Francesco Montervino, direttore sportivo del Taranto e una buona causa
«Ho prestato la mia popolarità all’Afro Napoli United. Un progetto che ora seguo a distanza, preso come sono dal lavoro di dirigente rossoblù. Nel rispetto di culture o origini, oggi distinguo con facilità gambiani da nigeriani, ivoriani da ghanesi. La fascia da capitano di Maradona, il sogno professionale e quello con la società della mia città»
Francesco Montervino, direttore sportivo del Taranto. Ex calciatore, ha giocato con Taranto, Parma, Ancona, Catania, Salernitana e Napoli. Con la squadra partenopea ha disputato 166 gare, indossato la fascia di capitano e giocato in Coppa Uefa.
Non tutti sanno che in questi anni Montervino è stato anche impegnato nel sociale, uomo-immagine dell’Afro Napoli United, oggi Napoli United, squadra antirazzista e multietnica che oggi milita nel campionato di Eccellenza. Direttore sportivo del Taranto a tempo pieno, è rimasto saldamente legato da ottimi rapporti e grande affetto alla squadra che ha visto crescere socialmente e sportivamente.
Come nasce questo suo impegno nel sociale. Cosa la spinse ad accettare, a titolo gratuito, il ruolo di testimonial?
«Da quando è nato, il Napoli United ha sempre fatto dell’impegno sociale la sua forza svolgendo il ruolo di aggregatore di ragazzi napoletani e africani, questi ultimi giunti in Italia fra mille difficoltà; contattato in qualità di ex capitano del Napoli per prestare la mia disponibilità a svolgere il ruolo di “promoter”, ho accettato senza pensarci due volte: con enorme garbo, ricordo, mi avevano chiesto di spendermi contro il razzismo, sapendo forse che avrebbero sfondato una porta aperta sensibile come sono alle attività a sfondo sociale. Oltre all’interesse registrato per questo suo impegno, la squadra ha richiamato l’attenzione dei media anche per le prestazioni sportive, collezionando risultati e promozioni fino ad arrivare in Eccellenza. Con il mio ruolo di direttore sportivo a tempo pieno con il Taranto, il rapporto con il Napoli United è cambiato. Con la società partenopea resta, però, un legame consolidato da anni di condivisione del progetto».
Un uomo del Sud ha una marcia in più rispetto a temi come intolleranza e razzismo?
«Non credo abbia qualcosa in più, di sicuro ha una predisposizione diversa, quella sì; da uomini del Sud ci è capitato di vivere sulla nostra pelle sciocche discriminazioni. Non ho mai subito questo atteggiamento, anche se fin da ragazzi dalle nostre parti vediamo le cose in modo diverso: rispetto ai coetanei che vivono al Nord, fin da piccoli siamo avvantaggiati nel considerare che le diversità di pelle e di origine siano solo enormi sciocchezze. Ma, attenzione, non farei distinzione su un tema così delicato: ho giocato ovunque e non ho mai avvertito sfacciatamente punti di vista così diversi fra Nord e Sud. Oggi, per giunta, un calcio che naviga a vista a causa del covid non può lasciarsi distrarre da provocazioni legate a diversità inesistenti».
Cosa ha imparato e cosa pensa di avere insegnato a quei suoi ragazzi?
«A stretto contatto con loro, ho imparato a conoscere un diverso stile di vita, prestando attenzione e rispetto a culture ed etnie. Ci vorrebbero anni di studio per comprendere appieno le origini di ciascun ragazzo, però ad oggi con l’esperienza maturata rivestendo il ruolo di testimonial ho meno difficoltà a compiere un distinguo fra ragazzi di origini gambiane piuttosto che nigeriane, ivoriane anziché ghanesi; dal mio canto mi sono impegnato nello spiegare la cultura dello sport e il sacrificio. Sacrificio, sia chiaro, in senso sportivo, considerando che la sofferenza, quella vera, l’hanno abbondantemente vissuta sulla loro pelle».
Il rapporto con il Napoli United, oggi. Prima che entrassimo in “partita” ha tenuto a specificare che il rapporto è rimasto eccellente e che lei è sempre legato da grande affetto ai ragazzi e al progetto.
«Nutro grande affetto per un progetto che mi ha avvicinato a un mondo che in qualche modo già conoscevo. Oggi, con il ruolo di direttore sportivo del Taranto calcio, i dirigenti del Napoli United posso sentirli al telefono, ma sanno perfettamente che nel caso avessero bisogno di me sarei a loro disposizione».
Tarantino, nel suo cuore c’è anche posto per l’azzurro, in quanto fra i promotori del doppio salto del Napoli dalla serie C alla serie A, anche in qualità di capitano. Che ricordi ha di quella esperienza e quanto pesa portare su un braccio la fascia indossata da Diego Armando Maradona?
«Rappresentare una città come Napoli e indossare la fascia da capitano che è stata anche di Maradona, ti responsabilizza al massimo; di sicuro ti rende un uomo migliore perché l’azzurro napoletano è simbolo di rispetto come di passione. Considero un onore aver vestito quella maglia, una emozione provata anche da tarantino indossando i colori rossoblù della mia città. Sono cose che ti riempiono di orgoglio».
Direttore, sta facendo un ottimo lavoro, ha un sesto senso nel pescare giovani pronti nel vestire la maglia da titolare nel suo Taranto. Quanto è importante ripartire da una categoria e fare esperienza utile?
«L’esperienza in campionati cosiddetti minori, quando minori non sono considerando che in serie D militano città importanti quanto Taranto, la reputo fondamentale. Di sicuro ti dà un’apertura mentale diversa, che torna utile nell’affrontare in un secondo momento categorie maggiori. A proposito degli “under”: ci sono ragazzi che stanno facendo bene, altri che vanno seguiti con maggiore attenzione per trasformare le potenzialità in certezza, compito nel quale lo staff tecnico è quotidianamente impegnato».
Per scaramanzia, non parliamo dell’oggi, per gioco però proviamo a pensare a Montervino direttore sportivo fra dieci anni. Cosa significherebbe per lei coronare un sogno professionale?
«Sorvolando sui pronostici a lunga scadenza – dieci anni sono tanti – non nascondo l’ambizione di voler crescere nel ruolo di direttore sportivo. Se poi questa maturazione professionale coincidesse con il progetto-Taranto e, dunque, andasse a braccetto con i “colori” della città che amo, allora sì che sarei doppiamente felice».