Italia, crollo delle nascite, per il nostro Paese è un problema
Un’azienda importante come la Plasmon appare preoccupata. Sull’argomento, ne scrive Il Foglio, lo scorso anno Il Sole 24 Ore ha realizzato un lungo podcast. A Genova per tre settimane non è nato un solo bambino, in compenso si sono triplicati i funerali. Va bene aprire agli extracomunitari, ma anche a questi ragazzi occorre prospettare un futuro sereno. E come è triste il Sud
«Professore, i bambini italiani stanno diminuendo e, se l’attuale trend dovesse continuare, diminuiranno sempre più rapidamente. Capirà bene che per noi si tratterebbe di una catastrofe. Lei crede sia possibile una qualche inversione di rotta?». La risposta del demografo fu un secco «No!». Quarant’anni fa un dirigente della Plasmon, fabbrica di biscotti per neonati, ma anche interessata al consumo di pannolini attraverso altre società. Domanda legittima, risposta molto “italiana”. Il dialogo in due battute lo riposta il quotidiano Il Foglio in un articolo del bravo Giulio Meotti. Sulla riflessione del giornalista e altri documenti pubblicati a tale proposito, torneremo a breve.
Intanto, prendiamo per i capelli la notizia, allarmante: crollo demografico dell’Italia. Chiamalo “problema”. Anzi, brutta gatta da pelare, come dicono i saggi che vogliono semplificare la comunicazione. Avete mai preso in braccio un gatto per fargli fare una cosa contronatura? Missione impossibile, fidatevi. Dunque, battuta a parte, la crescita zero nel nostro Paese ha contorni preoccupanti, drammatici. Secondo qualcuno è un bene ospitare gli extracomunitari, che possono diventare la forza-lavoro del nostro Paese. Visto che gli italiani non fanno più figli, allora prendiamo ragazzoni già fatti, tutto muscoli e che abbiano voglia di lavorare e dare un vero contributo alla crescita di un’Italia che oggi segna il passo.
Detta così, va bene. Ma ai ragazzi che ospitiamo, facciamo entrare in Italia, vogliamo anche dare gli strumenti di lavoro, di crescita? In cooperativa sono stati creati posti di lavoro, realizzati importanti corsi di formazione. Ora occorre dare ai “nostri” ragazzi, ormai “ragazzi di tutti”, uno sbocco professionale, fare in modo che trovino collocazione e che quanti assumono ragazzi – non solo extracomunitari, intendiamoci – abbiano agevolazioni fiscali. Altrimenti non se ne esce più.
TORNIAMO SUL “CROLLO NASCITE”
Del crollo demografico ne abbiamo già scritto qualche anno fa. Abbiamo sorvolato su alcuni report registrati nei mesi scorsi, ma ora è giunto il momento di tirare le somme. Torniamo dunque, al 1983 e all’articolo di Meotti. Quando cioè il demografo italiano ottimista fu contattato dai vertici della Plasmon. L’azienda era interessata alle analisi sulla popolazione. I manager della Plasmon si dissero preoccupati su una tendenza del nostro Paese, principale mercato di sbocco per i loro prodotti alimentari per l’infanzia. Così: «Professore, i bambini italiani stanno diminuendo e, se l’attuale trend dovesse continuare, diminuiranno sempre più rapidamente. Capirà bene che per noi si tratterebbe di una catastrofe. Lei crede sia possibile una qualche inversione di rotta?». «No!», la risposta secca del demografo.
I dirigenti della Plasmon, racconta Meotti, allora controbatterono: «Sarebbe corretto diversificare rispetto al mercato dell’infanzia dedicandosi a una linea di prodotti “Misura” per adulti?». Questa volta il demografo, più realista del re, rispose: «Sì!». A quarant’anni di distanza, per la Plasmon ci sono solo due soluzioni: diversificare o chiudere. Non è un caso che l’azienda più famosa dei prodotti per bambini abbia realizzato un documentario: “Adamo”. Adamo, inteso non solo come il primo uomo in assoluto, ma anche l’ultimo bambino che nascerà in Italia, raccontato in un cortometraggio con cui Plasmon ci proietta in un futuro neanche tanto lontano, il 2050, una generazione a partire da ora, dove il numero di nascite è diminuito sempre di più fino ad arrivare appunto a una unità. L’ultimo nato in Italia: Adamo.
GENOVA PER NOI…
A Genova per tre settimane non è nato un solo bambino, in compenso si sono triplicati i funerali. Tempo fa dello stesso argomento se n’era occupata Michela Finizio del Sole 24 Ore nell’inchiesta in podcast “L’inverno demografico”. «L’inverno demografico – scriveva la giornalista lo scorso anno – attraversa i numeri dell’indagine della Qualità della vita fin dalla sua prima pubblicazione, nel 1990. Allora il tasso di natalità registrava il suo record a Caserta, dove si rilevavano 14,95 bambini nuovi nati ogni mille abitanti nell’arco dell’ultimo anno: all’ultimo posto Ferrara, con 5,81 nati ogni mille abitanti. Oggi, ben più di trent’anni, il tasso di natalità a Caserta è sceso a 7,9 nuovi nati ogni mille abitanti, la metà rispetto al 1990. Questo a fronte di una media nazionale che sfiora appena i 6,5 nati ogni mille abitanti».
Un declino iniziato nel 2009 e proseguito anno dopo anno. Meno figli anche lo scorso anno, con un calo medio del 3% delle nascite da Nord a Sud. A ritardare l’evento sono sempre più le giovani coppie, frenate anche dalle varie difficoltà nel mettere su famiglia con una instabilità economica che ormai non è più un segreto. Negli ultimi dieci anni è crollato anche l’indice di nuzialità: nel 2021 in Italia sono stati celebrati tre matrimoni ogni mille abitanti, nel 2006 erano stati 4,2.
COM’E’ TRISTE IL SUD
A completare i trend demografici arrivano i dati sui trasferimenti di residenza che riflettono l’attrattività, in crescita o in calo, dei territori. Le cancellazioni anagrafiche del primo semestre del 2022 – riporta Il Sole – hanno registrato un incremento record a Crotone (+22% rispetto allo stesso periodo del 2021), Caltanissetta (+18%), Ferrara, Foggia e Lecce (+17%). Le migrazioni interne sono tornate a galoppare e così le nuove iscrizioni, in crescita quasi ovunque ad eccezione di Trieste (-17%) e Pescara (-3%).
Comunque si leggano queste cifre, si provi a mescolare i dati, la preoccupazione è tanta. Lo scrivevamo all’inizio. Deve essere lo Stato, un Governo con l’occhio lungo a pensare a come incoraggiare i nostri giovani, non solo quelli italiani, che nel nostro Paese c’è futuro. Un futuro migliore, fatto non solo di promesse, ma di fatti concreti. Non di aiuti “una tantum”, ma di leggi che aiutino i ragazzi, le nuove famiglie, la gente che viene dall’estero, gli immigrati che vogliono rendersi utili a un Paese che abbia davvero voglia di essere ospitale.