Intervista a Diego De Silva, scrittore di successo

«Il mio “avvocato” ha il senso dell’ironia, ma anche del ritmo, lo ritengo quasi uno strumento musicale, tanto che se fosse una canzone avrebbe come titolo…»

 

Altro pienone per “L’angolo della conversazione”, la rassegna “non solo libraria” in programma allo Yachting Club di San Vito – Taranto. Fra gli ospiti più attesi, lo scrittore Diego De Silva, autore di una trentina di titoli, fra i quali spiccano quelli dedicati a una collana diventata fiction televisiva dagli alti indici d’ascolto: “Vincenzo Malinconico, avvocato d’insuccesso”. L’occasione è la presentazione del libro “Sono felice, dove ho sbagliato?”, anche questo dedicato al “legale” napoletano.

“Malinconico”, virgolettato d’obbligo, considerando che parliamo di un personaggio di fantasia.

«Mica tanto: di avvocati come lui ce ne sono tanti in circolazione, qualcuno con un passo diverso, ma che hanno qualcosa in comune con l’ironia del mio “eroe per caso”».

Fra libro, sceneggiatura e primo ciak, la telefonata di Massimiliano Gallo, protagonista della fortunatissima serie Rai.

«Francamente, prima che Massimiliano firmasse il contratto per la serie televisiva, non avevo idea di come fosse fisicamente il mio “Vincenzo Malinconico”: fondamentalmente mi ritengo uno scrittore che non descrive, insomma non condiziona il lettore; lascio a chi legge la libertà di immaginarsi volti e scenari: un po’ come se io mettessi il testo di una canzone, chi legge, invece, le musiche».

 

Foto Carmine La Fratta

Ma c’è una svolta.

«Certamente, da quando Gallo è diventato “Malinconico”, il protagonista di sei miei titoli è inequivocabilmente lui: l’“avvocato” ha la sua faccia, i suoi sorrisi, la sua ironia, le sue indecisioni, la sua fronte corrucciata. E, in un certo senso, tutto questo oggi mi facilita l’operazione di scrittura».

Ma, in corso d’opera, un successo così importante, può cambiare la scrittura di un autore?

«Penso di no, se non proprio certi risvolti squisitamente tecnici; ciò detto, il rapporto con la creatività, con l’invenzione, rimane puro, difficilmente contaminabile. Almeno nel mio caso e in quello di altri colleghi, gli altri magari si lasceranno guidare dal pubblico…».

Ragioniamo per assurdo. Un appunto che lei, De Silva, farebbe a “Malinconico”?

«Gli direi di non abbattersi così facilmente».

E, per contro, considerando il suo “Malinconico” un personaggio apparentemente pavido, cosa risponderebbe a De Silva?

«Nessun dubbio, mi direbbe “Senti chi parla!”».

 

Foto Carmine La Fratta

Ogni volta che si appresta a scrivere “Malinconico”, che approccio ha con il suo personaggio?

«Come se mi apprestassi a suonare uno strumento musicale con il quale mi trovo particolarmente bene. Un personaggio che ha caratteristiche sue, una vita, una voce. E ad ogni romanzo è un po’ come riprendere a suonare uno spartito sì diverso, ma, beninteso, con lo stesso stile».

A proposito di musica. De Silva suona, ha fondato non a caso il Trio Malinconico, insieme con Stefano Giuliano e Aldo Vigorito. Quanto l’aiuta il senso del ritmo nella scrittura?

«In maniera fondamentale, credo che il respiro di uno scrittore sia legato a uno stile, come per la musica. Personalmente, in nome dell’andamento musicale della frase sarei disposto a rinunciare anche a un intero periodo di scrittura».

Abbiamo parlato di musica, ma se il suo “Malinconico” fosse una canzone, che titolo sarebbe?

«Anche qui nessun dubbio: Via dei Matti numero 0».