Londra e il rischio di cadere nella trappola

Ieri pomeriggio il cuore di Londra ha vissuto il suo momento di terrore. La strategia è quella ormai collaudata: un Suv lanciato a tutta velocità sulla folla e un solo uomo alla guida: il bilancio è di quattro morti e quaranta feriti.

Il tutto si consuma a un centinaio di metri dal Parlamento inglese, forse obiettivo dell’assassino entrato in azione con uno scopo dimostrativo, eclatante più che di sostanza. Sarebbe stato folle immaginare di poter entrare nel Parlamento.

Subito circolano le prime voci, senza alcun riscontro oggettivo, che l’assassino è un Imam di una moschea londinese.

E tutto il mondo cade nella trappola del terrorismo internazionale: non esiste emittente televisiva che non sia stata impegnata decine di ore a raccontare e commentare l’accaduto. Il risultato è quello atteso dalla rete terroristica internazionale: con un solo uomo a concentrato su di se l’attenzione del mondo intero! Con un messaggio di estrema chiarezza: potete vincere in Siria, riprendervi un pezzo di terra devastata, ma la guerra ideologica è difficile da vincere anzi, le vostre politiche discriminanti e restrittive favoriscono il processo di radicalizzazione aumentando la possibilità di colpire dentro casa vostra con quell’esercito informale sparso in ogni angolo del mondo. L’attenzione mediatica su episodi di questo tipo produce il rischio dell’emulazione, facile effetto riproduttivo che trova terreno fertile nei luoghi in cui i processi di integrazione non hanno funzionato. Una riflessione la impone il fatto che un atto violento come quello di ieri si sia consumato in una metropoli a tradizione multietnica come Londra.

Ma i commentatori delle interminabili dirette sono concentrati a cercare il movente dell’attentato: sarà forse la risposta alla decisione di vietare l’uso di computer e tablet sui voli provenienti da alcuni Paesi? O, piuttosto, una risposta all’accelerazione dell’impegno militare occidentale in Siria? O, ancora…

Ai giorni nostri è ancora raro incrociare qualcuno che ponga l’attenzione sul fatto che le questioni si decidono con le guerre piuttosto che con dialogo e che forse la strada giusta è quella della convivenza nel rispetto reciproco delle diversità.

L’informazione, la comunicazione, i social media, se usati male possono diventare un arma micidiale, sono un po’ come il coltello che ieri a Londra ha colpito a morte un poliziotto: perché un coltello lo puoi usare per tagliare il pane da distribuire a chi ha fame o lo puoi usare per uccidere una persona!

E ci vuole poco perché l’indignazione, seppure giusta, si trasformi in odio verso qualcuno riproducendo dinamiche conflittuali.

Non è forse questo l’obiettivo della rete terroristica internazionale?