L’ultima corsa

A cinquantaquattro anni vendeva borse contraffatte sul Lungotevere, a Roma. Arrivato dal Senegal nel 1993, Magatte era uno degli oltre diecimila venditori ambulanti abusivi che popolano la capitale, punto terminale di un mercato nero, quello della contraffazione, che fattura ogni anno centinaia di milioni di euro alimentandosi di manodopera clandestina e sotto pagata. All’arrivo dei vigili urbani, ha raccolto in tutta fretta la sua merce in un sacco ed ha iniziato a correre per evitare che le sue borse venissero sequestrate, che gli venisse tolto il pane quotidiano. In quelle false griffe aveva investito troppi soldi. A due isolati di distanza ha finito la sua corsa, stroncato da un infarto.

Comprare una borsa falsa da un venditore senegalese è una tentazione forte. Vederla esposta in un negozio a più di mille euro e poterne regalare una identica alla fidanzata spendendo meno di un quinto è uno stimolo quasi irresistibile. Ma l’acquisto comporta risvolti negativi. Dietro l’abusivo che stende il lenzuolo in centro si muove infatti un giro d’affari gigantesco, un’industria del falso che specula sulle manie di shopping sfruttando un esercito di disperati.
I senegalesi sono solo la base della piramide. Si guadagnano da vivere vendendo scarpe, borse e accessori finti, girando buona parte dei loro guadagni a chi la merce la produce e distribuisce: veri grossisti dell’illegalità, che tirano le fila del commercio sporco.

I canali di approvvigionamento degli abusivi sono sostanzialmente due: il Sud Italia, in particolare la Campania (fenomeno descritto anche da Roberto Saviano in Gomorra), e i laboratori cinesi clandestini, che confezionano prodotti fotocopia costringendo a turni massacranti immigrati irregolari. La manodopera non manca, i rischi dopotutto si riducono a una sanzione amministrativa: quattromila euro, che chissà se e quando lo straniero pagherà, poi si può tranquillamente riprendere a smerciare griffe contraffatte. Poi scopri che in Italia ci sono migliaia di laboratori abusivi che producono con manodopera a nero e milioni di persone che acquistano prodotti contraffatti. Un mercato parallelo da fatturati inimmaginabili, una sorta di economia parallela che vive sulla fragilità sociale di migliaia di persone. Un mercato costruito e gestito da italiani che, senza vergogna, producono, vendono e comprano. Un attimo dopo, li trovi pronti a dare addosso all’immigrato!

Una domanda è d’obbligo: chi sono gli sfruttati e chi sono gli sfruttatori?

Magari qualcuno si è pentito di essere partito e di essere arrivato. Pensava ad un futuro migliore e, al contrario, si è ritrovato ad essere vittima del caporalato a lavorare nei campi per pochi soldi e senza neanche la possibilità di lavarsi, costretto a vivere in baracche di cartone che ci mettono poco a prendere fuoco. Magatte non era un clandestino, aveva un regolare permesso di soggiorno, una casa, una moglie e due figli. Certo, faceva il venditore abusivo di borse false per sbarcare il lunario, così come i vigili urbani fanno il loro mestiere. Sarebbe bello sapere se a Magatte, che è arrivato in Italia nel 1993, non ieri, qualcuno ha dato una opportunità diversa da quella di fare il venditore abusivo per strada.