Nistor, romeno, trentasei anni, vive di elemosine
«Tornare in Romania, in Italia si sta meno peggio, ma i figli rimasti a casa crescono. Mamma ha un problema al cuore, occorrono cinquemila euro per una operazione. Abitavamo in una baracca, poi abbiamo preso in affitto una casetta, un problema arrivare a fine mese. Chiedo pochi spiccioli davanti ai centri commerciali, mia moglie sugli scalini delle chiese: ma i fedeli scarseggiano…»
Trentasei anni, Nistor, arriva in Italia, a Taranto, dalla Romania, insieme con la moglie, trentatré anni. Nel suo Paese ha lasciato due ragazzi, ha l’espressione triste, di uno che deve averne passate tante, anche se a volte si contraddice. Sorride, comprendendo di aver commesso una gaffe. «In effetti, elemosinare e dire che da quello che raccolgo grazie alla generosità dei tarantini compro appena un panino e delle sigarette, non è il massimo…».
Allora, Nistor, perché non cercare un lavoro, anche mezza giornata. Quantomeno impegnarsi, piuttosto che continuare a stare in una casa un po’ diroccata, senza un contratto di affitto a duecento euro al mese. «Non sempre riusciamo a dare questa cifra al proprietario che, piuttosto che tenere sfitte case così, due stanzette, le mura umide, un bagno in un metro, ogni tanto sorvola».
Prima era peggio, ci spiega. «Appena arrivato ho costruito una baracca, giusto per stare al coperto con mia moglie; poi abbiamo trovato un signore che ha una serie di piccoli appartamenti: è stato chiaro, “Se vedo che non volete saperne di pagare l’affitto, vi chiedo di lasciare casa, con le buone…”». Altrimenti, Nistor? «Penso chiami la polizia per farci andare via; viviamo da qualche anno sul filo del rasoio: se non mettiamo insieme quei sei, sette euro al giorno, rischiamo di fare le valigie: valigie, bella parola; in realtà siamo arrivati a Taranto con bustoni di plastica, dentro qualche vestito un po’ più caldo per l’inverno, due tegami, qualche posata, nient’altro… Ah, sì, la speranza!».
«GIUSTO UN PANINO…»
Duole chiederlo: proprio necessarie le sigarette? Magari chi non ha la dipendenza dal tabacco risulta più semplice “smettere”, fare cioè economia. «Quei pochi soldi che ricavo dalle elemosine mi servono appena per un panino e un pacchetto di sigarette; l’unico vizio, se così possiamo chiamarlo, è il fumo; anzi, no, ce ne sarebbe un altro: mangiare; posso tutto sommato togliermi il primo vizio, il secondo proprio non mi riuscirebbe…». Non è una risposta bislacca, insistiamo sul lavoro.
«Vorrei lavorare: custode, imbianchino, giardiniere… Ma è complicato, quando sono arrivato in Italia mi sono speso un po’ in giro, ho chiesto, ma non c’è stato niente da fare: nel mio Paese c’è la miseria, in Italia non stiamo a quei livelli: c’è la speranza di trovare qualcosa, ma francamente non è mai arrivata l’occasione giusta, nemmeno mezza…».
Nistor è alto, piazzato, dalle sue parti è un viso conosciuto. Saluta tutti, abbozza un sorriso, tira fuori da una borsa una bottiglia di plastica con monetine da cinque e dieci centesimi. Le offre in cambio di «soldi “sani”…», cinque, dieci euro, a un fruttivendolo, che sbuffa un po’ e spiega anche il perché. «Non so che farmene di quelle monetine – dice il commerciante – la gente non le considera più: intanto non circolano da tempo quelle da uno e due centesimi, adesso spariranno anche queste monetine da cinque centesime, sicuro…». Prende, intanto, una busta, l’apre e dopo aver fatto una scelta “al contrario” – selezionare la frutta più matura, quella che sta andando a male – la riempie con banane, pere e mele. «E’ come se lo avessi sullo stato di famiglia – prosegue il fruttivendolo – ma cosa devo fare, cacciarlo? Gli do un po’ di frutta purché si riprenda gli spiccioli e non si faccia vedere per almeno due, tre giorni…».
Il romeno abbozza, sorride, non si offende. Intanto perché ci pare di capire che conosce da tempo il fruttivendolo, poi, un po’ per cultura, un po’ per sopraggiunta rassegnazione, trova che non sia il caso di prendersela più di tanto. «Vivevamo in una baracca – dice Nistor – accanto altri romeni nelle nostre stesse condizioni: circolavano pattuglie di vigili chiamate sicuramente da cittadini che avevano segnalato la baraccopoli; ogni volta ci batteva forte il cuore, la paura che ci cacciassero era davvero tanta, così abbiamo deciso di fare il passo successivo: trovare una casetta in affitto, mura vere e non di legno…».
Pochi soldi con le elemosine, anche l’Italia è in sofferenza. «Anche prima del Covid – dice il trentaseienne romeno – la gente aveva stretto la cinghia, non era eccessivamente generosa, così io e mia moglie ci ritiravamo a casa con una somma media di quindici, a volte venti euro: facevamo risparmio su risparmio; tolto il fitto di casa, qualche euro lo spediamo a casa, ma poca roba…».
…ELEMOSINE, CHIESE E SUPERMERCATI
Le elemosine, lui davanti a un centro commerciale, lei davanti a una chiesa. «Io spesso vengo allontanato dall’ingresso dai vigilanti, allora mi trasferisco nel parcheggio adiacente: l’altro giorno ho raccolto poco più di cinque euro, un panino tre euro, con il resto un pacchetto di sigarette che mediamente dura tre giorni; mia moglie non raccoglie più le somme di una volta: pochi spiccioli, una volta ha perfino trovato un bottone e una medaglina dell’Immacolata; ormai poca gente esce di casa, a causa del coronavirus non ci sono più tanti fedeli che seguono le funzioni religiose: i più anziani seguono le tv che dicono il rosario…».
Una storia nella storia. «Mia madre, cinquantasei anni – tiene con sé i miei due figli che studiano, quattordici e dodici anni – soffre di una malattia al cuore, dovrebbe sottoporsi ad un intervento delicato: occorrono cinquemila euro e io non so proprio dove andare a prenderli quei soldi».
Cosa pensa di fare per il futuro, Nistor. «Non so proprio, forse tornare al mio Paese: i miei ragazzi sono diventati grandi; a breve finiranno il ciclo di studi, devono solo decidere se aspettarci o raggiungerci; in Italia non ci sono le opportunità di una volta che io ho solo sfiorato, dunque su questa scelta di vita al momento giusto dovremo ragionare bene bene…».