Anche un pugno nello stomaco può indicare una strada (da evitare)
Calciatore, baciato dalla fortuna e dal talento, aveva giocato con Ronaldo il Fenomeno. Dopo il calcioscommesse, una seconda tegola: l’arresto per coltivazione di marijuana. Per i nostri ragazzi: «Giocare al calcio è una festa, figurarsi vivere di popolarità». E, ancora: «Conosciamo i sacrifici e chi, fra noi, ha la fortuna di giocare in serie B o C: non si dimentica del passato e dei suoi fratelli. La fortuna è un dono che abbiamo in prestito e questo lo sappiamo…»
Luigi, ex calciatore di Serie A, è stato arrestato. Coltivava una serra di marijuana. Ex difensore di Juventus, Inter, Roma e Parma, oggi quarantasei anni, è stato colto in flagrante mentre stava curando insieme ad un complice più di un centinaio di piante di marijuana in un casolare abbandonato sull’Appennino emiliano. Dopo l’interrogatorio di garanzia è stato posto agli arresti domiciliari.
Questa la notizia. Non amiamo i clamori, le cooperative sociali hanno il compito di recuperare piuttosto che schiacciare un essere sotto le sue responsabilità. Anche quando commettere errori sarebbe umano e diabolico perseverare. Il cognome di una delle stelle del calcio italiano finita nuovamente in una storiaccia di droga, dopo aver fatto parte di un sistema legato al calcioscommesse, dunque alla truffa, lo trovate altrove. A noi interessa la storia di Luigi, purtroppo non un caso isolato, un atleta invidiato da un sacco di ragazzini all’inizio degli Anni Novanta, quando indossava i colori di Juventus, Inter e Roma, perfino il Parma più vincente della storia, ma scivolato sulla strada di un benessere malato.
LUIGI E IL FENOMENO
Luigi aveva giocato anche con Ronaldo il Fenomeno. Qualcuno si domanda cosa potesse chiedere di più alla vita un ragazzo baciato dalla fortuna e dal talento. Non abbiamo risposte, ma solo domande. Quelle, tante, circolano nella nostra mente come un martello pneumatico. Quante volte abbiamo visto i ragazzi ospiti della nostra cooperativa indossare magliette di calcio, preferibilmente della Juventus piuttosto che del Barcellona. E quante volte abbiamo chiesto loro il perché di quella scelta, perché il calcio. Le risposte, più o meno sempre le stesse.
«In Africa quello che non manca – confessano i ragazzi ospiti di Costruiamo Insieme – sono le distese e quattro canne, quelle che ci servono per delimitare una porta di calcio e giocare con una palla il più delle volte ricavata da un po’ di stracci tenuti con la corda o, peggio, perché fa male prenderlo a calci; ogni volta che giochiamo è una festa, una delle poche volte in cui ci viene il sorriso: ecco, diciamo che prendiamo a calci la sfortuna correndo all’inseguimento dei sogni e qualche volta ci capita di far gol».
Le magliette. «Nei nostri Paesi guardiamo le partite nei bar che hanno una tv e un abbonamento alle gare di Champions e ai campionati di calcio, italiano, inglese e spagnolo; qui stesso, nella cooperativa, ci capita di riunirci per assistere alle partite più importanti: anche questo è un momento di gioia, una goccia in un mare di pensieri che vanno dalla nostalgia di casa ai nostri cari che sono rimasti lì, non senza qualche problema…».
«FOSSI STATO CALCIATORE…»
«Magari fossi calciatore, in un attimo guadagnerei rispetto e posizione sociale – ci spiegava settimane fa uno dei nostri ragazzi – in Italia è lo sport più popolare e quando gli assi del calcio parlano, la gente sta ad ascoltarli: ultima in ordine di tempo, la storia di Romelu Lukaku, l’attaccante dell’Inter che ha raccontato il dramma familiare, i sacrifici che dovevano affrontare papà e mamma originari dello Zaire (ex Congo, ndc); essere un calciatore è bello, siamo in tanti a sognarlo e quando leggiamo storie di calciatori che si sono rovinati con le scommesse o la droga, ci viene tristezza; non giudichiamo, ma quanto ci avrebbe aiutato e fatto crescere partire dalle cosiddette “scuole alte” nelle quali la prima parola che insegnano è “rispetto”; ma ognuno risponde a se stesso e al Cielo di scelte sicuramente non condivisibili: miei amici e fratelli lavorano nei campi, nei mercati ortofrutticoli, nei mercatini domenicali o vendendo piccoli articoli; pensate se a qualcuno di questi fosse capitata la fortuna di giocare anche in serie B o serie C…».
I guadagni li avrebbero gestiti in modo diverso. I ragazzi vengono dai sacrifici, conoscono il peso di un euro. «Ho amici che hanno avuto la fortuna di farsi strada nel calcio – ci spiegano i ragazzi – senza diventare dei fenomeni; nessuno di loro dimentica da dove viene e che la fortuna è una cosa che ti è stata donata, ma qualcuno può togliertela quando meno credi, così aiutano i propri fratelli venuti dall’Africa, come loro e le loro famiglie: difficile che qualcuno di questi si dimentichi di noi…».
«UN ALTRO PASTICCIO!»
Luigi di sciocchezze ne ha combinate più di una. L’ex calciatore, dopo essersi ritirato dal calcio giocato, undici anni fa aveva scelto di restare a vivere a Parma. E qui, l’altro giorno, all’ora di pranzo, gli agenti della Fiamme Gialle lo hanno trovato assieme ad un complice intento a curare la coltivazione che, secondo le stime, avrebbe potuto fruttare oltre due chili di sostanza stupefacente. Ad insospettire gli inquirenti la richiesta del raddoppio della potenza del contatore di un casolare di una piccola frazione della montagna parmense, all’apparenza completamente disabitato. Nemmeno un po’ di astuzia, Luigi.
Una volta tradotto davanti al giudice, nell’interrogatorio di garanzia si è avvalso della facoltà di non rispondere per poi finire agli arresti domiciliari presso la propria abitazione. Per Luigi, purtroppo, non è la prima volta in cui ha a che fare con la giustizia. Era finito, infatti, in carcere in seguito all’inchiesta sul Calcioscommesse partita dalla Procura di Cremona. Due anni fa l’inchiesta per lui si era conclusa con la dichiarazione di prescrizione con il tribunale di Bologna che dichiarò estinta la sua partecipazione all’associazione a delinquere oggetto dell’inchiesta. Speriamo che questa seconda ricaduta faccia riflettere una seconda volta Luigi. Si può ricominciare da mestieri modesti, riabilitarsi poco per volta, leggendo un po’ di storie di ragazzi scampati alla guerra, ai pericoli della politica e alla fame. Ma questo, quel ragazzone che sfiorava il metro e novanta, fisico da bersagliere, amato dal grande pubblico del calcio, lo sa. Se qualche volte passasse da queste parti non ci dispiacerebbe incontralo e organizzare un incontro con i nostri ragazzi. E non solo per imparare, ma anche per insegnare.