giocato dal Mediterraneo nell’attuale scenario mondiale? Quale la percezione che di esso hanno i Paesi che ne fanno parte? Ma soprattutto, il Mediterraneo è ancora un “mare fra le terre” dove i diversi popoli possono confrontarsi ed instaurare un dialogo fra pari o ha perso definitivamente queste sue caratteristiche di pluralismo e inclusività?
Nel discorso Urbi et Orbi dello scorso anno, Papa Francesco ha affermato che “Il Cristo risorto, annuncio di vita per l’intera umanità, si riverbera nei secoli e ci invita a non dimenticare gli uomini e le donne in cammino alla ricerca di un futuro migliore, schiera sempre più numerosa di migranti e di rifugiati – tra cui molti bambini – in fuga dalla guerra, dalla fame, dalla povertà e dall’ingiustizia sociale. Questi nostri fratelli e sorelle, sulla loro strada incontrano troppo spesso la morte o comunque il rifiuto di chi potrebbe offrire loro accoglienza e aiuto”.
La valorizzazione delle caratteristiche del mare fra le terre, in particolare del suo pluralismo, costituisce l’alternativa da seguire per promuovere la comprensione reciproca e la cooperazione multilaterale necessarie per raggiungere una pace libera da ogni deriva fondamentalista, non solo all’interno del bacino mediterraneo, ma in tutto il mondo. Nell’attuale processo di globalizzazione, ripartire dal Mediterraneo significa adoperarsi perché questo fenomeno non finisca per diventare imposizione unilaterale del modello dominante, ma costituisca al contrario occasione di incontro e feconda ibridazione fra le diverse tradizioni, per creare una reale integrazione ed una strada comune sulla quale le differenti culture imparino le une dalle altre e siano in grado di ripensare se stesse per mettere da parte le loro divisioni.
Gli avvenimenti tragici che continuano a susseguirsi certo inducono a pensare il contrario. Ma, mi piace concludere ancora con le parole di Papa Francesco “Non dobbiamo credere al Maligno che ci dice non puoi fare nulla contro la violenza, la corruzione, l’ingiustizia, contro il peccato. Non dobbiamo mai abituarci al male. Per favore non lasciatevi rubare la speranza!”