Cina, un disegno di legge contro l’uccisione di cani e gatti
Un disegno di legge, che sarà solo ritoccato, mette in salvo venti milioni di animali domestici. La pandemia da coronavirus ha accelerato la pratica e affari tra i 20 e i 30 miliardi di euro l’anno
Ogni anno in Cina, vengono macellati per essere mangiati, dai dieci ai venti milioni di cani. Questa mattanza generata da tempo immemore per motivi alimentari, non ci sarà più. E’ una proposta di legge, al vaglio di quanti hanno accolto il testo che diventerà decreto. Si tratta di formalità, i passi importanti perché milioni di animali, in buona parte del resto del mondo considerati domestici, non vengano uccisi e serviti a tavola, sono stati già compiuti. A spianare la strada al disegno di legge che balenava nella mente di numerosi animalisti cinesi, c’è voluto anche il coronavirus. E’ stata la pandemia, che potrebbe essere scaturita proprio dalla Cina, ad avere accelerato l’intero sistema legato, sì all’alimentazione, ma anche al business generato dalla vendita di cani e gatti, come animali da compagnia, calcolato dai venti ai trenta miliardi di euro l’anno.
Una simile decisione assegnerà un nuovo status giuridico a cani e gatti finalmente diventati animali da compagnia, piuttosto che essere considerati carne per il consumo umano: vedere praticamente azzerato il numero delle uccisioni di cani e gatti, è un grande risultato.
Va detto che la carne di cani e gatti è consumata da una minoranza di cinesi, ma stavolta c’è una prima ufficialità: “micio” e “fido” sono stati esclusi per la prima volta da un elenco ufficiale di animali commestibili. Pubblicato, si diceva, in una proposta di legge voluta dal ministero dell’Agricoltura e degli Affari rurali, nel testo sono inclusi suini, bovini, ovini, pollame e cammelli. Con la specifica che per “bestiame” si intende «animali che sono stati addomesticati e fatti riprodurre per lungo tempo», per ottenere prodotti alimentari come carne e uova, oppure pelliccia, ma anche a scopi medicinali e militari.
CORONAVIRUS, COMINCIA DA LI’
La decisione è arrivata dopo lo stop di febbraio impresso sul commercio e il consumo di animali selvatici, una pratica che potrebbe aver generato i primi focolai del Covid-19. E’ stata Shenzhen, la prima città cinese a mettere al bando il consumo e commercio di carne di cani e gatti.
La proposta di legge estesa in tutta la Cina, è nella cosiddetta fase di consultazione aperta al pubblico per suggerimenti e migliorie, ma può già considerarsi una svolta maturata in seguito alla pandemia e per il peso, si diceva, che gli animali da compagnia hanno guadagnato nella società, capaci di generare un giro d’affari annuo stimato tra i 20 e i 30 miliardi di euro.
Per quanto riguarda i cani, ma anche i gatti, insieme al progresso della civiltà umana, alla preoccupazione pubblica e all’amore per la protezione delle due categorie, gli animali domestici sono stati addestrati per diventare animali da compagnia. Del resto, a livello internazionale cani e gatti non sono mai stati considerati bestiame e, da oggi, non saranno più considerati come tali in Cina.
Se approvata, la proposta di legge sarà un enorme passo avanti per la protezione degli animali in Cina e un cambio culturale davvero importante secondo la Humane Society International, l’associazione che stima tra i dieci e i venti milioni i cani uccisi ogni anno in Cina per la loro carne. In particolare, migliaia di questi animali sono macellati durante la “Festa della carne” di cane di Yulin, in condizioni ritenute crudeli dai difensori degli animali.
Provate ad immaginare quanto successo e denunciato in questi anni. Alla vigilia della “Festa”, sparivano letteralmente nel nulla gli animali domestici di decine di migliaia di proprietari di cani e gatti. Che fine facessero non è difficile immaginarlo: sulla tavola di altrettante decine di migliaia di consumatori che se la spassavano in pranzi luculliani, “alla salute” di bambini, donne e uomini in lacrime per aver perso i propri cuccioli consapevoli di che fine, povere bestiole, avessero fatto.