Gianni Liviano, consigliere regionale
«Il rifiuto dell’accoglienza è un’offesa al buonsenso e alla dignità di chiunque. E’ gente nata in posti dove esistono conflitti etnici, guerre, vivono in terre in cui mancano libertà e pane». «Chiudere l’Ilva sarebbe un atto irresponsabile: prima programmiamo un futuro lontano dall’industria. La Sanità, Taranto senza personale medico e fortemente penalizzata nei posti-letto; ne mancano duecento»
«Ogni uomo è mio fratello, è un fatto assolutamente casuale che io sia nato in una famiglia benestante e in una città nella quale, nonostante problematiche, non mancano pane, libertà e pace». Gianni Liviano, consigliere regionale e componente della Commissione Bilancio e affari generali della Regione Puglia, ospite del sito “Costruiamo Insieme”, manifesta il suo punto di vista sul tema dell’accoglienza. «Dobbiamo ritenerci fortunati – prosegue – altri, evidentemente sfortunati, sono nati in posti dove esistono conflitti etnici, guerre, vivono in terre in cui mancano libertà e pane; il concetto di comunità, dunque, deve essere più ampio, ognuno deve spezzare il pane e condividerlo; le persone vanno accolte bene e avere diritto di cittadinanza e occasione per integrarsi, sentirsi a casa propria, avere aspettative di lavoro a premiare capacità e meriti: è imbarazzante incrociare ragazzi di colore per strada o davanti ai supermercati, non avendo lavoro, elemosinare per poter mangiare».
Che idea si è fatto del suo elettore medio, chi ha fiducia di Gianni Liviano?
«Immagino che ci abbia avuto la bontà di votarmi è gente che ha fiducia in una idea politica come strumento di servizio per la costruzione del bene comune; elettori consapevoli di essere rappresentati all’interno di una comunità che metta al centro del progetto le persone, e che sia ancora possibile restituire speranza e fiducia nell’essere costruttori di bene comune e non di bene personale».
I temi che più di altri hanno interessato e convinto i tarantini.
«In Consiglio comunale sono stato eletto per la prima volta nel 1995; è passato del tempo, le motivazioni che hanno spinto a votarmi allora, nel frattempo possono essere cambiate; spero che allora, come adesso, abbiano avuto importanza le relazioni umane, la fiducia, l’empatia, il tentativo di compiere un percorso insieme: questo, penso, sarà stato il motivo principale; alle spalle avevo l’esperienza di volontariato con i minori a rischio di un quartiere periferico di Taranto; all’epoca, io e altri volontari, provavamo a costruire un’unica grande famiglia; eravamo pieni di ideali, carichi di valori, ragazzi di parrocchia appassionati del bene comune e degli “ultimi” in particolare: quel primo elettorato era composto, evidentemente, di persone che avevano condiviso con me questo primo percorso».
Cosa necessita una città come Taranto per riprendersi.
«Deve ritrovare la fiducia, essere un mosaico composto da tante tessere, diverse, ma tutte imprescindibili: Taranto è una città ricca di diversità, ma che spesso invece di fare squadra diventano uno limite; fatichiamo nell’essere comunità coesa, ma abbiamo il compito di immaginare un serio processo di diversificazione e di prospettiva economica: negli ultimi decenni siamo stati una città dipendente dalla monocultura; l’Arsenale, i cantieri navali, l’allora Italsider, oggi Ilva, ci hanno indotto a ragionare in termini di appalti e subappalti; abbiamo fatto fatica e continuiamo farne ancora, nonostante la crisi, a pensare a una politica di sviluppo su un piano strategico che riesca a traguardare il futuro».
La legge speciale per Taranto.
«E’ l’unica legge speciale che un ente regionale abbia fatto, in assoluto, per una città. L’abbiamo invocata alla Regione, perché la nostra città si avvantaggiasse nell’immaginare una prospettiva di sviluppo; questa legge è stata portata a compimento ascoltando gli attori istituzionali, le forze sociali, economiche, culturali del territorio; passo successivo: purtroppo osservo tempi lenti, anche presso la stessa Regione, e tutto questo mi addolora: oggi rischiamo di finire sui giornali solo per condividere le sofferenze, mai per un’idea di squadra».
Questione-sanità a Taranto, a che punto è?
«La notte è ancora lunga, si fa fatica a guardare l’aurora: vantiamo grandi professionalità, medici capaci, personale preparato, purtroppo esiste una forte difficoltà anche nel reperire medici; a fronte di una media nazionale di 3,7 posti-letto ogni mille abitanti, esiste una media regionale di 3,4; Taranto, purtroppo, ha una media del 2,7, praticamente duecento posti-letto in meno rispetto a media nazionale e con il resto della Puglia; motivazione data dai vertici della Sanità: la mancanza nel reperimento di personale medico; a tale proposito c’è un concorso per assumere personale nel reparto di Medicina».
La sua posizione circa l’industria a Taranto.
«Non sono per la chiusura dell’Ilva tout-court, non me la sentirei mai di dire a quei diecimila dipendenti “da oggi, voi, non lavorate più!”: sarebbe un atto irresponsabile; invece di cercare consensi, basandosi sull’oggi, la politica dovrebbe essere lungimirante nel guardare al domani: una città dalla grandi risorse non può essere vincolata alla sola industria: occorre investire in uno sviluppo che ci consenta di smarcarci dalla dipendenza da Ilva».
Tornando all’argomento di partenza, dice “la persona al centro di tutto”.
«Detto così sembra semplice, sperimentarlo in un momento di grande disoccupazione diventa un problema per quanti in questo Paese ci sono nati; immaginare, però, che il governo che sta per nascere pone come condizione il rifiuto dell’accoglienza, mi sembra un’offesa al buonsenso e alla dignità di chiunque».