Extracomunitari che trovano impieghi stagionali e “inventano” attività

Ma non solo. Altri si inventano attività, anche di volontariato. «Comprai scopa e secchio, una pettorina per mostrare quanto amassi questo Paese, poi mi presi cura di un lido», racconta Samuel. «Lavoro nei campi, ho un contratto, ho lo stesso trattamento dei colleghi “bianchi”», sorride. «E quando piove, non resto a casa, tinteggio di tutto, anche chiese»

Lavoro nero. Non inteso come “sommerso”, bensì una, due, dieci diverse attività che ragazzi extracomunitari sono riusciti a svolgere, a volte ritagliarsi, altre volte ad inventarsi qui, in Italia. Merito loro e anche un po’ di quanti, datori di lavoro corretti, hanno creduto nelle loro capacità. Di sicuro nel loro impegno, garantito, nel quale questi ragazzi sbucati dalle acque del Mediterraneo non sono secondi a nessuno.

Uno dei nostri amici più attivi è Samuel, un giovanottone nigeriano che indossa sorriso e un paio d’occhiali che gli dà un aspetto da intellettuale. Straordinario. Un giorno ci ha raccontato i suoi sentimenti, le paure di un ragazzo fuggito da conflitti civili. E di un brutto giorno, quando ha dovuto lasciare una fabbrica nella quale realizzava infissi in alluminio. Porte, finestre, suppellettili utili nelle costruzioni più recenti in un Paese in pieno sviluppo, che questo fosse la Nigeria, piuttosto che la Libia, dove si era fermato dopo essere fuggito. Il tempo di mettere insieme un po’ di soldi e pagarsi il “biglietto” per la libertà.

Arrivato in Italia, Samuel capisce che deve imparare subito la lingua. Il suo affetto per l’Italia è un amore a prima vista, come nei romanzi che gli è già capitato di leggere quando era casa. Sì, a casa, distante ormai migliaia di chilometri, ma per fortuna a distanza di un clic. Giusto il tempo di fare “invio” e sentirsi con i familiari. Vera quella pubblicità di un tempo: una telefonata allunga la vita.SAMUEL CopertinaDunque, Samuel e l’amore per l’Italia. «Non appena ho imparato a parlare, esprimendo almeno le cose più importanti in italiano – vorrebbe dire “essenziali”, cerca la parola giusta nel traduttore custodito dal suo smartphone… – non ho perso tempo: volevo mostrare quanto bene volessi all’Italia e agli italiani; per fare questo, ho pensato fosse il caso di impegnarmi: allora, con i pochi spiccioli che mi erano rimasti e avevo messo da parte, ho comprato due secchi e due scope: venti euro; dovevo completare l’“offerta”: due pettorine, dieci euro, e la stampa della scritta “Servizio Volontario”, altri sette euro…».

Prima di lanciarsi nel volontariato senza nulla pretendere, neppure un “caffè” – quelli che normalmente esigono, anche bruscamente, parcheggiatori abusivi – Samuel si era recato in Prefettura. «Volevo mi indicassero cosa fare per avere un documento che mi autorizzasse a fare volontariato, senza che qualcuno mi fermasse e chiedesse spiegazioni; mi mandarono alla Charitas, forse pensando che avessi avuto solo bisogno di un pasto caldo…».

Samuel che non sa starsene con le mani in mano, allora fa di testa sua. «Pettorina, secchi e via, per tre mesi ho scopato marciapiedi, strade, angoli di Taranto: qualcuno si complimentava, altri pensavano stessi lì per conto del Servizio civile, così mi chiedevano di essere più attento, che anche quell’attività, di pulitore volontario, andava fatta con il massimo impegno».

Qualcuno gli avrà riconosciuto un caffè, una colazione in cambio di quel “servizio volontario”. «Nessuno, ma non lo facevo per la colazione: volevo dimostrare quanto amassi già questo Paese e volessi mettermi a sua disposizione, sentendomi italiano. L’ho fatto per tre mesi, non avevo più soldi e, allora, mi sono messo in giro a cercare un lavoro retribuito, qualsiasi cosa capitasse. Primo della serie: Marina di Lizzano,  un lido bellissimo: dovevo spazzare la spiaggia utilizzando una ruspa e durante la notte sorvegliare l’intero lido perché qualcuno non rubasse ombrelloni, sdraio e lettini: trenta euro al giorno, colazione e complimenti per il mio lavoro; mi sentivo importante, ma la stagione è durata solo due mesi, un tempo così e così e un’estate chiusa in anticipo causa maltempo».SAMUEL Copertina 04 - 1 Ma Samuel, il lavoro non lo aspetta, gli va incontro. «A Palagiano cercavano gente che lavorasse in campagna per la raccolta di mandarini: contratto a trentacinque euro al giorno, come gli altri colleghi “bianchi” – sorride – un certo numero di ore, esattamente come loro, una pausa per mangiare qualcosa e poi daccapo al lavoro, fino all’ora di pranzo, stop e tutti a casa».

Anche questo lavoro stagionale. Iniziato qualche mese prima, poi finito. «Ora lavoro nelle campagne di Castellaneta, stesso contratto: anche qui sto bene, mi sveglio presto al mattino, un bus viene a prendere me e i colleghi a Massafra, ci accompagna sul posto di lavoro per “attaccare” alle sei e finire sempre all’ora di pranzo, poi a casa: bus, tutti a bordo; in caso di pioggia, invece, restiamo a casa: è un momentaccio in questi giorni, piove spesso e non ci sono le condizioni per recarsi nei campi: speriamo si metta presto al bello, la gente non può avere frutta e ortaggi, io e i colleghi il salario…».

Ma, tanto per cambiare, Samuel non sta un attimo fermo. «Mi occupo di pitturazione, faccio l’imbianchino – si dice così? – ho appena finito dare una seconda “mano” a una casa, a giorni comincerò a tinteggiare – si dice così? – una chiesa…». Si dice così, Samuel. E soprattutto si fa così. Mai fermarsi, ci sono italiani che prendono a benvolere gente come te. E offrono, dove possibile, occasioni di lavoro.