Da venti anni il 5% è di origine straniera. Ottimo il processo di integrazione. «Cinesi in un intero quartiere, gli africani in centro: bar, ristoranti, attività artigianali». Poi è arrivato il Centro di accoglienza, «E’ il benvenuto», dicono i residenti.
Il Centro di accoglienza straordinaria di Modugno “Costruiamo Insieme”, brilla per tutta una serie di motivi. Non solo per il clima stabilitosi fra operatori e ospiti del Cas all’ingresso della cittadina. C’è grande affiatamento anche con la gente del posto.
La struttura la trovi in breve. A Modugno arrivi percorrendo la statale Bitonto-Foggia, direzione per il capoluogo dauno. Prima di arrivare davanti al cancello scorrevole ed entrare nel Centro, fermata obbligatoria: un bar a un paio di isolati. Se non altro per sentire gente del posto, conoscere qual è il rapporto fra i residenti e gli stranieri, non necessariamente migranti. Un elemento balza agli occhi: la gente non è diffidente, non ha problemi a fare il classico paio di chiacchiere.
Dunque. «Qui sentiamo addirittura il dovere di ringraziare le diverse comunità che hanno scelto di stabilirsi nella nostra cittadina», spiega un signore, al bar, davanti a una tazzina di caffè. Sigaretta all’esterno dell’esercizio. «Deve sapere – prosegue l’uomo, in vena di confidenze – che se venti anni fa non si fossero stabiliti in un intero quartiere, Porto Torres, i cinesi, più avanti senegalesi e nigeriani, Modugno sarebbe stata una delle cittadine pugliesi sacrificate sull’altare della crisi: non avremmo avuto più giovani, sarebbero partiti tutti per il Nord, l’estero, lasciando vuoti interi quartieri».
LO STRANIERO E’ DI CASA…
Se due più due fanno quattro, anche l’arrivo in città del “Cas Modugno”, è stato accolto da cittadini e politica locale con un certo compiacimento. Da una ventina di anni il 5% è straniero. «C’è gente che lavora qui, ha investito: agli orientali gli esercizi commerciali – dice una signora – agli africani le attività artigianali nel centro storico: in venti anni, qui non è mai accaduto nulla, mai un fatto di cronaca».
Così, se si vuole prendere a prestito un’attività di integrazione con il territorio perfettamente riuscita, Modugno ne è un esempio lampante. All’ingresso del Centro di accoglienza, Mister simpatia, Carmine. «Per farmi una foto occorrono due scatti…», scherza l’operatore all’ingresso della struttura non appena ha completato una telefonata. E’ “in salute”, Carmine, ma ha anche accento e sorriso contagiosi. Quasi un repertorio sulla sua fisicità. Lo soccorre in qualche modo Samba. Anche lei operatrice. «Mi occupo di servizi, mediazione, accoglienza – spiega – l’importante è non tirarsi mai indietro, ci diamo una mano reciprocamente: a volte risolvo situazioni in qualche modo complicate, in altre circostanze sono io a chiedere una mano ai ragazzi». Il riferimento non è solo all’albero di Natale, un vanto per quanti operano all’interno o all’esterno del Cas. «Qui si dice “l’appetito viene mangiando” – fa capire Samba con una frase tipica italiana – ma le competenze sono maturate sul campo, “on job”, come spiegano gli inglesi: io mi sono fermata qui, mi hanno scelta – bontà loro – per collaborare con la cooperativa, probabilmente perché hanno considerato una certa disposizione a relazionarmi con i diversi impegni».
PROCESSO DI INTEGRAZIONE LAVORATIVA
Il ruolo della cooperativa, dicono, è fondamentale. Valutate le potenzialità di chiunque voglia impegnarsi nel sistema sociale, “Costruiamo Insieme” aiuta ciascun operatore nella crescita professionale. Chiunque ha qualità e voglia di crescere dal punto di vista lavorativo, viene prima affiancato, successivamente responsabilizzato per il ruolo nel quale alla fine è stato indirizzato.
«Dobbiamo essere bravi – spiega un altro operatore – superarci, se il caso lo richiedesse, a rispondere “presente” in qualsiasi occasione, quando ricevi una telefonata dalla Prefettura, a qualsiasi ora, devi sapere come muoverti in appena due, tre mosse: arrivano tre, quattro, dieci profughi, faccio un esempio: devi fare accoglienza, parlarci, farli subito sentire a proprio agio, poi accompagnarli in struttura dotarli del necessario, dalla biancheria ai prodotti igienici». Gli stessi operatori sono di grande esempio ai conterranei che arrivano qui, a Modugno. «Ci sentiamo di essere d’esempio nel processo di integrazione lavorativa – riprende l’operatore – la gente del posto questo lo comprende: a memoria non credo ci sia stato un solo straniero – ci mettiamo in mezzo tutti, cinesi compreso – che abbia chiesto un sussidio: lavoriamo tutti; abbiamo preso le abitudini della gente modugnese, perfino l’accento…».
Il Centro di accoglienza, struttura libera, è una sorta di spazio collettivo autogestito. Ci sono contemporaneamente partite di calcio in tv, tutti d’accordo a vederne una, chi è in minoranza seguirà la squadra per la quale tifa quando la daranno in replica. C’è un “tg” da seguire, c’è una parabola e mille canali sui quali è semplice prendere il segnale dal proprio Paese e seguire le notizie del giorno. Tutto in perfetta sintonia. Come nelle trasmissioni televisive, così nella vita.