Visita guidata dei ragazzi ospiti di “Costruiamo Insieme”

Foto-ricordo con l’ammiraglio Pasquale Vitiello. «Alla Marina dobbiamo la vita», dicono i ragazzi. «Molte navi militari italiane ci hanno tratto in salvo». Guide competenti, centomila visitatori all’anno. Adesso ci sono anche i ragazzi del Centro di accoglienza.CASTELLO 03

Un giorno al Castello aragonese con i ragazzi ospiti nel Centro di accoglienza della cooperativa “Costruiamo Insieme”. Non è detto che l’esperienza resti unica nel suo genere. Potrebbe, infatti, esserci una seconda volta. Un aspetto, questo, incoraggiato dalle numerose adesioni raccolte nel CAS da Silvia e Federica, operatrici di “Costruiamo”, e dall’ospitalità riservata dalle autorità militari e dalla guida ai ragazzi “ospiti per un giorno”.

La guida, competente e puntuale nel documentare le bellezze del manufatto voluto dagli Aragona nel cuore della Città antica, all’epoca una piccola penisola. Una roccaforte, mai espugnata, come viene spiegato ai ragazzi, attenti e puntuali nelle domande non appena c’è modo di entrare nel dettaglio. Interagiscono, i ragazzi, quando la visita assume una veste romanzata. La guida, brava e professionale, si diceva, come il resto del personale del Castello coordinato dall’ammiraglio Francesco Ricci. «Volete che parli inglese, francese, spagnolo? Ditemelo, non ci sono problemi: traduco, state per vivere un’esperienza unica nel suo genere!», introduce. «Italiano!», rispondono in coro i ragazzi di “Costruiamo”, nemmeno fossero una curva di uno stadio di calcio. Benissimo.Castello articolo 01

Siamo nella Piazza d’armi del Castello. Formalità da espletare. Ci pensano le operatrici, gli ospiti firmano all’ingresso. Ripeteranno l’operazione con un “mi piace” su un registro, “I luoghi del cuore”, nel quale viene consigliata a chiunque la visita al Castello aragonese uno degli attrattori più importanti d’Italia. Sow, Diallo, Ogbomo, Ahmed, Edobor e gli altri, si mettono in fila, attendono il loro turno. Subito un dato importante: sono oltre centomila sono le visite annue (e in costante crescita) documentate da un apposito “front office” all’interno del Castello.

C’è un convegno in un’ala dell’antico maniero. Alti ufficiali, come da protocollo della Marina militare, fanno gli onori di casa a relatori e partecipanti. Dal gruppo di ufficiali si stacca l’ammiraglio Pasquale Vitiello, per un estemporaneo “benvenuto” ai ragazzi. Una stretta di mano e una, due, tre foto-ricordo con il più alto grado della Marina presente a Taranto.

«Sono felice abbiate voluto fare visita al Castello – dice l’ammiraglio Vitiello – immagino più volte siate passati davanti e vi siate incuriositi di come fosse al suo interno; bene, oggi visiterete ogni angolo di questa bellezza, resterete sbalorditi da quanta storia possano custodire queste mura, monumenti così belli e imponenti: “Buon vento!”». Classico augurio degli uomini di mare. L’ammiraglio Vitiello chiede ai ragazzi il Paese d’origine: Guinea, Mali, Nigeria, Gambia, Costa d’Avorio. L’alto ufficiale colloca, puntuale, ciascuno dei Paesi come se avesse davanti una carta geografica. Gli ospiti quasi si stupiscono per la preparazione, ma un attimo dopo trovano la risposta. «Uomo di mare – dicono un paio dei ragazzi, Kanteh e Diakite – vuoi che non sappia dove sia il mio Paese o quello di Traore e Mamadou? Noi a questa gente, in particolare alla Marina militare, dobbiamo la vita!». Castello articolo 02

Non dimenticano i ragazzi. Molti di loro sono stati tratti in salvo da navi della Marina militare italiana in perlustrazione nel Mediterraneo per prestare soccorso a quanti in fuga da guerre etniche e persecuzioni politiche.

«Ragazzi, seguitemi, attenti agli scalini, dobbiamo passare più di un’ora insieme: fate tutte le foto che volete, così avrete modo di ricordarvi di questa esperienza!». La guida spiega in italiano, si aiuta con i gesti. Ma i ragazzi non fanno ancora “clic” sul cellulare. Ogni volta che si cambia angolo del Castello, Dembele, Djiallo, Jallow e il resto del gruppo, attendono la fine della spiegazione. Poi sotto con le domande. Infine, mano ai cellulari, con richiesta ai compagni di visita di scattare una foto. Molti anche i selfie.

Prosegue la visita. Restano affascinati i ragazzi, davanti a un enorme plastico del Castello aragonese. In un enorme stanzone, questo lavoro di un grande artigiano tarantino mostra la bellezza dell’antico manufatto. Ci sono i posti dai quali i ragazzi sono passati, altri che a breve visiteranno. «Qui – spiega la guida – venivano imprigionati i nemici, alcuni incatenati al muro: grandi sofferenze, come quelle alle quali molte delle popolazioni africane sono state sottoposte dalla scoperta dell’America in poi, avvenuta nel…?». «1492!», rispondono subito un paio, quasi fosse un quiz. Orgogliosi di conoscere anche la data, «12 ottobre!». Molti di questi hanno studiato nel loro Paese, altri dopo aver frequentato corsi di alfabetizzazione tenuti dalla stessa cooperativa “Costruiamo Insieme”, frequentano scuola a Taranto per conseguire o perfezionare un titolo di studio.Castello articolo 04 Fra gli altri momenti interessanti, secondo i ragazzi che hanno seguito attentamente la guida, il sistema idraulico con il quale veniva aperto il Ponte girevole di Taranto quando ancora non esisteva l’energia elettrico. «E’ uno dei princìpi adottati da alcuni villeggi africani – diceva un ragazzo – dove ancora non esiste l’energia elettrica, dunque attraverso sistemi simili a questo riescono a portare l’acqua utile alle famiglie e ai campi dove vengono coltivati ortaggi e frutta». Il maggior numero di selfie, nemmeno a dirlo, sotto allo stesso Ponte girevole. «Non lo avevamo mai visto da questa angolazione!», fanno capire i ragazzi che chiedono se è possibile scattare una foto. E’ zona militare, fanno bene a chiedere comunque. Poi il piano più alto del castello, da dove si domina la vista del Mar Grande e piazza Castello, appunto, dove ha sede anche il Comune di Taranto.

La visita finisce con un selfie, meritatissimo, con i giovani visitatori e la guida. Una giornata diversa dalle altre, istruttiva e importante nell’accorciare quelle distanze fra residenti ed extracomunitari. Un passo avanti nell’integrazione, all’interno della quale vale tutto, anche gli autoscatti con sorriso.